
È legittimo il sequestro di un telefono cellulare disposto senza una motivazione dettagliata sulle ragioni del vincolo e sui dati da ricercare?
La Seconda Sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 33657 depositata il 13 ottobre 2025, risponde di no.
La Suprema Corte ha confermato la decisione del Tribunale di Bergamo che aveva annullato il decreto di sequestro disposto nei confronti di una donna, poiché privo di spiegazioni sul rapporto di pertinenzialità tra il telefono e il reato ipotizzato.
Nel caso concreto, il Pubblico Ministero aveva ordinato il sequestro di più cellulari appartenenti a persone non indagate, per verificare eventuali comunicazioni legate a una lettera anonima minatoria.
Tuttavia, il decreto non specificava quali informazioni cercare, in che periodo temporale né con quali parole chiave.
La Cassazione ha richiamato il quadro normativo e giurisprudenziale in tema di sequestro probatorio. Gli articoli 247 e 253 del codice di procedura penale impongono che il provvedimento di sequestro sia adeguatamente motivato, indicando le ragioni dell’apprensione e la sua pertinenza con il reato.
Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 40963 del 2017 (Andreucci) e la successiva n. 37409 del 2024 (Veglione), hanno chiarito che l’impugnazione è ammissibile anche dopo la restituzione del dispositivo, se la Procura conserva la copia forense dei dati.
La sentenza n. 1286 del 2025 (Bozzano) ha stabilito che è illegittimo il sequestro che acquisisca l’intero contenuto di un telefono senza indicare motivazioni specifiche e senza rispettare il principio di proporzionalità.
Infine, la sentenza n. 17677 del 2025 (Donadini) ha precisato che il decreto deve indicare i criteri di selezione dei dati, le parole chiave, gli eventuali limiti temporali e le modalità di restituzione delle informazioni non pertinenti.
Nel decreto in esame il Pubblico Ministero non aveva spiegato il rapporto di pertinenzialità tra i telefoni e il reato, né le informazioni da ricercare, le chiavi di ricerca o i limiti temporali dei dati da acquisire. Per la Corte si trattava quindi di un sequestro “esplorativo”, paragonabile a una fishing expedition, ossia una ricerca indiscriminata di prove.
Un metodo incompatibile con i principi di proporzionalità, specificità e con la tutela della riservatezza garantita dagli artt. 8 CEDU e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
La Cassazione ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, confermando l’annullamento del sequestro. Un decreto che non chiarisce cosa si cerca, perché e in quale arco temporale è nullo, e le prove ottenute possono risultare inutilizzabili.
La pronuncia in esame pone un limite netto ai sequestri digitali “a strascico”. Lo smartphone, osserva la Corte, rappresenta una vera proiezione digitale della persona: per questo le indagini sui dispositivi devono rispettare con rigore le garanzie di proporzionalità e motivazione.
Cassazione penale, sez. II, sentenza 25/09/2025 (dep. 13/10/2025) n. 33657
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Bergamo, accogliendo l'istanza di riesame ex art. 324 cod. proc. pen. avanzata dal difensore di Re.Ma., ha annullato il decreto di perquisizione e sequestro emesso dal pubblico ministero il 24 febbraio 2025 ed eseguito il 7 marzo 2025, disponendo la restituzione alla predetta del telefono cellulare in sequestro, se non sottoposto a vincolo per altra causa, e della copia forense eventualmente già estratta.
Il Tribunale, accogliendo le censure formulate con il riesame, ha rilevato il difetto di motivazione del decreto impugnato sia in ordine al vincolo di pertinenzialità tra i dispositivi telefonici oggetto del sequestro e il reato, sia in ordine alla finalità di apprendere la totalità dei dati informatici; carenza che non può essere sanata in sede di riesame. Ha inoltre ritenuto che il sequestro abbia violato il principio di proporzionalità della cautela reale, poiché è stato disposto sui telefoni cellulari senza esplicitazioni delle ragioni che imponessero la necessità di estenderlo a tutti i dati informatici in esso presenti, così esorbitando le esigenze di indagine e finendo per incidere sulla prospettata esigenza probatoria, che assume una connotazione esplorativa non consentita.
2. Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso per cassazione il pubblico ministero, deducendo quanto segue:
-violazione di legge e vizio di motivazione poiché nel decreto di sequestro è stato indicato che occorreva acquisire le eventuali comunicazioni intercorse tra i soggetti indicati nel medesimo provvedimento, ossia la persona offesa, responsabile del personale di una società, che aveva presentato denuncia dopo aver ricevuto una lettera anonima minatoria nella quale le veniva richiesto di abbandonare il suo posto di lavoro, e alcuni colleghi di lavoro, con i quali la stessa aveva dichiarato di avere avuto contrasti sul posto di lavoro in ragione del suo ruolo professionale.
Il ricorrente riconosce che, secondo la giurisprudenza di legittimità, nel caso di sequestro probatorio occorre illustrare le informazioni oggetto di ricerca e indicare il perimetro temporale dei dati di interesse, ma osserva che questa attività può essere effettuata soltanto nella fase esecutiva alla presenza delle parti e dei consulenti, mentre al momento delle operazioni di perquisizione e sequestro, la Polizia giudiziaria deve limitarsi ad apprendere il dispositivo, quale mero contenitore, posto che qualsiasi estrazione immediata nel suo contenuto comporterebbe una manipolazione indebita.
La finalità del sequestro è consentire l'estrazione dei dati rilevanti per le indagini, creando una copia clone dei dati indicati nel decreto.
Osserva inoltre il ricorrente che la decisione del riesame è intervenuta quando i telefoni erano già stati restituiti, sicché non vi è stata alcuna violazione degli interessi delle parti e anche se la giurisprudenza ha chiarito che persiste un interesse ad impugnare il decreto di sequestro, anche dopo la restituzione del supporto informatico; detto interesse, che deve essere concreto e attuale, non è stato in alcun modo allegato e dimostrato dalla parte istante, mentre il Tribunale ha presunto la sussistenza di un interesse delle parti alla disponibilità esclusiva del patrimonio informativo, senza effettuare alcuna verifica sulle modalità con cui si sarebbe proceduto all'acquisizione dei dati.
3. Con memoria trasmessa il 9/9/2025, l'avv. Daniela Silvestre, nell'interesse della Re.Ma., ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dell'appello del Pubblico Ministero, o comunque il rigetto dell'impugnazione proposta, ribadendo le argomentazioni esposte nel provvedimento impugnato e rilevando che il cellulare è già stato restituito ma non la copia forense dello stesso, in quanto è stato comunicato dalla Procura che le copie erano state trascritte su un unico file con le altre copie forensi, per le quali non vi è stata impugnazione dinanzi al Tribunale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
1.1. Deve, in via preliminare, rilevarsi come fosse concreto e attuale l'interesse della ricorrente a chiedere l'annullamento del provvedimento di sequestro, pur a fronte della allegata restituzione dei dispositivi telematici della Re.Ma. operata dal pubblico ministero, in quanto la disponibilità da parte della pubblica accusa delle copie-cloni dei dispositivi elettronici sequestrati ha comportato la perdita da parte della interessata dell'esclusiva conoscenza del patrimonio conoscitivo negli stessi contenuto.
1.2. Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, è ammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico, nel caso in cui ne risulti la restituzione, previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, sempre che sia dedotto l'interesse, concreto e attuale, alla esclusiva disponibilità dei dati (Sez. U, n. 40963 del 20/07/2017, Andreucci, Rv. 270497 - 01; conf., Sez. 2, n. 37409 del 10/09/2024, Veglione, Rv. 286989 - 01).
La difesa della Re.Ma. non aveva in effetti allegato che i dispositivi sottoposti a sequestro contenessero dati riservati e sensibili relativi alla propria persona e alla propria famiglia, indubbiamente estranei alle legittime finalità investigative, ma la giurisprudenza di legittimità più recente ha rilevato che, in caso di sequestro probatorio di un telefono cellulare contenente dati informatici e pur già restituito all'avente diritto previa estrazione di "copia forense", sussiste di per sé l'interesse di questi a proporre riesame per la verifica della sussistenza dei presupposti applicativi della misura, senza necessità della dimostrazione relativa alla disponibilità esclusiva di quanto ivi contenuto, essendo lo smartphone un dispositivo destinato per sua natura a raccogliere informazioni personali e riservate (Sez. 6, n. 17878 del 03/02/2022, Losardo, Rv. 283302 - 01).
