Contributo unificato, l’avvocato non ha l’obbligo di anticiparlo

Articolo del 24/06/2025

L’avvocato non è tenuto ad anticipare il contributo unificato per conto del cliente, nemmeno sotto il profilo deontologico.

Lo ha chiarito il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 410 del 6 novembre 2024, accogliendo il ricorso di un avvocato sanzionato dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Catania per non aver versato il contributo in 126 cause civili iscritte a ruolo.

Secondo il CNF, la normativa vigente – in particolare l’art. 13, comma 10, della legge professionale forense (l. 247/2012) – riconosce all’avvocato solo il diritto al rimborso delle spese vive eventualmente anticipate, ma non impone l’obbligo di anticipare personalmente il contributo unificato.

Il mancato pagamento è dunque onere del cliente, come stabilito anche dall’art. 14 del d.P.R. n. 115/2002, che attribuisce alla parte l’obbligo di versare il contributo per poter instaurare un processo. In caso di omesso pagamento, la procedura di recupero grava sul cliente, non sul legale.

Nel caso di specie, il CDD aveva ritenuto che la condotta dell'avvocato fosse lesiva della correttezza e del decoro professionale.
Per il CNF, invece, non vi era alcuna prova che l’avvocato avesse sfruttato il mancato pagamento del contributo come strumento per accaparrarsi clientela, né che avesse omesso di informare i clienti sulle conseguenze della mancata contribuzione.

Anzi, sarebbe deontologicamente illecito l’atteggiamento opposto: un avvocato che, per il solo mancato pagamento del contributo, rifiuti di promuovere o iscrivere una causa a ruolo, violerebbe il mandato ricevuto, la funzione sociale dell’avvocatura e il diritto inviolabile di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione.

In definitiva, l’iscrizione a ruolo di cause prive del pagamento del contributo unificato non integra, di per sé, alcun illecito disciplinare, purché il cliente sia stato correttamente informato delle implicazioni fiscali della sua scelta.

Il Consiglio ha pertanto annullato la sanzione disciplinare della censura e accolto il ricorso dell’avvocato.

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R.G. N. 223/22

RD n. 410/24

CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede presso il Ministero della Giustizia, in Roma, con l’intervento del rappresentante il P.G. presso la Corte di Cassazione nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Vincenzo Senatore ha emesso la seguente SENTENZA sul ricorso presentato in data 25 maggio 2022 dall’Avv. [RICORRENTE] del Foro di Catania, nato a [OMISSIS] il [OMISSIS], residente in [OMISSIS], Cod. Fisc. [OMISSIS], nella qualità di difensore di sé stesso, elettivamente domiciliato nel proprio studio in [OMISSIS], pec:

[OMISSIS], avverso la decisione n. 11/22 del Consiglio Distrettuale di Disciplina di Catania del 29 aprile 2022, depositata il 5 maggio 2022 e comunicata a mezzo pec in data 5 maggio 2022 nel procedimento disciplinare n. 223/2017, con la quale veniva applicata al suddetto Avv. [RICORRENTE] la sanzione disciplinare della censura;

Il ricorrente, avv. [RICORRENTE] non è comparso;

Per il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catania, regolarmente citato, nessuno è presente;

Il Consigliere relatore avv. Giampiero Cassi svolge la relazione;

Inteso il P.G., il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

FATTO

L’Avv. [RICORRENTE] del Foro di Catania è stato sottoposto a procedimento disciplinare dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Catania per rispondere dei fatti di cui al seguente capo di incolpazione:

“Violazione degli artt. 9 e 37 C.D.F. per avere omesso, al momento della iscrizione delle cause a ruolo, di versare il contributo unificato in relazione a 126 (centoventisei) cause da celebrarsi innanzi al Tribunale di Catania, IV Sezione Civile. In Catania dal 01 07 2014 al 26 10 2017.” Il procedimento disciplinare traeva origine da una segnalazione del 26 ottobre 2017 con cui il Presidente della IV Sezione Civile del Tribunale di Catania segnalava il mancato pagamento del contributo unificato in relazione a n. 126 (centoventisei) cause iscritte a ruolo dall’Avv.

