L'esclusione, nell'ambito di una procedura cautelare, della gravità indiziaria in ordine ai reati o alle circostanze aggravanti ricompresi nel catalogo di cui all'art. 51, commi 3-bis, 3-quater, 3-quinquies cod. proc. pen. non determina l'incompetenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale ex art. 328, commi 1-bis, 1-quater, cod. proc. pen.
Cassazione penale, sez. un., sentenza 26/06/2025 (dep. 02/10/2025) n. 32584
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 8 novembre 2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania - per quanto qui rileva - applicava a Ca.Gi. la misura cautelare della custodia in carcere, ritenendolo gravemente indiziato del reato di estorsione in concorso, aggravato dal metodo mafioso e dalla minaccia commessa da più persone riunite, contestato al capo 5) dell'imputazione provvisoria.
Il Tribunale di Catania, decidendo sulla richiesta di riesame proposta nell'interesse dell'indagato, con ordinanza del 27 novembre 2024 annullava il provvedimento genetico limitatamente alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante ex art. 416-bis.l cod. pen. e sostituiva la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
2. Avverso detta ordinanza Ca.Gi., a mezzo del proprio difensore Avv. Daniele Scrofani Cancelliere, proponeva ricorso per cassazione articolando un unico motivo di impugnazione, con cui lamentava la violazione di legge, in relazione agli artt. 51, comma 3-bis, e 291, comma 2, cod. proc. pen., in ragione della mancata declaratoria di incompetenza del Giudice per le indagini preliminari distrettuale, all'esito della riconosciuta insussistenza dell'aggravante mafiosa (poiché ì fatti si sarebbero verificati nel circondario di Ragusa, così venendo meno ogni competenza funzionale dell'Ufficio emittente), nonché la mancanza di motivazione in merito all'urgenza delle esigenze cautelari, sub specie del pericolo di reiterazione, originariamente posto a fondamento della misura.
Il Tribunale del riesame, pertanto, avrebbe dovuto dichiarare l'incompetenza del Giudice per le indagini preliminari distrettuale e annullare il provvedimento genetico di applicazione della misura, difettando il presupposto dell'urgenza, ovvero - in via subordinata - avrebbe dovuto ordinare la trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa ex art. 27 cod. proc. pen., limitando così l'efficacia della confermata misura cautelare a soli venti giorni.
Con le conclusioni scritte la Procura generale chiedeva l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza in forza dell'indirizzo giurisprudenziale richiamato nel ricorso: poiché l'estorsione contestata fu commessa in C. (RG), il venir meno del suddetto profilo circostanziale comporta l'incompetenza dell'Autorità giudiziaria di Catania a provvedere sulla richiesta cautelare. Il Tribunale, poi, non ha vagliato l'urgenza di soddisfare le esigenze cautelari con il mantenimento di una misura.
Il ricorrente, con le proprie conclusioni scritte, insisteva nella richiesta di annullamento dell'ordinanza, sottolineando anche la carenza motivazionale circa il giudizio, imposto dall'art. 291, comma 2, cod. proc. pen., relativo all'urgenza di soddisfare la ritenuta esigenza cautelare, emergendo la contraddizione logica della statuizione finale rispetto agli elementi posti a sostegno della esclusione dell'aggravante.
3. Investita del ricorso, la Seconda Sezione penale di questa Corte, con ordinanza emessa il 14 marzo 2025, lo ha rimesso alle Sezioni Unite, avendo rilevato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità riguardante l'interpretazione dell'art. 328, comma 1 -bis, cod. proc. pen. in relazione all'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen
L'ordinanza di rimessione ha richiamato un primo orientamento secondo il quale l'esclusione della gravità indiziaria in relazione a un reato o a una circostanza aggravante da cui discende la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale ex art. 328, comma 1 -bis, cod. proc. pen. non fa venir meno la competenza di tale giudice, in quanto anche nel procedimento cautelare la decisione sulla competenza va assunta in limine litis, sulla base della mera descrizione del fatto, prima di ogni valutazione di merito sulla fondatezza dell'accusa e sulla gravità degli indizi.
Il Collegio ha citato anche una recente decisione riconducibile a questo indirizzo (Sez. 6, n. 5644 del 22/12/2023, dep. 2024, Orecchio, Rv. 286064 -01), secondo cui la verifica sulla competenza "va eseguita sulla base della descrizione del fatto contenuta nell'imputazione che prescinde dall'esito della valutazione sulla fondatezza o meno dell'accusa", cosicché "l'aver ritenuto carente la gravità indiziaria rispetto all'aggravante di cui all'art. 416-bis.l cod. pen., da cui discende la competenza del G.i.p. presso il capoluogo del distretto in cui si trova il giudice territorialmente competente, non comporta l'incompetenza c.d. distrettuale del predetto giudice".
L'ordinanza ha poi osservato che a tale orientamento se ne contrappone un altro (espresso da Sez. 1, n. 32956 del 14/07/2022, Fall, Rv. 283564 - 01), secondo il quale il Tribunale del riesame che operi una diversa qualificazione giuridica del fatto, escludendone la riconducibilità a una delle ipotesi criminose ricomprese nell'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., deve dichiarare l'incompetenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale del capoluogo del distretto e deve provvedere ai sensi dell'art. 27 cod. proc. pen., laddove ravvisi l'urgenza anche di una sola delle esigenze cautelari riscontrate, ovvero, nel caso in cui tale verifica abbia esito negativo, deve annullare il provvedimento.
