Colica renale, è legittimo impedimento a comparire in udienza?

Articolo di Anna Larussa del 03/10/2022

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L'imputato colpito da una colica renale acuta può ottenere dal giudice un rinvio dell'udienza?

Sul punto è intervenuta la Sesta Sezione Penale della Cassazione con la sentenza n. 34500 depositata il 19 settembre 2022.

La commenta per noi l'avvocato Anna Larussa.

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Il giudice deve valutare la sussistenza di un impedimento assoluto, anche indipendentemente da una verifica fiscale, attraverso il ricorso a nozioni di comune esperienza (Cass. Pen., Sez. V, sentenza 19 settembre 2022 N. 34500)

Il fatto.

La sentenza muove dal ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Milano, in riforma dell'assoluzione pronunciata in primo grado, condannava l'imputata per il reato di furto aggravato di gioielli  alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione ed Euro 1000 di multa.

Il ricorso, articolato in tre motivi, denunciava, per la parte che maggiormente interessa, la violazione dell'art. 420 ter c.p.p. con riguardo al mancato riconoscimento del legittimo impedimento a comparire dell'imputata all'udienza celebrata dinanzi alla Corte di appello, nella quale il difensore aveva depositato apposita certificazione medica, recante una diagnosi di colica renale acuta dx con febbre, unitamente alla prescrizione di 7 giorni di riposo assoluto e di cure farmacologiche. Detta certificazione allegata, in originale, al verbale di udienza, era stata ritenuta dai giudici territoriali inidonea a documentare l'assolutezza dell'impedimento sull'assunto secondo cui il riposo assoluto non equivale all'impedimento assoluto.

La sentenza

La Sezione assegnataria del ricorso ha ritenuto fondato e assorbente il primo motivo: ha in particolare censurato l'operato della Corte d'appello per essersi limitata a replicare il criterio di giudizio ("impedimento assoluto"), normativamente indicato dall'art. 420 ter c.p.p., senza farne concreta applicazione al caso concreto attraverso l'esplicitazione delle ragioni che avevano condotto a ritenere insussistente il legittimo impedimento.

La Corte di appello, infatti, non aveva espresso alcun convincimento nè indicato i presupposti di fatto del diniego, ma si era limitata a constatare che nella certificazione medica non era stata annotata l'espressione "impedimento assoluto": così facendo, secondo i giudici di legittimità, la Corte territoriale era venuta meno meno al dovere accertativo che, invece, il legislatore affida al potere discrezionale del Giudice; mentre, infatti, è compito del medico rappresentare la specifica condizione patologica del paziente, individuandone la natura, le cause, i sintomi, i rimedi e le cure, rimane compito del giudice valutare la sussistenza, nella situazione clinica rappresentata, di una condizione tale da rendere assolutamente impossibile la comparizione in udienza.

Secondo i giudici di legittimità, avendo i giudici di secondo grado escluso di affidarsi all'accertamento fiscale, avrebbero dovuto attendere ad una analisi critica della patologia certificata - oggettivamente allarmante e insorta proprio il giorno dell'udienza - e risolvere il chiaro significato di quella certificazione nel senso di individuare il fondamento del prescritto "riposo assoluto" nella condizione patologica espressiva di un "impedimento assoluto" a muoversi.

Nel caso di specie la documentazione prodotta dalla difesa aveva infatti addotto, quale impedimento a comparire, una colica renale certificata il giorno dell'udienza che aveva determinato il ricovero dell'mputata il giorno successivo: ciò, coerentemente con le nozioni di comune esperienza secondo cui la colica renale insorge d'improvviso, con dolore tipicamente spasmodico, intenso e perdurante, tale da richiedere l'assunzione di antinfiammatori e antidolorifici e non di rado anche l' ospedalizzazione.

Secondo principi ermenutici consolidati il giudice, investito di una richiesta di rinvio per impedimento a comparire con allegato certificato medico attestante una patologia, deve valutare, anche indipendentemente da una verifica fiscale, facendo ricorso a nozioni di comune esperienza, l'effettiva impossibilità per il soggetto portatore della dedotta patologia di comparire in giudizio, se non a prezzo di un grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute. Disattendendo tali principi ermeneutici consolidati la Corte d'appello è incorsa in una violazione di legge che ha comportato l'accoglimento del ricorso e l'annullamento con rinvio ad altra sezione per un nuovo giudizio.


Il testo del provvedimento

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