Praticante avvocato non può usare il titolo "P. Avvocato"

Articolo del 04/10/2022

Il praticante che utilizza sulla propria corrispondenza o sul biglietto da visita la dicitura "P. AVVOCATO" commette un illecito disciplinare.

Lo ha ribadito il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 90 depositata il 13 giugno 2022.

Tale equivoca dicitura, infatti, può trarre in inganno o comunque fondare false aspettative nell'assistito.

Il praticante si era giustificato sostenendo che l'uso della dicitura "P. Avvocato" era frutto di un mero errore materiale, commesso in buona fede.

Ma la giustificazione non è stata ritenuta sufficiente.

Il praticante, infatti, è sottoposto all''obbligo di diligenza degli articoli 2, comma 2 e 9 del Codice deontologico forense.

Nella specie quindi avrebbe dovuto controllare  diligentemente anche la propria carta intestata, prima di farne uso verso il pubblico.

La stessa sentenza si occupa di un altro illecito disciplinare del praticante, ovvero l'uso della dicitura “Studio legale Militare” nella propria carta intestata.

E qui sono due gli aspetti censurati:

  1. la dicitura “Studio Legale” che è atto idoneo ad ingenerare nei terzi il convincimento di potersi riferire ad un soggetto abilitato ad esercitare la professione forense;
  2. la specificazione “Militare” che fa presupporre una specializzazione nel settore. Tale specificazione tuttavia presuppone l’ottenimento di un diploma nella materia conseguito presso un istituto universitario, che, nella specie, non risulta conseguito.

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Consiglio Nazionale Forense, sentenza 13 giugno 2022 n. 90

Integra illecito disciplinare la condotta del praticante avvocato che, anche nella propria corrispondenza, si limiti ad aggiungere l’inziale “p.” alla parola “avvocato” trattandosi di informazione equivoca e comunque decettiva, cioè idonea a trarre in inganno o in ogni caso a fondare false aspettative, quindi non veritiera e non corretta.

N. 156/21 R.G. 
RD n. 90/22

CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede presso il Ministero della Giustizia, in Roma, presenti i Signori:
- Avv. Isabella Maria STOPPANI Presidente f.f.
- Avv. Patrizia CORONA Segretario f.f.
- Avv. Giuseppe Gaetano IACONA Componente
- Avv. Ettore ATZORI Componente
- Avv. Stefano BERTOLLINI Componente
- Avv. Giampaolo BRIENZA Componente
- Avv. Aniello COSIMATO Componente
- Avv. Piero MELANI GRAVERINI Componente
- Avv. Francesco NAPOLI Componente
- Avv. Mario NAPOLI Componente
- Avv. Giovanna OLLA’ Componente
- Avv. Carla SECCHIERI Componente
- Avv. Francesca SORBI Componente
- Avv. Emmanuele VIRGINTINO Componente

con l’intervento del rappresentante il P.G. presso la Corte di Cassazione nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Fulvio Troncone ha emesso la seguente

SENTENZA

sul ricorso, notificato al COA di Napoli Nord in data 17 luglio 2021, con cui il dott. [RICORRENTE], rappresentato e difeso dall’avv. [OMISSIS] del foro di Satina, ha impugnato la decisione n. 63/2021, emessa in data 26 maggio 2021 e notificata all’incolpato in data 6 luglio 2021, con cui il CDD di Napoli ha irrogato, nei confronti del dott. [RICORRENTE], la sanzione disciplinare della radiazione dal Registro dei Praticanti;

Il ricorrente, dott. [RICORRENTE] non è comparso;

Per il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli Nord, regolarmente citato, nessuno è presente;

Il Consigliere relatore avv. Emmanuele Virgintino svolge la relazione;

Inteso il P.G., il quale ha concluso per la riforma della decisione, rimettendosi al Consiglio
Nazionale Forense per la sanzione.

FATTO

La presente vicenda trae origine nel novembre del 2017, quando il dott. [RICORRENTE], praticante avvocato iscritto presso il COA di Santa Maria C.V. (CE), veniva trasferito presso il COA di Napoli Nord, per effetto del popolamento del nuovo Registro dei Praticanti istituito presso tale COA.

