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Interdittiva antimafia, la separazione non basta per evitarla

Consiglio di Stato , Sezione III, Sentenza n.11089 del 20/12/2022

La misura dell’interdittiva antimafia può essere esclusa nei confronti dell’amministratore della società che si sia separato consensualmente dal coniuge affiliato ad una cosca mafiosa e già colpito da analogo provvedimento cautelare?

In astratto sì, ma occorre valutare in concreto se nel contesto familiare sia ancora presente quella regia clanistica che contagia e devia la società dai fini che le sarebbero naturalmente propri.

Così risponde il Consiglio di Stato con la sentenza n. 11089 depositata il 20 dicembre 2022.

I giudici amministrativi, ripercorrendo i principi in materia, ribadiscono che l’interdittiva antimafia:

  • è rivolta a neutralizzare i fattori distorsivi che nell’economia nazionale in genere e nei rapporti con la Pubblica amministrazione, in particolare, possono generare la presenza e l’azione di soggetti in rapporto di collegamento qualificato con il crimine organizzato;
  • ha natura cautelare e preventiva e determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione;
  • è finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata - non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa sussistere il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata.

Il Consiglio di Stato precisa inoltre che il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere ad un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa.

Per valutare l’applicazione della misura occorre quindi una visione di insieme: gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.

Nel caso di specie, i giudici amministrativi, nonostante l’omologa della separazione e indipendentemente dal contestato ripristino dello stato di convivenza, hanno riscontrato “quell’intensità di rapporti e quella condivisione di valori, logiche e dinamiche di vita e imprenditoriali tale da far presumere una conduzione di tipo familiare”.

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Consiglio di Stato, Sezione III, Sentenza n. 11089 del 20/12/2022

Pubblicato il 20/12/2022
N. 11089/2022REG.PROV.COLL.
N. 06066/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6066 del 2022, proposto dalla società -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Angela Liquindoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro

il Ministero della Transizione Ecologica, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Ministero dell’Interno, la Prefettura di Bergamo - Ufficio Territoriale del Governo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti


per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Transizione Ecologica, del Ministero dell'Interno, della Prefettura di Bergamo - Ufficio Territoriale del Governo e del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2022 il Cons. Umberto Maiello e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società -OMISSIS--, esercente l’attività di autotrasporti per conto terzi, ha impugnato, in primo grado innanzi al TAR per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, l’informazione interdittiva antimafia prot. n. -OMISSIS- emessa nei suoi confronti dalla Prefettura di Bergamo, integrando l’originario ventaglio delle contestazioni con due successivi atti recanti motivi aggiunti a mezzo dei quali ha, altresì, attratto nel fuoco della contestazione il provvedimento della Prefettura di Bergamo prot. n. -OMISSIS-, di diniego di rinnovo dell’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa per le attività di trasporto di materiale a discarica per conto terzi e di autotrasporti per conto terzi (cd. “white list”), e i provvedimenti con i quali è stata disposta la sua cancellazione dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali relativamente all’iscrizione in Categoria 4 Classe c e all’iscrizione effettuata ai sensi dell’articolo 212, comma 8, del D. Lgs. n. 152/2006.

1.1. I provvedimenti prefettizi, le cui ragioni reggono anche gli altri provvedimenti gravati, sono stati spediti in ragione dei rapporti familiari e lavorativi del socio unico e amministratore unico della società -OMISSIS-, la signora -OMISSIS-, con il signor -OMISSIS- all’epoca coniuge (separato), a sua volta stesso attinto da analogo provvedimento, così come la quasi totalità dei membri della sua famiglia d’origine.