[RICORRENTE], il quale, dopo avere avuto notizia di detta segnalazione, depositava in data 1 dicembre 2017 le proprie deduzioni.

Successivamente alla trasmissione della comunicazione di avvio del procedimento disciplinare, il Consigliere Istruttore designato, conclusa la fase pre-procedimentale, avendo rilevato nel comportamento del segnalato la violazione sia dei doveri di lealtà e probità che del divieto di accaparramento della clientela, proponeva alla Sezione di deliberare l’incolpazione.

La Sezione, con delibera del giorno 8 giugno 2020, approvava il capo di incolpazione sopra trascritto e, in data 12 giugno 2020, disponeva la citazione a giudizio dell’incolpato per l’udienza dibattimentale dell’11 giugno 2021.

A detta udienza dibattimentale dell’11 giugno 2021 l’Avv. [RICORRENTE] presenziava e confermava il mancato pagamento del contributo unificato, insistendo nei precedenti suoi scritti difensivi.

In particolare, l’incolpato evidenziava che:

- dal mese di luglio 2014 alla data del 26 ottobre 2017 era vero che risultavano iscritte n. 126 cause dinanzi al Tribunale di Catania, da lui patrocinate, ma era altrettanto vero che sempre nello stesso periodo risultassero iscritte a nome dell’incolpato, presso diversi Tribunali d’Ita- lia, circa 1.200 (milleduecento) cause (delle quali produceva l’elenco), in cui il contributo unifi- cato risultava, invece, regolarmente versato;

- la ragione del mancato versamento del contributo unificato nelle n. 126 cause in questione era dovuta al fatto che i clienti interessati non avevano né il diritto al patrocinio a spese dello Stato (perché il loro reddito sforava di qualche centinaia di euro l’anno la soglia massima per averne diritto), né, tuttavia, la disponibilità economica per sostenere le non indifferenti som- me dovute per il versamento del suddetto contributo;

- la materia di cui trattavano le n. 126 cause era sempre la stessa: cause di anatocismo e usu- ra contro banche e finanziarie, in presenza di esposizioni debitorie derivanti da mutui e finan- ziamenti contratti negli anni, che poi i clienti dell’Avv. [RICORRENTE] non erano riusciti a pagare;

- i clienti, già in arretrato con le rate di mutuo e di finanziamento, molto spesso non avevano le risorse per far fronte ai loro bisogni primari, a maggior ragione per affrontare le spese di un processo;

- pertanto, pur di tutelarsi preventivamente dall’azione delle banche e così evitare di perdere la casa o vedersi pignorato lo stipendio o la pensione senza che venisse prima accertato l’eventuale abuso bancario, preferivano agire giudizialmente a debito verso lo Stato, consapevoli che questo avrebbe comportato una sanzione pari quasi al doppio dell’importo del contributo unificato (di cui, peraltro, sarebbero sempre venuti a conoscenza poiché sarebbe stato loro recapitato il provvedimento di irrogazione della sanzione) e ciò, per essi, costituiva il male minore;

- in questi casi i clienti avevano versato all’incolpato solo un modesto importo a titolo di onorario, e nulla più;

- invece, in tutti gli altri 1.200 procedimenti (alla data delle deduzioni dell’incolpato) la materia era tutt’altra e i contributi unificati erano stati sempre regolarmente versati;

- di tali circostanze l’Avv. [RICORRENTE], per trasparenza, aveva chiarito le ragioni ai Direttori di Cancelleria della quarta Sezione e della prima Sezione del Tribunale di Catania, i quali, dal canto loro, non potevano ovviamente che applicare la legge;

- l’Avv. [RICORRENTE] aveva depositato nel procedimento disciplinare de quo, alcuni ricorsi avverso provvedimenti di irrogazione delle sanzioni da mancato versamento del contributo unificato, al fine di poter sollevare, nell’instaurata sede giudiziale, la questione pregiudiziale e poter rimettere la questione alla Corte di Giustizia o, in ultima istanza alla CEDU, al fine di accertare la violazione da parte della legge italiana, istitutiva del contributo unificato, dell’art. 24 della Costituzione, nonché degli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea per i diritti dell’Uomo (giudizi questi ancora pendenti);

- il fatto che il Legislatore non avesse posto come condizione per l’iscrizione di una causa a ruolo il pagamento del contributo unificato, voleva significare, secondo l’incolpato, che l’accesso del cittadino alla Giustizia era assorbente rispetto a qualunque altro onere tributario.