Il Collegio ha evidenziato che questo indirizzo è stato ribadito da tre pronunce emesse il 13 marzo 2025 dalla Seconda Sezione, -aventi ad oggetto posizioni connesse a quella qui in esame in quanto relative alla medesima ordinanza genetica del Giudice per le indagini preliminari distrettuale di Catania.
4. Con decreto in data 1 aprile 2025 la Prima Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali, fissandone la trattazione per l'odierna udienza in camera di consiglio.
Il 30 maggio 2025 la Procura generale, in persona del Sostituto Procuratore generale Vincenzo Senatore, ha presentato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Il P.G. ha sollecitato le Sezioni Unite ad affermare il seguente principio di diritto: "L'esclusione della gravità indiziaria limitatamente ai reati o alle circostanze aggravanti da cui discende la competenza del g.i.p. distrettuale ex articoli 51, comma 3-bis, e 328 comma 1 -bis cod. proc. pen. non legittima una pronuncia declinatoria di competenza".
Con decreto del 3 giugno 2025 è stata fissata la trattazione orale del processo, vista la tempestiva richiesta formulata dalla Procura generale ai sensi dell'art. 611, comma 1 -bis, lett. a), del codice di rito.
Ad esito della discussione, le parti hanno concluso come riportato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Alle Sezioni Unite è stata devoluta la seguente questione: "se l'esclusione, nell'ambito di una procedura cautelare, della gravità indiziaria in ordine ai reati o alle circostanze aggravanti ricompresi nel catalogo di cui all'art. 51, commi 3-bis, 3-quater, 3-quinquies cod. proc. pen. determini l'incompetenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale ex art. 328, commi 1-bis e 1-quater, cod. proc. pen. ".
2. Prima di esaminare il contrasto giurisprudenziale che ha reso necessario l'intervento delle Sezioni Unite, è opportuno richiamare il quadro normativo di riferimento.
2.1. Il comma 3-bis dell'art. 51 cod. proc. pen. (inserito dal decreto-legge 20 novembre 1991, n. 367, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 gennaio 1992, n. 8), nel disciplinare le attribuzioni dell'ufficio del pubblico ministero, stabilisce che, quando "si tratta di procedimenti" per una serie di gravi delitti, consumati o tentati, ivi specificamente indicati, fra i quali - per quanto rileva nel presente processo - quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis cod. pen., le funzioni di pubblico ministero sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il Tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.
La medesima previsione è stata successivamente estesa ai delitti, consumati o tentati, con finalità di terrorismo (art. 51, comma 3-quater, cod. proc. pen.), nonché ad alcuni delitti commessi in danno di minorenni e in materia di criminalità informatica, specificamente indicati dal comma 3-quinquies dello stesso articolo 51.
Parallelamente è stato introdotto l'art. 328, comma 1 -bis, cod. proc. pen. in base al quale le funzioni di giudice per le indagini preliminari, nei procedimenti per i delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., "sono esercitate, salvo specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del Tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente".
2.2. Successivamente l'art. 4-bis del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2000, n. 144, ha poi precisato che la disposizione del citato articolo 328, comma 1 -bis, "deve essere interpretata nel senso che quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, anche le funzioni di giudice per l'udienza preliminare sono esercitate da un magistrato del Tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente".
2.3. A sua volta, l'art. 328, comma 1-quater, cod. proc. pen., introdotto dal decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, dispone che anche nei procedimenti per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-quinquies, dello stesso codice le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice per l'udienza preliminare "sono esercitate, salvo specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del Tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente".
2.4. Con tali disposizioni, come osservato da autorevole dottrina, all'ufficio del pubblico ministero sono state, per la prima volta, riconosciute sfere di attribuzioni "proprie", in precedenza mutuate dalla competenza dell'organo giurisdizionale presso il quale era costituito. In altri termini, alla procura distrettuale è stata attribuita una legittimazione ad agire per affari penali rientranti nella competenza di tutti i tribunali del distretto.
Nella sostanza, come evidenziato in dottrina, "il g.i.p. è distrettuale allorquando la legittimazione all'indagine preliminare è della direzione distrettuale: tale assetto inverte il principio tradizionale secondo cui è il p.m. a "ripetere" la competenza dal giudice, laddove, in questo caso, l'adeguamento è
stato operato sulla competenza giudiziale rispetto ad un'attribuzione riconosciuta all'organo inquirente".
2.5. Le disposizioni citate devono essere poste in correlazione, ai fini della risoluzione del contrasto, con l'art. 27 cod. proc. pen., secondo il quale "le misure cautelari disposte dal giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiara incompetente per qualsiasi causa cessano di avere effetto se, entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti, il giudice competente non provvede a norma degli articoli 292, 317 e 321".
La norma va letta in combinato disposto con l'art. 291, comma 2, cod. proc. pen., che attribuisce al giudice che dichiari la propria incompetenza per qualsiasi causa il potere di disporre con lo stesso provvedimento la misura richiesta, "quando ne ricorrono le condizioni e sussiste l'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze previste dall'articolo 274".