Segnatamente, dall’informativa si evince:

- che il signor -OMISSIS- risulta socio unico della società -OMISSIS- destinataria di interdittiva antimafia da parte delle Prefetture di Crotone e di Milano,

- che il padre, signor -OMISSIS-, era affiliato alla cosca mafiosa -OMISSIS-,

- che il fratello, signor -OMISSIS-, già socio della società -OMISSIS-, è coniugato con la signora-OMISSIS-, la cui omonima ditta individuale è stata attinta da informativa antimafia da parte della Prefettura di Bergamo nel 2014;

- che il fratello, signor -OMISSIS-, è stato condannato a 19 anni di reclusione per tentato omicidio ed è stato ritenuto anch’egli vicino alla cosca mafiosa -OMISSIS-,

- che la sorella, signora -OMISSIS-, dipendente della società -OMISSIS-, è coniugata con il signor -OMISSIS-, la cui omonima ditta individuale è stata attinta da informativa antimafia da parte della Prefettura di Bergamo nel 2014,

- che il fratello, signor -OMISSIS-, è stato tratto in arresto nel 2003 per produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti,

- che il nipote, signor -OMISSIS- (figlio di -OMISSIS-), è stato il direttore tecnico della società -OMISSIS-,

- che il signor -OMISSIS- è stato assunto dalla società -OMISSIS- in data 31 marzo 2016, ovverosia in data successiva alla separazione dalla moglie;

- che i coniugi risultano risiedere formalmente in due diverse abitazioni situate a poca distanza l’una dall’altra.

2. All’esito del giudizio di primo grado, il TAR, con la sentenza qui appellata, ha respinto il ricorso per come integrato dai motivi aggiunti, rilevando che la contiguità con la criminalità organizzata delle imprese riconducibili alla famiglia -OMISSIS-fosse un dato incontestabile come fatto palese dalla perdurante validità dei provvedimenti interdittivi summenzionati.

2.1. Né potrebbe essere messa in discussione la rete di rapporti e interessi economici tra i fratelli -OMISSIS-e le relative famiglie (coniugi e figli) siccome comprovata dalle cointeressenze societarie e dai rapporti di lavoro all’interno di dette imprese, non potendo la relativa valenza indiziaria essere ridimensionata a fronte di uno schema comportamentale (quello per cui gli “affari” si fanno con persone della cerchia familiare) reiterato.

2.2. Quanto al rapporto tra -OMISSIS- e -OMISSIS-, socio unico e amministratore unico della società -OMISSIS-, il giudice di prime cure ha dato rilievo alla scansione cronologica degli eventi, all’uopo evidenziando che tra agosto e settembre 2014 la società -OMISSIS- di -OMISSIS- viene colpita da due informazioni interdittive antimafia (una della Prefettura di Crotone e l’altra della Prefettura di Milano), a febbraio 2015 viene costituita la società -OMISSIS- con socio unico la signora -OMISSIS-, a giugno 2015 le quote della società -OMISSIS- vengono trasferite a terzi, a ottobre 2015 i coniugi presentano domanda di separazione consensuale (accolta dal Tribunale ad aprile 2016), a marzo 2016 il signor -OMISSIS- è assunto come dipendente nell’impresa della moglie dalla quale si sta separando, salvo poi riprendere la convivenza a riprova che i dubbi sulla fittizietà della separazione avevano ragion d’essere.

2.3. Secondo il TAR, nemmeno sussiste la contraddittorietà fra atti prospettata nel primo motivo di impugnazione in ragione del fatto che in precedenza la società -OMISSIS- era stata iscritta alla cd. “white list” e medio tempore non erano intervenute sopravvenienze tali da giustificare una diversa valutazione da parte della Prefettura, dal momento che l’informativa interdittiva antimafia qui impugnata si colloca nell’ambito del primo rinnovo senza dunque che si fosse consolidata un’aspettativa della società a vedersi rinnovare l’iscrizione all’elenco. Sul punto, evidenzia, comunque, che una siffatta aspettativa nemmeno è tutelata dall’ordinamento, dovendosi escludere che la Prefettura sia vincolata alle valutazioni effettuate nell’ambito di precedenti procedimenti vertenti sulla sussistenza di un rischio di condizionamento mafioso dell’impresa. Infatti, come gli elementi di fatto che hanno condotto all’emanazione di una informativa interdittiva antimafia possono essere oggetto di rivalutazione da parte della pubblica Autorità in senso favorevole al destinatario (cfr., C.d.S., Sez. III, sentenza n. 8309/2021), così quegli stessi elementi che inizialmente non avevano destato l’allarme delle Autorità di pubblica sicurezza, possono giustificare, alla luce di un rinnovato esame del complessivo quadro indiziario, conclusioni di segno opposto a quelle precedentemente assunte.

