Famiglia nel bosco, sospesa la responsabilità genitoriale: l’ordinanza del Tribunale dell’Aquila

Articolo del 24/11/2025

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Il Tribunale per i minorenni dell’Aquila, con l’ordinanza 13 novembre 2025, sospende la responsabilità genitoriale di entrambi i genitori di tre bambini che vivevano in un casale fatiscente e in una roulotte, in condizioni di forte isolamento sociale, con gravi carenze sul piano abitativo, sanitario, della vita di relazione e dell’istruzione, e dopo il rifiuto di ogni progetto di sostegno.

I minori vengono allontanati dalla dimora familiare, collocati in casa famiglia e affidati ai servizi sociali, con nomina di un tutore provvisorio.

L’Associazione Nazionale Magistrati, con una nota ufficiale, richiama alla necessità di evitare strumentalizzazioni politiche e di leggere il provvedimento nella prospettiva della tutela dei minori.

Vita nel bosco, istruzione parentale e privacy dei minori: quando scatta la sospensione della responsabilità genitoriale?

La domanda che attraversa l’ordinanza 13 novembre 2025 del Tribunale per i minorenni dell’Aquila è semplice, ma molto concreta:

  • Fino a che punto la scelta di una vita “nel bosco”, con istruzione parentale, rifiuto dei controlli sanitari e uso mediatico della storia familiare, può essere tollerata dall’ordinamento prima che scattino la sospensione della responsabilità genitoriale e l’allontanamento dei minori?

Il procedimento riguarda tre fratelli, di età tra i sei e gli undici anni, figli di genitori che hanno scelto di vivere in un rudere privo di agibilità, senza impianti elettrici, idrici e termici, e in una piccola roulotte. I bambini non risultano inseriti in un percorso scolastico ordinario, vivono in forte isolamento dai coetanei e – secondo le relazioni dei servizi sociali – non vengono accompagnati a visite e accertamenti sanitari ritenuti necessari.

La situazione emerge dopo un accesso al pronto soccorso per ingestione di funghi. Segue un procedimento de potestate, con un primo affidamento ai servizi sociali e vari tentativi di costruire un progetto di sostegno alla famiglia. I genitori, però, interrompono la collaborazione, rifiutano gli accertamenti sanitari obbligatori e pretendono addirittura un risarcimento economico per consentirli.

Nel frattempo, la vicenda arriva in televisione: i minori partecipano a una trasmissione a diffusione nazionale, con ampia esposizione mediatica della loro storia. Per il Tribunale questo è un ulteriore indice di strumentalizzazione dei figli a fini processuali e di violazione del loro diritto alla riservatezza.

La risposta del Tribunale è netta: sospensione della responsabilità, allontanamento dalla dimora familiare e collocamento in casa famiglia e conferma dell’affidamento esclusivo ai servizi sociali, come misura immediata di tutela dell’incolumità e dello sviluppo relazionale dei minori.

Norme sulla responsabilità genitoriale, diritto alla vita di relazione e tutela della riservatezza

Le regole applicate dal Tribunale si muovono su più piani: civile, costituzionale, urbanistico-edilizio e sovranazionale.

Sul versante interno, il riferimento di fondo è agli artt. 330 e 333 c.c. in tema di responsabilità genitoriale e provvedimenti limitativi o ablativi quando la condotta dei genitori arreca grave pregiudizio ai figli.

La cornice processuale è quella del nuovo rito unificato della crisi della responsabilità genitoriale, con richiamo agli artt. 473-bis.15 e 473-bis.22 c.p.c., che disciplinano l’udienza di comparizione, i provvedimenti provvisori e l’adozione di misure urgenti nel superiore interesse del minore.

Decisivo è poi il profilo abitativo e di sicurezza, collegato alla disciplina sull’agibilità degli edifici e sulla tutela dell’incolumità degli occupanti. Il Tribunale richiama l’art. 24 del Testo Unico dell’Edilizia (T.U.E.), che collega l’assenza di agibilità alla presunzione di pericolo per l’incolumità delle persone. In presenza di un immobile privo di collaudo statico e di impianti essenziali, la presunzione ex lege di pericolo per l’integrità fisica dei minori è ritenuta sufficiente a fondare interventi incisivi.

Quanto al profilo educativo e relazionale, la decisione si appoggia sul combinato disposto degli artt. 2, 30, 31, 32 e 34 Cost.: il diritto alla vita di relazione, alla salute, all’istruzione e ad uno sviluppo armonico non si esaurisce nella frequenza della scuola o nella cura sanitaria minimale, ma include la possibilità di crescere con i pari e sviluppare competenze sociali ed emotive adeguate.