In data 19 aprile 2019, il dott. [RICORRENTE] presentava domanda, al COA di Napoli Nord, per essere autorizzato all’esercizio dell’attività professionale in sostituzione del dominus (cosiddetto “patrocinio sostitutivo”), dichiarando all’uopo di non versare in alcuna delle ipotesi di incompatibilità previste dalla legge e, specificamente, di non svolgere al contempo attività di lavoro subordinato.

Il COA di Napoli Nord accoglieva tale richiesta e, con delibera del 9 maggio 2019, disponeva l’iscrizione del dott. [RICORRENTE] nell’elenco speciale dei praticanti abilitati al patrocinio
sostitutivo.

Il successivo 20 novembre 2019, il COA riceveva, a mezzo pec, una segnalazione riguardante il dott. [RICORRENTE], proveniente dal Ten. Col. [AAA], Comandante del 22° Gruppo Radar Licola dell’Aeronautica Militare.

Con tale segnalazione, l’esponente riferiva che: i) il dott. [RICORRENTE] risultava al contempo aggregato presso il Quartier Generale del Comando Aeronautica Militare di Roma Centocelle, ove rivestiva il ruolo di Maresciallo di 2° classe; ii) lo stesso aveva inviato al Comando, a mezzo dell’indirizzo pec “[OMISSIS]”, diverse istanze relative a questioni di servizio, formalizzate su carta intestata “Studio Legale Militare – Avv. P. [RICORRENTE]”.

Ricevuta tale segnalazione, il COA provvedeva a trasmettere gli atti al CDD di Napoli per ogni altra determinazione in ordine, vuoi alla condotta serbata dal dott. [RICORRENTE] in sede di presentazione della domanda di accesso al patrocinio sostitutivo, vuoi al contenuto della carta intestata dallo stesso utilizzata.

In data 8 luglio 2020, il CDD di Napoli, su proposta del Consigliere Istruttore, Avv. [OMISSIS], approvava, nei confronti del dott. [RICORRENTE], i seguenti capi d’incolpazione: 

“1) Illecito deontologico previsto dagli artt. 9, 35 n. 5 e 36 n. 1 C.D.F., perché nella carta intestata ometteva di usare per esteso il titolo Praticante Avvocato, utilizzando il titolo di P. Avvocato, nonché il termine Militare riferito allo Studio Legale, senza avere conseguito la relativa specializzazione. In Villa Literno in epoca prossima ed antecedente al novembre 2019;

2) Illecito deontologico previsto dagli artt. 9, 19, 71 n. 1 C.D.F. perché, in sede di richiesta di abilitazione al Patrocinio sostitutivo formalizzata al COA di Napoli Nord ometteva di dichiarare la sua appartenenza alle FF.AA., ed in particolare all’Aeronautica Militare, inducendo in errore il predetto COA in merito all’assenza di condizione di incompatibilità con l’iscrizione nel relativo elenco. In Villa Literno ed Aversa il 19 – 4 – 2019; 

3) Illecito deontologico previsto dall’art. 18, lett. d) L. n. 247/2012 perché, omettendo di dichiarare la sua appartenenza alle FF.AA., ed in particolare all’Aeronautica Militare, otteneva e manteneva l’iscrizione nell’Elenco dei Praticanti abilitati al Patrocinio Sostitutivo in violazione dell’art. 18 lett. d) L.P. In Aversa e Villa Literno dal 9 – 5 – 2019 al 18 – 12 - 2019”.

Il successivo 21 luglio 2020, l’incolpato proponeva istanza di ricusazione del Consigliere Istruttore, in considerazione della sua appartenenza al COA di Santa Maria C.V., al quale era stato iscritto il dott. [RICORRENTE] prima di essere trasferito presso il COA di Napoli Nord.

Il nuovo Consigliere Istruttore, individuato dal Presidente del CDD nella persona dell’avv. Marilisa Somma, in data 25 novembre 2020, “richiamando integralmente il capo d’incolpazione sì come approvato”, chiedeva ed otteneva la citazione a giudizio dell’incolpato per l’udienza del 27 gennaio 2021, poi rinviata a quella del 26 maggio 2021.

All’esito dell’udienza dibattimentale, svoltasi in assenza dell’incolpato, il CDD riteneva provata la sussistenza di tutti gli illeciti deontologici contestati al dott. [RICORRENTE].

