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Ricorso al Consiglio di Stato troppo lungo? È inammissibile

Consiglio di Stato, Sentenza n.8928 del 13/10/2023

Una società propone un ricorso in appello al Consiglio di Stato composto da ben 87 pagine per riformare una sentenza del Tar Puglia dall'esito a lei sfavorevole.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, con la sentenza n. 8928 del 13 ottobre 2023, dichiara inammissibile il ricorso a causa del superamento dei limiti dimensionali del ricorso introduttivo stabiliti in applicazione dell’art. 13-ter, comma 2, dell’allegato II al codice del processo amministrativo.

La citata norma, introdotta per garantire che il giudizio sia svolto rapidamente e in coerenza con principi di chiarezza e sintesi, richiama il D.P.C.M. 22 dicembre 2016, che stabilisce un limite massimo di 70.000 caratteri per i ricorsi ordinari, escludendo titolo, conclusioni, premessa riassuntiva e altri elementi.

Tale limite è derogabile ma, nella specie, non risulta richiesta la prescritta autorizzazione né in via preventiva, né a sanatoria.

La sanzione prevista è chiara: il giudice deve esaminare tutto ciò che rientra nei limiti stabiliti, e ciò che supera viene ignorato.

Nel ricorso in esame, il limite era già raggiunto a pagina 52, prima della articolazione dei motivi di appello. Questo significa che il Collegio non è tenuto ad esaminarli.

Il Consiglio di Stato sottolinea che il superamento di questi limiti riguarda una questione di rito afferente all’ordine pubblico processuale, stabilito "in funzione dell’interesse pubblico all’ordinato, efficiente e celere svolgimento dei giudizi, ed è rilevabile d’ufficio a prescindere da eccezioni di parte".

L’appello è quindi stato dichiarato inammissibile.

Questa regola. appare una chiara risposta all'abuso del "copia e incolla", che spesso ci vede indulgere nell'uso massiccio ed eccessivo delle parole.

I tempi orami passati della scrittura a mano, della carta carbone e delle veline portavano necessariamente alla sinteticità e chiarezza degli atti.

Naturalmente lo sviluppo della tecnologia invita all'abbondanza, al superfluo e forse questa norma è necessaria, anche perché altrimenti dovremmo anche automatizzare i giudici che, rimanendo per adesso umani, sono costretti a consumare il loro tempo in letture su letture su letture…

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Consiglio di Stato, sez. IV, Sentenza n.8928 del 13/10/2023

 

Pubblicato il 13/10/2023
N. 08928/2023REG.PROV.COLL.
N. 04619/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4619 del 2020, proposto da Soc. Edilcost S.r.l., Soc. Riconciliazione Re e Soc. Urselli S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Luigi Volpe, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30;

contro

Comune di Ostuni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alfredo Tanzarella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (Sezione Prima) n. 01840/2019.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ostuni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2023 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il presente giudizio concerne l’attuazione del piano di lottizzazione in contrada Urselli alla Selva di Ostuni, definitivamente approvato con delibera di consiglio comunale n. 39 in data 10 dicembre 2002 del Comune di Ostuni.

Si tratta di area non vincolata paesaggisticamente ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497 ma assoggettata alla normativa di tutela introdotta dal PUTT.

Con atto per Notar Capozzi in Ostuni, in data 17 febbraio 2006 rep.3411, veniva sottoscritta la convenzione di lottizzazione tra le odierne appellanti ed il Comune di Ostuni.

Ai sensi dell’art. 3 i lottizzanti si obbligavano, per sé e per i loro aventi causa a qualsiasi titolo, alla integrale esecuzione della lottizzazione in maniera “unitaria o anche in differita”; ai sensi dell’art. 4 i lottizzanti si obbligavano a “cedere gratuitamente, anche tramite esproprio, al Comune di Ostuni, le aree per urbanizzazione secondaria e per l’urbanizzazione primaria” mentre all’art. 5 si prevedeva che la cessione delle aree di cui all’art. 4 sarebbe stata effettuata “con atto pubblico entro tre anni dalla stipula della presente convenzione…e comunque prima del rilascio del primo certificato di agibilità relativo a qualsiasi edificio previsto nel piano di lottizzazione”; infine all’art. 6 veniva previsto che i lottizzanti si obbligavano “a realizzare a propria cura e spese tutte le opere di urbanizzazione primaria” conformemente ai progetti esecutivi approvati con delibera di Giunta n. 36 del 10 febbraio 2005.

