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Musica nei reels: annullato il provvedimento AGCM contro Meta

Consiglio di Stato sez. VI,, Sentenza n.5827 del 02/07/2024

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 2 luglio 2024 n. 5827, ha annullato il provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) che aveva adottato misure cautelari sulla base della presunzione di dipendenza economica della SIAE nei confronti di META, la società che gestisce i principali social media.

Questo provvedimento, secondo il Consiglio di Stato, è risultato illegittimo per difetto di istruttoria, cioè per mancanza di una sufficiente indagine preliminare sui fatti e sulle circostanze rilevanti.

La sentenza del Consiglio di Stato ha chiarito diversi punti chiave:

  1. Difetto di istruttoria: Il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’AGCM non avesse condotto un'adeguata indagine preliminare (istruttoria) per giustificare le misure cautelari adottate. La presunzione di dipendenza economica di SIAE da META si basava sull’assunto che le piattaforme digitali di META fossero fornitrici di servizi di intermediazione determinanti per raggiungere utenti finali e fornitori. Tuttavia, il CdS ha stabilito che l’AGCM non aveva dimostrato sufficientemente come le piattaforme di META potessero essere qualificate come tali, evidenziando un difetto di istruttoria nella valutazione di questa qualificazione.

  2. Presunzione di dipendenza economica: L’AGCM aveva ipotizzato che SIAE fosse in una condizione di dipendenza economica rispetto a META, basandosi sulla mancanza di alternative soddisfacenti sul mercato per la diffusione dei contenuti musicali. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha riscontrato che questa presunzione si fondava su un presupposto implicito e non dimostrato, ovvero che gli utenti finali potessero essere raggiunti unicamente attraverso le piattaforme di META. Il CdS ha evidenziato come, in realtà, i fruitori di social utilizzano normalmente una pluralità di applicazioni, smentendo così la tesi dell’AGCM e sottolineando un ulteriore difetto di istruttoria.

  3. Servizi di intermediazione: Secondo il Consiglio di Stato, le piattaforme di META non offrono un servizio di intermediazione che possa essere considerato determinante per raggiungere gli utenti finali o i fornitori, come invece richiesto dall'art. 9 della legge n. 192/1998. Il Consiglio ha stabilito che l’archivio musicale di META, noto come Audio Library, è semplicemente una funzionalità aggiuntiva per gli utenti e non limita la possibilità di condividere contenuti musicali attraverso altre modalità o piattaforme, smontando così l’argomentazione dell’AGCM.

  4. Obblighi informativi: La sentenza ha anche affrontato la questione degli obblighi informativi. L’AGCM aveva accusato META di non aver fornito tutte le informazioni necessarie durante la negoziazione con SIAE per il rinnovo della licenza d’uso dei contenuti musicali protetti. Tuttavia, il CdS ha rilevato che META aveva effettivamente comunicato una grande quantità di dati e che l’AGCM non aveva specificato quali ulteriori informazioni fossero necessarie, ritenendo così che il provvedimento dell’AGCM fosse illegittimo per difetto di istruttoria.

In conclusione, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’AGCM non avesse fornito prove sufficienti a supporto della presunzione di dipendenza economica di SIAE nei confronti di META, né dimostrato adeguatamente l'impossibilità per SIAE di trovare alternative sul mercato.

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Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 2 luglio 2024 n. 5827

Pubblicato il 02/07/2024

N. 05827/2024REG.PROV.COLL.

N. 00863/2024 REG.RIC.

N. 00864/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 863 del 2024, proposto da
META Platforms Inc., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Nico Moravia, Gian Luca Zampa e Alessandro Di Giò, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

AGCM - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti

SIAE - Società Italiana degli Autori ed Editori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Massimo Luciani e Patrizio Ivo D'Andrea, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

sul ricorso numero di registro generale 864 del 2024, proposto da
META Platforms Ireland Limited, META Platforms Technologies Uk Limited, Facebook Italy S.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli Avvocati Nico Moravia, Gian Luca Zampa e Alessandro Di Giò, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

AGCM - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti

SIAE - Società Italiana degli Autori ed Editori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difeso dagli Avvocati Massimo Luciani e Patrizio Ivo D'Andrea, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

quanto al ricorso n. 863 del 2024:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 16069/2023, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 864 del 2024:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 16069/2023, resa tra le parti;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e della Società Italiana degli Autori ed Editori;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2024 il Cons. Marco Poppi e uditi per le parti gli Avvocati presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La Società Italiana degli Autori ed Editori (di seguito SIAE), odierna appellata, è un organismo di gestione collettiva (OGC) che opera nel mercato dell’intermediazione dei diritti di autore nell’interesse degli associati gestendo la concessione delle licenze di utilizzo delle opere musicali da questi ultimi create.

Le Società appellanti offrono al pubblico servizi di social media che consentono la condivisione, fra gli altri, dei contenuti musicali protetti da SIAE in una Audio Library presente sulle piattaforme dalla quale è possibile scaricarli.

Tale archivio è reso disponibile agli utenti in virtù di una licenza (denominata, Music Rights Agreement, di seguito MRA) negoziata con SIAE che percepisce la remunerazione concordata riversandola agli autori previo incameramento del compenso dovuto per l’intermediazione.

La vicenda oggetto del presente giudizio trae origine dalla negoziazione avviata dalle appellanti e SIAE per il rinnovo della licenza scaduta nel 2022.

Con delibera del 4 aprile 2023 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito AGCM o Autorità), su impulso di SIAE avviava un procedimento istruttorio ai sensi dell’art. 14 della L. n. 287/1990 nei confronti di Meta Platforms Inc., Meta Platforms Ireland LimitedMeta Platforms Technologies UK Limited e Facebook Italy S.r.l. (di seguito indicate anche come META) teso all’accertamento di eventuali violazioni dell’art. 9 della L. n. 192/1998 (recante «Abuso di dipendenza economica») e, in particolare, dei doveri di buona fede, correttezza e trasparenza nella negoziazione della nuova licenza, abusando dello stato di soggezione negoziale in cui verserebbe la controparte.

Contestualmente al procedimento principale AGCM avviava ex art. 14 bis della medesima fonte normativa il procedimento teso alla verifica dei presupposti per l’adozione di misure cautelari sfociato nell’adozione del provvedimento controverso nel presente giudizio.

Le condotte indagate dall’Autorità si manifestavano nell’ambito della negoziazione del MRA 3 (che seguiva il MRA 1, venuto a scadenza il 29 giugno 2018, e il MRA 2 in vigore dal 1° luglio 2020 al 30 settembre 2022) avviata da SIAE con nota del 12 luglio 2022 e riscontrata da META il successivo 27 settembre prospettando l’esigenza di modificare la struttura della remunerazione per l’utilizzo dei contenuti musicali sulle proprie piattaforme.

Mentre, infatti, gli accordi precedenti prevedevano una remunerazione basata unicamente su una flat fee, il nuovo regime avrebbe dovuto contemplare due distinte componenti e, in particolare, una revenue sharing o post claim ed una flat fee.

Per esigenze di chiarezza espositiva si precisa che:

- la prima componente, di natura variabile, consiste in una aliquota sui ricavi direttamente legati ai c.d. long-form video (LFV) contenenti inserti pubblicitari;

- la seconda, fissata in un importo forfettario remunerativo degli ulteriori utilizzi di contenuti musicali, ovvero, i cc.dd. short videos (di durata inferiore ai 60 secondi) quali, a mero titolo esemplificativo, per quanto concerne Facebook e Instagram, quelli inseriti nelle stories e nei reels condivisi su dette piattaforme.

In merito alla prima componente le parti raggiungevano una preliminare intesa senza tuttavia pervenire ad alcuna formalizzazione stante la volontà di META di procedervi solo ad accordo raggiunto sull’intero pacchetto.

Critica si rivelava invece la negoziazione della seconda componente in relazione alla quale, a seguito della proposta di META, SIAE manifestava la necessità di acquisire più esaustivi chiarimenti circa i criteri adottati per la quantificazione degli importi offerti: differenza di posizioni che, nelle more, determinava la stipulazione di un convenant tuo sue (CNS) che faceva salvo provvisoriamente l’utilizzo sulle piattaforme dei contenuti tutelati sino ad un termine predeterminato e rinnovabile.

La fase negoziale, ampiamente descritta nel provvedimento impugnato (§ 13 e ss. cui si rinvia per quanto non espressamente richiamato), si caratterizzava per un intenso scambio di proposte e controproposte senza registrare una significativa convergenza fra le contrapposte posizioni.

Controversa, fra gli altri profili, era la definizione del regime applicabile nel periodo interessato alla negoziazione (intercorrente fra la scadenza del MR2 e la sottoscrizione del MR3) per il quale META proponeva l’estensione del regime previgente mentre SIAE auspicava l’applicazione con effetto retroattivo del nuovo accordo, in corso di negoziazione, una volta definito.

A seguito del reiterato rifiuto di META (da ultimo, in data 9 febbraio 2023) di consentire a SIAE l’accesso ai propri dati finanziari, quest’ultima, in data 8 marzo 2023, formulava una proposta basata su proprie stime, a valere per i successivi 24 mesi.

META, invocando limitazioni derivanti dal budget preventivato, il 13 marzo (in prossimità della scadenza del CNS prevista per il successivo 17) rifiutava la proposta e contestualmente formulava una controproposta definitiva, assegnando per l’adesione il termine di un giorno, rappresentando contestualmente che in caso di mancata accettazione delle condizioni offerte avrebbe rimosso il repertorio SIAE dalla propria Audio Library.

SIAE, nel termine assegnato, pur non accettando la controproposta, accordava un’ulteriore proroga del regime transitorio al 24 marzo ricevendo, in data 15 marzo 2023, la richiesta da parte di META di sottoscrizione dell’accordo nei termini da ultimo proposti.

Il rifiuto opposto da SIAE determinava quindi, il 16 marzo successivo, la rimozione dei contenuti musicali dalla Audio Library.

Alla ulteriore proposta di SIAE del 24 marzo di proseguire il negoziato, pervenendo al momento alla sottoscrizione dell’accordo relativamente al revenue sharing nelle more della definizione dell’accordo sulla flat fee, META, con nota del 30 marzo, ribadiva l’impossibilità di integrare il quadro informativo nei sensi pretesi da SIAE confermando l’intenzione di non definire l’accordo neppure per la componente non controversa.

Nel corso dell’istruttoria le parti avevano modo di sottoporre all’attenzione dell’Autorità le rispettive posizioni.

SIAE, che ritiene META una controparte necessaria per raggiungere gli utenti attivi sui social media, lamentava la mancata condivisione delle informazioni ritenute necessarie per valutare la convenienza della proposta contrattuale e la congruità del modello di remunerazione offerto, sostenendo che tale condotta omissiva determinerebbe una asimmetria informativa della quale controparte si avvantaggerebbe.

Tale vantaggio competitivo avrebbe consentito a META di ricorrere ad una sorta di ultimatum offrendo la sola possibilità di sottoscrivere le medesime condizioni asseritamente offerte, e già accettate, da altre OGC.

Diversa sul punto la posizione di META che negava ogni addebito evidenziando come in fase negoziale avesse ripetutamente proposto l’estensione della precedente licenza offrendo anche significativi incrementi del compenso (sino al 40% a fronte di una pretesa di SIAE di quadruplicare l’importo) e, soprattutto, fornendo ogni elemento utile a valutare la propria offerta, con esclusione dei soli dati relativi ai ricavi complessivi del gruppo su base regionale ritenuti essere riservati ed eccedenti quanto necessario agli invocati fini.