3. Il contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità è stato ben evidenziato nell'ordinanza di rimessione.
3.1. Secondo un primo maggioritario orientamento, l'esclusione della gravità indiziaria in relazione a un reato o a una circostanza aggravante da cui discende la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale ex art. 328, comma 1 -bis, cod. proc. pen. non fa venir meno la competenza di tale giudice, che non è influenzata dalla valutazione del quadro di gravità indiziaria.
Il Collegio ha citato la più recente fra le decisioni massimate che ha espresso questo indirizzo (Sez. 6, n. 5644 del 22/12/2023, dep. 2024, Orecchio, Rv. 286064 - 01), emessa in una fattispecie analoga a quella in esame.
La sentenza ha dato continuità all'orientamento che distingue il vaglio della competenza da quello dei presupposti della misura cautelare, trattandosi di decisioni che hanno diverso oggetto e che sono condizionate dall'applicazione, anche nella fase cautelare, del principio dell'iniziativa del pubblico ministero.
L'art. 291, comma 2, cod. proc. pen., che prevede il potere del giudice incompetente di disporre la misura sulla base del necessario presupposto dell'urgenza delle esigenze cautelari, è dunque applicabile solo nel caso in cui l'aggravante che radica la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale "sia stata contestata senza riferimenti specifici alla sua astratta ricorrenza e se ne debba quindi ravvisare l'insussistenza sulla base della stessa prospettazione del fatto descritta nella richiesta della misura cautelare, ovvero per carenza assoluta di elementi di prova a suo sostegno".
L'ordinanza di rimessione ha richiamato altre decisioni conformi più risalenti: Sez. 2, n. 25163 del 06/02/2019, Griner, Rv. 276919 - 01; Sez. 2, n. 24492 del 26/04/2006, Leone, Rv. 234682 - 01; Sez. 2, n. 23943 del 26/04/2006, Leone, Rv. 234418 - 01.
La stessa ordinanza ha affermato che la medesima ratio connota l'orientamento della giurisprudenza di legittimità (rimarcato anche da Sez. 6, n. 5644 del 22/12/2023, dep. 2024, Orecchio, cit.), secondo il quale la competenza territoriale del giudice titolare del potere di decisione sulle richieste di misure cautelari si determina avendo riguardo a tutti i reati connessi per i quali si proceda, siano o meno gli stessi coinvolti dalla richiesta di misura (Sez. 3, n. 37248 del 20/06/2024, Degni, Rv. 287052 - 01; Sez. 2, n. 50758 del 21/11/2019, Lippa, Rv. 278005 - 01; Sez. 6, n. 46213 del 15/10/2013, Valentino, Rv. 258043 - 01).
3.2. Secondo il contrapposto indirizzo, espresso in particolare da tre pronunce della Prima Sezione emesse nella stessa udienza e nel medesimo procedimento (Sez. 1, n. 32956 del 14/07/2022, Fall, Rv. 283564 - 01; Sez. 1, n. 32957 del 14/07/2022, Ndiaye e Sez. 1, n. 32958 del 14/07/2022, Vancheri, non massimate), il Tribunale del riesame, qualora operi una diversa qualificazione giuridica dei fatti escludendo la loro riconducibilità alle ipotesi criminose ricomprese nell'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., deve dichiarare l'incompetenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente, conservando il potere di provvedere ai sensi dell'art. 27 cod. proc. pen., laddove ravvisi l'urgenza anche di una sola delle esigenze cautelari riscontrate, ovvero, nel caso in cui tale verifica abbia esito negativo, dovendo annullare il provvedimento.
La Prima Sezione ha richiamato i principi espressi da Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, De Lorenzo (Rv. 199393 - 01) e, più di recente, da Sez. U, n. 19214 del 23/04/2020, Giacobbe (Rv. 279092 - 01), con la quale si è statuito che il giudice dell'impugnazione, rilevata su eccezione di parte o di ufficio l'incompetenza di quello che ha applicato la misura, ha sempre l'onere di verificare, ai sensi dell'art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza di tutte le condizioni per l'adozione del provvedimento limitativo della libertà personale.
Questo indirizzo - come ricordato nell'ordinanza di rimessione - è stato da ultimo ribadito nelle tre sentenze emesse il 13 marzo 2025 dalla Seconda Sezione aventi ad oggetto posizioni connesse a quella di cui qui si tratta, in quanto tutte originanti dalla medesima ordinanza genetica del Giudice per le indagini preliminari distrettuale del Tribunale di Catania (Sez. 2, n. 10861 del 13/3/2025, Gurrieri, Rv. 287540 - 01; Sez. 2, n. 10862 del 13/3/2025, Campailla e Sez. 2, n. 10863 del 13/3/2025, Genovese, non massimate).
Riportati ampi stralci della pronuncia n. 32956 del 2022, le tre sentenze, con motivazioni sovrapponibili, si sono anche confrontate con il contrapposto orientamento e, in particolare, con le argomentazioni espresse anche da Sez. 6, n. 5644 del 22/12/2023, dep. 2024,- Orecchio, cit.
Parificando alla ipotesi di riqualificazione del fatto il caso in cui venga ritenuta insussistente l'aggravante che radica l'attribuzione funzionale del pubblico ministero, anche le suddette sentenze hanno affermato che il Tribunale del riesame, esclusa la riconducibilità del fatto contestato a taluna delle fattispecie delittuose indicate nell'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., è tenuto a dichiarare l'incompetenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente, con conseguente onere di verificare, ai sensi dell'art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza delle condizioni per l'adozione del provvedimento genetico.