Sul terreno dell’istruzione parentale, il Tribunale valorizza la disciplina che impone ai genitori di:

  • presentare la dichiarazione annuale al dirigente scolastico della scuola più vicina;

  • dimostrare di avere idoneità tecnica o economica all’insegnamento;

  • predisporre un progetto didattico-educativo, ai sensi del D.M. 8 febbraio 2021 n. 5.

In mancanza di questi adempimenti formali e sostanziali, la scelta di educare i figli in famiglia non è coperta dal solo richiamo all’art. 30 Cost. e può tradursi in una lesione dei diritti dei minori.

Infine, sul versante della tutela della riservatezza e dell’identità personale, l’ordinanza richiama:

  • l’art. 16 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo;

  • l’art. 8 CEDU sul diritto al rispetto della vita privata e familiare;

  • l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE;

  • l’art. 50 del Codice in materia di protezione dei dati personali, che estende ai procedimenti civili il divieto di pubblicare o diffondere notizie o immagini idonee a identificare il minore, già previsto dal D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448.

Queste norme impongono ai genitori – e ai media – di evitare esposizioni mediatiche idonee a rendere riconoscibili i minori coinvolti in procedimenti giudiziari, in particolare quelli de potestate.

Dal rudere senza agibilità alla TV nazionale: come il Tribunale costruisce il pregiudizio

Il cuore dell’ordinanza sta nell’applicazione concreta di queste regole al caso di specie.

Condizioni abitative e presunzione di pericolo

La famiglia vive in un rudere di campagna e in una roulotte. Una perizia di parte, depositata dai genitori, attesta l’assenza di lesioni strutturali pregiudizievoli per la statica dell’edificio, ma conferma la assenza degli impianti elettrico, idrico e termico, nonché la mancanza di rifiniture e infissi. Mancano inoltre:

  • collaudo statico;

  • certificazioni previste dal Testo Unico Edilizia;

  • verifiche sulle condizioni di salubrità, in particolare in relazione all’umidità e al rischio di patologie respiratorie.

Per il Tribunale, in presenza di un’abitazione priva di agibilità e di impianti essenziali, scatta la presunzione di pericolo ex lege di cui all’art. 24 T.U.E., sufficiente a ritenere integrato il pregiudizio per l’incolumità dei minori. Non si tratta dunque di una valutazione discrezionale “di stile di vita”, ma dell’accertamento oggettivo di condizioni abitative incompatibili con la tutela dell’integrità fisica dei bambini.

Istruzione parentale, isolamento e vita di relazione

Sul versante educativo, i genitori producono un certificato di idoneità alla classe terza rilasciato da una scuola privata, la “Novalis Open School” di Brescia, a sostegno della scelta di istruzione parentale.

Il Tribunale però sottolinea tre elementi:

  1. la mancanza della dichiarazione annuale al dirigente scolastico della scuola più vicina;

  2. la mancata produzione rituale del progetto didattico-educativo previsto dal D.M. 5/2021;

  3. il fatto che la prima ordinanza cautelare non si fonda sul mancato assolvimento dell’obbligo scolastico, ma sul pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione (art. 2 Cost.).

Qui la motivazione si sofferma ampiamente sugli effetti della deprivazione del confronto tra pari in età di scuola primaria, richiamando la letteratura psicologica e pedagogica (da Vygotskij a Piaget, da Bandura a Bronfenbrenner fino a Erikson). La scuola – o comunque un contesto di frequente interazione con i coetanei – è descritta come un ambiente insostituibile per:

  • lo sviluppo di abilità sociali (negoziazione, rispetto delle regole, gestione del conflitto);

  • la costruzione dell’autostima e della motivazione;

  • l’acquisizione di competenze di regolazione emotiva;

  • la maturazione della capacità di riconoscere l’altro e di instaurare relazioni positive.

La somma di isolamento geografico, scelta di istruzione parentale priva delle garanzie formali e sostanziali richieste dalla legge, assenza di contesti sociali strutturati porta il Tribunale a ritenere integrata una grave lesione del diritto alla vita di relazione dei minori, con possibili conseguenze sulla loro salute psichica e sullo sviluppo cognitivo ed emotivo.

Rifiuto dei controlli sanitari e condotta oppositiva

Un ulteriore profilo di pregiudizio riguarda la salute. Nonostante l’incarico ai servizi sociali di programmare visite pediatriche e accertamenti sanitari obbligatori, questi non vengono eseguiti perché i genitori:

  • interrompono ogni collaborazione con i servizi;

  • impediscono l’accesso all’abitazione e il contatto diretto tra operatori e minori;

  • subordinano l’esecuzione degli esami richiesti dalla pediatra al riconoscimento di un compenso di 50.000 euro per ciascun figlio.

Per il Tribunale, tale atteggiamento conferma una chiusura totale rispetto agli obblighi legali di tutela della salute dei figli, trasformando un fisiologico dissenso sul piano sanitario in una negligenza grave e sistematica, incompatibile con l’esercizio responsabile della responsabilità genitoriale.