In sede di trattamento sanzionatorio, il CDD riteneva assorbente la condizione di incompatibilità del dott. [RICORRENTE] con l’iscrizione nel Registro dei Praticanti (illecito di cui al capo n. 3 dell’incolpazione) ed irrogava nei suoi confronti la sanzione disciplinare della  radiazione dal Registro dei Praticanti.

La decisione del CDD veniva notificata al dott. [RICORRENTE] il successivo 6 luglio 2021 e da quest’ultimo impugnata, con ricorso dinanzi al CNF, in data 17 luglio 2021.

Nel ricorso presentato nell’interesse del dott. [RICORRENTE] sono state esposte le seguenti doglianze.

Con primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce una serie di vizi di natura procedurale.

In primo luogo, il ricorrente deduce l’avvenuta violazione degli artt. 25 l. n. 241/1990 e 13 D.p.r. n. 184/2006, nella parte in cui il CDD di Napoli, in seguito all’approvazione del capo d’incolpazione, ha omesso di evadere, con modalità telematiche, le successive istanze di accesso agli atti formulate dal ricorrente in data 21 luglio 2020, 25 dicembre 2020 e 22 maggio 2021.

Il ricorrente deduce altresì l’avvenuta violazione, da parte del CDD, delle norme dettate in materia di ricusazione, nella parte in cui il Presidente del CDD, a seguito della ricusazione del Consigliere Istruttore Avv. [OMISSIS], ometteva di dichiarare l’inutilizzabilità degli atti istruttori compiuti sino a quel momento.

Con secondo motivo di ricorso, il ricorrente contesta la decisione assunta dal CDD di infliggere, nei confronti del dott. [RICORRENTE], la sanzione della radiazione dal Registro dei Praticanti in ragione della sua appartenenza alle Forze Armate.

Secondo l’assunto difensivo, infatti, detta condizione di incompatibilità andrebbe esclusa, nel caso di specie, in ragione della circostanza che il dott. [RICORRENTE] non riveste, nell’ambito della sua attività lavorativa in Aeronautica Militare, la funzione di pubblico ufficiale e, pertanto, non è soggetto ad alcun obbligo di denuncia.

Con terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce l’insussistenza dell’illecito di cui al capo 2) dell’incolpazione, per difetto dell’elemento psicologico.

Con quarto motivo di ricorso, il ricorrente deduce l’insussistenza dell’illecito di cui al capo 1) dell’incolpazione.

Secondo il ricorrente, infatti, l’utilizzo, da parte del dott. [RICORRENTE], della dicitura “P. Avvocato” sulla carta intestata, era riconducibile ad un errore commesso in buona fede da parte del predetto, mentre l’utilizzo della dicitura “Studio legale Militare” derivava dalla circostanza che l’incolpato si occupava specificamente, anche nel proprio tempo libero, di risolvere problematiche personali e familiari dei colleghi di forza armata.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso presentato dinanzi al CNF nell’interesse del dott. [RICORRENTE], va accolto, sebbene soltanto nei limiti che seguono.

Prive di pregio si ritengono, preliminarmente, i vizi procedurali denunciati dal ricorrente con il primo motivo di ricorso.

In primo luogo, risulta inconferente il richiamo, effettuato dal ricorrente, alla normativa di accesso agli atti amministrativi di cui agli artt. 25 l. 241/1990 e 13 D.p.r. n. 184/2006.

Nell’ambito del procedimento disciplinare, infatti, l’accesso dell’incolpato alla relativa documentazione è regolato, in via esclusiva, dalle disposizioni contenute nella legge 247/2012 (L.P.) e nel Regolamento CNF n. 2 del 2014.

In particolare, ai sensi degli artt. 59, comma 1, n. 2, l. 247/2012 e 17 Reg. CNF 2/2014, è posto l’obbligo in capo al CDD, una volta approvato il capo d’incolpazione, di darne comunicazione all’incolpato, con la specifica indicazione che quest’ultimo, nel termine di venti giorni dal ricevimento della comunicazione, “ha diritto di accedere ai documenti contenuti nel fascicolo, prendendone visione ed estraendone copia integrale”.

Le modalità di accesso agli atti del procedimento disciplinare non contemplano, pertanto, la possibilità – invocata dal ricorrente – dell’utilizzo delle modalità telematiche previste in materia di accesso all’attività amministrativa.