2.4. Infine, le medesime argomentazioni vengono riproposte sia quanto al diniego di rinnovo dell’iscrizione nella white list che quanto alla cancellazione dall’albo, precisandosi a tale ultimo riguardo che l’informativa interdittiva antimafia sia ostativa all’inserimento nel suddetto Albo. L’avvenuto superamento, per effetto del D. Lgs. n. 159/2011 (si veda in particolare l’articolo 89 bis), della rigida bipartizione tra comunicazione antimafia e informazioni antimafia comporta che gli effetti dell’informazione interdittiva antimafia si estendano anche ai provvedimenti autorizzatori, quale è l’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori ambientali (cfr., C.d.S., Sez. III, sentenza n. 7151/2018). Dunque, legittimamente ne è stata disposta la cancellazione della società ricorrente in conseguenza del provvedimento adottato nei suoi confronti dalla Prefettura ai sensi dell’articolo 84 D. Lgs. n. 159/2011.

3. Avverso la sentenza di primo grado ha interposto appello la società -OMISSIS-- che, a tali fini, ha articolato i seguenti motivi di gravame:

a) la società appellante ribadisce che, fin dall’anno 2018, era stata iscritta alla c.d. “white list”; ciò nondimeno, pur non essendo intervenute, nelle more, nuove circostanze che legittimassero una differente valutazione, nell’anno 2021 la Prefettura di Bergamo, a mezzo dell’interdittiva antimafia in questa sede impugnata, formulava un giudizio del tutto opposto al precedente, dando così evidenza a un comportamento irragionevole e contraddittorio;

b) gli elementi fattuali posti a base dell’emanazione del provvedimento non appaiono certamente idonei ad integrare la sussistenza di un concreto pericolo che la società odierna ricorrente sia esposta a tentativi di infiltrazione mafiosa in quanto non direttamente riferibili alla società -OMISSIS- e/o alla persona della signora -OMISSIS- bensì al signor -OMISSIS-, da tempo però coniuge legalmente separato della signora -OMISSIS- e non più convivente con la stessa;

c) nemmeno sussisterebbero elementi che, in concreto, possano indurre a ritenere che il marito separato della Signora -OMISSIS-sia in alcun modo collegato con realtà di tipo mafioso atteso che:

- la società -OMISSIS- non sarebbe più nella disponibilità di quest’ultimo già dal 2017;

- non vi sarebbe mai stato alcun rapporto di lavoro e/o di affari fra il signor -OMISSIS- ed il padre -OMISSIS-(deceduto nel lontano anno 1999) ovvero fra quest’ultimo e la -OMISSIS-;

- nemmeno vi sarebbe un collegamento economico o di tipo lavorativo tra il signor -OMISSIS- ed il fratello -OMISSIS-;

- non vi sarebbero rapporti con la sorella, signora -OMISSIS-, incensurata, e con il marito, signor -OMISSIS-, titolare della omonima ditta individuale;

- il signor -OMISSIS-, figlio della Signora -OMISSIS-, pur avendo ricoperto per un certo tempo la figura di responsabile tecnico della società -OMISSIS-, sarebbe incensurato e non destinatario di misure preventive;

- sarebbero da tempo cessati i rapporti con il fratello -OMISSIS-, anch’egli privo di concreto collegamento con ambienti mafiosi;

d) contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, la difesa della ricorrente non avrebbe mai ammesso che la signora -OMISSIS-ed il signor -OMISSIS- siano tornati a convivere, ma ha semplicemente formulato un’ipotesi a tal riguardo, volendo, per assurdo, aderire alla tesi sostenuta dalla Prefettura. Il signor -OMISSIS-, bel lungi dall’essere mai tornato a convivere con la Signora -OMISSIS-, sin dal 14 dicembre 2021, si sarebbe trasferito a risiedere in Calabria, nel Comune di -OMISSIS-, e a far data dal giorno 1 gennaio 2022, avrebbe interrotto ogni forma di rapporto di lavoro e/o collaborazione con la società -OMISSIS- Oltretutto, i coniugi hanno depositato domanda di divorzio avanti al Tribunale di Monza in data 12 maggio 2022;