4. Così sintetizzati gli orientamenti contrastanti in presenza dei quali è stata adottata l'ordinanza di rimessione, le Sezioni Unite, sia pure con alcune necessarie precisazioni, intendono aderire a quello largamente maggioritario, da tempo consolidato e di recente avversato dalle pronunce in precedenza citate che hanno recepito il principio espresso nella sentenza Giacobbe, secondo cui "nell'incidente cautelare, il giudice dell'impugnazione che rileva l'incompetenza di quello che ha applicato la misura ha il dovere - nei limiti dei poteri cognitivi attribuitogli dalla legge processuale a seconda che si tratti del giudice del riesame o di quello di legittimità - di verificare ai sensi dell'art. 291, comma 2, cod. proc. pen. la sussistenza delle condizioni per l'adozione del provvedimento genetico".
L'esattezza di questo principio non è in discussione; tuttavia, a differenza di quanto ritenuto dall'indirizzo minoritario, esso non influisce sulla risoluzione della questione di cui qui si tratta, perché l'applicazione degli artt. 291, comma 2, e 27 cod. proc. pen. presuppone che vi sia stata una corretta declaratoria d'incompetenza.
Nel caso esaminato dalla sentenza Giacobbe, il Tribunale del riesame di Palermo, accogliendo l'impugnazione proposta dall'indagato, aveva riconosciuto l'incompetenza per territorio del giudice che aveva adottato la misura, il quale aveva erroneamente identificato il reato più grave fra quelli connessi.
In precedenza già Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, De Lorenzo, cit. aveva espresso il medesimo principio osservando che "l'accertamento dell'incompetenza territoriale del giudice, nella fase delle preliminari indagini, non può usufruire dei vantaggi della "piena cognitio", e, quindi, non può utilizzare i rassicuranti contributi che soltanto consolidati risultati di un'indagine conclusa possono offrire. Ciò giustifica la limitata efficacia delle decisioni sulla competenza, assunte nel corso del procedimento incidentale e la loro intrinseca incapacità di diffondere effetti sul "processo", una volta che a questo si darà inizio".-
Altra decisione delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 14 del 20/07/1994, De Lorenzo, Rv. 198217 - 01), nel ravvisare la competenza del collegio per i reati ministeriali sulla base della formulazione dei capi d'imputazione, aveva affermato che l'eccezione d'incompetenza è rilevabile in ogni stato e grado del procedimento cautelare, compresa la fase di legittimità, e che l'ordinanza applicativa di misura cautelare emessa da giudice incompetente ha efficacia provvisoria ai sensi dell'art. 27 cod. proc. pen.
Risulta chiaro, dunque, che nelle citate pronunce delle Sezioni Unite la operatività del procedimento previsto dagli artt. 291, comma 2, e 27 cod. proc. pen. è stata affermata in relazione a casi di manifesta incompetenza ravvisata in concreto (prima sentenza De Lorenzo e sentenza Giacobbe) ovvero di manifesta infondatezza della eccezione d'incompetenza (seconda sentenza De Lorenzo).
I principi enunciati nelle predette decisioni non hanno, però, alcun riflesso sulla questione in esame, riguardante la sussistenza o meno dell'obbligo in capo al giudice della cautela di rilevare l'incompetenza del giudice per le indagini preliminari qualora sia esclusa la gravità indiziaria per un'aggravante o per un reato che radichi la sua competenza ai sensi dell'art. 328, comma 1 -bis (o 1-quater), del codice di rito.
Le sentenze che aderiscono al secondo orientamento hanno dato per acquisita, in questi casi, la doverosità della pronuncia di incompetenza.
Nelle tre coeve pronunce della Seconda Sezione, i termini della questione sono stati, però, invertiti là dove si è affermato che "la portata della sentenza Giacobbe non può ritenersi limitata agli effetti della dichiarazione di incompetenza", in quanto "il giudice dell'impugnazione, rilevata su eccezione di parte o di ufficio l'incompetenza di quello che ha applicato la misura, ha sempre l'onere di verificare, ai sensi dell'art. 291, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza di tutte le condizioni per l'adozione del provvedimento limitativo della libertà personale".
Pur richiamando correttamente il principio, del tutto pacifico, secondo cui "la pronuncia del Tribunale del riesame in tema di competenza non ha influenza nel procedimento di merito sulla responsabilità", le citate sentenze, senza svolgere altre argomentazioni, hanno contestato "l'assunto secondo cui la diversa qualificazione giuridica operata dal Tribunale del riesame, che, confermando il provvedimento impugnato, abbia escluso la riconducibilità dei fatti alle ipotesi criminose ricomprese nell'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., non comporta una pronuncia di incompetenza".
Le conclusioni dell'indirizzo minoritario si pongono in contrasto con un principio da lungo tempo consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la competenza del giudice distrettuale va radicata in base alla iscrizione della notitia criminis e tale regola prevale rispetto a quelle fissate in materia di connessione dall'art. 16 cod. proc. pen., ciò anche quando i reati connessi non rientranti nella competenza del giudice distrettuale siano più gravi, e opera anche quando venga esclusa la gravità indiziaria per il reato o la circostanza aggravante di cui al catalogo ex art. 51, commi 3-bis, 3-quater, 3-quinquies, del codice di rito.
