Un lavoratore che ha subito l’abusiva reiterazione di contratti a termine ha diritto sia all’indennità risarcitoria prevista dall’art. 32, comma 5, l. n. 183/2010 sia all’indennità di disoccupazione ex art. 42, r.d.l. n. 1827/1935?
A questa domanda rispondono le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 23876 del 26 agosto 2025, risolvendo un contrasto interpretativo che aveva diviso la giurisprudenza.
Il caso nasce da un lavoratore della Spa Terme di Fontecchio che, dopo anni di contratti a termine, aveva ottenuto la conversione del rapporto a tempo indeterminato e il riconoscimento dell’indennità ex art. 32.
Nel frattempo, però, aveva percepito l’indennità di disoccupazione, che l’INPS pretendeva di recuperare sostenendo l’incompatibilità delle due prestazioni.
Le norme in gioco sono:
art. 32, comma 5, l. n. 183/2010, che prevede un’indennità risarcitoria forfettaria tra 2,5 e 12 mensilità per i lavoratori assunti con contratti a termine nulli;
artt. 45 ss. r.d.l. n. 1827/1935, che disciplinano l’indennità di disoccupazione come misura previdenziale a sostegno del reddito in caso di perdita involontaria del lavoro;
art. 38, comma 2, Cost., che garantisce ai lavoratori mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di disoccupazione involontaria.
La Cassazione ha chiarito che le due prestazioni hanno natura e finalità diverse:
l’indennità di disoccupazione è destinata a fronteggiare la condizione di bisogno del lavoratore rimasto senza reddito;
l’indennità risarcitoria ha funzione di compensare il danno derivante dall’illegittima precarizzazione, collocandosi sul piano del rapporto di lavoro.
Pertanto non c’è alcuna sovrapposizione né possibilità di compensazione: la tutela previdenziale e quella risarcitoria possono convivere. L’INPS, quindi, non può chiedere la restituzione delle somme erogate a titolo di disoccupazione, anche se al lavoratore è stato successivamente riconosciuto il risarcimento.
Le Sezioni Unite hanno sancito la piena cumulabilità tra indennità di disoccupazione e indennità ex art. 32 l. 183/2010.
Per i lavoratori significa non dover restituire quanto percepito dall’INPS; per i datori di lavoro, l’impossibilità di invocare la compensazione.
La lezione? Quando si tratta di tutele contro la precarizzazione abusiva, previdenza e risarcimento non si escludono ma si sommano.
In altre parole: se il contratto a termine era illegittimo, il danno resta, anche se nel frattempo il lavoratore ha ricevuto un sostegno previdenziale.
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