Compenso dell'avvocato, chiarimenti sui minimi inderogabili e fase istruttoria

Articolo del 10/12/2025

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Il giudice può liquidare all'avvocato un compenso inferiore ai minimi delle Tabelle Forensi se non c'è un accordo scritto tra professionista e cliente?

La Cassazione, sez. Lavoro, con l'ordinanza n. 29925 del 12 novembre 2025, risponde di no.

La Suprema Corte precisa che i minimi tabellari non sono derogabili dal giudice e aggiunge che la fase istruttoria deve essere remunerata anche quando non si svolgono prove orali o CTU, in quanto tale fase è unita alla fase di trattazione.

Il caso nasce da un giudizio previdenziale concluso con la cessazione della materia del contendere. Il difensore della ricorrente contestava che la Corte d'Appello avesse liquidato compensi al di sotto dei minimi, escludendo inoltre qualsiasi remunerazione per la fase istruttoria.

Le regole applicabili

Entrano in gioco tre norme:

  • D.M. 55/2014, come modificato dal D.M. 37/2018, che aggiorna i parametri e indica i limiti massimi di riduzione dei valori medi (mai oltre il 50%, 70% per la fase istruttoria).

  • Art. 13, comma 6, l. 247/2012, che rende i parametri applicabili quando manca una convenzione scritta sul compenso.

  • Giurisprudenza costante che conferma la inderogabilità dei minimi.

La Cassazione richiama il principio, già espresso con sentenza n. 9815/2023, secondo cui i minimi tabellari hanno natura vincolante e non possono essere superati in riduzione.

Per la fase istruttoria, il D.M. 55/2014 prevede un compenso unitario per la fase di trattazione e/o istruttoria. Questo significa che:

  • la fase esiste anche se non ci sono prove orali;

  • rientrano nella fase istruttoria attività come richieste di prova, memorie, esame documentale, istanze al giudice, notifiche e altri adempimenti preparatori.

La decisione della Corte

La Corte rileva che:

  1. Il giudizio si è svolto dopo l’entrata in vigore del D.M. 37/2018, quindi i nuovi parametri erano pienamente applicabili.

  2. La Corte d'Appello aveva illegittimamente ridotto i compensi oltre il limite consentito, violando l'inderogabilità dei minimi tabellari.

  3. Aveva inoltre negato il compenso per l’istruttoria senza verificare se fossero state svolte attività rientranti nella fase unitaria trattazione/istruttoria.

Il risultato: la Cassazione cassa la sentenza e rinvia alla Corte d'Appello, imponendo tre principi di diritto:

  • il giudice non può scendere sotto i minimi;

  • la fase istruttoria è compensata unitariamente con la fase di trattazione, anche se non vi è istruzione “in senso stretto”;

  • nella fase istruttoria rientrano molte attività difensive, non solo le prove.

Cosa ci portiamo a casa

L’ordinanza rafforza la certezza applicativa dei parametri forensi, limitando la discrezionalità giudiziale e tutelando il decoro della professione.

Per gli avvocati significa due cose molto concrete:

  • la liquidazione sotto i minimi non è più ammissibile;

  • il lavoro "invisibile" svolto nella fase preparatoria del giudizio deve essere riconosciuto e compensato.

In sintesi: la Cassazione ribadisce che il compenso professionale non è una variabile comprimibile a piacere. È una garanzia di qualità della prestazione e di tutela effettiva del diritto di difesa.


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