L’Avv. [RICORRENTE], terminata la discussione, chiedeva il proscioglimento per “non esservi luogo a provvedimento disciplinare”.

Il CDD di Catania dava immediata lettura in udienza del dispositivo della decisione assunta, n. 11/22, la cui motivazione è stata poi depositata in data  maggio 2022, e dichiarava “L’Avv. [RICORRENTE] responsabile delle violazioni allo stesso ascritte e dispone farsi luogo al provvedimento disciplinare della censura”.

Il CDD di Catania giungeva a tale decisione ritenendo sussistenti elementi idonei a configurare le violazioni contestate al segnalato.

In particolare il CDD di Catania rilevava che il mancato pagamento dei contributi unificati per le n. 126 cause patrocinate dall’Avv. [RICORRENTE] dinanzi al Tribunale di Catania costituiva un pregiudizio per gli Uffici Giudiziari per l’ingente attività di recupero che doveva essere espletata da detti Uffici a seguito di tali ripetuti inadempimenti e che non appariva condivisibile quanto sostenuto dall’incolpato, laddove quest’ultimo aveva invocato il diritto, costituzionalmente rilevante, della difesa dell’assistito per giustificare la commissione di illeciti disciplinari.

Secondo il CDD di Catania, infatti, l’art. 13 della Legge n. 247/2012, laddove dispone che all’avvocato è dovuto, oltre al compenso, anche il rimborso delle spese sostenute dallo stesso e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell’interesse del proprio cliente, prevede la facoltà del difensore, che non rinunci sin dall’inizio al mandato, di anticipare le spese nell’interesse del proprio assistito e, quindi, di assumere un aggravio economico, sia al fine di tutelare gli interessi economici dell’assistito stesso, sia perché, deontologicamente, ciò risponde all’affidamento riposto nella professione forense.

Dunque, ad avviso del CDD di Catania, il professionista che accetta l’incarico sapendo dell’impossibilità del cliente di far fronte alle spese del giudizio e non lo tutela anticipandogli le spese, viola i doveri di lealtà e correttezza e lede l’immagine della professione anche nei confronti dei colleghi che fanno versare e/o versano il contributo unificato, il tutto aggravato dall’avere preteso e ottenuto dai clienti un importo, sia pure modesto, a titolo di onorario.

Inoltre, sempre secondo il CDD di Catania, l’elevato numero dei procedimenti per i quali l’incolpato ha richiesto ai propri clienti solo un modesto onorario, ha presumibilmente consentito all’incolpato stesso di acquisire una vasta clientela, suggestionata dalla prospettiva di non versare alcun importo per le spese introduttive del giudizio, in violazione dell’art. 37 del C.D.F. per i metodi non conformi a correttezza e decoro.

Per tutti questi motivi il CDD di Catania ha inflitto all’Avv. [RICORRENTE] la suindicata sanzione disciplinare della censura.

L’Avv. [RICORRENTE], con ricorso del 25 Maggio 2022, difendendosi personalmente, ha proposto tempestiva impugnazione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense avverso il provvedimento del CDD di Catania, con il quale era stata applicata a suo carico la suindicata sanzione disciplinare della censura, chiedendo:

“Piaccia al Consiglio Nazionale Forense, contrariis reiectis annullare la decisione con il presente atto impugnata per i motivi esposti, con ogni conseguente pronuncia”.

