Il presente contributo analizza l’evoluzione della disciplina sulla responsabilità per danno erariale, dalla legge Severino al DDL Foti, passando per il Codice di giustizia contabile e i principali orientamenti giurisprudenziali. Viene evidenziato il superamento del criterio soggettivo in favore di un approccio oggettivo, l’estensione della responsabilità anche a soggetti esterni alla PA e la disciplina delle società partecipate. Il DDL Foti introduce rilevanti novità: limitazioni alla responsabilità per alcuni atti, obblighi assicurativi, potere riduttivo obbligatorio, nuove sanzioni accessorie e ampliamento del controllo preventivo. Tuttavia, la mancata tipizzazione della colpa grave e l’accentuazione del profilo sanzionatorio sollevano criticità sul piano costituzionale. L’articolo sottolinea la necessità di una riforma sistematica, orientata alla semplificazione normativa e alla tutela dell’efficienza amministrativa.
di Claudia Budano
Sommario: 1. Il quadro normativo di riferimento: dalla legge Severino al Codice di giustizia contabile; 2. L’evoluzione giurisprudenziale: dall’approccio soggettivo al criterio oggettivo; 3. La disciplina delle società partecipate; 4. Il quadro attualmente vigente; 5. Le criticità del sistema attuale; 6. Le principali innovazioni del DDL Foti; 7. Le coperture assicurative; 8. L’allineamento con i principi costituzionali; 9. Conclusioni.
La responsabilità per danno erariale rappresenta uno degli istituti più significativi e complessi del diritto amministrativo italiano, caratterizzato da un’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha profondamente trasformato i suoi connotati originari. L’analisi dell’evoluzione di questa disciplina fino al quadro normativo attualmente vigente costituisce il presupposto necessario per comprendere le ragioni e la portata delle proposte di riforma contenute nel DDL Foti.
La responsabilità amministrativa per danno erariale, nella sua configurazione tradizionale, trovava fondamento nella necessità di tutelare il patrimonio pubblico dalle condotte colpose o dolose dei pubblici dipendenti che, nell’esercizio delle loro funzioni, avessero causato pregiudizi economici alle amministrazioni di appartenenza. Tuttavia, l’evoluzione del diritto amministrativo e le trasformazioni dell’organizzazione pubblica hanno determinato un progressivo ampliamento dei confini di questo istituto, con conseguenti problematiche applicative che hanno reso necessario un ripensamento complessivo della disciplina.
La riforma Severino e i suoi effetti
La disciplina della responsabilità per danno erariale ha subito una significativa evoluzione con l’entrata in vigore della cosiddetta legge Severino (legge 6 novembre 2012, n. 190), che ha introdotto importanti modifiche alla legge 14 gennaio 1994, n. 20. Questa riforma ha rappresentato un momento di svolta nell’approccio alla responsabilità amministrativa, introducendo elementi di maggiore rigore e ampliando l’ambito di applicazione dell’istituto.
Le modifiche introdotte dalla legge Severino hanno riguardato principalmente l’elemento soggettivo della responsabilità, con l’introduzione del concetto di “colpa grave” come soglia minima per la configurazione della responsabilità amministrativa, e l’estensione dell’ambito soggettivo di applicazione della disciplina anche a soggetti esterni all’amministrazione ma legati ad essa da rapporti di servizio.
Il Codice di giustizia contabile del 2016
Un passaggio fondamentale nell’evoluzione della disciplina è rappresentato dall’adozione del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, che ha istituito il Codice di giustizia contabile. Questo intervento normativo ha rappresentato il tentativo di sistematizzare organicamente la materia, raccogliendo in un unico testo le disposizioni relative alla giurisdizione e al processo contabile.
Il Codice ha introdotto importanti novità procedurali, tra cui la disciplina dell’obbligo di notizia di danno erariale[1], che deve essere “specifica e concreta” e consistere in “informazioni circostanziate e non riferibili a fatti ipotetici o indifferenziati”. Questa previsione ha rappresentato un tentativo di arginare il fenomeno delle denunce generiche e di garantire maggiore selettività nell’esercizio dell’azione erariale.
Particolare rilevanza assume l’articolo 52 del Codice[2], che disciplina l’obbligo di denuncia di danno, stabilendo che i responsabili delle strutture burocratiche di vertice delle amministrazioni devono presentare tempestiva denuncia alla procura della Corte dei conti territorialmente competente quando vengono a conoscenza di fatti che possono dare luogo a responsabilità erariali.