Alla luce di tali considerazioni, va ritenuta legittima la condotta assunta dal CDD di Napoli nel caso che ci occupa.

Il CDD, infatti, in conformità con gli artt. 59, comma 1, n. 2, l. 247/2012 e 17 Reg. CNF 2/2014, una volta approvato il capo d’incolpazione nei confronti del dott. [RICORRENTE], ne dava comunicazione a quest’ultimo in data 14 luglio 2020, avvisandolo che “nel termine di venti giorni dal ricevimento della comunicazione stessa … ha diritto di accedere ai documenti contenuti nel fascicolo, prendendone visione ed estraendone copia integrale”.

In seguito, però, il dott. [RICORRENTE], con successiva istanza del 21 luglio 2020 (reiterata in data 25 dicembre 2020 e 22 maggio 2021), richiedeva l’accesso agli atti del procedimento disciplinare “con le modalità telematiche previste ex art. 13 del DPR 184/2006” e, dunque, con modalità non contemplate dalla normativa di riferimento.

Il CDD non ha, pertanto, legittimamente accolto la richiesta avanzata dal dott. [RICORRENTE].

Con riferimento, invece, alla denunciata violazione delle norme dettate in materia di ricusazione, va preliminarmente ribadito il consolidato principio del CNF secondo cui. “Nell’ipotesi in cui potesse rilevarsi una qualche irregolarità procedimentale, l’eccepita violazione va soggetta a limiti di deducibilità e l’eccezione sollevata per la prima volta in sede di ricorso è da considerarsi tardiva” (v., ex multis, Consiglio Nazionale Forense – pres. Alpa, rel. Pisano – sentenza del 30 gennaio 2012, n. 2).

Ebbene, dagli atti del procedimento disciplinare si evince che, nel corso della fase procedimentale tenutasi dinanzi il CDD di Napoli, l’incolpato non ha mai sollevato alcuna obiezione rispetto alla necessità che il Presidente del CDD, a seguito della ricusazione del Consigliere Istruttore Avv. [OMISSIS], avesse omesso di dichiarare l’inutilizzabilità degli atti istruttori compiuti sino a quel momento.

La richiesta formulata dal ricorrente dinanzi il CNF deve, pertanto, considerarsi tardiva.

Con secondo motivo di ricorso, il ricorrente contesta la decisione assunta dal CDD di infliggere, nei confronti del dott. [RICORRENTE], la sanzione della radiazione dal Registro dei Praticanti in ragione del suo contemporaneo impiego presso le Forze Armate, ove svolge il ruolo di Maresciallo di 2° classe dell’Aeronautica Militare.

Sul punto, va preliminarmente chiarito come per consolidato orientamento del CNF (v., da ultimo, Consiglio nazionale forense, parere n. 1 del 3 febbraio 2021), cui si intende dare seguito, lo status di appartenente a corpo militare, quale l’Aeronautica Militare, si ritiene incompatibile con l’iscrizione nel registro dei praticanti e con lo svolgimento della pratica forense.

Da un lato, infatti, l’appartenente a corpo militare, quale l’Aeronautica Militare, a prescindere dalle funzioni e/o mansioni svolte nell’ambito del rapporto, può assumere, ai sensi dell’art. 7 bis del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, in caso di necessità, la qualifica di pubblico ufficiale e sullo stesso può quindi gravare un obbligo di denuncia che si pone “agli antipodi con i doveri di segretezza, riservatezza e fedeltà cui sono invece sottoposti, come gli avvocati, i praticanti, anche non abilitati al patrocinio sostitutivo” (come evidenziato anche da: Consiglio Nazionale Forense – pres. Mascherin, rel. Iacona -, sentenza n. 105 del 13 luglio 2020).

Dall’altro lato, comunque, l’incompatibilità deriva dal vincolo di subordinazione gerarchica che caratterizza i corpi militari, indipendentemente dal grado e dalle specifiche mansioni e/o funzioni prettamente amministrative svolte, che si pone in contrasto con i principi di indipendenza, segretezza e riservatezza che devono caratterizzare anche l’attività del praticante avvocato.

Nondimeno, la decisione assunta dal CDD di Napoli è censurabile nella parte in cui ha ritenuto che la sussistenza della condizione di incompatibilità con l’iscrizione e la permanenza nel Registro dei Praticanti, in cui versava il dott. [RICORRENTE], costituisse un illecito disciplinare (capo 3 dell’incolpazione).