AGCM, a conclusione dell’istruttoria, condotta ricorrendo anche all’audizione delle parti, riteneva prima facie la sussistenza di uno stato di dipendenza economica di SIAE nei confronti di META riconducibile alla previsione di cui all’art. 9 della L. n. 192/1998, come novellato dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza n. 118/2021, introduttiva della presunzione di dipendenza dell’impresa che utilizzi i servizi di intermediazione forniti da una piattaforma digitale.

Al comportamento di META veniva, altresì, attribuito un potenziale negativo impatto sulla concorrenzialità del mercato di riferimento, da non ritenersi, come invece affermato da quest’ultima, ristretto a quello dei diritti d’autore.

Per tali ragioni l’Autorità, con provvedimento del 20 aprile 2023, riteneva la sussistenza dei presupposti per l’adozione della misura cautelare ex art. 14 bis della legge antitrust disponendo nei confronti di META:

a) l’immediato ripristino delle trattative «mantenendo un comportamento ispirato ai canoni di buona fede e correttezza»;

b) la comunicazione delle «sole informazioni necessarie onde consentire a SIAE di ristabilire un equilibrio nell’intero rapporto commerciale con Meta», senza tuttavia specificarle;

c) il ripristino sulle piattaforme, previo consenso di SIAE, «dei contenuti musicali tutelati da SIAE sulle proprietà di Meta per tutto il periodo necessario alla conclusione delle negoziazioni»;

d) nell’ipotesi di ulteriore disaccordo «in ordine alla quantità e alla qualità delle informazioni di cui al punto b)», la nomina di «un apposito soggetto fiduciario» incaricato di provvedere da individuarsi all’interno di una rosa di tre candidati scelti da META.

2. Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al Tar per il Lazio da Meta Platform inc. con ricorso iscritto al n. 8974/2023 R.R. e da Meta Platform Ireland LimitedMeta Platforms Technologies UK Limited e Facebook Italy S.r.l. con ricorso iscritto al n. 8975/203 R.R. deducendone l’illegittimità sotto svariati profili.

Nelle more del giudizio di primo grado, e precisamente in data 13 maggio 2023, veniva stipulato fra le parti un Interim Agreement, da intendersi come espressione della negoziazione in buona fede tra le parti prescritta da AGCM con le delibere del 4 aprile 2023 (avvio del procedimento) e 20 aprile 2023 (misura cautelare) che, in attesa della definizione dell’accordo, comportava il ripristino dei contenuti musicali tutelati da SIAE sulle piattaforme META.

Tale accordo aveva una durata iniziale fissata sino al 6 ottobre 2023 (arco temporale inizialmente concordato dalle parti per concludere le negoziazioni sulla licenza), poi prorogata.

Detto regime transitorio prevedeva che l’utilizzo del repertorio SIAE venisse remunerato sulla base della licenza da ultimo scaduta contemplando, per l’ipotesi in cui le negoziazioni in atto andassero a buon fine, un incremento dell’importo da definirsi sulla base dei termini della nuova licenza.

Il Tar, riuniti i ricorsi (aventi contenuti identici, ad eccezione del settimo motivo del primo, non formulato da Meta IrelandPlatforms Technologies e Facebook), definiva il giudizio con sentenza di rigetto n. 16069 del 30 ottobre 2023.

3. Meta Platform inc. impugnava la sentenza con appello depositato il 1° febbraio 2024, iscritto al n. 863/2024 R.R., formulando i seguenti capi d’impugnazione:

«PRIMO MOTIVO DI APPELLO SULLA SENTENZA DEL TAR LAZIO IN MERITO AL PRIMO, SECONDO E SETTIMO MOTIVO DEL RICORSO DI PRIMO GRADO: ERRONEA APPLICAZIONE DELLA PRESUNZIONE DI DIPENDENZA ECONOMICA EX ARTICOLO 9, ERRONEO ACCERTAMENTO DI UNA DIPENDENZA ECONOMICA DI SIAE DA META ED ERRONEA COMPLESSIVA CONFIGURAZIONE DELL’ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA» lamentando il mancato accoglimento del primo, secondo e settimo motivo del ricorso di primo grado;

«SECONDO MOTIVO DI APPELLO SULLA SENTENZA DEL TAR LAZIO IN MERITO AL TERZO MOTIVO DEL RICORSO DI PRIMO GRADO: ASSENZA DI FUMUS BONI IURIS – META NON HA ABUSIVAMENTE INTERROTTO LE NEGOZIAZIONI» lamentando il mancato accoglimento del terzo motivo;

«TERZO MOTIVO DI APPELLO SULLA SENTENZA DEL TAR LAZIO IN MERITO AL QUARTO MOTIVO DEL RICORSO DI PRIMO GRADO: META NON HA OMESSO ABUSIVAMENTE DI CONDIVIDERE INFORMAZIONI RILEVANTI» lamentando il mancato accoglimento del quarto motivo;

«QUARTO MOTIVO DI APPELLO SULLA SENTENZA DEL TAR LAZIO IN MERITO AL QUINTO MOTIVO DEL RICORSO DI PRIMO GRADO: ERRONEA INTERPRETAZIONE DEL QUADRO NORMATIVO SUL DIRITTO D’AUTORE» lamentando il mancato accoglimento del quinto motivo;

«QUINTO MOTIVO DI APPELLO SULLA SENTENZA DEL TAR LAZIO IN MERITO AL SESTO MOTIVO DEL RICORSO DI PRIMO GRADO: ASSENZA DI EFFETTI SULLA CONCORRENZA» lamentando il mancato accoglimento del sesto motivo di ricorso;

«SESTO MOTIVO DI APPELLO SULLA SENTENZA DEL TAR LAZIO SUL NONO MOTIVO DEL RICORSO DI PRIMO GRADO: ASSENZA DI PERICULUM IN MORA» lamentando il mancato accoglimento del nono motivo di ricorso;

«SETTIMO MOTIVO DI APPELLO SULLA SENTENZA DEL TAR LAZIO IN MERITO ALL’OTTAVO MOTIVO DEL RICORSO DI PRIMO GRADO: VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA DI MPI NEL PROCEDIMENTO» lamentando il mancato accoglimento dell’ottavo motivo di ricorso;

Con separato appello, iscritto al n. 864/2024 e depositato nella stessa data, Meta Platform Ireland LimitedMeta Platforms Technologies UK Limited e Facebook Italy S.r.l. impugnavano la medesima sentenza formulando identici capi d’impugnazione ad eccezione, come già rilevato, del settimo riferito alla pretesa violazione dei diritti di difesa in fase procedimentale.

Con entrambi gli appelli veniva sollevata questione di pregiudizialità comunitaria chiedendo la rimessione alla Corte di Giustizia ex art. 267 TFUE delle seguenti questioni:

- «se gli articoli 18 e 19 della direttiva UE/2019/790 debbano essere interpretati nel senso che gli obblighi di trasparenza previsti dall’art. 19 trovino applicazione prima della stipula di un accordo di licenza o di cessione tra gli autori/artisti/interpreti/esecutori e le parti a cui i primi concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti»;

- «se gli articoli 18 e 19 della direttiva UE/2019/790 debbano essere interpretati nel senso che gli obblighi di trasparenza di cui all’art. 19 impongano la divulgazione di informazioni non direttamente connesse allo sfruttamento delle loro opere, come i ricavi generali del servizio suddivisi per Paese».

Le appellanti, in entrambi i giudizi, avanzavano, altresì, istanza cautelare specificandone tuttavia l’oggetto nella sola sollecita fissazione della discussione di merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a..

Con decreti presidenziali n. 81 e n. 82 del 26 gennaio 2024 venivano accolte le istanze di «superamento dei limiti dimensionali» presentate da META fissando il «limite dei 100.000 caratteri, non ravvisandosi la ricorrenza di condizioni di “straordinario rilievo” e, comunque, potendosi vincere dalla lettura della bozza d’appello che, con un adeguato sforzo di sintesi, l’obiettivo di contenimento entro il detto limite dimensionale possa essere certamente perseguito».

AGCM e SIAE si costituivano formalmente in entrambi i giudizi, rispettivamente, il 13 e 15 febbraio 2024 sviluppando le proprie difese con memorie depositate il 20 febbraio successivo con le quali confutavano analiticamente le avverse censure chiedendo la reiezione dell’appello.

All’esito della camera di consiglio del 22 febbraio 2024, con ordinanze n. 645 e n. 648 del giorno successivo, veniva accolta l’istanza cautelare, nei termini formulati dalle appellanti, fissando l’udienza di discussione.

Con memorie depositate il 30 aprile 2024 AGCM e META rassegnavano le rispettive conclusioni mentre SIAE richiamava i precedenti scritti.

META e SIAE replicavano alle avverse difese con memorie del 4 maggio successivo.

All’esito della pubblica udienza del 16 maggio 2024 la causa veniva decisa.

4. Il provvedimento oggetto della presente controversia è rappresentato dalla misura cautelare adottata da AGCM sul presupposto che, nella fattispecie esaminata, fosse configurabile una dipendenza economica di SIAE nei confronti di META della quale quest’ultima avrebbe abusato in violazione dell’art. 9 della L. n. 192/1998 (di seguito solo art. 9).

L’abuso si sarebbe concretizzato nell’interruzione della negoziazione per il rinnovo della licenza di utilizzo dei contenuti musicali tutelati da SIAE da intendersi, nella prospettazione di AGCM, quale misura di pressione per conseguire l’accettazione delle condizioni contrattuali proposte.

Il profilo critico della negoziazione, come già evidenziato, verteva in ordine alla quantificazione dei diritti spettanti a SIAE per l’utilizzo dei contenuti musicali resi disponibili su una Audio Library e utilizzati dagli utenti META per arricchire con un sottofondo musicale i video creati sulle piattaforme.

SIAE, in particolare, riteneva congruo rideterminare la remunerazione in misura di gran lunga superiore a quella precedentemente concordata commisurandola ai presumibili ricavi che le appellanti avrebbero realizzato utilizzando i contenuti concessi.

META riteneva, invece, che l’aumento preteso (310%) non trovasse giustificazione in «alcun modello trasparente o da dati pertinenti».

La distanza fra le rispettive posizioni e la rigidità manifestata da entrambe le parti a difesa delle proprie pretese, induceva META ad interrompere la negoziazione e a procedere alla conseguente rimozione dei contenuti tutelati dall’Audio Library con pregiudizio, a parere di AGCM, della posizione tanto degli autori, per mancata percezione dei diritti loro spettanti, quanto di SIAE per mancata percezione della propria intermediazione.

Sintetizzando le doglianze oggetto dei plurimi capi di impugnazione di seguito scrutinati, META, quanto ai presupposti legittimanti l’adozione della misura cautelare, afferma l’insussistenza del fumus boni iuris negando che SIAE si trovi, con specifico riferimento alla negoziazione della licenza, in una posizione di dipendenza economica trattandosi di soggetto che riveste una posizione dominante sul mercato delle concessioni dei diritti musicali che, contrariamente a quanto ritenuto dalle SIAE e da AGCM, sarebbe da ritenersi il mercato rilevante ai presenti fini.

Difetta ulteriormente, a parere di META, il periculum in mora posto che i proventi di SIAE derivanti dalla fruizione dei contenuti musicali sulle proprie piattaforme rappresenterebbero una componente limitata dei suoi ricavi, stimabile nell’1% circa.

Tale trascurabile incidenza dei ricavi ritraibili dal rapporto non potrebbe pertanto procurare a SIAE alcun pregiudizio grave e irreparabile nell’ipotesi in cui la trattativa non approdasse alla sottoscrizione del rinnovo della licenza.

