
L’accesso ai locali dello studio professionale utilizzato anche come abitazione richiede sempre l’autorizzazione del Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 52 del d.P.R. n. 633/1972?
Sul tema torna la Cassazione con l’ordinanza n. 28338 del 25 ottobre 2025.
Il caso nasce dal ricorso di un contribuente, titolare di studio tecnico di infortunistica stradale, che aveva contestato la legittimità dell’accesso effettuato dalla Guardia di Finanza nei locali del proprio studio, parzialmente adibiti ad abitazione.
Secondo la difesa, l’accesso era nullo in quanto privo dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica.
L’art. 52, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 633/1972 stabilisce che l’accesso in luoghi di privata dimora richiede un’autorizzazione del Pubblico Ministero, a tutela della sfera personale del contribuente.
Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità distingue i casi in cui i locali siano:
esclusivamente abitativi, in cui l’autorizzazione è sempre necessaria;
promiscui (abitazione e studio), in cui occorre verificare se vi sia una comunicazione diretta e agevole tra la parte privata e quella professionale (Cass. nn. 26196/2022, 15654/2023).
La Corte ha ritenuto legittimo l’accesso, precisando che lo studio ad uso promiscuo non è automaticamente equiparabile a un’abitazione. L’autorizzazione del PM serve solo se i locali destinati al lavoro sono strutturalmente e funzionalmente connessi agli spazi della vita privata, così da compromettere la riservatezza domestica.
Nel caso concreto, la zona destinata all’attività professionale era autonoma e priva di accessi interni all’abitazione, escludendo quindi la necessità di autorizzazione.
L’accesso fiscale nello studio professionale non richiede l’autorizzazione del PM se gli ambienti sono separati da quelli abitativi e utilizzati in modo prevalente per l’attività lavorativa. Solo in presenza di collegamenti diretti con la parte domestica si estende la tutela della privata dimora.
In sintesi, la Corte riafferma un equilibrio tra diritto alla riservatezza e poteri di indagine fiscale, evitando che la privacy diventi un ostacolo improprio all’attività ispettiva.
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