e) ripropone, poi, con riferimento al primo ricorso per motivi aggiunti, la denunciata violazione del termine di 30 giorni previsto per la conclusione dei procedimenti amministrativi, insistendo sulla violazione dell’obbligo di legge compendiato all’art. 2 della legge n. 241/1990;

f) ribadisce che, dopo la prima iscrizione, la Prefettura di Bergamo avrebbe dovuto limitarsi a verificare che permanessero le condizioni legittimanti l’iscrizione nell’elenco dei fornitori della P.A. limitandosi a valutare solo eventuali sopravvenienze;

g) analogamente, la società appellante devolve a questo Collegio le questioni sollevate con il secondo atto recante motivi aggiunti e relative alla cancellazione dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, non ricorrendo le condizioni ostative di cui all’art. 67 del D.lgs. n. 159/2011.

4. Resistono in giudizio le Amministrazioni intimate, che hanno concluso per il rigetto dell’appello.

5. All’udienza del 22 settembre 2022 l’istanza cautelare avanzata dalla società appellante, di sospensione della esecutività della sentenza appellata, è stata abbinata al merito.

6. All’udienza del 15 dicembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.

8. È anzitutto infondato il motivo di gravame che impinge nella pretesa contraddittorietà degli atti impugnati in prime cure rispetto ai precedenti arresti valutativi della medesima Autorità prefettizia. E, invero, la società appellante ribadisce che, fin dall’anno 2018, era stata iscritta alla c.d. “white list”; ciò nondimeno, pur non essendo intervenute, nelle more, nuove circostanze che legittimassero una differente valutazione, nell’anno 2021, la Prefettura di Bergamo, a mezzo dell’interdittiva antimafia in questa sede impugnata, giungeva a un approdo del tutto opposto al precedente.

8.1. Sul punto, è sufficiente notare che la doglianza in argomento, meramente ripetitiva di quella dedotta in prime cure, non vale a superare le ampie e articolate argomentazioni su cui riposa la decisione di primo grado che condivisibilmente ha ritenuto possibile che gli stessi elementi già scrutinati, e che inizialmente non avevano destato l’allarme delle Autorità di pubblica sicurezza, possano giustificare, alla luce di un rinnovato esame del complessivo quadro indiziario, conclusioni di segno opposto rispetto a quelle precedentemente assunte.

D’altro canto, opinare diversamente significherebbe presidiare le originarie valutazioni con un vincolo non previsto dalla disciplina di settore che, viceversa, fissa in via diretta i parametri alla stregua dei quali va condotto lo scrutinio di guisa che è rispetto ad essi – e non già in relazione a pregressi arresti decisori, in teoria anche erronei – che va svolto il sindacato di legittimità.

E ciò vieppiù a dirsi – come ben argomentato dal TAR – nella fattispecie provvedimentale qui in rilievo il cui regime è scandito da una cadenza annuale e che, di per sé, implica un rinnovo dell’attività valutativa.

9. Quanto ai profili di merito della res controversa è utile, ai fini della decisione, premettere i principi elaborati da questa Sezione in materia di interdittiva antimafia, da cui non vi è ragione di discostarsi.

9.1. Le misure qui in rilievo sono volte, in chiave preventiva, a neutralizzare i fattori distorsivi che nell’economia nazionale in genere e nei rapporti con la Pubblica amministrazione, in particolare, possono generare la presenza e l’azione di soggetti in rapporto di collegamento qualificato con il crimine organizzato.

Si tratta di strumenti che si pongono a presidio di valori di rango costituzionale rivelandosi strettamente funzionali alla salvaguardia dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, dello svolgimento leale e corretto della concorrenza tra le stesse imprese nel mercato e del corretto utilizzo delle risorse pubbliche e che, a fronte della insidiosa pervasività e mutevolezza del fenomeno mafioso, sono opportunamente calibrati sull’utilizzo di tecniche di tutela anticipata oltre che costruiti su un catalogo di situazioni sintomatiche aperto al costante aggiornamento indotto dalla realtà empirica.