L’Avv. [RICORRENTE], a sostegno del proprio ricorso, circa le motivazioni addotte dal CDD di Catania per giungere alla decisione impugnata, oltre a ribadire quanto da lui già evidenziato nelle sue precedenti deduzioni difensive, ha rilevato quanto segue:

- il “presunto” pregiudizio degli Uffici Giudiziari a seguito dell’inadempimento nel pagamento del C.U. cede, per forza di cose, innanzi al diritto di accesso del Cittadino alla Giustizia;

- l’invocato art.13 della Legge 247/2012 appare del tutto inappropriato, giacché è impensabile che il difensore possa anticipare importi così elevati per C.U. nelle cause che iscrive a ruolo e l’Avv. [RICORRENTE] evidenzia, a tale riguardo, di non avere mai avuto notizia in tal senso da altri Colleghi;

- non si comprende a cosa si sia voluto riferire il Consiglio Distrettuale di Disciplina di Catania, quando ha detto che l’incolpato patrocinava un “elevato numero” di procedimenti senza pretendere il pagamento del C.U., in quanto, secondo il ricorrente, 126 cause non sono da considerarsi un numero davvero così elevato;

- il dovere di correttezza e decoro di cui all’art. 37 del C.D.F. non può considerarsi violato qualora il difensore, che comunque patrocina cause in cui versa il C.U., perché il cliente può permetterselo (e nel 2017 erano 1.200 rispetto alle 126 di cause in cui il contributo unificato non è stato versato), accetti, invece, di difendere comunque il cliente in difficoltà economiche, dopo averlo reso edotto sulle conseguenze del mancato pagamento del C.U., perché, così facendo, il difensore assolve sempre e comunque al proprio dovere di prestare assistenza alla clientela, anche a quella con scarsi mezzi economici.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso dell’Avv. [RICORRENTE] è fondato e deve essere accolto.

Il CDD di Catania ha ritenuto che il ricorrente abbia violato gli articoli 9 e 37 del Codice Deontologico Forense sostenendo, in buona sostanza, che l’Avv. [RICORRENTE] avrebbe avuto l’obbligo di anticipare di tasca propria l’importo del contributo unificato e che nella sua condotta sarebbe stato ravvisabile anche un indebito accaparramento di clientela, in quanto i clienti avrebbero potuto essere stati indotti ad affidarsi al suddetto Avv. [RICORRENTE] suggestionati dal risparmio di spesa derivante dal mancato versamento del contributo unificato.

Le asserzioni del CDD di Catania, obiettivamente, non possono essere condivise.

A tale riguardo, in primo luogo, si rileva che l’art. 13 della Legge n. 247/2012, contrariamente a quanto ritenuto dal CDD di Catania, non può in alcun modo essere interpretato nel senso 5di imporre ad un avvocato l’obbligo di dover anticipare le spese per il cliente, né tanto meno nel senso di imporre ad un avvocato l’obbligo di dover anticipare di tasca propria le spese per il versamento del contributo unificato.

Il disposto del suddetto articolo 13, comma 10, della Legge n. 247/2012 si limita, infatti, a prevedere il diritto dell’avvocato a richiedere, oltre al compenso dovutogli, il rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi da lui eventualmente anticipati nell’interesse del cliente, ma non gli impone assolutamente l’obbligo di provvedere alla relativa anticipazione e, quindi, non gli impone certo di provvedere ad anticipare la spesa concernente il pagamento del contributo unificato, che deve essere corrisposto per poter instaurare un processo civile, amministrativo o tributario.

Dunque, l’avvocato può senz’altro anticipare l’importo del contributo unificato, nel qual caso avrà diritto a richiedere il rimborso della spesa relativa, in aggiunta al compenso dovutogli, ma egli non è certamente obbligato ad effettuare detta anticipazione, con la conseguenza che il fatto che non provveda al pagamento del contributo unificato non può, di per sé, integrare un illecito disciplinare.

Ciò a maggior ragione se si considera che la legge (art. 14, comma 1, e art. 248 del D.P.R. n. 115/2002) pone l’obbligo del versamento del contributo unificato esclusivamente a carico della parte che instaura il giudizio (e, quindi, a carico della parte assistita e difesa dall’avvocato, ovverosia del cliente), individuando poi solo nella parte stessa la destinataria della procedura di riscossione nel caso di mancato pagamento, senza prevedere alcuna solidarietà in capo all’avvocato per il relativo onere, e che costituisce principio pacifico che le mere irregolarità fiscali, tra cui è incluso il mancato pagamento del contributo unificato, non possono compromettere l'esperibilità dell'azione in giudizio (cfr. Ordinanza Cass. Civ., Sez. II, 14 dicembre 2022, n. 36542).