Infatti, secondo la legge professionale (art. 17 l. 247/2012), ogniqualvolta sussista una situazione di incompatibilità con la permanenza dell’iscrizione all’Albo è compito dei COA di provvedere, alla cancellazione dell’iscritto.

Per tali motivi, la sanzione disciplinare inflitta dal CDD di Napoli con il provvedimento impugnato deve ritenersi illegittima e va esclusa la responsabilità disciplinare del dott. [RICORRENTE] con riferimento all’illecito di cui al capo 3 dell’incolpazione.

Proseguendo, poi, nell’esame degli ulteriori motivi di ricorso formulati dal ricorrente, meritevole di accoglimento si ritiene la doglianza articolata con il terzo motivo di ricorso.

Con il motivo di ricorso in esame, si contesta, in particolare, la decisione del CDD di Napoli di ritenere provato l’addebito disciplinare contemplato al capo 2 dell’incolpazione, consistente nell’aver il dott. [RICORRENTE] omesso di dichiarare, in sede di presentazione della domanda di accesso al patrocinio sostitutivo, di versare in una situazione di incompatibilità prevista dalla legge, in ragione del suo contemporaneo impiego presso l’Aeronautica Militare.

Rispetto a tale addebito, va chiarito preliminarmente come, per costante orientamento del CNF, “Al fine di integrare l’illecito disciplinare sotto il profilo soggettivo è sufficiente l’elemento psicologico della suità della condotta inteso come volontà consapevole dell’atto che si compie, giacché ai fini dell’imputabilità dell’infrazione disciplinare non è necessaria la consapevolezza dell’illegittimità dell’azione, dolo generico e specifico, essendo sufficiente la volontarietà con la quale l’atto deontologicamente scorretto è stato compiuto.” (v., ex multis, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Melogli, rel. Secchieri), sentenza n. 209 del 30 novembre 2021).

Ebbene, nel caso di specie, talune circostanze fattuali escludono la sussistenza, in capo al dott. [RICORRENTE], del richiesto elemento psicologico.

Dalla documentazione in atti emerge, infatti, che, nell’agosto del 2017, il dott. [RICORRENTE] formulava domanda al COA di Santa Maria C.V. per l’iscrizione nel relativo Registro dei Praticanti, allegando a tale richiesta documentazione dimostrativa del suo contemporaneo impiego presso l’Aeronautica Militare.

In seguito, il predetto COA, dopo aver esaminato la documentazione prodotta dal dott. [RICORRENTE], provvedeva ad iscriverlo nel Registro Praticanti, non eccependo al predetto l’esistenza di alcuna condizione di incompatibilità con l’accesso al tirocinio professionale, in ragione della sua contemporanea attività lavorativa.

Alla luce di tali circostanze, è legittimo ritenere che il dott. [RICORRENTE], nel momento in cui, successivamente, formulava istanza al COA di Napoli Nord per accedere al patrocinio sostitutivo, abbia fatto incolpevole affidamento sulla precedente decisione del COA di Santa Maria C.V., dichiarando, per l’effetto, di non versare in alcuna delle ipotesi di incompatibilità previste dalla legge.

In difetto del necessario elemento psicologico, il terzo motivo di ricorso è, pertanto, meritevole d’accoglimento e va esclusa la responsabilità disciplinare del dott. [RICORRENTE] con riferimento all’illecito di cui al capo 2 dell’incolpazione.

Prive di pregio si ritengono, infine, le doglianze difensive formulate con il quarto motivo di ricorso volte a contestare la sussistenza degli addebiti disciplinari contemplati nel capo 1 dell’incolpazione.

Con riferimento, in primo luogo, all’avvenuto utilizzo, da parte del dott. [RICORRENTE], del titolo “P. Avvocato” nella propria carta intestata – della quale lo stesso si è servito per inviare istanze, di carattere personale, al Comando dell’Aeronautica Militare presso cui prestava servizio -, si richiama il principio espresso dal CNF – cui si intende dare seguito – secondo cui: “Integra illecito disciplinare la condotta del praticante avvocato che, anche nella propria corrispondenza, si limiti ad aggiungere l’inziale “p.” alla parola “avvocato” trattandosi di informazione equivoca e comunque decettiva, cioè idonea a trarre in inganno o in ogni caso a fondare false aspettative, quindi non veritiera e non corretta” (v. ex multis Consiglio Nazionale Forense – pres. f.f. Perfetti, rel. Picchioni – sentenza del 20 marzo 2014, n. 41).