Sostiene parte appellante che AGCM, nell’adottare il provvedimento cautelare censurato, e il Tar nel riconoscerne la legittimità, avrebbero stravolto l’istituto dell’abuso di dipendenza economica pervenendo ad una errata interpretazione dell’art. 9, comma 1, che, si anticipa per esigenze di completezza espositiva:

- vieta «l’abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice»;

- definisce come «dipendenza economica la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi» da valutarsi, tuttavia, «tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l'abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti»;

- prevede che la condizione di dipendenza possa essere presunta «nel caso in cui un’impresa utilizzi i servizi di intermediazione forniti da una piattaforma digitale che ha un ruolo determinante per raggiungere utenti finali o fornitori, anche in termini di effetti di rete o di disponibilità dei dati».

META ritiene che il Tar avrebbe errato in particolare (e in estrema sintesi):

- nell’applicazione della presunzione legale da ultimo richiamata posto che, nel rapporto con la concedente SIAE non potrebbe essere qualificata come «intermediario» mediante il quale «raggiungere» l’utente finale essendo il gruppo META stesso un utente finale in relazione all’utilizzo dei contenuti in questione;

- nel ritenere la dipendenza economica di SIAE che, nel mercato dei diritti musicali, interpreta un ruolo dominante;

- nel qualificare come ultimatum la nota dell’8 marzo 2023 che precedeva la comunicazione di interruzione delle trattative del 16 successivo;

- nel disconoscere l’adeguatezza ed esaustività degli elementi informativi forniti a SIAE nel corso della negoziazione;

- nell’appiattirsi sulle posizioni di AGCM nell’apprezzamento dell’impatto sul mercato della condotta contestata;

- nell’aver disconosciuto la violazione dei propri diritti di difesa specificata nel mancato rispetto dei prescritti termini procedimentali.

Preliminarmente alla formulazione degli articolati capi d’impugnazione META, come anticipato, afferma di aver inizialmente offerto alla controparte un incremento del compenso precedentemente pattuito in sede di MR2 pari a circa il 20%, successivamente elevato sino a circa il 45%.

Offerta distante dalla richiesta di SIAE che proponeva importi quasi quadruplicati a fronte di una sostanziale identità dei diritti concessi.

Ritiene inoltre pretestuosa la contestazione riferita alla rimozione dei contenuti musicali dalla Audio Library.

META allega a tal proposito che la necessità di assicurare la fruizione dei contenuti successivamente alla scadenza dl MR2, comportava la necessità di conseguire una proroga dell’accordo, in un primo tempo accordata da SIAE a più riprese sino al 24 marzo con rifiuto di ulteriori prolungamenti.

Detto rifiuto avrebbe imposto la rimozione del repertorio SIAE dall’Audio Library per non incorrere in un abusivo utilizzo dello stesso, non più legittimato da un valido titolo.

META precisa ulteriormente che i ricavi generati tramite le piattaforme in Italia non venivano condivisi poiché ritenuti dati sensibili riservati e, in ogni caso non indicativi ai fini in esame perché comprensivi di proventi pubblicitari in buona parte non correlati all’utilizzo oggetto della licenza.

Contesta in particolare che per la valutazione della congruità dell’offerta formulata si renda necessario comunicare, come pretenderebbe SIAE, i propri ricavi complessivamente conseguiti sulle piattaforme rilevanti, articolati per singolo Paese interessato dalla licenza.

In estrema sintesi, META recedeva dalle trattative invocando prestabiliti limiti di budget ed evidenziando come la ragionevolezza della propria offerta trovasse conferma nella circostanza che le medesime condizioni fossero state accettate dalla maggior parte delle OGC europee cui erano state offerte.

Per AGCM, invece, META pretenderebbe di imporre a SIAE un modello già utilizzato a livello mondiale godendo del rapporto di forza che le deriva dalla necessità da parte di SIAE di ricorrere all’utilizzo delle piattaforme quale tratto essenziale della propria attività di impresa.

L’interruzione della trattativa sarebbe quindi maturata in un contesto caratterizzato dallo strapotere di una parte nei confronti dell’altra.

5. Ciò premesso, deve procedersi ex art. 70 c.p.a alla riunione dei due appelli promossi da un unico centro di interessi nei confronti di un unico soggetto ed avverso la medesima sentenza.

Come già in parte evidenziato AGCM, a sostegno della sussistenza dello stato di dipendenza economica, richiama la presunzione di cui all’ultimo periodo dell’art. 9 della legge antitrust in ragione della quale «salvo prova contraria, si presume la dipendenza economica nel caso in cui un'impresa utilizzi i servizi di intermediazione forniti da una piattaforma digitale che ha un ruolo determinante per raggiungere utenti finali o fornitori, anche in termini di effetti di rete o di disponibilità dei dati».

A parere di AGCM, detta disposizione (ritenuta essere coerente con i principi di matrice europea in tema di garanzia dell’equità dei mercati digitali a fronte dello strapotere dei cc.dd. colossi del web di cui al Regolamento UE n. 1925/2022 «relativo ai mercati equi e contendibili nel settore digitale» e alla Direttiva UE n. 790/2019 «sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale» recepita con D. Lgs. n. 177/2021) sarebbe conseguenza di una presa d’atto della nuova realtà rappresentata dalla diffusione delle piattaforme di social media intese come «servizi online che consentono agli utenti di partecipare a reti sociali, comunicare con altri utenti e condividere e consumare contenuti generati da altri utenti (compresi gli editori professionisti)» (§ 49 del provvedimento cautelare) e del ruolo determinante che le stesse rivestono nel raggiungimento degli utenti finali.

Riconosciuto alle piattaforme il descritto ruolo, la mancata acquisizione dei contenuti musicali tutelati da SIAE da parte di META si tradurrebbe in una significativa penalizzazione degli autori da quest’ultima rappresentati che si vedrebbero privati di un importatane strumento di diffusione delle loro creazioni musicali.

Ciò porrebbe SIAE in una posizione di oggettiva debolezza poiché, sebbene la quota del fatturato realizzato con META non sia particolarmente significativa sotto il profilo dell’incidenza percentuale, la diffusione sui social network dei contenuti musicali rappresenterebbe, nell’interesse degli autori rappresentati, un modello di business irrinunciabile atteso che «SIAE non ha sul mercato effettive alternative nel senso» (§ 69 del provvedimento cautelare).

Chiarita nei suesposti sensi la sussistenza dell’elemento oggettivo della condizione di dipendenza economica, AGCM riconosceva la potenziale abusività della condotta di META rapportandola alle fattispecie espressamente menzionate dal comma 2 del già richiamato art. 9 laddove prevede che l’illecito possa «consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto» o, con specifico riferimento alle piattaforme digitali, «nel fornire informazioni o dati insufficienti in merito all'ambito o alla qualità del servizio erogato», rinvenendo le condotte a tali fini significative, sotto un primo profilo, nell’indebita interruzione delle negoziazioni; sotto un secondo profilo, nel diniego di fornire a SIAE «le informazioni necessarie per svolgere le negoziazioni nel pieno rispetto del principio di trasparenza ed equità» e, sotto un ultimo profilo, nella conclusiva «interruzione delle trattative» (§ 71).

Sotto il profilo del periculum in mora AGCM afferma la ricorrenza del presupposto affermando che «la documentazione agli atti induce a ritenere sussistente la pratica abusiva in esame e vale richiamare integralmente le valutazioni sopra svolte sulla violazione dell’art. 9 della legge n. 192/98» avendo META posto SIAE di fronte all’alternativa fra accettare l’offerta «senza poterne apprezzare la congruità» o «rifiutare la proposta e avere preclusa qualsiasi possibilità che i contenuti musicali da essa tutelati potessero continuare a raggiungere milioni di utenti che fruiscono delle piattaforme di Meta» (§ 91): circostanza che a parere dell’Autorità troverebbe conferma nella corrispondenza intercorsa fra le parti.

Il danno grave e irreparabile alle dinamiche competitive nei mercati dell’intermediazione dei diritti d’autore viene specificato nell’aver reso inaccessibili sulle più importanti piattaforme social attive in Italia le opere tutelate da SIAE penalizzando la visibilità e diffusione delle creazioni musicali degli autori da quest’ultima rappresentati, incidendo su tutti i «soggetti che contribuiscono alla creazione dell’opera e la cui attività trova tutela nella legge sul diritto d’autore, sulle collecting che tutelano tali diritti e gli utenti finali, privati della possibilità di accedere a una gamma molto significativa di opere» (§ 93).

Per tali ragioni AGCM riteneva che i comportamenti posti in essere da META apparissero «a una delibazione sommaria propria della fase cautelare, suscettibili di configurare un abuso di dipendenza economica in violazione dell’articolo 9 della legge 18 giugno 1998, n. 192» (primo RITENUTO).

6. Può procedersi ora allo scrutinio delle censure di merito formulate da META premettendo alcune precisazioni.

In primis deve considerarsi la natura interinale e sommaria del provvedimento controverso, espressione del potere riconosciuto all’Autorità dall’art. 14 bis della L. n. 287/1990 - la cui applicabilità anche alla fattispecie di cui all’art. 9 non è qui contestata, né appare contestabile - a norma del quale «nei casi di urgenza dovuta al rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza, l'Autorità può, d'ufficio, ove constati ad un sommario esame la sussistenza di un'infrazione, deliberare l'adozione di misure cautelari» (comma 1) prevedendo che le misure adottate a tali fini siano «proporzionate e applicabili fino all'adozione della decisione finale oppure per un periodo di tempo specificato che può, se necessario e opportuno, essere prorogato» (comma 2).

Ne deriva che esula dal perimetro del presente giudizio un definitivo accertamento circa l’effettiva esistenza di una posizione dominante di META nello specifico mercato di riferimento e della correlata condizione di dipendenza economica di SIAE, nonché, della condotta abusiva della prima che, invece, costituiranno oggetto delle valutazioni che AGCM compendierà nel definitivo provvedimento da adottarsi all’esisto del procedimento principale, tuttora in itinere ed anzi, da quanto appreso dalle difese in udienza, rimasto sostanzialmente fermo nella pendenza (e nell’attesa della definizione) di questo giudizio sul provvedimento cautelare.

La decisione sarà, pertanto, limitata all’accertamento della ricorrenza dei presupposti legittimanti l’intervento cautelare, ovvero, la ragionevolezza della formulata previsione circa il futuro esito del procedimento principale sulla base degli elementi acquisiti come rilevanti a tali fini, nonché la sussistenza di un potenziale pregiudizio incombente su SIAE, e sul corretto funzionamento del mercato di riferimento, quale effetto della condotta posta in essere da META.

Ciò in quanto il fondamento delle criticità ipotizzate, e al momento apprezzate da AGCM a fini cautelari, non potranno che essere accertate sulla base di autonome valutazioni in coerenza con le risultanze istruttorie acquisite, non essendo consentito al Collegio, in questa sede, pronunciarsi su poteri non ancora compiutamente esercitati, né di incidere sui contenuti di futuri provvedimenti, pena un’inammissibile sostituzione del giudice nell’espressione di valutazioni attribuite in via esclusiva all’Autorità amministrativa da valutarsi in punto di legittimità ex post. Né questo schema “logico” può essere alterato dalla scelta dell’AGCM di attendere, per il prosieguo del procedimento principale, la previa definizione del giudizio sul procedimento cautelare.

In secondo luogo, non è controverso che sia stata data esecuzione alle prescrizioni contenute nel provvedimento cautelare e che il Fiduciario nominato abbia provveduto alla individuazione degli elementi informativi (già trasmessi da META a SIAE) la cui conoscenza, a parere dello stesso, sarebbe sufficiente affinché SIAE possa valutare la convenienza della proposta di META.