Questa Corte, in primo luogo, ha ripetutamente evidenziato che "l'attribuzione delle funzioni inquirenti per i reati di cui all'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. all'ufficio del Pubblico ministero presso il Tribunale del capoluogo del distretto, nel cui ambito ha sede il Giudice competente, comporta una deroga assoluta ed esclusiva alle regole sulla competenza per territorio, anche fuori dagli ambiti distrettuali, perché stabilisce la vis attractiva del reato ricompreso nelle attribuzioni di quell'ufficio inquirente nei confronti dei reati connessi, anche se di maggiore gravità, con la conseguenza che, ai fini della determinazione della competenza, occorre avere riguardo unicamente al luogo di consumazione del reato previsto nel catalogo suindicato" (così Sez. 6, n. 35788 del 09/07/2024, Ficara, Rv. 286964 - 01; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 1, n. 16123 del 12/11/2018, dep. 2019, Gup Tribunale Roma, Rv. 276391 - 01; Sez. 1, n. 32765 del 03/05/2016, G., Rv. 267503 - 01; Sez. 4, n. 4484 del 09/12/2015, dep. 2016, Breshanj Orges, Rv. 265944 - 01; Sez. 2, n. 6783 del 13/11/2008, dep. 2009, El Abbouli, Rv. 243300 - 01; Sez. 2, n. 19831 del 11/04/2006, Mohammad, Rv. 234664 - 01; Sez. 1, n. 40012 del 05/10/2005, D'Amaro, Rv. 232949 - 01; da ultimo Sez. 3, n. 15187 del 18/03/2025, F., nonché Sez. 4, n. 11620 del 26/02/2025, Palma, non massimate).
5. Avuto poi riguardo specificamente alla questione in esame, questa Corte, in taluni casi risolvendo conflitti negativi di competenza, con numerose pronunce ha statuito che, ai sensi dell'art. 328, comma 1 -bis, cod. proc. pen., permane la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale che in un procedimento per delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, dello stesso codice, ed altri reati attratti per connessione, emetta ordinanza applicativa di misura cautelare personale per reati privi della contestazione dell'aggravante del metodo mafioso, qualora la stessa risulti inclusa nella notizia di reato iscritta nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 45488 del 14/09/2022, Gip Tribunale Bologna, Rv. 283862 - 01; Sez. F, n. 35672 del 18/08/2015, D'Angelo, Rv. 264512 - 01; Sez. 2, n. 39373 del 30/09/2002, Sorrentino, Rv. 222763-
01; Sez. 1, n. 5340 del 04/10/1999, Bruzzese, Rv. 214847 - 01) ovvero escluda la gravità indiziaria in relazione a detta circostanza (Sez. 2, n. 45215 dell'8/11/2007, Bevilacqua, Rv. 238313 - 01; Sez. 1, n. 15927 del 22/03/2007, Greco, Rv. 236369 - 01).
Anche qualora sia il Tribunale del riesame, in dissenso con il giudice per le indagini preliminari distrettuale, a ritenere insussistente un grave quadro indiziario quanto all'aggravante ex art. 416-bis.l cod. pen., permane la competenza di detto giudice, dovendosi quindi escludere la legittimità di una declaratoria d'incompetenza da parte dello stesso Tribunale (Sez. 1, n. 27181 del 10/05/2013, Wang, Rv. 256370 - 01).
La giurisprudenza di questa Corte è da tempo consolidata nei medesimi termini anche nel caso in cui non sussista la gravità indiziaria per il reato che radica la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale, in quanto esclusa dallo stesso pubblico ministero che non ne abbia fatto oggetto nella richiesta cautelare (Sez. 6, n. 9689 del 04/02/2003, Hazbardhi, Rv. 225368 - 01) ovvero dal giudice per le indagini preliminari con l'ordinanza di applicazione della misura per altri reati non "qualificanti" ai fini di detta competenza (Sez. 6, n. 46213 del 15/10/2013, Valentino, Rv. 258043 - 01).
Lo stesso principio è stato affermato nell'ipotesi in cui il Tribunale del riesame riqualifichi il fatto in un reato non più compreso nel catalogo di cui di cui all'art. 51, commi 3-bis, 3-quater, 3-quinquies, cod. proc. pen. (cfr., ad es., Sez. 2, n. 23943 del 26/04/2006, Leone, Rv. 234682 - 01, in un caso in cui il Tribunale, riqualificata l'associazione di tipo mafioso in quella per delinquere ex art. 416 cod. pen., aveva mantenuto ferma la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale).
6. Le Sezioni Unite intendono dare continuità all'orientamento ora richiamato rimarcando, in primo luogo, il dato testuale delle disposizioni normative rilevanti: gli artt. 51, commi 3-bis, 3-quater, 3-quinquies e 328, commi 3-bis, 3-quater, cod. proc. pen., al fine di determinare la legittimazione della procura distrettuale e la conseguente competenza del giudice per le indagini preliminari (e per l'udienza preliminare) distrettuale, fanno riferimento ai "procedimenti" riguardanti i delitti indicati nel primo articolo.
Il procedimento a carico di un determinato soggetto sorge con l'iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. pen., cosicché, sino a quando permanga l'iscrizione per un titolo di reato "qualificante" e si "proceda" anche per il suo accertamento, deve restare ferma la deroga al criterio ordinario dì attribuzione della competenza, attratta in sede distrettuale, a prescindere dalle decisioni assunte nella fase cautelare, in quanto detto riferimento è chiaramente diretto al procedimento principale e quindi al delitto per H quale si procede.