Il superamento del criterio soggettivo
L’evoluzione della responsabilità per danno erariale non può essere compresa senza considerare il fondamentale contributo della giurisprudenza, che ha progressivamente ridefinito i confini dell’istituto[3]. Come evidenziato dalla Cassazione civile, Sezioni Unite, ordinanza n. 23452 del 2 settembre 2024[4], si è assistito al superamento del criterio eminentemente soggettivo, che identificava l’elemento fondante della giurisdizione della Corte dei conti nella condizione giuridica pubblica dell’agente, in favore di un criterio oggettivo che fa leva sulla natura pubblica delle funzioni espletate e delle risorse finanziarie adoperate.
Questo orientamento ha trovato conferma nella giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite, che hanno affermato che “la responsabilità amministrativa per danno erariale postula una relazione funzionale tra il presunto autore dell’illecito e l’amministrazione pubblica, relazione che non implica necessariamente un rapporto di impiego in senso proprio, essendo sufficiente un rapporto di servizio inteso quale relazione funzionale che rende l’autore del danno compartecipe dell’operato dell’amministrazione o dell’ente”[5].
L’evoluzione giurisprudenziale ha determinato un significativo ampliamento dell’ambito soggettivo della responsabilità erariale. Come chiarito dalla Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza n. 20632 del 28 giugno 2022[6], il rapporto di servizio sussiste quando “un ente privato esterno all’amministrazione venga incaricato di svolgere, nell’interesse e con le risorse di quest’ultima, un’attività o un servizio pubblico in sua vece, inserendosi in tal modo nell’apparato organizzativo della P.A.”[7].
Questa evoluzione ha comportato l’estensione della responsabilità erariale anche a soggetti formalmente esterni all’amministrazione, quali amministratori di società partecipate, consulenti, professionisti esterni, purché sussista una relazione funzionale con l’ente pubblico e l’utilizzo di risorse pubbliche.
Il Testo Unico delle società a partecipazione pubblica
Un aspetto particolarmente significativo dell’evoluzione normativa è rappresentato dalla disciplina delle società partecipate, codificata nel decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175. L’articolo 12 di questo decreto ha introdotto una disciplina specifica per la responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate[8].
La norma stabilisce che i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. Costituisce danno erariale “il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione”.
La giurisprudenza ha chiarito i rapporti tra giurisdizione ordinaria e contabile in materia di società partecipate. Come evidenziato dalla Cassazione civile, Sezioni Unite, ordinanza n. 20297 del 23 luglio 2024[9], sussiste la giurisdizione del giudice ordinario per le azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, anche quando sia configurabile la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale.
Il concorso tra le due giurisdizioni è ammissibile poiché differenti sono gli interessi tutelati: l’azione civile è finalizzata al pieno ristoro del danno con funzione riparatoria e compensativa, mentre l’azione contabile è volta alla tutela dell’interesse pubblico generale al buon andamento della P.A. con funzione prevalentemente sanzionatoria.
Allo stato attuale, la disciplina della responsabilità per danno erariale si basa su alcuni principi consolidati che emergono dalla normativa vigente e dall’orientamento giurisprudenziale:
Il Codice di giustizia contabile ha disciplinato dettagliatamente le procedure di recupero del credito erariale. L’articolo 214 stabilisce che alla riscossione dei crediti liquidati dalla Corte dei conti provvede l’amministrazione o l’ente titolare del credito, che ha l’obbligo di avviare immediatamente l’azione di recupero.
Il recupero può avvenire mediante: a) recupero in via amministrativa; b) esecuzione forzata; c) iscrizione a ruolo. L’articolo 215 disciplina specificamente il recupero in via amministrativa, prevedendo la possibilità di ritenuta su tutte le somme dovute all’agente pubblico e la possibilità di rateizzazione del pagamento.
Un aspetto particolare della disciplina attuale riguarda il danno all’immagine della pubblica amministrazione. Come chiarito dalla Corte costituzionale, sentenza n. 123 del 16 giugno 2023[11], è legittima la previsione normativa che subordina l’esercizio dell’azione di responsabilità erariale per danno all’immagine alla sola sentenza penale irrevocabile di condanna, escludendo le sentenze di estinzione del reato per prescrizione.
Il Codice ha introdotto anche procedure semplificate per i danni di lieve entità. L’articolo 131 prevede che per i fatti dannosi di lieve entità patrimonialmente lesiva, ovvero addebiti d’importo non superiore a 10.000 euro, il presidente della competente sezione giurisdizionale può determinare con decreto la somma da pagare all’erario.
L’analisi del quadro normativo vigente evidenzia alcune criticità che hanno reso necessario un ripensamento della disciplina:
Il quadro normativo attualmente vigente in materia di responsabilità per danno erariale rappresenta il risultato di un’evoluzione complessa che ha visto l’intrecciarsi di interventi legislativi e orientamenti giurisprudenziali. La disciplina attuale, pur presentando elementi di organicità grazie al Codice di giustizia contabile, evidenzia alcune criticità che hanno reso necessario un ulteriore intervento riformatore.