È altresì riconosciuto che il Fiduciario abbia già redatto la propria relazione, ancorché questa non abbia costituito oggetto di deposito agli atti del giudizio (e non sia quindi valutabile ai fini della presente decisione riguardando eventi successivi all’insorgere del contenzioso).

Deve ciò nonostante precisarsi che l’avvenuta comunicazione dei dati in questione (sulla cui sufficienza ai fini invocati le parti non concordano) non elide l’interesse di META alla decisione degli appelli stante la perdurante efficacia della misura cautelare impugnata, destinata ad esplicare i propri effetti sino a conclusione del procedimento principale esponendo le appellanti, in astratto, a ulteriori iniziative dell’Autorità.

Quanto al rilievo di tale adempimento ai presenti fini non può che rilevarsi come il segmento procedimentale in questione sia estraneo al presente giudizio e che SIAE dichiara espressamente di non accettare il contraddittorio su tali risultanze.

Tuttavia, le ultime difese delle parti contengono plurimi richiami agli esiti dell’attività di del Fiduciario.

Tali allegazioni fattuali, nella misura in cui non sono controverse nella loro consistenza oggettiva (divergendo unicamente il significato da attribuirvi), potranno quindi essere considerate.

Da ultimo si anticipa, con rinvio alla successiva trattazione quanto al rilievo specifico della circostanza, che il provvedimento impugnato opera in più punti una commistione fra l’interesse dell’appellata e quello degli autori, interessi che, una volta superato il regime monopolistico di cui godeva SIAE precedentemente alla riforma del settore, non possono essere aprioristicamente considerati come coincidenti.

Ne consegue che, non necessariamente, taluni profili di pregiudizio apprezzabili con riferimento alla posizione degli autori rilevano nei medesimi termini con riferimento alla posizione di SIAE.

Di tali ultronei richiami verranno, quindi, evidenziate l’inconferenza e la contraddittorietà con altre proposizioni del provvedimento impugnato.

7. Quanto al merito dell’appello, con il primo motivo, l’appellante censura la sentenza nella parte in cui respingeva il primo, secondo e settimo motivo di ricorso con i quali veniva dedotto il travisamento in cui sarebbe incorsa AGCM nel ritenere l’esistenza di una dipendenza economica di SIAE nei confronti di META, affermata in virtù della già illustrata presunzione di cui all’art. 9, comma 1 ultimo periodo, senza considerare il ruolo di SIAE nello specifico mercato dei diritti musicali nell’ambito del quale si esplica il rapporto.

META ritiene che le proprie piattaforme, contrariamente a quanto sostenuto dalle resistenti, non ricoprirebbero alcun «ruolo determinante per raggiungere [gli, ndr] utenti finali» essendo estranea alla loro funzione la fornitura di «servizi di intermediazione» e lamenta sul punto il mancato approfondimento istruttorio dell’Autorità che avrebbe ritenuto essere operante la presunzione in questione sul solo generico rilievo che non venivano offerti elementi sufficienti a superarla senza considerazione alcuna degli argomenti di prova offerti a confutazione.

Nessun approfondimento sarebbe stato effettuato anche in ordine all’esistenza dell’ulteriore presupposto richiesto dalla normativa per la configurazione dell’illecito, rappresentato dall’inesistenza di possibili «alternative soddisfacenti» sul mercato per SIAE, ed errata sarebbe ulteriormente la riconosciuta irrilevanza, ai fini della configurazione della fattispecie, dell’evidenziata limitata incidenza percentuale dei ricavi realizzati da SIAE nel rapporto con META.

La censura viene articolata sotto cinque distinti profili così rubricati:

1. «L’AGCM non ha considerato la questione della non applicabilità della presunzione e ha erroneamente concluso per l’applicazione della presunzione»

2. «L’AGCM ha ritenuto che la super-dominanza di SIAE sia compatibile con una situazione di dipendenza economica nel mercato in cui detiene tale potere»;

3. «La presenza di alternative soddisfacenti»;

4. «La controversia riguarda solo l’Audio Library e non il diritto degli utenti e degli artisti di pubblicare o promuovere contenuti musicali attraverso le Piattaforme Meta»;

5. «La rilevanza del fatturato de minimis ottenuto (o addirittura richiesto) da SIAE a Meta».

Quanto alla prima delle suesposte censure, META sostiene che il Tar avrebbe «confuso» i motivi con i quali venivano distintamente dedotti il profilo dell’erronea applicazione della illustrata presunzione ex art. 9 da quello relativo all’inesistenza di una dipendenza economica di SIAE da META, omettendo sostanzialmente di affrontare il primo.

Circa la specifica questione il Tar si sarebbe limitato ad affermare che il legislatore avrebbe voluto «approntare una più robusta tutela ai soggetti che si interfacciano commercialmente con le piattaforme digitali, atteso il [loro] notorio potere di mercato…» senza, tuttavia, considerare che la norma non imporrebbe una «condanna generalizzata» per qualsiasi piattaforma a prescindere dal contesto in cui opera, ma richiederebbe l’accertamento del ruolo nel concreto svolto «per raggiungere utenti finali o fornitori».

Tale ruolo, nel caso di specie, sarebbe smentito dalla oggettiva circostanza che META non opera nella vendita o distribuzione dei contenuti musicali tutelati da SIAE, come erroneamente ritenuto dal Tar (punto 9.7 della sentenza), essendo il contratto di licenza limitato nell’oggetto alla messa a disposizione degli utenti di una Audio Library dalla quale attingere per l’arricchimento dei video creati e condivisi sulla piattaforma, ovvero una funzionalità che non integrerebbe un servizio di ascolto con finalità di veicolazione dei contenuti musicali verso gli utenti finali.

Prive di fondamento sarebbero pertanto le statuizioni del Tar per le quali META sarebbe detentrice di un «strapotere di mercato» in quanto gatekeeper (punto 9.14 della sentenza) e che «l’intera economia digitale risulta compromessa dal mancato accordo Meta-Siae» (punto 12.1 della sentenza).

Di contrario avviso AGCM per la quale la condotta di META comprimerebbe significativamente la competitività di SIAE posto che «dopo il superamento del monopolio, gli autori hanno un maggiore potere di scegliere la collecting alla quale affidare i propri diritti. Tenuto conto che le utilizzazioni on line rappresentano un settore in crescita, la circostanza che SIAE non stipuli una licenza con la più importante piattaforma attiva in Italia indebolisce la sua posizione sui mercati interessati e può indurre gli autori verso collecting concorrenti» (§86).

La medesima condotta pregiudicherebbe altresì gli autori rappresentati da SIAE poiché l’assenza delle loro creazioni nella Audio Library non consentirebbe di raggiungere l’ampia platea di utenti che fruisce dei social network con potenziale grave pregiudizio della loro visibilità e, in ultima analisi, della redditività delle loro creazioni musicali (§ 87).

Non ultimo, risulterebbe limitata la possibilità di scelta dei consumatori finali, utenti delle piattaforme, di fruire delle opere protette da SIAE.

Tali valutazioni si fondano sul ritenuto presupposto che il mercato rilevante ai presenti fini non possa intendersi come confinato nel più ristretto mercato dell’intermediazione dei diritti musicali ma debba essere riconosciuto con riferimento al mercato globale dei social network.

Con la seconda censura, che può essere trattata congiuntamente alla precedente stante la sostanziale omogeneità dei profili coinvolti, l’appellante contesta la sentenza nella parte in cui, aderendo alle posizioni di AGCM e SIAE, afferma la pretesa dipendenza economica di quest’ultima nei confronti di META nonostante il riconoscimento, da parte della stessa Autorità, di un elevato potere di SIAE sul mercato delle licenze di diritti musicali, ovvero lo stesso mercato nell’ambito del quale subirebbe il dominio della controparte.

8. La doglianza è fondata nei seguenti termini.

Ai sensi dell’art. 9, comma 1, della L. n. 192/1998 «è vietato l'abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l'abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti».

L’ultimo periodo della medesima disposizione, introdotto dalla L. n. 118/2022, dispone ulteriormente che «salvo prova contraria, si presume la dipendenza economica nel caso in cui un'impresa utilizzi i servizi di intermediazione forniti da una piattaforma digitale che ha un ruolo determinante per raggiungere utenti finali o fornitori, anche in termini di effetti di rete o di disponibilità dei dati».

Il successivo comma 2 prevede che «l’abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto. Le pratiche abusive realizzate dalle piattaforme digitali di cui al comma 1 possono consistere anche nel fornire informazioni o dati insufficienti in merito all'ambito o alla qualità del servizio erogato e nel richiedere indebite prestazioni unilaterali non giustificate dalla natura o dal contenuto dell'attività svolta, ovvero nell'adottare pratiche che inibiscono od ostacolano l'utilizzo di diverso fornitore per il medesimo servizio, anche attraverso l'applicazione di condizioni unilaterali o costi aggiuntivi non previsti dagli accordi contrattuali o dalle licenze in essere»

La giurisprudenza in merito all’abuso di dipendenza economica, ha già avuto modo di affermare che si tratta di una «nozione indeterminata il cui accertamento postula l'enucleazione della causa concreta della singola operazione che il complessivo regolamento negoziale realizza, secondo un criterio teleologico di valutazione, in via di fatto, della liceità dell'interesse in vista del quale il comportamento è stato tenuto» che si concretizza in una «condotta arbitraria contraria a buona fede, ovvero l'intenzionalità di una vessazione perpetrata sull'altra impresa, in vista di fini esulanti dalla lecita iniziativa commerciale retta da un apprezzabile interesse dell'impresa dominante (quale, p. es., modificare le proprie strategie di espansione, adattare il tipo o la quantità di prodotto, o anche spuntare migliori condizioni), mirando la condotta soltanto ad appropriarsi del margine di profitto altrui» (Cass. civ., Sez. I, 21 gennaio 2020, n.1184).

L’intervento dell’Autorità, e quindi il rilievo di tali condotte sul piano amministrativo, si impone a norma del comma 3 bis dell’art. 9 a norma del quale qualora la stessa «ravvisi che un abuso di dipendenza economica abbia rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato, anche su segnalazione di terzi ed a seguito dell'attivazione dei propri poteri di indagine ed esperimento dell'istruttoria» debba «procedere alle diffide e sanzioni previste dall' articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 , nei confronti dell'impresa o delle imprese che abbiano commesso detto abuso».

Richiamato quanto sopra, deve rilevarsi che la presunzione in questione non è assoluta ma prevede espressamente la prova contraria che META ritiene di aver fornito sulla base delle già descritte allegazioni.

Rammentato ancora una volta che la consistenza di tali allegazioni dovrà essere valutata in sede di adozione del provvedimento definitivo, non può che rilevarsi come l’istruttoria preliminare svolta da AGCM in vista dell’adozione della misura cautelare si palesi come lacunosa non avendo costituito oggetto di adeguata considerazione gli elementi allegati a propria difesa da META in merito all’attribuito ruolo determinante per il raggiungimento degli utenti finali.

Preliminarmente deve sciogliersi l’equivoco di fondo sul quale pare fondarsi il provvedimento di AGCM, ovvero il presupposto implicito della misura per il quale oggetto dell’accordo in negoziazione sarebbe la concessione della licenza alla diffusione e veicolazione verso gli utenti finali dei contenuti musicali attraverso la piattaforma.

In realtà l’accordo in questione riguarda la sola raccolta dei contenuti musicali protetti da SIAE nella Audio Library che, come evidenziato, integra una mera funzionalità posta da META a disposizione dei fruitori delle piattaforme e dalla quale è possibile attingere per arricchire video o reels creati dagli utenti e la cui indisponibilità non incide sulla possibilità di questi ultimi di condividere comunque sui social contenuti con sottofondo musicale premontato.

