
Il provvedimento del giudice di merito di rigetto della richiesta di invio al Centro per la giustizia riparativa per l'avvio di un programma di giustizia riparativa è ricorribile in Cassazione?
Le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione, con l'informazione provvisoria del 30 ottobre 2025, hanno precisato che il provvedimento del giudice di merito che rigetta la richiesta di invio al Centro per la giustizia riparativa per l'avvio di un programma è impugnabile, sia con appello sia con ricorso per cassazione, unitamente alla sentenza conclusiva del grado di giudizio, indipendentemente dal regime di procedibilità del reato.
La disciplina di riferimento si trova nell’art. 129-bis c.p.p., introdotto dal d.lgs. 150/2022 (riforma Cartabia) e modificato dal d.lgs. 31/2024, che consente al giudice, in ogni stato e grado del procedimento, di disporre l’invio delle parti al centro per la giustizia riparativa.
Sono inoltre richiamati i principi costituzionali e convenzionali:
artt. 27 e 111 Cost. (diritto di difesa e giusto processo);
artt. 6 e 13 CEDU;
artt. 62 n. 6, 133, 152, 163 c.p.;
artt. 586 e 90-bis.1 c.p.p.;
artt. 15-bis e 45-ter disp. att. c.p.p.
Il contrasto giurisprudenziale
La decisione delle Sezioni Unite compone un contrasto emerso tra diverse sezioni della Cassazione:
Un primo orientamento negava l’impugnabilità, sostenendo che il provvedimento non avesse natura giurisdizionale.
Un secondo orientamento la riconosceva solo per i reati a querela rimettibile, in quanto la giustizia riparativa può condurre alla remissione tacita della querela.
Un terzo orientamento, infine, riteneva che l’ordinanza fosse sempre impugnabile, poiché incide sul trattamento sanzionatorio e sul diritto alla partecipazione ai programmi riparativi.
Le Sezioni Unite hanno aderito al terzo orientamento, ritenendo che il provvedimento di rigetto costituisca un atto endoprocessuale, in quanto adottato dal giudice con contraddittorio tra le parti, in forma di ordinanza motivata e in grado di incidere sugli esiti del processo.
La giustizia riparativa non è un’attività extraprocessuale, ma una componente del procedimento penale, in grado di influire sulla pena e sulla rimessione della querela. Per questo motivo il rigetto deve poter essere oggetto di controllo giurisdizionale.
La Corte ha aggiunto che la mancata operatività dei Centri per la giustizia riparativa non elimina l’interesse all’impugnazione, poiché la legge consente di ricorrere anche a servizi già esistenti e convenzionati con il Ministero della Giustizia.
La pronuncia valorizza la funzione complementare della giustizia riparativa rispetto al processo penale, riconoscendo la necessità di un controllo giurisdizionale sulle decisioni che possono incidere sul diritto dell’imputato a un trattamento più favorevole.
In sintesi: la giustizia riparativa entra a pieno titolo nel sistema processuale penale e il suo diniego non può restare privo di rimedi.