Caduta dalla scale del disabile a scuola: Ministero condannato

Articolo di Carmine Lattarulo del 06/11/2025

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In tema di responsabilità dell'istituto scolastico per il danno cagionato dall'alunno a se stesso, è l’amministrazione a dover superare la presunzione di responsabilità fornendo la prova di aver adottato tutte le misure preventive idonee, e che l’evento sia stato causato da fattori esterni non imputabili alla scuola o agli insegnanti.

Lo ha stabilito la Terza Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 28269 del 24 ottobre 2025, occupandosi di un caso di responsabilità civile della Pubblica Amministrazione per il danno subito da una minore affetta da disabilità, infortunatasi a scuola durante la discesa di una scalinata.

Nella specie, il ricorso è stato proposto dal Ministero dell’Istruzione e dall’Istituto Comprensivo contro la decisione della Corte d’Appello di Potenza, che aveva confermato la condanna al risarcimento in favore della minore e dei genitori. Il ricorso per Cassazione è stato dichiarato inammissibile, confermando la responsabilità della scuola e del Ministero per omessa vigilanza e inadeguata prevenzione dell’incidente, considerata la condizione della minore.

La Corte ha ritenuto che, vista la disabilità motoria della minore, la caduta era prevedibile e sarebbe stato necessario accompagnarla per mano nella discesa delle scale, non essendo sufficiente il solo appoggio al corrimano. Conclusivamente, la caduta era prevedibile e sarebbe stato necessario accompagnare per mano la bambina nella discesa delle scale, non risultando sufficiente l’appoggio al corrimano.

Il regime di distribuzione dell’onere della prova ex art. 1218 cod. civ. imponeva all’amministrazione di dimostrare che l’evento dannoso era stato determinato “da causa non imputabile né alla scuola, né all’insegnante (v. Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9436, parag. 7.2.5; Cass., sez. III, 25 novembre 2011, n. 36723) e pertanto era corretto quanto affermato dal Tribunale di Potenza, sulla base della documentazione relativa alla «diagnosi funzionale», che aveva ritenuto la responsabilità dell’amministrazione “esclusivamente sul «fatto» omissivo della mancata più intensa ed accurata vigilanza apprestata all’allieva sotto forma di adozione di tutte le misure idonee (secondo i canoni di buon senso) a prevenire ed evitare che l’alunna potesse subire pregiudizio alla propria incolumità, anche in considerazione del suo stato di invalidità psicofisica”.

In sintesi, entrambe le sentenze della Cassazione richiamate (Cass. 2002 n. 9436 e 2011 n. 36723) hanno consolidato il principio che, in presenza di responsabilità contrattuale della scuola ex art. 1218 c.c., spetta all’amministrazione scolastica dimostrare che l’evento dannoso (in questo caso la caduta dell’alunno) sia stato determinato da una causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante. Questo significa che, una volta allegata la violazione degli obblighi di vigilanza, è la scuola che deve provare di aver adottato tutte le cautele ragionevoli.

Questi principi vengono qui applicati per sostenere che la responsabilità della scuola non può dirsi esclusa per la sola presenza di una diagnosi che attesta una certa autonomia motoria dell’alunna, se comunque permaneva una difficoltà nell’esecuzione di movimenti complessi come scendere le scale senza assistenza. Il richiamo a Cass. S.U. 2002 n. 9436 e Cass. 2011 n. 36723 serve quindi a rafforzare l’orientamento secondo cui, in materia di responsabilità scolastica, è l’amministrazione a dover superare la presunzione di responsabilità fornendo la prova di aver adottato tutte le misure preventive idonee, e che l’evento sia stato causato da fattori esterni non imputabili alla scuola o agli insegnanti.


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