Deve, quindi, rilevarsi che non risulta essere stata adeguatamente approfondita l’allegazione difensiva di META per la quale le proprie piattaforme non potrebbero essere qualificate quali fornitrici di servizi di intermediazione come invece richiesto dall’art. 9.

Le piattaforme META non offrono un servizio di streaming né di ascolto musicale (è fatto notorio che esistono importanti colossi del web che nel settore si contendono ampie fasce di mercato) ma si limitano a rendere disponibile ai loro utenti un archivio, rappresentato dalla Audio Library implementata dai contenuti acquisti in virtù della licenza, senza preclusione alcuna per quanti (autori compresi) intendano usufruire dei social per la diffusione di video già muniti di sottofondo musicale o intendano accedere sul web ai medesimi contenuti.

Non può quindi ritenersi decisiva l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato per la quale «la fruizione di contenuti – di vario genere – è parte dell’esperienza fondamentale dei consumatori sulle piattaforme di social network. Infatti, il successo di una piattaforma digitale è determinato dalla capacità di catturare l'attenzione dell'utente e, tramite i dati individuali dell'utente, migliorare l'efficacia degli annunci pubblicitari attraverso un migliore targeting o una maggiore personalizzazione» (§ 52).

Deve, infatti, riconoscersi che l’indubbia sussistenza del prospettato, e ben illustrato da parte di AGCM, effetto di rete (che peraltro avvantaggia significativamente anche gli autori), allo stato delle odierne acquisizioni istruttorie non consente di ritenere ragionevolmente comprovata la ipotizzata funzione di intermediazione nei determinanti termini contestati.

Allo stesso modo non è adeguatamente supportata l’affermazione, sempre allo stato dei non definitivi apprezzamenti esposti nella misura cautelare impugnata, per la quale, come sembrerebbe sostenere AGCM, la mancata conclusione dell’accordo escluda dalla fruizione dei contenuti in questione le decine di milioni di utenti delle piattaforme META posto che, a tacere delle già evocate alternative, non è comprovato, e pare contraddetto dalla comune esperienza, che gli utenti META lo siano in esclusiva e in relazione a ciascuna piattaforma.

Se così fosse, e considerato che solo Facebook e Instagram vantano in Italia, rispettivamente, 38 e 28 milioni, come correttamente osservato dalle appellanti e non contestato, dovrebbe pervenirsi all’inattendibile conclusione che sul territorio italiano sono presenti più utenti social che abitanti.

Contraddittoria con le conclusioni cui perviene l’Autorità (ovvero l’esistenza di uno stato di sostanziale debolezza contrattuale) è, altresì, la definizione di SIAE come un OCG operante «nell’attività di gestione e intermediazione dei diritti d’autore, stipulando a tal fine le licenze per l’utilizzazione delle opere protette» indicata come «collecting ex incumbent» (§65) e tuttora «principale collecting attiva in Italia».

Nonostante, infatti, tale definizione, AGCM perviene alla conclusione che SIAE, nell’esercizio della propria attività, svolta nell’ambito del mercato nel quale riveste una posizione di preminenza, subirebbe il potere di un soggetto il cui ruolo (da ritenersi ineludibile) nel mercato della intermediazione dei diritti d’autore non è, allo stato dell’istruttoria condotta in vista dell’adozione della misura cautelare, adeguatamente supportato.

Deve pertanto ritenersi che, ai fini dell’operatività della presunzione di cui all’art. 9, primo comma ultimo periodo, l’approfondimento di AGCM circa la sussistenza dei relativi presupposti sia allo stato carente con conseguente fondamento del dedotto difetto di istruttoria.

9. Con la terza delle richiamate censure in cui si articola il primo capo di impugnazione, META deduce che sarebbe mancata in primo grado una effettiva valutazione del potere contrattuale detenuto da ciascuna parte, nonché, della concreta possibilità da parte di SIAE di reperire alternative soddisfacenti sul mercato.

La sentenza sarebbe errata in particolare ove ritiene irrilevante ai fini in esame la posizione dominante di SIAE sul mercato dei diritti musicali (quindi riconoscendola) sul rilievo che l’interruzione delle trattative per il rinnovo della licenza comporterebbe che «Siae e gli autori non possono vedere le proprie opere riprodotte sui principali social mondiali» restando loro precluso in Italia un mercato di milioni di utenti.

A parere dell’appellante, la sentenza si fonderebbe sul presupposto, già smentito, che gli utenti, nel rilevante numero sopra indicato, sarebbero «utenti esclusivi» di META non altrimenti raggiungibili nonostante i contenuti musicali siano accessibili su altre piattaforme (fra queste, ma non solo, SpotifyApple MusicYouTube e TikTok) verosimilmente utilizzate dagli stessi utenti META.

La censura è fondata.

L’art. 9, comma 1 ultimo periodo della L. n. 192/1998, ai fini della configurabilità della affermata condizione di dipendenza economica, prevede che debba valutarsi la «reale possibilità per la parte che abbia subito l'abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti».

La suesposta posizione del Tar riflette le valutazioni di AGCM che, a fini della configurabilità della fattispecie contestata, ritiene che l’assenza di alternative possibili non debba essere intesa in senso assoluto ma sia riscontrabile anche quando, pur in presenza di alternative astrattamente percorribili, i costi necessari per perseguirle siano «tali da mettere in discussione la sopravvivenza stessa dell’impresa, ovvero siano grandemente superiori a quelli ordinariamente sopportati dai concorrenti».

Ciò perché al ricorrere di tali condizioni, l’accettazione delle condizioni imposte non potrebbe che comportare la contestuale accettazione di un grave pregiudizio alla propria competitività sul mercato.

META, in quanto price-maker sul mercato mondiale, imporrebbe il proprio modello di retribuzione dei prodotti (in questo caso delle licenze): circostanza che troverebbe conferma nelle stesse difese delle appellanti che riconoscono come le medesime condizioni siano state offerte e accettate da altri operatori.

A parere di AGCM, per gli associati SIAE la possibilità di veder diffuse capillarmente le proprie opere nei vari strumenti di condivisione all’interno delle community non sussisterebbe se non tramite le piattaforme META.

Le suesposte convergenti posizioni delle resistenti si fondano sull’implicito e indimostrato presupposto che gli utenti finali possano essere raggiunti unicamente tramite le piattaforme di META mentre, come già evidenziato, costituisce fatto notorio che i fruitori di social utilizzino di norma una pluralità di applicazioni.

È, infatti, pacifico, e già evidenziato, come le piattaforme META siano strumenti accessibili per la condivisione di qualsivoglia contenuto musicale, anche da parte degli stessi autori, posto che oggetto della negoziazione non è l’assenso di META all’utilizzo delle proprie piattaforme per la condivisione di contenuti che incorporano contenuti musicali potetti da SIAE (sempre possibile a prescindere dalla licenza) ma l’offerta di una utilità ai fruitori della piattaforma consistente nella possibilità di reperire nell’archivio presente sulla piattaforma (la Audio Library) contenuti comunque acquisibili altrove.

Nessun elemento di prova, alla stregua delle risultanze istruttorie sinora compendiate nella misura cautelare adottata da AGCM, è ricavabile circa la pretesa impossibilità da parte degli autori di vedere le proprie opere diffuse in rete così come non vi è evidenza che, in assenza della conclusione dell’accordo, sia inibita la condivisione delle stesse sulle piattaforme di META.

Né, deve rilevarsi, è documentata una flessione nella circolazione dei contenuti musicali sulle piattaforme a seguito della contestata rimozione dei contenuti protetti dalla Audio Library successivamente al 16 marzo.

La contraddittorietà del provvedimento cautelare si palesa in particolare laddove AGCM afferma:

che «dopo il superamento del monopolio, gli autori hanno un maggiore potere di scegliere la collecting [ai] quali affidare i propri diritti»:

che «la circostanza che SIAE non stipuli una licenza con la più importante piattaforma attiva in Italia indebolisce la sua posizione sui mercati interessati e può indurre gli autori verso collecting concorrenti» (§ 86);

che «la condotta in esame impedisce agli autori rappresentati da SIAE, che costituiscono una componente significativa degli autori attivi in Italia, di raggiungere la categoria di utenti, sempre più ampia, che fruisce delle piattaforme social» (§ 87).

In altri termini, AGCM sostiene che il mancato rinnovo della licenza determinerebbe un pregiudizio in capo a SIAE che potrebbe subire una migrazione dei propri clienti verso altre OGC: affermazione che presuppone l’esistenza di alternative per gli autori in coerenza con l’esistenza di un mercato non più monopolistico.

Contestualmente ipotizza un pregiudizio per gli autori che si vedrebbero addirittura impedita la possibilità di raggiugere gli utenti delle piattaforme: affermazione che presuppone un’oggettiva impossibilità di reperire alternative sul mercato o di utilizzare le piattaforme META in assenza della definizione del rinnovo della licenza.

Le suesposte contradittorie affermazioni palesano ulteriormente l’inesistenza, nella vicenda oggetto di giudizio, di una assoluta sovrapponibilità degli interessi di SIAE e degli autori (evocata a più riprese nel provvedimento impugnato a sostegno del pregiudizio potenzialmente derivante dall’interruzione della negoziazione) posto che la stessa Autorità riconosce agli autori «un maggiore potere di scegliere la collecting [ai] quali affidare i propri diritti».

Ne risulta indebolita quindi anche la contestata lesione della concorrenzialità del mercato quale conseguenza dell’interruzione della trattativa (§ 84 e ss.) a sostegno della quale viene dall’Autorità evidenziato che la condotta abusiva inciderebbe su tutti i soggetti che compongono la filiera dell’intermediazione dei diritti d’autore: circostanza non evidente alla luce delle suesposte considerazioni.

10. Per le medesime ragioni deve altresì ritenersi fondato il quarto profilo di censura riconoscendo l’erroneità della sentenza laddove ritiene che «l’eventuale impedimento all’accesso alla piattaforma costituisce un vulnus gravissimo per gli artisti» (punto 9.9 della sentenza) che, invece, come ampiamente illustrato, e riconosciuto dalla stessa AGCM, disporrebbero di più canali alternativi, compresa la possibilità di promuovere autonomamente la loro musica sulle piattaforme META senza necessità dell’intermediazione di SIAE.

Una volta affermata (si ribadisce, allo stato delle attuali acquisizioni istruttorie) la possibilità della diffusione e condivisione dei contenuti musicali sulle piattaforme a prescindere dalla disponibilità dell’Audio Library e, quindi, risultando smentita la contestata impossibilità di raggiungere gli utenti finali, deve ritenersi non adeguatamente supportato sotto il profilo probatorio l’allegato pregiudizio alla concorrenzialità del mercato che AGCM afferma essere sussistente senza fornire un attendibile e univoco quadro quanto meno indiziario.

Contrariamente a quanto affermato dal Tar, la mancata definizione del contratto di licenza fra META e SIAE non determina alcuna preclusione alla veicolazione dei contenuti musicali, posto che il contratto di licenza in fase di rinnovo riguarda la sola disponibilità degli stessi nella Audio Library e non anche la possibilità di renderli fruibili sulla piattaforma.

11. La sentenza, deduce ulteriormente META, sarebbe errata (quinta censura) anche nella parte in cui non considererebbe il «peso davvero minimo» dei ricavi di Meta rispetto al fatturato complessivo di SIAE che si afferma essere inferiore all’1%.

A supporto della censura evidenzia che circa l’85% dei video postati su Facebook sono fruiti senza ascolto di musica e che l’uso dei video su Facebook e Instagram rappresenterebbe, rispettivamente, il 14% e l’11% dei contenuti complessivi delle Piattaforme META.