Né la condotta del dott. [RICORRENTE] può ritenersi giustificata, come sostenuto dalla difesa, sulla scorta della circostanza che l’utilizzo dicitura “P. Avvocato” sia derivata da un mero errore materiale, commesso in buona fede.

Infatti, l’obbligo di diligenza cui è sottoposto il praticante avvocato ai sensi degli artt. 2, comma 2 e 9 C.D.F, impone a quest’ultimo di controllare diligentemente anche la propria carta intestata, prima di farne uso verso il pubblico, come correttamente rilevato dal CDD di Napoli nel provvedimento impugnato.

Sussiste altresì illecito disciplinare con riferimento all’utilizzo, da parte del dott. [RICORRENTE], della dicitura “Studio legale Militare” nella propria carta intestata.

Da un lato, infatti, come già chiarito dal CNF in precedenti pronunce, l’inserimento nella carta intestata della dicitura “Studio Legale” da parte del praticante avvocato costituisce atto idoneo ad ingenerare nei terzi il convincimento di potersi riferire ad un soggetto abilitato ad esercitare la professione forense, inducendo pertanto in errore i clienti sui titoli del professionista” (v., ex multis, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. CRICRI’, rel. MARIANI MARINI), sentenza del 21 settembre 2007, n. 115).

Con riferimento invece all’utilizzo, da parte del dott. [RICORRENTE], della specificazione “Militare” nella propria carta intestata, si richiama il principio espresso dal CNF secondo cui “L’avvocato può indicare i settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente, ma l’affermazione di una propria specializzazione presuppone l’ottenimento del relativo diploma conseguito presso un istituto universitario” (v., ex multis, Consiglio Nazionale Forense – pres. f.f. Vermiglio, rel. Pasqualin – sentenza del 20 marzo 2014, n. 39).

Ed invero, poiché non vi è prova in atti del conseguimento, da parte del dott. [RICORRENTE], del relativo diploma di specializzazione conseguito presso un istituto universitario, anche l’apposizione della specificazione “Militare” a fianco alla dicitura “Studio Legale” deve ritenersi non veritiera ed integrante, per l’effetto, illecito disciplinare.

Alla luce delle suesposte considerazioni, va affermata la responsabilità del dott. [RICORRENTE] con riferimento all’illecito disciplinare di cui al capo 1 dell’incolpazione, rispetto al quale va anche determinata la sanzione disciplinare da infliggere all’incolpato.

Ebbene, considerato il ben noto principio secondo cui nell’applicare la sanzione occorre avere riguardo al complessivo comportamento dell’incolpato e la stessa non è frutto di mero calcolo matematico, ma tiene conto dei comportamenti contestati violativi dei doveri di probità, dignità e decoro, oltre che delle fattispecie tipizzate, si ritiene congrua e proporzionata l’applicazione della sanzione della sospensione per mesi 6 dall’attività di pratica forense.

All’uopo rileva la circostanza per cui il dott. [RICORRENTE], come innanzi chiarito, si è reso colpevole di una serie di condotte che si pongono in contrasto con la necessaria tutela dell’affidamento della collettività cui deve tendere l’operato (anche) del praticante avvocato, così come prescrive il Codice Deontologico (17 C.D.F.).

In tali termini va pertanto riformato il provvedimento impugnato.

P.Q.M.

visti gli artt. 36 e 37 L. n. 247/2012 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37;

il Consiglio Nazionale Forense, in parziale riforma del provvedimento impugnato, ridetermina la sanzione inflitta nei confronti del dott. [RICORRENTE] in quella della sospensione dall’esercizio della pratica forense per sei mesi.

Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 18 novembre 2021.

IL SEGRETARIO f.f. 
 f.to Avv. Patrizia Corona

IL PRESIDENTE f.f.
 f.to Avv. Isabella Maria Stoppani

Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense, oggi 13 giugno 2022.

LA CONSIGLIERA SEGRETARIA
f.to Avv. Rosa Capria

 

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