Furto in abitazione: è legittima la mancata previsione della lieve entità?

Articolo del 29/12/2025

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Il furto in abitazione continua a essere punito senza sconti, anche quando il fatto appare di lieve entità.

Con la sentenza n. 193 del 22 dicembre 2025, la Corte costituzionale respinge le questioni di legittimità sull’art. 624-bis c.p., confermando la scelta del legislatore di non prevedere un’ipotesi attenuata.

La vicenda nasce da un processo davanti al Tribunale di Firenze, relativo a un furto commesso nell’androne di un edificio condominiale. Il giudice rimettente mette in discussione il quadro normativo alla luce dei principi di ragionevolezza e offensività (artt. 3 e 25 Cost.) e, in subordine, lamenta l’assenza di una riduzione di pena per i casi meno gravi.

Le questioni sollevate

Secondo il Tribunale, la giurisprudenza di legittimità – che qualifica le parti comuni del condominio come luoghi di privata dimora – finisce per estendere in modo eccessivo l’area del reato. Spazi come androni e scale, frequentati da più persone, non presenterebbero quella violazione qualificata del domicilio che giustifica una pena più severa.

In via subordinata, il giudice denuncia una sproporzione sanzionatoria: l’assenza di un’ipotesi attenuata per il furto in abitazione di lieve entità produrrebbe una risposta punitiva eccessiva e una disparità di trattamento rispetto a reati come rapina ed estorsione, per i quali il legislatore ha introdotto attenuanti ad hoc.

La risposta della Corte

La Consulta respinge entrambe le censure.

Sul primo profilo, la Corte ricorda che la maggiore severità del furto in abitazione è legata alla pericolosità della condotta: chi si introduce in un luogo di dimora, o in una sua pertinenza immediata, accetta il rischio concreto di incontrare il soggetto passivo, con possibili conseguenze per la sua sicurezza e incolumità. Questo rischio sussiste anche nelle parti comuni del condominio, che sono funzionali alla protezione delle singole abitazioni e accessibili agli estranei solo con il consenso dei condòmini.

Quanto alla mancata previsione di un’attenuante, la Corte esclude l’irragionevolezza della scelta legislativa. Richiamando la sentenza n. 117 del 2021, ribadisce che la violazione del domicilio non è graduabile: o il domicilio è violato o non lo è. A differenza di rapina ed estorsione, dove l’elemento della violenza o minaccia può manifestarsi con intensità diverse, non è logicamente concepibile un ingresso “lieve” nell’abitazione altrui.

Cosa ci portiamo a casa

La sentenza n. 193/2025 conferma un orientamento netto: il furto in abitazione, anche quando commesso in spazi condominiali e anche se di modesta entità, resta una fattispecie senza attenuanti tipiche. La tutela del domicilio è considerata un valore unitario, che non ammette sconti di pena in base all’entità del fatto. Tradotto: nel furto in casa, per il legislatore e per la Consulta, non esiste il “colpo leggero”.


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