Referendum 2025: falliscono i 5 quesiti su Jobs Act, appalti e cittadinanza

Articolo del 10/06/2025

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I cinque referendum abrogativi proposti per modificare alcune norme in materia di lavoro, appalti e cittadinanza si sono conclusi con un nulla di fatto.

Anche questa volta non è stato raggiunto il quorum del 50% + 1 degli aventi diritto, necessario per la validità del voto.

Secondo i dati ufficiali, l’affluenza si è fermata ben sotto la soglia richiesta, al 30,58% per tutti i quesiti.

Questi i risultati dei singoli quesiti:

  • l’abrogazione delle norme introdotte dal Jobs Act che limitano il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiustificato nelle imprese con più di 15 dipendenti: Sì 89,06% (12.249.641 voti), No 10,94% (1.504.311 voti);

  • l’eliminazione del tetto massimo agli indennizzi per i licenziamenti nelle piccole imprese: Sì 87,60% (12.036.444 voti), No 12,40% (1.703.629 voti);

  • la modifica delle norme su durata e proroghe dei contratti a termine: Sì 89,04% (12.220.442 voti), No 10,96% (1.503.790 voti);

  • il ripristino della responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore per gli infortuni sul lavoro: Sì 87,35% (12.011.982 voti), No 12,65% (1.738.977 voti);

  • la riduzione da 10 a 5 anni del requisito di residenza per ottenere la cittadinanza italiana da parte degli stranieri: Sì 65,49% (9.023.665 voti), No 34,51% (4.754.382 voti).

Le votazioni si sono svolte domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025, in concomitanza con il secondo turno delle elezioni amministrative.

Negli ultimi anni, molti referendum hanno registrato una partecipazione insufficiente. L’ultimo a superare il quorum risale al 2011, quando milioni di italiani si espressero contro la privatizzazione del servizio idrico.

Alla luce di questo nuovo fallimento, si riapre il dibattito sull’efficacia dello strumento referendario. Alcune proposte puntano a ridurre il quorum, per rafforzare la funzione consultiva e partecipativa del referendum. Altre, invece, mirano ad aumentare il numero di firme richieste per la sua indizione, in modo da limitare l’uso di quesiti percepiti come tecnici o strumentali.

Il referendum abrogativo, previsto dall’art. 75 della Costituzione, rappresenta un pilastro della democrazia diretta. Tuttavia, la disaffezione politica, l’abuso dello strumento negli ultimi decenni e la mancata attuazione di alcuni esiti referendari da parte del Legislatore, stanno mettendo in discussione la sua rilevanza nel sistema democratico.

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