Preliminare di vendita non adempiuto: cosa comporta la detenzione illegittima dell’immobile?

Articolo del 26/11/2025

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

Quando il preliminare di vendita non viene adempiuto, la questione centrale è capire cosa comporta la detenzione illegittima dell’immobile da parte del promissario acquirente che aveva ricevuto la consegna anticipata.

La Cassazione, con l’ordinanza n. 28229 del 24 ottobre 2025, chiarisce che la risoluzione del preliminare fa caducare ex tunc il titolo che giustificava la detenzione, con conseguente obbligo di restituire l’immobile e restituire i frutti civili (normalmente il valore locativo) maturati durante tutto il periodo di godimento sine titulo.

Di conseguenza:

  • la detenzione diventa illegittima per l’intero periodo successivo alla costituzione in mora;

  • il promissario acquirente deve restituire il bene e restituire i frutti civili corrispondenti al valore locativo dell’immobile.

Il caso concreto

Le parti sottoscrivono nel 1997 un preliminare relativo a due immobili, con consegna anticipata al promissario acquirente. Nonostante l’immissione nel possesso, il prezzo non viene corrisposto e il definitivo non viene stipulato.

Nel 2016 la società promittente chiede in giudizio:

  • la risoluzione del preliminare;

  • la restituzione degli immobili;

  • il rimborso degli oneri condominiali;

  • il pagamento del valore locativo per il periodo di godimento.

Il Tribunale di Prato accoglie tutte le domande. La Corte d’appello di Firenze conferma.

Il promissario acquirente ricorre in Cassazione, sostenendo che la lunga detenzione anticipata derivasse da accordi ulteriori e che la somma riconosciuta non potesse qualificarsi come frutti civili.

La Cassazione rigetta il ricorso: la detenzione anticipata non libera il promissario acquirente dagli obblighi di stipula del definitivo e pagamento del prezzo e il valore d’uso del bene è qualificato come frutto civile da restituire.

Effetti della risoluzione del preliminare e ripetizione dell’indebito

La Corte richiama il principio secondo cui la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare ha efficacia retroattiva, con conseguente:

  • venir meno della causa delle prestazioni eseguite;

  • insorgenza, per ciascun contraente, dell’obbligo di restituire quanto ricevuto, ai sensi dell’art. 2033 c.c. (ripetizione dell’indebito).

Quando l’oggetto della prestazione è una cosa fruttifera, all’obbligo di restituzione del bene si accompagna quello dei frutti naturali o civili e, se non più materialmente restituiti, del loro equivalente in denaro, dal giorno in cui il promissario acquirente ne ha avuto la disponibilità.

La Corte ribadisce quindi che, in ipotesi di preliminare ad effetti anticipati, il promissario acquirente che abbia avuto la consegna anticipata del bene e sia poi dichiarato inadempiente deve:

  • restituire l’immobile;

  • restituire i frutti civili maturati durante la detenzione, tipicamente rappresentati dal valore locativo di mercato.

La funzione di tali obblighi non è risarcitoria, ma restitutoria: si tratta di ripristinare l’assetto patrimoniale che sarebbe esistito se la prestazione indebitamente eseguita non fosse mai stata compiuta.

Detenzione illegittima e frutti civili

L’effetto retroattivo della risoluzione comporta la caducazione del titolo che legittimava la detenzione dell’immobile da parte del promissario acquirente. Da quel momento, il godimento del cespite si qualifica, ex post, come indebito.

Su questo punto la Corte richiama un orientamento consolidato sulla occupazione di immobili su titolo contrattuale venuto meno, secondo cui:

  • il godimento del bene da parte del detentore non più legittimato è idoneo a generare frutti civili dovuti al proprietario;

  • la quantificazione può avvenire con riferimento al valore locativo del bene, in linea con la disciplina generale dei frutti civili (artt. 820 e 821 c.c.);

  • gli obblighi restitutori vanno tenuti distinti dalle eventuali pretese di risarcimento del danno.

Interpretazione del contratto e comportamento delle parti

Sul piano dell’interpretazione del contratto, il ricorrente invoca la violazione dell’art. 1362 c.c., lamentando che giudici di merito abbiano dato valore solo al tenore letterale del preliminare, trascurando il comportamento successivo delle parti (ventennale detenzione anticipata senza contestazioni).