1.3. È stato infatti precisato che, il pregiudizio determinato dal vincolo cautelare su diritti fondamentali certamente meritevoli di tutela, quali quello alla riservatezza e al segreto o, comunque, alla "disponibilità esclusiva del "patrimonio informativo"", tutelati anche dall'art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, fonda l'interesse a ricorrere.
Nel merito, questa Corte ha osservato che in tema di mezzi di ricerca della prova, è illegittimo il decreto di sequestro probatorio di un telefono cellulare con il quale il pubblico ministero acquisisca la totalità dei messaggi, filmati e fotografie ivi contenuti, senza indicare le ragioni per le quali, ai fini dell'accertamento dei reati ipotizzati, si rende imprescindibile la integrale verifica di tutti i predetti dati e si giustifica, nel rispetto del principio di proporzionalità, un così penetrante sacrificio del diritto alla segretezza della corrispondenza (Sez. 6, n. 1286 del 20/11/2024, dep. 2025, Bozzano, Rv. 287421 - 01; in motivazione la Corte ha precisato che, in tale ipotesi, la nullità del sequestro si estende, ex art. 185 cod. proc. pen., all'acquisizione della copia forense della intera memoria del dispositivo).
1.4. È stato inoltre precisato che, in tema di sequestro probatorio di documenti informatici e telematici contenenti dati sensibili, l'obbligo motivazionale del provvedimento ablatorio può dirsi adempiuto qualora, tenuto conto del momento processuale in cui è stato adottato, nonché delle peculiari esigenze di accertamento del reato, il pubblico ministero abbia indicato in maniera specifica, ancorché concisa, le ragioni determinanti la necessità di una limitazione temporanea alla disponibilità esclusiva dei dati da parte del destinatario del provvedimento ablatorio (Sez. 5, n. 9797 del 04/03/2025, R., Rv. 287778 - 02).
1.5. Inoltre, il decreto del pubblico ministero, al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella esecutiva, deve illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e omnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, con la giustificazione dell'eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi rispetto ai confini temporali dell'imputazione provvisoria e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti (Sez. 6, n. 17677 del 29/01/2025, Donadini, Rv. 288139 - 01; in motivazione, la Corte ha precisato che la specificità delle imputazioni provvisorie e l'ampio lasso di tempo dai fatti contestati impongono una delimitazione maggiormente selettiva dei dati da acquisire).
2. Nel caso in esame, il decreto di perquisizione e sequestro indica che i telefoni cellulari dei soggetti indicati (e non indagati), tra cui la Re.Ma., devono essere analizzati in quanto occorre verificare e acquisire eventuali comunicazioni intercorse tra loro e la persona offesa.
Il Pubblico Ministero, in effetti, non ha indicato il rapporto di pertinenzialità tra i telefoni e il reato ipotizzato, né le specifiche informazioni oggetto di ricerca, né le chiavi di ricerca e la perimetrazione temporale dei dati da acquisire.
Il ricorrente afferma che eventuali censure attinenti al mero profilo dell'esecuzione del sequestro probatorio non possono essere rilevate innanzi al Tribunale del riesame, ma, in tal modo, elude la valenza "esplorativa" del sequestro probatorio disposto dal pubblico ministero.
Il pubblico ministero, infatti, ha omesso di: precisare le ragioni per le quali è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo; indicare i criteri che devono presiedere alla selezione dei dati informatici, mediante l'enucleazione di "parole chiave" e delle ragioni della perimetrazione temporale, eventualmente più ampia di quella indicata nell'imputazione provvisoria; indicare, infine, la tempistica necessaria all'estrapolazione dei dati ritenuti rilevanti.
In forza di queste considerazioni, il Tribunale ha correttamente disposto l'annullamento del decreto di sequestro e il ricorso non può trovare accoglimento.
3. La qualità pubblica di parte ricorrente la esonera dalla condanna al pagamento delle spese processuali connesse alla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 25 settembre 2025.
Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2025.