9.2. Come di recente evidenziato da questo Consiglio, in Adunanza Plenaria, il provvedimento di cd. “interdittiva antimafia”, di natura cautelare e preventiva, determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione (Consiglio di Stato Ad. Plen., 6 aprile 2018, n. 3).

In tal modo l’ordinamento, dunque, esclude che un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni (sia cioè da queste da considerarsi come “affidabile”) e possa essere, di conseguenza, titolare di rapporti contrattuali con le predette amministrazioni, ovvero destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati, come individuati dalla legge, ovvero ancora (…) essere destinatario di “contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate” (cfr. Consiglio di Stato Ad. Plen., n. 3 del 2018 cit.).

9.3. La misura interdittiva - essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata - non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa sussistere il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata.

9.4. Come ancora di recente questa Sezione ha chiarito (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105), il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere ad un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (v., per tutte, Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758; Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743, e la giurisprudenza successiva di questa Sezione, tutta conforme, da aversi qui per richiamata).

9.5. La Corte costituzionale, con la citata pronuncia n. 57 del 2020, ha recentemente affermato la legittimità costituzionale della disciplina vigente sul provvedimento di interdittiva anche quando esso incida su attività d’impresa di natura esclusivamente privata, trattandosi di misura giustificata dall’estrema pericolosità del fenomeno mafioso, in grado di compromettere la concorrenza, la dignità e la libertà umana.

La Corte Costituzionale ha rilevato come la giurisprudenza amministrativa si sia attenuta al principio «tassatività sostanziale», definendo un nucleo oramai consolidato di situazioni-tipo, sintomatiche ed indiziarie della sussistenza del pericolo di infiltrazione mafiose e in grado di sviluppare e completare il dettato legislativo (il riferimento è, tra l’altro, alle sentenze del giudice penale, anche di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, sono però sintomatici della contaminazione mafiosa; la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso d.lgs. n. 159 del 2011; i rapporti di parentela, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”; i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia; le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa e nella sua gestione, incluse le situazioni in cui la società compie attività di strumentale pubblico sostegno a iniziative, campagne antimafia, antiusura, antiriciclaggio, allo scopo di mostrare un “volto di legalità” idoneo a stornare sospetti o elementi sostanziosi sintomatici della contaminazione mafiosa; la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi “benefici”; l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità).

9.6. Occorre al riguardo una visione di insieme: gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata (Consiglio di Stato, sez. III, 6 maggio 2021, n. 3530; sez. III, 13 aprile 2018, n. 2231, Consiglio di Stato, sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343; 30 marzo 2018, n. 2031; 7 febbraio 2018, n. 820; 20 dicembre 2017, n. 5978; 12 settembre 2017, n. 4295; Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 6 aprile 2018, n. 3).

10. Orbene, deve ritenersi che la decisione di prime cure e i provvedimenti impugnati in primo grado siano immuni dai vizi prospettati dalla società appellante, in quanto le ragioni su cui si è basata l’interdittiva valorizzano del tutto ragionevolmente in chiave ostativa, come efficacemente già evidenziato dal TAR, i compromettenti legami che, per effetto del rapporto coniugale della Signora -OMISSIS- con il signor -OMISSIS-, a sua volta inserito in una fitta trama di rapporti e cointeressenze con soggetti controindicati, espongono la società appellante a tentativi di infiltrazione della locale criminalità organizzata.

10.1. La giurisprudenza consolidata di questa Sezione (cfr. ex multis Cons. St., sez. III, 7 febbraio 2018, n. 820) in materia di interdittiva antimafia basata sui soli rapporti di parentela è stata da ultimo avvalorata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 57 del 26 marzo 2020 che, nell’elencare in via esemplificativa le situazioni indiziarie enucleate dal vissuto giurisprudenziale e che valgono ad integrare un sistema di tassatività sostanziale, ha confermato la piena attitudine di legami familiari “qualificati” a giustificare la valutazione di prognosi negativa; segnatamente, hanno rilievo anche solo di per se stessi i rapporti di parentela laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”.