La censura è fondata atteso che il richiamato dato percentuale, oggettivamente esiguo, viene ritenuto privo di rilievo sul rilievo, già smentito, dell’inesistenza di sbocchi alternativi sul mercato che renderebbe META partner necessario di SIAE.

La evidenziata limitata incidenza percentuale del dato assume peraltro maggior rilievo, nei sensi invocati dalle appellanti, ai fini dell’adozione di una misura cautelare che, per sua natura, è destinata ad essere superata nei tempi ragionevoli entro i quali è destinata ad intervenire la misura definitiva.

12. Con il secondo motivo l’appellante lamenta il mancato accoglimento del terzo motivo del ricorso di primo grado con il quale veniva smentita sul piano fattuale la contestata interruzione della trattativa per il rinnovo della licenza.

La sentenza viene censurata nella parte in cui addebita a META «un’offerta “prendere o lasciare”» in violazione dei principi di buona fede e correttezza aderendo in tal modo ad una interpretazione del concetto di «interruzione arbitraria» comprensivo anche della mancata conclusione della trattativa determinata dalla mancata adesione alle pretese economiche sproporzionate della controparte con grave lesione della libertà contrattuale dell’impresa.

Nel caso di specie, invece, l’interruzione si sarebbe determinata a seguito del rifiuto di SIAE di concludere un accordo ponte che garantisse la prosecuzione della negoziazione: rifiuto che non poteva che determinare la rimozione dalla Audio Library di contenuti non più utilizzabili proprio a garanzia dei diritti di autore.

META evidenzia sul punto che la soluzione dell’accordo ponte veniva auspicata dalla stessa AGCM in sede di avvio del procedimento del 4 aprile 2023 affermando che «il processo di negoziazione dovrebbe fondarsi: … ii) sul pieno ripristino della disponibilità dei contenuti musicali tutelati da SIAE sulle proprietà di Meta per tutto il periodo necessario alla conclusione delle negoziazioni e comunque per tutta la durata del presente procedimento applicando eventualmente more tempore il MRA» (§ 19).

Il mancato accordo ponte non poteva che determinare la rimozione dei contenuti dalla Audio Library pena la configurazione di un illecito utilizzo di contenuti protetti.

Sarebbe pertanto destituita di fondamento la statuizione del Tar per la quale «Meta impediva a tuti gli utenti delle varie piattaforme social gestite di utilizzare le opere tutelate da Siae» trattandosi invece di un atto necessario per sottrarsi ad azioni legali.

Del pari sarebbe erronea l’affermazione per la quale «la lunghezza delle trattative e la brusca rottura delle stesse ad opera di Meta costituiscono evidenza del fumus di abuso».

META allega che non esiste nel nostro ordinamento un obbligo di contrarre e che il Tar non avrebbe considerato il reale sviluppo della negoziazione nell’ambito della quale META manifestava a più riprese la propria disponibilità ad incrementare significativamente il precedente corrispettivo offrendo, come già evidenziato, sensibili rialzi agli importi pattuiti (dapprima + 20% pervenendo ad un + 45%) scontrandosi con la volontà di SIAE di conseguire un aumento di circa il 310%.

La decisione di AGCM si fonderebbe quindi sul solo esame delle ultime interlocuzioni senza valutare la complessiva condotta delle parti nel corso della prolungata trattativa.

AGCM allega a sostegno della ipotizzata potenziale abusività dell’interruzione della trattativa il rifiuto opposto da META alle reiterate richieste di informazioni avanzate SIAE e riferite a dati necessari ai fini di una ponderata valutazione dell’offerta ricevuta, nonché la manifestata indisponibilità della prima ad incidere sul proprio modello contrattuale allegando limiti di budget dalla stessa unilateralmente stabiliti ponendo la controparte di fronte alla necessità di accettare le condizioni di fatto imposte pena la perdita della possibilità di veicolare i contenuti musicali dei propri associati verso la vasta utenza di Facebook e Instagram.

Ciò avrebbe violato i canoni di buona fede, correttezza e trasparenza che dovrebbero permeare le negoziazioni degli accordi, tanto più in un caso come quello di specie, caratterizzato da un grande squilibrio economico tra le parti interessate, senza che l’imposta riattivazione della trattativa integri, come dedotto da META, una lesione della libertà negoziale consistente nell’imposizioni di un obbligo a contrarre.

SIAE condivide sostanzialmente la posizione di AGCM ed evidenzia l’irragionevolezza dell’immotivato rifiuto opposto da META alla sottoscrizione quanto meno parziale dell’accordo per la parte relativamente alla quale la convergenza delle posizioni si era realizzata, ovvero, limitatamente alla componente riferita ai LFV, nelle more della definizione della flat fee.

La censura è fondata.

Come ampiamente illustrato, la pretesa interruzione delle trattative si determinava solo all’esito di una prolungata negoziazione nell’ambito della quale le offerte delle parti si attestavano su valori inconciliabili.

È stato, infatti, già evidenziato come META fosse disponibile al rinnovo della licenza incrementando la precedente remunerazione del 40% mentre SIAE proponeva un aumento di circa il 310%.

L’entità del macroscopico scostamento rilevabile fra le due offerte porta a dubitare che entrambe possano considerarsi ragionevoli.

Tuttavia AGCM non motiva le ragioni per le quali riteneva l’irragionevolezza della sola offerta di META così come non emerge dal provvedimento impugnato alcun approfondimento istruttorio teso a valutare la ragionevolezza dell’aumento della remunerazione nella misura richiesta da SIAE che, pur non ricorrendo ad ultimatum, non manifestava l’intenzione di rivedere la propria contro offerta rendendo dubbia (in assenza di più puntuali riscontri) la stessa imputabilità del rilevato arresto negoziale alle sole appellanti.

A tal proposito non può non evidenziarsi che la congruità della controfferta di SIAE viene posta in dubbio dallo stesso Tar laddove afferma che «la proposta di Siae di un aumento della flat fee di circa il 310% potrebbe anche risultare sproporzionata rispetto ai ricavi effettivi di Meta» (punto 10.10) pervenendo tuttavia a conclusioni dissonanti con tale non irrilevante e, e all’apparenza persuasivo, elemento di perplessità.

13. Con il terzo motivo META lamenta il mancato accoglimento del quarto motivo del ricorso di primo grado con il quale veniva confutata la contestazione relativa all’abusiva omessa condivisione con SIAE degli elementi informativi necessari per la valutazione della congruità dell’offerta.

In primo grado esponeva, in particolare, che tale pretesa carenza informativa non costituiva oggetto di specifica doglianza da parte di SIAE per tutto il periodo ottobre 2022 – febbraio 2023 (la prima richiesta di dati risalirebbe al 3 febbraio 2023) e che il provvedimento non dava conto di quanto effettivamente fornito né motivava circa le ragioni per le quali quanto fornito non sarebbe stato sufficiente.

La sentenza viene quindi censurata nella parte in cui ritiene che l’allegazione di limiti di budget, ovvero di risorse da impiegare per la specifica finalità, in assenza di una «condivisione dei dati economici in base ai quali è stata determinata l’allocazione di una certa somma», non consentirebbe alla controparte di valutare la «bontà delle affermazioni di META» ponendo quest’ultima nella condizione di «limitare le risorse impiegate onde spuntare un miglior prezzo» e SIAE in una posizione di «debolezza contrattuale» direttamente imputabile all’evidenziata «asimmetria informativa» che le precluderebbe la possibilità di «formulare una contro-offerta che sia realmente aderente alla realtà economica di Meta» (punto 10.9 della sentenza).

A sostegno della legittimità del diniego di ostensione dei dati finanziari richiesti META evidenzia ancora che le richieste di informazioni avanzate da SIAE non si riferivano ai meccanismi di ripartizione del budget ma miravano a conoscere i ricavi del gruppo META e l’incidenza dei contenuti musicali per ogni tipo di utilizzo: elementi conoscitivi ritenuti eccedere quanto necessario per una consapevole valutazione dell’offerta economica ricevuta.

Contraddittoria sarebbe altresì la statuizione per la quale non sussisterebbe un «dovere di Meta di fornire tutti i propri dati economici, bensì unicamente di condividere quelli reputati utili ai fini della conduzione in buona fede della trattativa» (punto 10.10) senza tuttavia ulteriori indicazioni circa quali sarebbero i dati non forniti da ritenersi necessari.

La sentenza avrebbe ignorato, sebbene fosse dedotto, che non esisterebbe una correlazione fra i ricavi, prevalentemente pubblicitari, e i contenuti protetti la cui disponibilità sulla Audio Library integrerebbe uno dei tanti elementi attrattivi delle piatteforme.

Il fondamento dell’affermazione del Tar circa la preponderante redditività dei contenuti remunerati con la flat fee (i soli reels, costituenti parte degli short video avrebbero «garantito a livello mondiale più di un miliardo di dollari di ricavi nel 2022») si fonderebbe su un documento di META richiamato da AGCM travisandone il contenuto poiché il testo integrale dello stesso comproverebbe invece che la crescita imputabile ai reels va a scapito di altri contenuti a maggiore redditività.

AGCM sostiene che la rilevata asimmetria informativa discenderebbe dalla circostanza che solo META conosce la redditività derivante dall’utilizzo dei contenuti mentre SIAE non sarebbe in grado di stimare la quota parte dei ricavi generati dalla piattaforma grazie all’utilizzo delle opere tutelate.

Quanto ai prospettati limiti di budget AGCM sostiene che «tale elemento, invero, è senz’altro in grado di determinare l’esito di una negoziazione, in particolare per ciò che riguarda il quantum, ma non può mai assurgere a giustificazione di una condotta omissiva, che, come si argomenterà meglio nel prosieguo, non risponde al dovere di informazione, verità e chiarezza che grava ai sensi dell’art. 1337 c.c. sulle parti che intendono stipulare un contratto».

SIAE conferma l’avvenuta richiesta delle informazioni negate sin dalle prime fasi della trattativa, motivata dalla necessità di disporre di una stima della quota parte di fatturato generato dall’offerta di contenuti che utilizzano anche i prodotti musicali tutelati e la loro suddivisione fra FacebookInstagram e Whats Up.

Espone inoltre che il dato relativo all’effettiva capacità reddituale dell’impiego del repertorio sarebbe coerente anche con gli usi del settore, atteso che il modello standard di licenza impiegato nel mercato musicale è quello del c.d. «revenue sharing» ossia della determinazione di royalties quantificate come percentuale dei ricavi dell’utilizzatore.

Il rifiuto di applicare un modello di remunerazione collegato ai ricavi sarebbe quindi ingiustificato e dimostrativo della condotta abusiva di META.

Il motivo è fondato.