Esposizione mediatica e strumentalizzazione dei minori

La memoria del curatore speciale segnala infine che i genitori hanno fatto partecipare i figli alla trasmissione televisiva “Le Iene”, con ampia diffusione delle immagini e dei dettagli della vicenda familiare.

Il Tribunale collega questo comportamento a una duplice violazione:

  • del diritto alla riservatezza e all’identità personale dei minori, tutelato da Convenzione di New York, CEDU, Carta UE e Codice Privacy;

  • del dovere di lealtà processuale, perché i genitori utilizzano la visibilità mediatica per fare pressione sull’esercizio della giurisdizione in un procedimento de potestate, in cui sono in conflitto di interessi con i figli.

I bambini diventano così lo strumento di una battaglia pubblica volta a delegittimare il procedimento giudiziario, anziché i destinatari di una protezione rafforzata. Anche questo elemento concorre, secondo il Tribunale, a dimostrare l’inidoneità attuale dei genitori a esercitare la responsabilità genitoriale.

Le misure adottate

Alla luce di questo quadro, il Tribunale:

  • sospende la responsabilità genitoriale di entrambi i genitori;

  • conferma l’affidamento esclusivo dei minori ai servizi sociali;

  • nomina un tutore provvisorio (avvocato del foro di Vasto);

  • ordina l’allontanamento dei minori dalla dimora familiare e il loro collocamento in casa famiglia;

  • incarica i servizi sociali di disciplinare la frequentazione tra genitori e figli, con modalità idonee a prevenire il rischio di sottrazione;

  • autorizza l’uso della forza pubblica per l’esecuzione dell’allontanamento, indicando criteri operativi e richiamando la responsabilità civile e, in alcuni casi, penale, derivante dall’inosservanza del provvedimento;

  • dispone la comunicazione del provvedimento alle autorità consolari del Regno Unito e dell’Australia ai sensi della Convenzione di Vienna del 1963, per valutare eventuali risorse familiari di supporto.

Il messaggio di fondo è che l’allontanamento rappresenta l’extrema ratio, ma può diventare indispensabile quando ogni tentativo di intervento meno invasivo fallisce per il rifiuto sistematico di collaborazione dei genitori.

Scelte di vita alternative sì, ma non contro i diritti dei minori

L’ordinanza in esame offre alcune indicazioni utili, anche per chi assiste famiglie in contesti non convenzionali.

La decisione non colpisce in sé la scelta di una vita in campagna, di un casale isolato o dell’istruzione parentale.

Ciò che viene ritenuto inaccettabile, sul piano giuridico, è la combinazione di:

  • condizioni abitative prive di agibilità e di impianti essenziali, con presunzione di pericolo per l’incolumità dei minori;

  • isolamento totale dai coetanei e assenza di percorsi strutturati di socializzazione tra pari;

  • mancato rispetto degli obblighi formali sull’istruzione parentale e rifiuto di collaborare con la scuola e i servizi;

  • opposizione sistematica agli accertamenti sanitari obbligatori, fino a condizionarli alla corresponsione di somme di denaro;

  • esposizione mediatica dei figli in un procedimento de potestate, con violazione della loro privacy e uso dei minori come leva per orientare il giudizio dell’opinione pubblica.

La nota dell’ANM richiama a sua volta la necessità di evitare strumentalizzazioni politiche e di leggere la vicenda nel corretto quadro: quello del bilanciamento fra il diritto dei genitori a scegliere il proprio stile di vita e il dovere dello Stato di intervenire quando i diritti fondamentali dei minori – salute, istruzione, vita di relazione, riservatezza – risultano gravemente compromessi.

Per chi opera nel diritto di famiglia e minorile, il caso evidenzia alcuni punti di attenzione:

  • accompagnare le famiglie che scelgono l’istruzione parentale nel rispetto rigoroso degli adempimenti legali;

  • valorizzare la collaborazione con i servizi sociali come strada per evitare interventi ablativi;

  • ricordare che i procedimenti minorili richiedono la massima riservatezza e che l’uso dei media può trasformarsi in un serio indice di inidoneità genitoriale;

  • tenere sempre al centro il criterio dell’interesse superiore del minore, che comprende non solo la sopravvivenza fisica ma anche uno sviluppo affettivo, relazionale e sociale adeguato.

In sintesi, la scelta di una vita isolata non è di per sé preclusa dall’ordinamento, ma non può tradursi in condizioni di insicurezza, assenza di reti sociali, rifiuto degli obblighi sanitari e violazioni della privacy dei minori. Quando questo accade, il giudice minorile è tenuto a intervenire anche con provvedimenti incisivi come la sospensione della responsabilità genitoriale e l’allontanamento dei minori, per garantire la piena tutela dei loro diritti fondamentali.


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