10.2. Proprio con riferimento ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, la Sezione (cfr. Cons. St., Sez. III, 24 aprile 2020, n. 2651; 7 febbraio 2018, n. 820) ha chiarito che l’Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto con il proprio congiunto. Nei contesti sociali, in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una “influenza reciproca” di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza; una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia’, sicché in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto, che non sia attinto da pregiudizio mafioso, può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione. Hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l’Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l’esistenza – su un’area più o meno estesa – del controllo di una ‘famiglia’ e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti.

10.3. Orbene, come già sopra anticipato, viene in rilievo il rapporto di coniugio tra il socio unico e amministratore unico della società -OMISSIS-, la signora -OMISSIS-, e il signor -OMISSIS-.

10.4. E’ pur vero che nell’ottobre 2015 i coniugi hanno presentano domanda di separazione consensuale poi accolta dal Tribunale ad aprile 2016, ciò nondimeno non possono essere qui obliate le circostanze valorizzate dal TAR e che inducono a ritenere persistente, al momento dell’adozione degli atti impugnati in prime cure, un forte legame tra i due coniugi, peraltro non rimasto circoscritto al solo ambito dell’affectio familiaris ma esteso anche al piano della collaborazione in campo economico.

In tal senso depongono, anzitutto, le circostanze di contesto che hanno segnato l’evoluzione dei rapporti tra coniugi. Il TAR si è, infatti, soffermato sulla sospetta sequenza cronologica degli eventi: all’uopo evidenziando che tra agosto e settembre 2014 la società -OMISSIS- di -OMISSIS- viene colpita da due informazioni interdittive antimafia (una della Prefettura di Crotone e l’altra della Prefettura di Milano), a febbraio 2015 viene costituita la società -OMISSIS- con socio unico la signora -OMISSIS-, a giugno 2015 le quote della società -OMISSIS- vengono trasferite a terzi, a ottobre 2015 i coniugi presentano domanda di separazione consensuale (accolta dal Tribunale ad aprile 2016), a marzo 2016 il signor -OMISSIS- è assunto come dipendente nell’impresa della moglie dalla quale si sta separando.

Se è vero che la giurisprudenza esclude l’automatismo dell’interdittiva per la mera sussistenza di legami familiari, è pur vero che nel caso di specie sussiste – nonostante l’omologa della separazione e indipendentemente dal contestato ripristino dello stato di convivenza - quell’intensità di rapporti e quella condivisione di valori, logiche e dinamiche di vita e imprenditoriali tale da far presumere una conduzione di tipo familiare, deponendo in tal senso l’attivazione della collaborazione economica del signor -OMISSIS- proprio a valle della separazione e, dunque, nel solco di una continuità di azione rimasta in tutti questi anni (e comunque fino all’adozione dei provvedimenti impugnati) immutata.

10.5. Non è qui necessario provare che le attività siano direttamente o indirettamente gestite dal congiunto mafioso, ma è sufficiente che i legami familiari – che nel caso di specie divengono un vero e proprio contesto familiare – siano tali da far presumere, per come vissuti, che la regia sia familiare, clanistica, che, in altri termini, il legame familiare possa consentire il contagio e la deviazione della società dai fini che le sarebbero naturalmente propri.

10.6. Né possono avere qui rilievo, siccome sopravvenuti rispetto agli atti impugnati, i dedotti mutamenti degli originari equilibri, dovuti al trasferimento del signor -OMISSIS- in Calabria a far data dal 14 dicembre 2021, la cessazione del rapporto lavorativo dal giorno 1 gennaio 2022, la presentazione di domanda di divorzio in data 12 maggio 2022.

11. Parimenti, non possono essere qui condivise le argomentazioni difensive volte a dequotare la stessa rilevanza, ai fini qui in rilievo, della posizione del signor -OMISSIS- e dei suoi familiari.