Con ricorso al T.a.r. per la Puglia, sezione staccata di Lecce, le società Soc. Edilcost S.r.l., Soc. Riconciliazione Re e Soc. Urselli S.r.l., hanno lamentato che, del tutto illegittimamente, il Comune di Ostuni:

- avrebbe messo in dubbio che il piano di lottizzazione potesse essere completato oltre il termine decennale dalla sottoscrizione della convenzione, termine successivamente prorogato di un triennio dall’art. 30, comma 3-bis, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 convertito dalla legge 9 agosto 2013 n. 98;

- ha stabilito come dovesse essere interpretato il disposto contenuto nel provvedimento di approvazione della lottizzazione, nonché nella convenzione, con specifico riferimento al termine triennale previsto per le cessioni di aree e per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione;

- ha prospettato che l’attuazione del programma negoziale di lottizzazione, successivamente alla sua scadenza, sarebbe sottoposta anche alla sopravvenuta normativa del PPTR, approvato con delibera di Giunta regionale del 16 febbraio 2015 n. 176, con necessità di acquisire l’autorizzazione paesaggistica.

A fondamento del ricorso hanno dedotto i seguenti motivi di censura:

1) Violazione di legge: art. 28, comma 4, n. 3 della legge 17/8/1942 n. 150 - Art. 28 comma 1, art. 21, comma 9, e art. 37, comma 5, l. r. 31/5/1980 n. 56. Eccesso di potere per omessa considerazione dei presupposti. Violazione di legge: art.1375 c.c. – Violazione di legge: violazione della convenzione stipulata in data 17/2/2006 rep. 3411 – Eccesso di potere per arbitrarietà e omessa ponderazione del “diritto vivente” – Violazione ed erronea interpretazione dell’art. 5.02 punto 2.4 e dell’art.106 del PPTR.

2) Violazione di legge: art. 15 del D.P.R. 6/6/2001 n. 380 – Eccesso di potere per intima contraddizione ed illogicità.

3) Violazione di legge: artt. 5 e 6 della convenzione stipulata in data 17/02/2006 rep. 3411, nonché art. 1372 c.c. – Eccesso di potere per illogicità ed intima contraddizione – Omessa considerazione dei presupposti.

4) Eccesso di potere per omessa considerazione dei presupposti – Violazione della convenzione stipulata in data 17/2/2006 rep. 3411 (artt.5 e 6).

5) Violazione di legge: violazione (ed in subordine erronea interpretazione) dell’art. 5.02 punto 2.4 del PUTT e degli artt. 106, 96 e 97 del PPTR – Art. 1372 c.c. - Art. 15, comma 4, D.P.R. 6/6/2001 n. 380 – Falsa applicazione della delibera di Consiglio n. 5 del 26/3/2013 e conseguente violazione dell’art. 18, comma 3, del D.P.R. 6/6/2001 n. 380 – Violazione di legge: art. 145 del d. lgs. 23/1/2004 n. 42.

6) Violazione di legge: art. 21 septies della legge 7/8/1990 n.241. Eccesso di potere per arbitrarietà – Incompetenza.

7) Violazione di legge: artt. 28 della legge 17/8/1942 n. 1150 – Artt. 21, 28 e 37 l. r. 31/5/1980 – Art.1375 c.c. – Convenzione stipulata in data 17/2/2006 rep. 3411 – In subordine violazione di legge: art. 106 PPTR, nonché carente applicazione di legge (art. 5.02 punto 2.4 del PUTT) – Eccesso di potere per insufficiente istruttoria – Travisamento – Contraddizione con precedenti manifestazioni.

Con sentenza n. 1840 del 2019 il T.a.r. per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha, in parte, respinto il ricorso, in parte lo ha dichiarato inammissibile.

Avverso la predetta sentenza le predette società, con un ricorso esteso in 87 pagine, hanno interposto appello per chiederne la riforma.

Si è costituito in giudizio il Comune di Ostuni per resistere all’appello, chiedendone la reiezione, con conferma integrale della sentenza appellata.