La competenza "derivata" del giudice per le indagini preliminari distrettuale, in deroga agli ordinari criteri di attribuzione della competenza, dunque, è insensibile alle vicende del subprocedimento cautelare.
Il giudice distrettuale resta il "giudice naturale" per quel procedimento, perché il fatto per cui si procede è quello corrispondente alla notizia di reato, così come iscritta nell'apposito registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen., e non quello eventualmente qualificato in modo diverso dal giudice del procedimento cautelare incidentale.
Va sul punto ricordato che, alla stregua della giurisprudenza costituzionale (Corte cost., n. 38 del 2025, n. 117 del 2012, n. 30 del 2011, n. 279 del 2009, n. 168 del 2006, n. 452 del 1997, n. 130 del 1995) e di legittimità (Sez. U, n. 53390 del 26/10/2017, G., Rv. 271223 - 01, in motivazione), con l'espressione "giudice naturale precostituito per legge" di cui all'art. 25, primo comma, Cost. si intende il giudice istituito in base a criteri generali fissati in anticipo e non in vista di determinate controversie, sì da garantire ai cittadini il diritto alla certezza che a giudicare non sarà un giudice creato a posteriori in relazione a un fatto già verificatosi.
Il valore costituzionalmente tutelato, dunque, è quello della imparzialità del giudice, assicurato dalla sua precostituzione rispetto alla vicenda controversa, in base a criteri generali, che, nei limiti della non arbitrarietà e della ragionevolezza, appartengono alla discrezionalità legislativa, cosicché la nozione di giudice naturale non si cristallizza nella determinazione di una competenza generale, ma è frutto del complesso della disciplina attributiva della competenza, formandosi per effetto di tutte le disposizioni di legge, comprese quelle derogatorie alle regole ordinarie in base a criteri che ragionevolmente valutino i valori in gioco, anche di rango costituzionale, e i disparati interessi coinvolti nel processo.
Il Giudice delle leggi, con la sentenza n. 104 del 2001, ha fornito una interpretazione qualificata della competenza attribuita al giudice per le indagini preliminari distrettuale, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 23, comma 1, e 24, comma 1, cod. proc. pen., sollevate, in riferimento agli artt. 3,97, primo comma, 101, secondo comma, 111, secondo comma, Cost., nella parte in cui, a seguito di Corte cost., n. 70 del 1996, impongono al giudice che nel dibattimento di primo grado dichiari la propria incompetenza per territorio, ovvero al giudice di appello che annulli la sentenza di primo grado per incompetenza territoriale, di trasmettere gli atti al pubblico ministero presso il giudice competente, anziché direttamente a quest'ultimo, anche quando si procede per delitti per i quali, a norma degli artt. 51, comma 3-bis e 328, comma 1 -bis, cod. proc. pen., le funzioni di pubblico ministero e di giudice per le indagini preliminari sono esercitate rispettivamente dall'ufficio del pubblico ministero e da un magistrato del Tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.
Nel premettere che gli artt. 23 e 24 cod. proc. pen. sono stati oggetto di tre pronunce della Consulta, che per la violazione dell'art. 24 Cost. ne hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui dispongono che, quando il giudice nel dibattimento di primo grado dichiara con sentenza la propria incompetenza ovvero quando il giudice di appello annulla la sentenza di primo grado per incompetenza, venga disposta la trasmissione degli atti al giudice competente anziché al pubblico ministero presso quest'ultimo (sentenze nn. 76 e 214 del 1993, n. 70 del 1996), la Corte costituzionale ha osservato che la stessa esigenza di garantire all'imputato di esercitare nell'udienza preliminare le facoltà connesse al proprio diritto di difesa, accedendo al rito abbreviato davanti al giudice naturale, non si pone nei procedimenti per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., attratti alla sede distrettuale per quanto riguarda l'individuazione sia dell'ufficio del pubblico ministero incaricato delle indagini sia del giudice dell'udienza preliminare competente ai sensi dell'art. 328, comma 1-bis, cod. proc. pen.
Osservano queste Sezioni Unite che la competenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale, invece, viene meno qualora il pubblico ministero aggiorni l'iscrizione della notizia di reato, mutando la qualificazione giuridica del fatto o circostanziandolo diversamente (art. 335, comma 2, cod. proc. pen.) sicché il nuovo reato iscritto, a seguito della riqualificazione del fatto o della diversa indicazione delle circostanze, non rientri più nel catalogo di cui all'art. 51, commi 3-bis, 3-quater, 3-quinquies, cod. proc. pen.
La competenza derogatoria del giudice per le indagini preliminari viene meno anche qualora il reato "qualificante" sia oggetto di stralcio o di archiviazione: in questo caso cade la vis attractiva sui fatti connessi e da ciò discende una riespansione delle regole ordinarie di attribuzione della competenza, come già affermato da questa Corte (Sez. 1, n. 43953 del 09/07/2019, Gip Trib. Messina, Rv. 277499 - 01; da ultimo Sez. 6, n. 4534 del 19/12/2024, dep. 2025, E.D., non mass, sul punto).