Per la verità, ci sono stati, in passato, tentativi, peraltro chiaramente lesivi non solo del diritto di difesa, ma anche del ruolo dell’avvocato nel processo, che miravano sia ad introdurre la solidarietà dell’avvocato per il versamento degli oneri a carico del cliente (ci riferiamo al Collegato alla Legge di stabilità 2014, con il quale si richiedeva al legislatore di prevedere, nel caso di condanna ex art. 96, terzo comma, C.p.c., la responsabilità in solido del difensore con la parte, indicazione a cui poi non è stato dato seguito), sia a ritenere il versamento del contribuito unificato quale una sorta di condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria (basti pensare alla prima versione della Legge di Bilancio del 2022, che impediva l’iscrizione della causa a ruolo se non fosse stato pagato il contributo unificato, previsione questa poi opportunamente eliminata in sede di approvazione finale del provvedimento), ma fortunatamente tali tentativi, per lo meno fino ad adesso, evidentemente in ossequio al disposto dell’art. 24 della Costituzione, sono stai respinti e sono rimasti senza esito.

Quindi, ad oggi permangono i principi secondo cui l’avvocato non deve provvedere personalmente al versamento del contributo unificato, non è obbligato solidalmente nei confronti dell’Erario in relazione al relativo onere e non è tenuto a provvedere al pagamento del contributo unificato per poter procedere all’iscrizione della causa a ruolo.

Ne consegue che, in un simile contesto, non si può ritenere che l’avvocato possa incorrere in una responsabilità disciplinare per il fatto di avere promosso e/o iscritto a ruolo una causa o più cause (a prescindere dal loro numero) in difetto del pagamento del contributo unificato, trattandosi appunto di un’infrazione riferibile solo al cliente e/o ai clienti.

Anzi, si deve ritenere che l’avvocato incorrerebbe in una responsabilità disciplinare se, per il fatto che non è stato pagato (dal cliente) il contributo unificato, egli non promuova una causa o non provveda alla sua iscrizione a ruolo, atteso che, così facendo, l’avvocato violerebbe le disposizioni del Codice Deontologico Forense (nonché del Codice Civile), che gli impongono di dare esecuzione al mandato ricevuto.

Per non parlare del fatto che l’avvocato, che si rifiuti di promuovere una o più cause, perché il cliente e/o i clienti non sono in grado di provvedere al pagamento del contributo unificato, verrebbe meno alla funzione sociale della professione forense e violerebbe, egli per primo, il precetto costituzionale secondo cui la difesa è un diritto inviolabile.

È vero che le Cancellerie, a seguito dell’iscrizione a ruolo da parte dell’Avv. [RICORRENTE] di 126 cause prive del versamento del contributo unificato, hanno dovuto procedere all’instaurazione di 126 pratiche di recupero nei confronti dei singoli clienti dell’Avv.

[RICORRENTE] che quelle cause avevano instaurato, con un notevole aggravio di lavoro per dette Cancellerie, ma il disagio provocato alle Cancellerie stesse da questa situazione non può costituire un motivo per ritenere l’Avv. [RICORRENTE] responsabile disciplinarmente, perché ciò equivarrebbe a ritenerlo responsabile per avere esercitato il suo ministero di difensore per i suoi 126 clienti che non avevano pagato il contributo unificato, promuovendo, comunque, le loro cause ed iscrivendole a ruolo.

Occorre, altresì, tener conto del fatto che l’Avv. [RICORRENTE] ha precisato di avere iscritto a ruolo, nel periodo in cui aveva iscritto a ruolo le 126 cause in questione, altre 1.200 cause civili, fornendone l’elenco (che poteva, quindi, essere sottoposto a verifica), e il CDD di Catania non ha messo in discussione tale circostanza, il che dimostra che l’iscrizione di cause a ruolo senza il versamento del contributo unificato era una condotta che non contraddistingueva, in modo sistematico, tutta l’attività dell’Avv. [RICORRENTE] e che, evidentemente, quest’ultimo poneva in essere tale condotta, come da lui stesso asserito, solo quando il cliente non era in condizione di provvedere al pagamento di detto contributo.