Deve prendersi atto che META non opponeva un diniego generalizzato all’ostensione dei dati richiesti ma comunicava (allegazione non avversata) i seguenti elementi:

- «la suddivisione dei prodotti e delle caratteristiche per piattaforma e per “tipologia di tariffa” (ossia cosa era ricompreso nella componente tariffaria “flat fee” e cosa invece nella “revenue sharing”), fornendo a SIAE un’analisi trasparente dei prodotti e della loro correlazione con la proposta di MPIL (20 agosto 2022);

- dati sul rapporto tra i video di breve durata e quelli di lunga durata presenti sulla piattaforma, fornendo una giustificazione per la suddivisione 50/50 tra la componente “flat fee” e quella “revenue sharing” (e-mail del 27 settembre, 25 ottobre e 28 novembre 2022);

- numerosi chiarimenti sulla propria situazione finanziaria, fornendo spiegazioni sul piano macroeconomico e di performance che hanno guidato il calcolo effettuato da MPIL (25 ottobre, 14 novembre e 28 novembre 2022). Ciò, per dimostrare a SIAE che la sua percezione della crescita economica del gruppo Meta era inesatta, come successivamente riconosciuto da SIAE stessa;

- una presentazione in cui si illustrano i contenuti coperti dalla licenza, nonché un aggiornamento sulla performance del gruppo (28 novembre 2022). Ciò avrebbe consentito a SIAE di valutare la crescita finanziaria complessiva del gruppo durante il periodo di validità dell’accordo e come questa poteva influire sulle tariffe musicali o sul budget;

- report sull’utilizzo dell’Audio Library e in materia di User Generated Content (UGC), inclusa una reportistica granulare comprendente la riproduzione (quanti video sono stati generati sulle Piattaforme) e la fruizione (quanti video sono stati visualizzati sulle Piattaforme Meta) per territorio e per linea di utilizzo. Tali dati potevano essere elaborati da SIAE per calcolare la quota di mercato a livello territoriale, la crescita/diminuzione nell’utilizzo del suo repertorio, nonché per stimare i propri ricavi (report inviati mensilmente dal maggio 2019 al dicembre 2022 e condivisi il 2 febbraio 2023);

- versioni demo di Rights Manager for Music Publisher, che forniscono a SIAE visibilità in tempo reale sull’utilizzo del proprio repertorio su Facebook e Instagram (demo al novembre 2019 e al dicembre 2022);

- un’analisi top-down del processo di definizione del budget musicale di MPIL, fornendo a SIAE informazioni per comprendere il processo di assegnazione dei corrispettivi da parte di MPIL (marzo 2023);

- una stima della quota di mercato di SIAE on-platform in Italia. Questo ha permesso a SIAE di conoscere la propria quota di mercato on-platform rispetto alle altre piattaforme (marzo 2023);

- numerosi ulteriori chiarimenti per e-mail (e-mail del 27 settembre e 25 ottobre 2022)».

Tale mole di dati si pone in evidente dissonanza con la conclusione del Tar per la quale «le varie istanze avanzate da Siae rimanevano, grosso modo inevase» alla quale, peraltro, perveniva senza motivare circa l’inadeguatezza di quanto fornito e senza indicare quali elementi informativi specifici sarebbero stati omessi.

Ciò nonostante AGCM ritiene che i dati forniti aggirassero le richieste di SIAE poiché «finivano di fatto per non fornire gli elementi conoscitivi che quest’ultima riteneva importanti per la valutazione dell’offerta di Meta» (pag. 18 della memoria difensiva) senza tuttavia fornire alcuna indicazione, anche a solo scopo esemplificativo, dei documenti da ritenersi necessari e non forniti.

Puntuali indicazioni circa la natura e consistenza dei dati necessari non si rinvengono nemmeno nella sentenza che si limita ad affermare che «quanto esposto non implica il dovere di Meta di fornire tutti i proprî dati economici, bensì unicamente di condividere quelli reputati utili ai fini della conduzione in buona fede delle trattative» e che «in assenza delle informazioni precise relative in ordine a questi ultimi, una tale richiesta appare in linea con l’intento di Siae di aumentare i proprî ricavi (e, a fortiori, quelli degli artisti iscritti)» (punto 10.10).

Circa tale profilo si rileva che la definizione di quanto necessario ad opera del Fiduciario in termini difformi dalla pretesa di SIAE (in tal senso la parte si è espressa in udienza) introduce, ancorché, a posteriori un elemento di dubbio circa la necessaria pertinenza di tutto quanto preteso da SIAE.

Circa la portata dell’argomento, valorizzato da AGCM, per il quale i reels avrebbero garantito a livello mondiale più di un miliardo di dollari di ricavi nel 2022, META produceva già in istruttoria (e nel giudizio di primo grado) il documento dal quale l’affermazione sarebbe tratta (con traduzione non contestata) dal quale si evince che la crescita anche in termini di ricavi dei reels sottrarrebbe «ricavi a fonti di monetizzazione più elevate... Anche con i progressi che abbiamo fatto, stiamo ancora scegliendo di subire un calo dei ricavi trimestrali di oltre 500 milioni di dollari con questo cambiamento...” e “...i reels sono stati nel complesso ancora penalizzanti per i ricavi di circa 500 milioni di dollari nel trimestre...».

Circa tale elemento difensivo, sicuramente rilevante ai fini in esame, atteso che evidenzierebbe come i reels determinerebbero incrementi di ricavi a scapito di altri contenuti con tasso di monetizzazione più elevato, AGCM non si esprime.

Ne deriva ulteriormente comprovato il dedotto difetto di istruttoria.

14. Con il quarto motivo le appellanti lamentano il rigetto del quinto motivo del ricorso di primo grado con il quale veniva dedotta l’errata interpretazione del quadro normativo del diritto d’autore (art. 18 e considerando 73 della Direttiva Copyright n. 790/2019 e art. 107 della L. n. 633/1941; art. 19 e considerando 74 e 75 della Direttiva Copyright e art. 22 della Direttiva Barnier n. 26/2014 e relative disposizioni nazionali) ricavando il principio per il quale META sarebbe soggetta ad un obbligo di ostensione dei propri ricavi non legati allo sfruttamento delle opere musicali.

La sentenza, a parere delle appellanti, avrebbe distorto il significato della richiamata normativa e le conclusioni cui perviene il giudice di prime cure sarebbero errate nella parte in cui ritiene che gli artt. 18 e 19 della Direttiva Copyright troverebbero applicazione anche nella fase di negoziazione (punto 11.1 e 11.2) attualizzando già in questa fase gli obblighi informativi, nonché, nella parte in cui ritiene che la Direttiva vedrebbe con sfavore remunerazioni di natura forfettaria.

Quanto al primo profilo le appellanti, richiamati gli artt. 18 e 19 ed i considerando 73, 74 e 75 della direttiva, escludono che la disciplina trovi applicazione al caso di specie poiché espressamente riferita alla questione del c.d. value gap, sintetizzabile in una sopravvenuta incongruità del valore dei diritti concessi rispetto al prezzo precedentemente pattuito.

Si tratterebbe pertanto di una normativa rilevante in fase di esecuzione del rapporto non applicabile alle precedenti fasi di negoziazione.

La doglianza non coglie pienamente nel segno.

Deve rilevarsi che:

- l’art. 18 della Direttiva Copyright prevede che «gli autori e gli artisti (interpreti o esecutori), se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere o altri materiali, abbiano il diritto di ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata» (comma 1) prevedendo in sede di recepimento il rispetto del «principio della libertà contrattuale e di un giusto equilibrio tra diritti e interessi» (comma 2);

- l’art. 19 impone agli Stati membri di provvedere affinché «gli autori e gli artisti (interpreti o esecutori) ricevano regolarmente, e almeno una volta all’anno, e tenendo conto delle specificità di ciascun settore, informazioni aggiornate, pertinenti e complete sullo sfruttamento delle loro opere ed esecuzioni da parte di coloro ai quali hanno concesso in licenza o trasferito i diritti oppure da parte degli aventi causa, in particolare per quanto riguarda le modalità di sfruttamento, tutti i proventi generati e la remunerazione dovuta»;

- l’art. 20 fa carico agli Stati membri di predisporre un «meccanismo di adeguamento contrattuale» per l’ipotesi in cui «la remunerazione inizialmente concordata si rivela sproporzionatamente bassa rispetto a tutti i proventi originati in un secondo tempo dallo sfruttamento delle loro opere o esecuzioni»;

- l’art. 22 prevede, infine che le normative interne consentano all’autore di «revocare, in toto o in parte, la licenza o il trasferimento dei diritti in caso di mancato sfruttamento di tale opera o altri materiali protetti».

Le illustrate disposizioni (delle quali sono espressione le norme interne invocate in appello) presuppongono chiaramente la preesistenza del rapporto e sono univocamente indirizzate a garantire l’autore da eventi che possano determinare una sopravvenuta sproporzione fra il valore del diritto concesso e la remunerazione precedentemente concordata.

Tuttavia, non può non rilevarsi che nel caso di specie si versa in una fase negoziale che interviene in sede di rinnovo e rinegoziazione delle condizioni originariamente pattuite nell’ambito di un rapporto in essere da anni, la cui volontà di prosecuzione era implicitamente manifestata dalle parti che avviavano un confronto finalizzato alla ridefinizione del rapporto in perfetta coerenza con la ratio sottesa alla disciplina europea invocata dalle appellanti.

Ciò comporta che la correttezza e buona fede imposta nella conduzione delle trattative (ferme restando, anche qui, le definitive valutazioni dell’Autorità all’esito del procedimento principale circa il rispetto degli evocati canoni) debba essere valutata dall’Autorità, nei limiti di quanto necessario al soddisfacimento delle rilevate esigenze cautelari, anche avuto riguardo al delineato contesto normativo il cui richiamo da parte dell’Autorità deve ritenersi pertinente.

15. A conclusioni diverse deve pervenirsi riguardo al richiamo all’art. 19.

Deduce l’appellante che l’art. 19 prevedrebbe la divulgazione delle sole informazioni pertinenti per lo sfruttamento dell’opera musicale, escludendo la comunicazione dei ricavi generali ad esso non direttamente collegati come peraltro dispone anche la Direttiva Barnier, espressamente richiamata da AGCM, che limiterebbe espressamente la divulgazione alle «informazioni necessarie» escludendo i ricavi generati non direttamente collegati all’opera musicale.

Ciò nonostante il Tar supera la censura osservando «come l’Agcm non fondi il proprio potere su quest’ultima, bensì impieghi tale testo normativo per corroborare il proprio ragionamento, già pienamente sviluppato, in ordine alla sussistenza dello stato di dipendenza economica e del relativo abuso commesso da Meta» (punto 11.4) errando poiché l’Autorità fa applicazione della norma nazionale che attua il precetto unionale.

La doglianza è fondata.

Sebbene, infatti, la norma preveda un generico obbligo di informazione circa i «proventi generati» dall’utilizzo dei contenuti musicali, l’art. 22 del D. Lgs. n. 35/2017 di recepimento della Direttiva Barnier per quanto riguarda i «requisiti necessari per garantire il buon funzionamento della gestione dei diritti d'autore e dei diritti connessi da parte degli organismi di gestione collettiva e delle entità di gestione indipendente, nonché i requisiti per la concessione di licenze multiterritoriali da parte di organismi di gestione collettiva dei diritti d'autore per l'uso online di opere musicali nel mercato interno» (art. 1), si limita in ogni caso a stabilire che lo scambio di informazioni fra «organismi di gestione collettiva, da un lato, e gli utilizzatori, dall'altro» avvenga in buona fede e riguardi «tutte le informazioni necessarie» senza ulteriori specificazioni.

La norma replica la genericità del considerando n. 33 della Direttiva laddove enuncia il principio per il quale «gli utilizzatori dovrebbero fornire loro le informazioni pertinenti sull'utilizzo dei diritti rappresentati da detti organismi di gestione collettiva».

Più puntuali indicazioni non si rinvengono nella normativa nazionale che, al comma 2, dell’art. 9 della L. n. 192/1998, afferma che «le pratiche abusive realizzate dalle piattaforme digitali di cui al comma 1 possono consistere anche nel fornire informazioni o dati insufficienti in merito all'ambito o alla qualità del servizio erogato».

Deve quindi prendersi atto della circostanza che META non negava l’accesso a qualsivoglia informazione provvedendo, come già illustrato, alla comunicazione di una consistente mole di dati (sopra illustrati).

Ciò nonostante a META veniva contestata l’insufficienza del suesposto quadro informativo senza, tuttavia, specificare, come già evidenziato, i profili per i quali l’obbligo di informazione non dovesse considerarsi assolto.