Risulta evidente la differenza fra l'ipotesi in cui, a seguito di un provvedimento di archiviazione, venga meno il reato che radicava la competenza del giudice distrettuale da quella in cui in sede cautelare cada l'originaria imputazione in ordine a tale reato che di per sé non è ostativa alla prosecuzione delle indagini preliminari in ordine al reato "qualificante".
Qualora, invece, il delitto "qualificante" sia stato commesso in un diverso distretto ovvero ivi sia stato commesso il reato più grave fra quelli compresi nel catalogo di cui all'art. 51, commi 3-bis, 3-quater, 3-quinquies, cod. proc. pen. troveranno applicazione gli artt. 291, comma 2, e 27 cod. proc. pen.
7. Considerata la centralità che riveste la iscrizione della notizia di reato ex art. 335 cod. proc. pen. ai fini della questione esaminata, è opportuno evidenziare la rilevanza delle modifiche apportate a detto articolo ad opera del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134 (cosiddetta riforma Cartabia), che ha introdotto presupposti più stringenti per detta iscrizione ad opera del pubblico ministero, il cui rilevante potere di individuare il giudice competente, nel caso essa riguardi un delitto "qualificante", è stato in qualche misura limitato.
Infatti, nella norma previgente l'iniziale iscrizione soggettiva era regolata nella parte finale del comma 1 ("Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito"), mentre con la modifica operata dal suddetto decreto legislativo si è distinta la disciplina dell'iscrizione oggettiva ("Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa, contenente la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice. Nell'iscrizione sono indicate, ove risultino, le circostanze di tempo e di luogo del fatto"), da quella dell'iscrizione soggettiva, ora regolata dal nuovo comma 1 -bis ("Il pubblico ministero provvede all'iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all'iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi a suo carico").
Già nella vigenza della precedente formulazione della norma, le Sezioni Unite avevano affermato che l'obbligo d'iscrizione di una persona presupponeva "l'esistenza di specifici elementi indizianti e non di meri sospetti" (Sez. U, n. 16 del 21/6/2000, Tammaro, Rv. 216248 - 01) e che l'identificazione del soggetto e la attribuibilità a questi del reato dovessero assumere "una certa pregnanza", pur nella "sostanziale "fluidità" dei parametri alla stregua dei quali definire il momento di acquisizione della notizia di reato e l'identificazione del relativo "responsabile" (Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244378 - 01).
Non vi è dubbio che la ricordata modifica abbia posto un punto fermo: detta iscrizione, che di per sé potrebbe anche comportare un documento per il destinatario, presuppone che a carico del soggetto risultino "indizi", termine che - secondo la relazione illustrativa - è stato mutuato per coerenza sistematica dall'art. 63 cod. proc. pen. e non deve confondersi con quello di "meri sospetti".
Anche la giurisprudenza di questa Corte, nelle prime pronunce sul tema, ha affermato che l'obbligo del pubblico ministero di iscrivere nel registro delle notizie di reato il nome della persona alla quale lo stesso è attribuito sussiste, ai sensi dell'art. 335, comma 1 -bis, cod. proc. pen., solo qualora siano stati acquisiti indizi, i quali, "pur non dovendo avere lo spessore di quelli che legittimano l'emissione di provvedimenti restrittivi, non devono essere meri sospetti di coinvolgimento nel reato, ma devono avere una significativa capacità di individuare un nucleo di condotta attribuita ad una persona" (Sez. 1, n. 36918 dell'I 1/07/2024, L., Rv. 287130 - 01).
Ciò comporta che il pubblico ministero, nell'ottica delle attribuzioni previste dall'art. 51 cod. proc. pen. e della correlata competenza del giudice distrettuale per le indagini preliminari e per l'udienza preliminare, ai sensi dell'art. 328 cod. proc. pen., dovrà attentamente valutare, sotto il profilo oggettivo, se sussistano o meno i presupposti per ricondurre il fatto rappresentato in un reato "qualificante" (inserito nel catalogo di cui all'art. 51, commi 3-bis, 3-quater, 3-quinquies del codice di rito) e, quanto all'aspetto soggettivo, se a carico del presunto responsabile siano emersi indizi nel senso in precedenza indicato.
Inoltre, una seconda limitazione ai poteri del pubblico ministero quanto alla individuazione del giudice competente discende dall'art. 54-quater cod. proc. pen., introdotto dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, che attribuisce alle parti private e ai rispettivi difensori la facoltà di sollecitare il pubblico ministero procedente alla trasmissione degli atti a un diverso pubblico ministero presso altro giudice ritenuto competente; in tal modo la posizione di dette parti è stata parificata a quella dell'organo dell'accusa, cui gli artt. 54 e 54-bis del codice di rito attribuivano il potere di individuare il giudice competente e di dare avvio alla procedura di risoluzione dell'eventuale contrasto (rispettivamente: negativo e positivo) tra diversi pubblici ministeri, investendo l'organo gerarchicamente superiore; ciò anche in caso di contrasti tra pubblico ministero in materia di criminalità organizzata (art. 54-tercod. proc. pen.).
L'art. 54-quater cit. prevede espressamente che la richiesta delle parti possa riguardare anche "taluno dei reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis e comma 3-quater"; in tal caso "il procuratore generale provvede osservando le disposizioni dell'articolo 54-ter".