La Cassazione chiarisce che:

  • anche ammettendo un accordo ulteriore sulla immissione anticipata nel possesso, tale accordo non incide sul nucleo essenziale del programma negoziale: la stipula del definitivo e il pagamento del saldo prezzo;

  • il consenso alla detenzione anticipata va letto come funzionale al completamento del programma contrattuale, non come deroga agli obblighi principali;

  • mancano elementi probatori che sostengano la tesi di un esonero del promissario acquirente dal pagamento del prezzo.

Nessuna violazione, quindi, dei canoni interpretativi: il comportamento concludente è valutato, ma non risulta idoneo a modificare gli obblighi chiave del preliminare.

La detenzione anticipata non salva dall’inadempimento

Il nodo centrale del ricorso è questo: il promissario acquirente sostiene che la detenzione anticipata dell’immobile, protrattasi per quasi vent’anni senza contestazioni, dimostrerebbe un assetto negoziale diverso da quello risultante dal preliminare. In sostanza, l’accordo di fatto tra le parti avrebbe:

  • trasformato la detenzione in una situazione legittima e stabile;

  • neutralizzato gli obblighi relativi al saldo del prezzo;

  • impedito di configurare una detenzione illegittima e, quindi, di imporre la restituzione dei frutti civili.

La Cassazione non condivide questa lettura.

La Corte osserva che:

  • la consegna anticipata è un elemento che riguarda il quando del godimento, non il se del pagamento del prezzo;

  • anche ammesso che vi fosse un accordo sull’immissione immediata nel possesso, esso resta compatibile con la prosecuzione del programma negoziale (stipula del definitivo e pagamento del saldo);

  • nessun elemento probatorio indica che le parti abbiano voluto modificare o eliminare gli obblighi principali a carico del promissario acquirrente.

Di conseguenza, la mancata stipula del definitivo e il mancato pagamento del saldo prezzo integrano un grave inadempimento, che legittima la risoluzione del preliminare.

Dalla caducazione del titolo all’obbligo di restituire i frutti civili

Una volta dichiarata la risoluzione del preliminare, il titolo che giustificava la detenzione dell’immobile da parte del promissario acquirente è caducato con efficacia retroattiva.

La Corte sottolinea che:

  • la detenzione dell’immobile da parte del promissario acquirente, a partire dalla costituzione in mora, è qualificata come detenzione illegittima;

  • il godimento del cespite genera, in capo al detentore, frutti civili che spettano al proprietario e devono essere restituiti;

  • tali frutti possono essere parametrati al valore locativo di mercato, come avvenuto nei precedenti sia in primo che in secondo grado.

Interessante il passaggio in cui la Cassazione chiarisce che, anche se la sentenza di merito ha parlato di “indennizzo” o di “risarcimento del danno”, la natura giuridica dell’obbligazione resta quella di una restituzione di frutti ex art. 2033 c.c..

In pratica:

  • il giudice di merito ha correttamente condannato il promissario acquirente al pagamento del valore figurativo del cespite (110.460 euro) più un importo mensile fino al rilascio;

  • la Cassazione conferma che questa somma rappresenta il controvalore economico dei frutti civili indebitamente percepiti, non un risarcimento aggiuntivo.

Cosa ci portiamo a casa

Dal punto di vista operativo, l’ordinanza in esame offre alcuni spunti pratici rilevanti:

  • la consegna anticipata dell’immobile è sempre una scelta delicata: se il promissario acquirente non adempie, quella detenzione si trasforma, dopo la risoluzione, in detenzione illegittima con obbligo di restituire i frutti civili;

  • il promittente venditore può legittimamente:

    • chiedere la risoluzione del preliminare;

    • ottenere la restituzione dell’immobile;

    • domandare la condanna al pagamento del valore locativo di mercato per il periodo di detenzione, qualificato come frutto civile;

  • la presenza di consegna anticipata non attenua, ma anzi enfatizza, la necessità di una puntuale costituzione in mora e di un’attenta quantificazione del valore d’uso del bene (anche mediante CTU).


Documenti correlati:

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472