AGCM rilevava, infatti, la violazione degli obblighi di «trasparenza nella negoziazione della nuova licenza» (§ 3) basandosi sulla mancata integrale adesione di META alle richieste avanzate da SIAE.

Il provvedimento cautelare controverso, infatti, non contiene alcuna indicazione circa i dati e le informazioni «necessarie per svolgere le negoziazioni nel pieno rispetto del principio di trasparenza ed equità» la cui mancata conoscenza avrebbe «squilibrato il rapporto sinallagmatico nelle trattative» (§ 71) limitandosi invece a generiche affermazioni di principio, peraltro astrattamente condivisibili, circa la necessità «che le negoziazioni si svolgano riducendo l’asimmetria informativa tra le parti, al fine di pervenire alla definizione di una remunerazione equa per l’utilizzatore delle opere ancorata ai ricavi dell’utilizzatore e all’ampiezza della diffusine delle stesse» al fine di «assicurare che i titolari dei diritti, una volta in possesso delle adeguate informazioni, possano in maniera equa e proporzionata beneficiare del “valore” creato dalla loro stessa opera» (§ 76).

In sintesi, all’affermata necessità di una corretta disclosure (§ 79) non fa seguito non solo l’individuazione di quanto necessario ed omesso, ma nemmeno sono esplicitati criteri o altre indicazioni utili a comprendere in cosa si sia concretizzata l’omissione contestata.

Sintomatica a tal proposito è la già richiamata allegazione del documento META recante «Third Quarter 2022 Result – Prepared Remarks October 26th, 2022» dal quale emerge la rilevante redditività degli short video indicando in un miliardo di dollari annui i ricavi imputabili ai soli reels (documento i cui contenuti, come evidenziato, non venivano correttamente interpretati dall’Autorità).

Indiretta conferma, sotto il profilo meramente sintomatico, della incongruità della valutazione di AGCM in merito allo specifico profilo si ricava, peraltro, dagli esiti della successiva fase negoziale affidata al Fiduciario (come già affermato, segmento procedimentale estraneo al presente giudizio ed i cui esiti non sono noti al Collegio in quanto non depositati agli atti del giudizio) che (è allegato dalle parti e non contraddetto) in esecuzione del provvedimento cautelare impugnato, individuava il novero dei dati informativi necessari in misura sotto dimensionata rispetto a quanto preteso da SIAE.

16. Con il quinto motivo l’appellante lamenta il rigetto del sesto motivo del ricorso di primo grado con il quale veniva contestato il preteso impatto della condotta indagata sulla concorrenza nel mercato rilevante allegando che tali dinamiche distorsive non sarebbero state specificate.

La sentenza è censurata nella parte in cui affronta la questione limitandosi, senza motivare, ad affermare:

- che «a fronte di tali numeri, l’eventuale impedimento all’accesso alla piattaforma costituisce un vulnus gravissimo per gli artisti: d’altronde, come efficacemente rappresentato dalla difesa di Siae (che cita all’uopo letteratura specialistica), la «scoperta» del contenuto musicale avviene tendenzialmente sui social network, costituendo ciò la premessa della successiva «fruizione», vuoi sulle piattaforme musicali dedicate, vuoi attraverso i canali tradizionali. Appare manifesto, quindi, il ruolo fondamentale delle piattaforme della società ricorrente nella diffusione dei contenuti musicali» (punto 9.9).

- «palesi, poi, sono gli effetti sulla concorrenza: oltre a quanto già osservato al § 9.9., va aggiunto come sussista il serio rischio che Siae venga abbandonata dagli autori in favore di soggetti gestori che abbiano concluso l’accordo con Meta, verosimilmente a condizioni meno favorevoli di quelle proposte dall’odierna controinteressata. Si deve poi precisare che la capillarità della diffusione delle piattaforme social gestite dalla parte ricorrente pone anche un ulteriore pericolo concorrenziale, rappresentato dalla contrazione delle opere musicali disponibili: in altri termini, il pubblico potrebbe non essere mai raggiunto (stante anche l’assenza di alternative soddisfacenti) dalle opere tutelate da Siae determinandosi quindi una riduzione delle possibilità di fruizione delle stesse» (punto 9.13).

La censura, per quanto concerne le statuizioni di cui al primo alinea, è fondata in ragione della già evidenziata mancata prova di una oggettiva impossibilità di veicolare i contenuti musicali verso gli utenti finali.

L’accordo in negoziazione, infatti, come ripetutamente evidenziato riguarda unicamente la Audio Library senza inibire ulteriori attività di diffusione e promozione degli autori sulle loro pagine risultando smentite le statuizioni per le quali «senza un accordo con la parte ricorrente Siae non possa raggiungere gli iscritti ai ridetti social network» (punto 9.4) o che «l’eventuale impedimento all’accesso alla piattaforma costituisce un vulnus gravissimo per gli artisti» (punto 9.9).

Quanto alle statuizioni di cui al secondo alinea, deve premettersi che l’interesse al corretto funzionamento del mercato non può essere identificato con l’interesse di SIAE al mantenimento delle proprie quote di mercato la cui salvaguardia non può che essere affidata alle regole di concorrenza cui la stessa Società è assoggettata (il che trova conferma anche nel provvedimento del 28 ottobre 2018, della stessa AGCM, sul quale v. Cons. St., VI, 15 febbraio 2023, n. 1580, cui si fa rinvio anche per la ricostruzione dell’evoluzione del quadro normativo).

Irrilevante ai presenti fini è pertanto la circostanza che la mancanza dell’accordo potrebbe determinare una perdita, da parte di SIAE di rappresentati, a favore di altri OGC che potrebbe indurre a valutare il provvedimento impugnato, anziché quale misura a tutela della concorrenza, come una difesa della posizione di incumbent di SIAE dall’ingresso di altri operatori.

D’altra parte l’argomento speso da AGCM, a sostegno della tesi per la quale l’accettazione delle condizioni offerte da META da parte di altre OGC comproverebbe l’esistenza di un potere di quest’ultima di imporsi ai contraenti, prova troppo ben potendo essere letto anche come una conferma della sostenibilità delle remunerazioni concordate con altri soggetti.

Il fondamento della censura, in ogni caso, discende dalla già disconosciuta prova dell’inesistenza di alternative (anche per gli autori) per la veicolazione dei contenuti verso gli utenti finali.

17. Con il sesto motivo l’appellante lamenta il mancato accoglimento del nono motivo del ricorso di primo grado con il quale veniva contestata la sussistenza dei presupposti legittimanti l’adozione di misure cautelari con particolare riferimento al periculum in mora.

La sentenza è censurata ove afferma:

che «senza l’intervento autoritativo la trattativa sarebbe probabilmente rimasta in una fase di stallo con grave pregiudizio per l’intero indotto che opera sulle piattaforme gestite da Meta ….Siae che vedrebbe immediatamente scomparire una fonte di introiti, nonché il rischio di una «fuga» degli autori verso altri gestori collettivi, direttamente lesi dall’interruzione delle negoziazioni sarebbero altresí gli artisti tutelati da Siae (cfr. supra § 9.11.), i cui contenuti non potrebbero raggiungere gli utenti dei social network (la cifra è di quasi sessanta milioni di account); viepiú gli stessi soggetti che impiegano le piattaforme quali strumento di diffusione dei proprî prodotti (aziende di qualsiasi settore, imprese pubblicitarie, influencer, content creator etc…) dovrebbero reclamizzarli senza l’utilizzo dei contenuti audio che – notoriamente – costituiscono un agevole aggancio per l’attenzione del pubblico dei social. In altre parole, l’intera economica digitale risulta compromessa dal mancato accordo Meta-Siae» (punto 12.1);

che «la manifesta ricorrenza del periculum in mora legittimante il provvedimento cautelare dell’Autorità”. In particolare, la sentenza impugnata correttamente rileva che: - “senza l’intervento autoritativo la trattativa sarebbe probabilmente rimasta in una fase di stallo con grave pregiudizio per l’intero indotto che opera sulle piattaforme gestite da Meta”; - “Invero, oltre alla Siae che vedrebbe immediatamente scomparire una fonte di introiti, nonché il rischio di una «fuga» degli autori verso altri gestori collettivi, direttamente lesi dall’interruzione delle negoziazioni sarebbero altresì gli artisti tutelati da Siae [...], i cui contenuti non potrebbero raggiungere gli utenti dei social network (la cifra è di quasi sessanta milioni di account); viepiù gli stessi soggetti che impiegano le piattaforme quali strumento di diffusione dei proprî prodotti (aziende di qualsiasi settore, imprese pubblicitarie, influencer, content creator etc…) dovrebbero reclamizzarli senza l’utilizzo dei contenuti audio che – notoriamente – costituiscono un agevole aggancio per l’attenzione del pubblico dei social”; - “In altre parole, l’intera economica digitale risulta compromessa dal mancato accordo 49 Meta-Siae”; - “Ne consegue che perfettamente legittimo si appalesa l’intervento dell’Autorità, risultando estremamente urgente garantire il ripristino della fruizione dei contenuti audio di Siae sulle piattaforme Meta».

La censura è fondata.

Il provvedimento non fornisce solide basi alla tesi per la quale la mancata conclusione della trattativa determinerebbe un pregiudizio irreparabile a SIAE posto che, richiamando ancora una volta quanto già evidenziato in precedenza, anche ammesso fosse valutabile a tali fini il pregiudizio incombente sui rappresentati, non è inibita agli autori la pubblicazione di reels sulle loro pagine, né è impedito acquistare pubblicità o promuovere contenuti sulle piattaforme, né ancora è vietata la pubblicazione da parte degli utenti di contenuti musicali non essendo necessaria, a detti fini, la fruizione della Audio Library.

Quanto alla prospettata possibilità di subire una restrizione della platea dei propri rappresentati, valgono le considerazioni già svolte circa la riconducibilità di tale possibilità ai meccanismi concorrenziali di mercato.

Il pregiudizio prospettato da SIAE si presenta pertanto come generico e indeterminato e meramente economico e, quindi, per definizione privo del carattere dell’irreparabilità (peraltro, come già rilevato, non risultano essere stati approfonditi i profili di pregiudizio manifestatisi a seguito della temporanea rimozione dei contenuti dalla Audio Library).

18. L’accoglimento delle suesposte censure elide ogni interesse allo scrutinio del settimo motivo dell’appello n. 863/2024 con il quale le appellanti lamentano l’esiguità del termine a difesa accordato in fase procedimentale in sede di «Comunicazione in merito all’applicazione dell’art. 14-bis della legge n. 287/1990» (4 giorni in luogo di 7).

Per la medesima ragione deve ritenersi superata anche l’illustrata eccezione pregiudiziale non ravvisandosi comunque profili di incompatibilità della disciplina applicabile alla disciplina europea.

Le questioni appena vagliate esauriscono l’ambito del contenzioso sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).

19. La sostanziale coincidenza dei motivi dedotti con i due appelli riuniti comporta l’accoglimento anche di quello n. 864/2024, per le stesse ragioni sin qui evidenziate.

20. Per quanto precede gli appelli devono essere accolti nei suesposti limiti ritenendo il fondamento dei detti vizi di istruttoria e motivazione e fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Autorità all’esito di un approfondito riesame, nell’ambito del procedimento principale.

20. La specificità della controversia, la novità e la complessità delle questioni oggetto del giudizio, consentono di procedere alla compensazione delle spese del doppio grado di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie i ricorsi di primo grado annullando il provvedimento con essi impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Hadrian Simonetti, Presidente

Giordano Lamberti, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere

Marco Poppi, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE
Marco Poppi

IL PRESIDENTE
Hadrian Simonetti

IL SEGRETARIO

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