Il CDD di Catania, nella sua decisione, ha aggiunto che “l’elevato numero dei procedimenti per i quali l’Avv. [RICORRENTE] ha richiesto ai suoi assistiti solo un modesto onorario, senza pretendere o provvedere al pagamento del contributo unificato, ha presumibilmente consentito al professionista di acquisire una vasta clientela, suggestionata dalla prospettiva di non versare alcun importo per le spese introduttive del giudizio, in violazione dell’art. 37 ncdf per i metodi non conformi a correttezza e decoro”.

Il CDD di Catania ha, dunque, presunto che la disponibilità dell’Avv. [RICORRENTE] a promuovere e ad iscrivere a ruolo le cause senza il versamento del contributo unificato avesse costituito anche una sorta di accaparramento di clientela, con violazione, quindi, del disposto dell’art. 37 del Codice Deontologico Forense, ma, obiettivamente, non vi è alcuna prova che l’Avv. [RICORRENTE] abbia iscritto a ruolo le 126 cause in questione senza il versamento del contributo unificato al fine di accaparrarsi i clienti che hanno promosso dette cause e depone in senso contrario il fatto che questo non fosse per l’Avv. [RICORRENTE] un modo di agire sistematico, atteso che avrebbe riguardato solo circa il 10% delle cause da lui iscritte a ruolo, avendo il medesimo, come sopra rilevato, iscritto a ruolo, nello stesso periodo, 1.200 cause corredate dal regolare versamento del contributo unificato.

Quest’ultima circostanza rende, invero, credibile quanto affermato dall’Avv. [RICORRENTE] circa il fatto che quest’ultimo, pur in mancanza del versamento del contributo unificato, avrebbe iscritto le 126 cause a ruolo in questione, al solo fine di non privare di tutela i clienti che tali cause avevano promosso.

Quanto asserito sul punto dal CDD di Catania costituisce, quindi, una mera supposizione e non vi sono, nel caso di specie, i presupposti per ritenere provata per presunzione la violazione da parte dell’Avv. [RICORRENTE] dell’art. 37 del Codice Deontologico Forense.

Il discorso avrebbe potuto essere diverso qualora il CDD di Catania avesse riscontrato (e contestato all’incolpato) un difetto di informazione da parte dell’Avv. [RICORRENTE] nei confronti dei clienti che avevano promosso le 126 cause in questione circa le conseguenze (con particolare riferimento alle sanzioni) del mancato pagamento del contributo unificato o se avesse riscontrato (e contestato all’incolpato) che l’Avv. [RICORRENTE] aveva pubblicizzato, per invogliare il conferimento di mandati alla sua persona da parte dei clienti, il fatto che egli avrebbe promosso e iscritto a ruolo le cause senza il pagamento del contributo unificato, ma non risulta che questi aspetti siano stati esaminati o approfonditi, ragione per cui non vi è alcuna prova che l’Avv. [RICORRENTE] abbia tenuto le condotte suindicate, e comunque dette condotte non formano oggetto di contestazione nel capo incolpazione.

Dunque, deve essere confermato che il mero fatto che un avvocato abbia iscritto a ruolo, senza il pagamento del contributo unificato, 126 cause civili, che rappresentano circa il 10% delle cause da lui iscritte a ruolo nello stesso periodo, in difetto di contestazione (e di prova) circa una mancata informativa ai clienti sulle conseguenze di tale omissione contributiva e in difetto di contestazione (e di prova) circa un’attività dell’avvocato diretta a pubblicizzare la cosa per conseguire il rilascio dei mandati da parte dei clienti, non costituisce illecito disciplinare e, in particolare, contrariamente a quanto ritenuto dal CDD di Catania, non costituisce violazione degli articoli 9 e 37 del Codice Deontologico Forense.

P.Q.M.

visti gli artt. 36 e 37 L. n. 247/2012 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37;

il Consiglio Nazionale Forense accoglie il ricorso e annulla la decisione impugnata.


Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 13 luglio 2024;

IL SEGRETARIO
f.f. f.to Avv. Federica Santinon

IL PRESIDENTE f.f.
f.to Avv. Patrizia Corona

Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense, oggi 6 novembre 2024.

IL CONSIGLIERE SEGRETARIO
f.to Avv. Giovanna Ollà Copia

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