
Alla vigilia delle festività natalizie, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha esercitato una delle prerogative più delicate previste dalla Costituzione: il potere di grazia. Con cinque distinti decreti, adottati ai sensi dell’articolo 87, comma 11, della Costituzione, il Capo dello Stato ha concesso 5 atti di clemenza individuale al termine della prescritta istruttoria, svolta dal Ministero della Giustizia e conclusa con parere favorevole.
Si tratta di un istituto eccezionale, utilizzato con estrema parsimonia, che non incide sull’accertamento della responsabilità penale ma interviene esclusivamente sul trattamento sanzionatorio, quando la pena risulta non più adeguata alla colpa concreta o alle finalità rieducative sancite dall’articolo 27 della Costituzione.
Nel corso del secondo mandato, il Presidente Mattarella ha comunicato di aver esaminato oltre 1.500 istanze, concedendo complessivamente 27 grazie, a conferma di un uso rigoroso e selettivo dello strumento.
Le cinque grazie recentemente concesse riguardano situazioni molto diverse tra loro, accomunate dalla valutazione di circostanze eccezionali emerse nel corso dell’esecuzione della pena.
Il primo provvedimento ha riguardato Bardhyl Zeneli, condannato per evasione dagli arresti domiciliari. Secondo i pareri concordi del magistrato di sorveglianza e del procuratore generale, la condotta contestata – l’allontanamento dall’abitazione in cui era sottoposto all’obbligo di dimora – non integrava in realtà la fattispecie di reato. La grazia ha così estinto l’intera pena, intervenendo come strumento di correzione di una qualificazione giuridica ritenuta erronea.
Particolarmente delicata la vicenda di Franco Cioni, condannato per l’omicidio volontario della moglie, affetta da una malattia in fase terminale, con la quale aveva condiviso cinquant’anni di vita. Nel concedere la grazia per la pena residua, il Presidente ha tenuto conto delle condizioni di salute del condannato, del perdono espresso dai familiari della vittima e del contesto umano e relazionale in cui il fatto si è maturato. La decisione non incide sulla qualificazione del reato, ma riconosce la singolarità tragica della vicenda.
La grazia ha poi riguardato Alessandro Ciappei, condannato per una truffa commessa nel 2014. La modesta gravità concreta del fatto, l’occasionalità della condotta, il lungo tempo trascorso e il percorso di reinserimento intrapreso all’estero hanno condotto all’estinzione della pena residua, ritenuta non più coerente con le finalità rieducative della sanzione.
Un ulteriore decreto ha interessato Gabriele Spezzuti, condannato per reati in materia di sostanze stupefacenti commessi nel 2005. Dopo l’integrale espiazione della pena detentiva e in assenza di successive condotte illecite, la grazia ha inciso esclusivamente sulla pena pecuniaria residua, estinguendo una multa di rilevante entità. Anche in questo caso ha avuto rilievo il lungo tempo trascorso e la situazione personale del condannato.
Più complesso il caso di Abdelkarim Alla F. Hamad, condannato a trent’anni di reclusione per concorso in omicidio plurimo e violazione delle norme sull’immigrazione, in relazione a fatti avvenuti nel 2015. La grazia è stata concessa solo in forma parziale, riducendo la pena residua. A fondamento della decisione sono state valorizzate la giovane età dell’imputato al momento dei fatti, il lungo periodo di detenzione già espiato e il positivo percorso di recupero riconosciuto dall’autorità giudiziaria.
Significativa, in questo contesto, la motivazione della Corte d’appello di Messina che, nel rigettare un’istanza di revisione per ragioni processuali, aveva evidenziato come l’unico strumento idoneo a ridurre lo scarto tra la pena legalmente applicata e la dimensione morale della colpevolezza fosse proprio l’istituto della grazia.
Le cinque decisioni confermano la natura della grazia come strumento residuale e straordinario, destinato a operare quando il sistema penale, pur correttamente applicato, non dispone di altri mezzi per adeguare la pena alla concreta situazione del condannato.
La grazia non cancella il reato, non riscrive la sentenza e non equivale a un giudizio di innocenza. Essa interviene sul piano dell’esecuzione della pena, misurando lo scarto tra la risposta sanzionatoria e la colpa effettiva, alla luce del tempo trascorso, del comportamento successivo e delle finalità rieducative sancite dalla Costituzione.
In questo senso, l’esercizio del potere di clemenza da parte del Presidente della Repubblica si colloca come estrema valvola di equilibrio del sistema penale, utilizzata con prudenza e rigore, lontano da ogni automatismo o valutazione emotiva.
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