Alla camera di consiglio del 30 luglio 2020 il collegio ha rappresentato alle appellanti il superamento dei limiti massimi di estensione del ricorso in appello, in possibile violazione degli articoli 3 c.p.a. e 13-ter allegato II al c.p.a..

In mancanza di scritti difensivi sul punto, alla udienza pubblica del 18 maggio 2023 il collegio ha nuovamente invitato le appellanti a trattare la questione del superamento del limite massimo di caratteri del ricorso in appello.

A richiesta di parte appellante, l’udienza di discussione è stata differita per termini a difesa, per essere nuovamente fissata al 5 ottobre 2023 quando la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è inammissibile.

Come rappresentato dal Collegio al difensore di parte appellante, il ricorso introduttivo del presente grado di giudizio supera i limiti dimensionali stabiliti in applicazione dell’art. 13-ter, comma 2, dell’allegato II al codice del processo amministrativo, secondo cui al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio in coerenza con i principi di sinteticità e chiarezza di cui all’articolo 3, comma 2, del codice del processo amministrativo, le parti redigono il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio di Stato, da adottare entro il 31 dicembre 2016.

Il predetto decreto è stato adottato in data 22 dicembre 2016 e, all’articolo 3, comma 1, lett. b), prevede, per i ricorsi ordinari, il limite massimo di 70.000 caratteri, al netto dell’epigrafe, delle conclusioni, della premessa riassuntiva, degli spazi, e delle ulteriori parti indicate al successivo articolo 4. Tale limite è derogabile ma, nella specie, non risulta richiesta la prescritta autorizzazione né in via preventiva (cfr. art. 6) né a sanatoria (cfr. art. 7).

Nel caso di specie, al netto dell’epigrafe e delle ulteriori parti escluse ai sensi dell’art. 4, il numero massimo di 70.000 caratteri consentiti, secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 1, lett. b) del menzionato decreto, risulta utilizzato ed esaurito a p. 52 del ricorso, prima della articolazione dei motivi di appello che quindi il Collegio non è tenuto ad esaminare, quale sanzione prevista dal legislatore per i casi di violazione del principio di sinteticità degli atti processuali previsto dall’art. 3 c.p.a.

Recita infatti l’art. 13-ter, comma 5 dell’allegato II al c.p.a. che “Il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti. L'omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione.”.

Ne discende che il ricorso, in presenza di motivi di appello che il collegio non è tenuto ad esaminare diviene inammissibile perché, in relazione ad una parte essenziale per la identificazione della domanda - richiesta dall’art. 44, comma 1, lett. b) c.p.a. a pena di nullità -, viene meno l’obbligo di provvedere e con esso la stessa possibilità di esame della domanda.

Inoltre è stato chiarito che “secondo la più corretta esegesi, tale previsione non lascia al giudice la facoltà di esaminare o meno le questioni trattate nelle pagine successive al limite massimo, ma, invece, in ossequio ai principi di terzietà e imparzialità, obbliga il giudice a non esaminare le questioni che si trovano oltre il limite massimo di pagine” (Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 2023, n. 8487).

In generale sulla violazione del principio di sinteticità degli atti processuali la giurisprudenza amministrativa ha già chiarito che “il superamento dei limiti dimensionali è questione di rito afferente all’ordine pubblico processuale, stabilito in funzione dell’interesse pubblico all’ordinato, efficiente e celere svolgimento dei giudizi, ed è rilevabile d’ufficio a prescindere da eccezioni di parte. Il rigoroso rispetto dei limiti dimensionali costituisce attuazione del fondamentale principio di sinteticità (art. 3 c.p.a.), a sua volta ispirato ai canoni di economia processuale e celerità” (Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 2023, n. 8487 nonché Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2023, n. 280 ivi ampi riferimenti di giurisprudenza).

L’appello va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese del grado seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile e condanna le società appellanti, in solido tra loro, alla rifusione, in favore del Comune di Ostuni, delle spese del grado che si liquidano complessivamente in euro 6.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Gerardo Mastrandrea, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore

Fabrizio Di Rubbo, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere

L'ESTENSORE
Luca Monteferrante

IL PRESIDENTE
Gerardo Mastrandrea

IL SEGRETARIO

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