8. Fondamentale rilievo, ai fini dell'adesione all'orientamento largamente maggioritario espresso da questa Corte, riveste anche il carattere provvisorio che connota la decisione sulla richiesta di applicazione di una misura cautelare, che di regola si inserisce nella fase delle indagini preliminari, suscettibili di ulteriori sviluppi e approfondimenti, che, in ipotesi, potrebbero corroborare l'assunto e l'impostazione della pubblica accusa quanto alla sussistenza della gravità indiziaria.
Va rimarcata, dunque, l'autonomia funzionale del procedimento cautelare, quale è regolato dal codice di rito, che non può avere riflessi sulla competenza del giudice distrettuale, esclusivamente legata alla pendenza del procedimento per determinati delitti.
Una declaratoria d'incompetenza conseguente alla valutazione del giudice per le indagini preliminari o del Tribunale del riesame che escluda la gravità indiziaria per un reato o una circostanza "qualificante" esporrebbe il processo a una perenne instabilità, proprio in ragione del carattere provvisorio delle decisioni assunte nella fase cautelare e dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, adottati sulla base di una cognizione sommaria e allo stato degli atti, nonché ad un giudizio solo probabilistico di colpevolezza, che - come ricordato di recente anche dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 15403 del 30/11/2023, dep. 2024, Galati, Rv. 286155 - 01, in motivazione) - trovano la loro esclusiva base di legittimazione nell'urgenza di soddisfare finalità di prevenzione di specifiche esigenze processuali o extraprocessuali distinte dalle finalità proprie della sanzione penale.
L'esattezza di questo principio si coglie nitidamente nel caso di cui si tratta, in quanto il Tribunale, nell'ordinanza impugnata (come in quelle oggetto dei ricorsi esaminati nelle tre pronunce emesse dalla Seconda Sezione il 13 marzo 2025), ha escluso la sussistenza della gravità indiziaria in relazione alla circostanza aggravante del metodo mafioso, quanto al reato contestato al capo 5), ritenendo che sul punto la vicenda meritasse "maggiore approfondimento, rappresentando gli elementi evidenziati dal Gip meri spunti investigativi".
Nel caso in cui l'ordinanza avesse dichiarato l'incompetenza seguendo la tesi sostenuta dal ricorrente, il Pubblico ministero distrettuale, se si fosse adeguato alla valutazione del Tribunale, avrebbe dovuto rinunziare alla prosecuzione delle indagini e, quindi, a un "maggiore approfondimento" della vicenda finalizzata a conseguire la gravità indiziaria anche in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante.
Qualora invece avesse inteso proseguire le indagini, mantenendo la titolarità del fascicolo, avrebbe però provocato la sopravvenuta inefficacia della misura cautelare personale, emessa da un giudice ritenuto incompetente.
Nella sostanza, la declaratoria d'incompetenza da parte del giudice per le indagini preliminari distrettuale o del Tribunale in sede d'impugnazione, nel caso di esclusione della gravità indiziaria in ordine ai reati o alle circostanze aggravanti ricompresi nel catalogo di cui- all'art. 51, commi 3-bis, 3-quater, 3-quinquies cod. proc. pen., contrasterebbe con alcuni basilari principi del codice di rito che si sono in precedenza ricordati: la peculiare attribuzione al pubblico ministero della D.D.A. delle indagini per alcuni gravi delitti, con la conseguente speculare competenza del giudice per le indagini preliminari (e per l'udienza preliminare) distrettuale, determinata dalla sola pendenza del procedimento; la naturale fluidità dell'imputazione e il fisiologico arricchimento del patrimonio conoscitivo nella fase delle indagini preliminari; l'autonomia del procedimento cautelare rispetto al processo di cognizione.
Non è pertinente, invece, ai fini della risoluzione del tema in esame, il principio della perpetuatio iurìsdictionis, richiamato, sia pure incidentalmente, da Sez. 6, n. 5644 del 22/12/2023, dep. 2024, Orecchio, cit., in quanto esso, "inteso come immutabilità della competenza a fini di certezza ed economia processuale e di tutela della ragionevole durata del processo, non può che riferirsi alla determinazione della regiudicanda risultante dal complessivo vaglio del giudice dell'udienza preliminare sull'accusa formulata dal pubblico ministero e alla conseguente individuazione del giudice naturale operata sulla base dell'esito di quel controllo e degli addebiti contestati nel decreto di rinvio a giudizio" (Sez. U, n. 48590 del 18/04/2019, Sacco, Rv. 277304 - 01).
9. Alla luce delle considerazioni che precedono la questione oggetto di rimessione deve essere risolta affermando il seguente principio di diritto: "l'esclusione, nell'ambito di una procedura cautelare, della gravità indiziaria in ordine ai reati o alle circostanze aggravanti ricompresi nel catalogo di cui all'art. 51, commi 3-bis, 3-quater, 3-quinquies cod. proc. pen. non determina l'incompetenza del giudice per le indagini preliminari distrettuale ex art. 328, commi I-bis, 1-quater, cod. proc. pen.".
10. Nel caso di specie con l'ordinanza impugnata il Tribunale ha correttamente applicato detto principio, non avendo dichiarato l'incompetenza del Giudice per le indagini preliminare distrettuale, pur avendo escluso, allo stato delle indagini, la gravità indiziaria limitatamente alla circostanza aggravante del metodo mafioso per il reato di estorsione contestato al capo 5).
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
11. Al rigetto dell'impugnazione proposta segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26 giugno 2025.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2025.