11.1. È, infatti, un dato acquisito e non contestato il fatto il signor -OMISSIS-, fosse socio unico e amministratore della società -OMISSIS-s.r.l., poi denominata “-OMISSIS-”, esercente la medesima attività di trasporto di cose per conto terzi, destinataria di provvedimenti antimafia interdittivi adottati dalle Prefetture di Crotone e di Milano in data, rispettivamente, 11 agosto e 5 settembre 2014, giammai annullati. Né può essere sottaciuto che, contrariamente a quanto dedotto, sono tracciati i suoi legami con ambienti della ndrangheta: è, infatti, emerso che i locali della discoteca gestita dalla-OMISSIS-, di cui -OMISSIS- era socio, erano nella disponibilità dei fratelli -OMISSIS-, tratti in arresto per delitti spia e considerati rappresentanti della ndrangheta a -OMISSIS-

Di tale società è stato socio anche il fratello -OMISSIS-, in passato tratto in arresto per produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti unitamente a soggetti controindicati per delitti spia, e più volte controllato con soggetti controindicati, in un caso, peraltro, in circostanze contraddistinte da elevato valore sintomatico, e cioè presso l’obitorio di -OMISSIS- in occasione dell’esame autoptico dei cugini -OMISSIS-, deceduti a seguito di agguato mafioso.

11.2. Allo stesso modo, sono dati acquisiti, da un lato, la spedizione di analoghi provvedimenti interdittivi nei confronti delle imprese individuali di-OMISSIS- (moglie di -OMISSIS-) e di -OMISSIS- (marito di -OMISSIS-) e, dall’altro, la rete di rapporti e interessi economici tra i fratelli -OMISSIS-e le relative famiglie a conferma della diffusa sovrapposizione, per effetto di partecipazioni societarie e rapporti lavorativi, tra legami parentali e interessi economici, dovendo qui confermarsi la rilevanza indiziaria dei legami con ambienti della criminalità di esponenti del suddetto nucleo familiare puntualmente ricostruiti negli atti su cui riposa l’informativa prefettizia.

12. Sotto diverso profilo, e a fronte della pedissequa ripetizione della censura introdotta con motivi aggiunti, vanno qui ribadite le lucide argomentazioni reiettive con le quali il TAR ha efficacemente evidenziato, in applicazione di un diffuso orientamento giurisprudenziale, la natura ordinatoria del termine di cui all’art. 2 della legge n. 241/1990 senza pertanto che vi siano ricadute sulla legittimità del provvedimento tardivamente adottato.

13. Infine, è immune dai rilievi censorei anche l’ultima statuizione che regge la legittimità della cancellazione della società dall’Albo Nazionale dei Gestori ambientali, ponendosi il suddetto approdo in coerenza con un orientamento già espresso da questa Sezione (cfr., Cons. St., sez. III, 19 dicembre 2018, n. 7151; in tal senso anche T.A.R. Napoli, (Campania) sez. I, 2 marzo 2021, n.1355), da cui non vi è ragione di discostarsi. L'art. 89 bis, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 si interpreta nel senso che l'informazione antimafia produce i medesimi effetti della comunicazione antimafia anche nelle ipotesi in cui manchi un rapporto contrattuale con la P.A. Sotto questo profilo, quindi, la revoca delle autorizzazioni anche se abilitanti l'esercizio dell'attività imprenditoriale nei confronti dei privati, discende direttamente, secondo il meccanismo vincolante di cui all'art. 67, dall'adozione dell'informazione interdittiva antimafia ed è legata alla perduranza di quest'ultima.

Conclusivamente, per le svolte considerazioni, l’appello va respinto.

Le spese del secondo grado in ragione della peculiarità della vicenda scrutinata possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello n. 6066 del 2022, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone, fisiche e giuridiche, menzionate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Massimiliano Noccelli, Presidente FF

Giovanni Pescatore, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere

Umberto Maiello, Consigliere, Estensore

Giovanni Tulumello, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        
Umberto Maiello        
     

IL PRESIDENTE    
 Massimiliano Noccelli        
         
         
IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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