In questo contesto si inserisce il DDL Foti, che si propone di affrontare le principali problematiche emerse nell’applicazione della disciplina vigente, con l’obiettivo di garantire un migliore equilibrio tra l’esigenza di tutela del patrimonio pubblico e la necessità di non paralizzare l’azione amministrativa attraverso un regime di responsabilità eccessivamente rigoroso.
L’analisi dell’evoluzione normativa fino al quadro attuale costituisce quindi il presupposto necessario per comprendere le ragioni e valutare la portata delle proposte di riforma contenute nel DDL Foti, che si inseriscono in un percorso di continuo adattamento della disciplina alle esigenze di un sistema amministrativo in costante evoluzione che vengono esposte di seguito.
Il contesto di riforma
L’analisi del materiale ad oggi discusso negli organi legislativi evidenzia come il DDL Foti rappresenti un tentativo organico di riforma della responsabilità amministrativa che si inserisce in un contesto di profonda trasformazione del sistema amministrativo italiano. Come evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 132 del 2024, la “fatica dell’amministrare” non rappresenta un fenomeno contingente, ma una caratteristica strutturale del sistema amministrativo contemporaneo, derivante dalla complessità istituzionale, sociale e giuridica che contraddistingue l’amministrazione di risultato.
Il DDL Foti si propone di affrontare questa problematica attraverso un approccio sistematico che tocca diversi aspetti della disciplina della responsabilità erariale, dal controllo preventivo alla tipizzazione della colpa grave, dalle coperture assicurative ai limiti quantitativi del risarcimento.
La limitazione della responsabilità per specifiche categorie di atti
Una delle innovazioni più significative del DDL Foti riguarda l’esclusione totale della responsabilità per colpa grave per i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche che abbiano concluso accordi di conciliazione, procedimenti di accertamento con adesione, accordi di mediazione, conciliazioni giudiziali e transazioni fiscali in materia tributaria. In questi casi, la responsabilità amministrativa è limitata solo ai fatti e alle omissioni commessi con dolo.
Questa previsione si allinea con il suggerimento della Corte costituzionale di vagliare “una eccezionale esclusione della responsabilità colposa per specifiche categorie di pubblici dipendenti, anche solo in relazione a determinate tipologie di atti, in ragione della particolare complessità delle loro funzioni o mansioni e/o del connesso elevato rischio patrimoniale”[12].
Il potere riduttivo obbligatorio
Il DDL introduce l’obbligo per il giudice contabile di esercitare il potere di riduzione nei casi di danno cagionato con colpa grave, ponendo a carico del responsabile una parte del danno accertato in una misura minima di 150 euro e massima non superiore a due annualità del trattamento economico complessivo annuo lordo.
Questa previsione risponde al suggerimento della Corte costituzionale di introdurre “un limite massimo oltre il quale il danno, per ragioni di equità nella ripartizione del rischio, non viene addossato al dipendente pubblico, ma resta a carico dell’amministrazione”[13]. Tuttavia, come evidenziato nell’analisi, la previsione presenta problematiche applicative per i soggetti che non hanno un rapporto di impiego con la pubblica amministrazione ma sono comunque soggetti alla giurisdizione contabile in virtù del rapporto di servizio.
La sospensione dalla gestione delle risorse pubbliche
Il DDL introduce una nuova sanzione accessoria: la possibilità per la Corte dei conti di disporre, nei casi più gravi, la sospensione del dirigente o funzionario condannato dalla gestione delle risorse pubbliche per un periodo compreso tra sei mesi e tre anni. L’amministrazione deve conseguentemente avviare un procedimento di responsabilità dirigenziale.
Questa previsione, tuttavia, presenta criticità in quanto non evita la “moltiplicazione delle responsabilità degli amministratori per i medesimi fatti materiali”, contrariamente a quanto suggerito dalla Corte costituzionale. Inoltre, l’apertura automatica del procedimento di responsabilità dirigenziale appare distonica rispetto alla natura della responsabilità amministrativa, essendo finalizzata alla verifica della responsabilità per risultati e non a quella derivante dal danno erariale.
Il DDL prevede due tipologie di coperture assicurative:
Per i dirigenti incaricati di gestire risorse pubbliche: stipulazione da parte dell’amministrazione di una polizza assicurativa utilizzando una quota del trattamento economico accessorio
Per chiunque assuma un incarico comportante la gestione di risorse pubbliche: obbligo di stipulare una polizza assicurativa prima dell’assunzione dell’incarico
Queste disposizioni dovranno essere coordinate con la normativa vigente che prevede la nullità per illiceità della causa dei contratti di assicurazione stipulati da enti pubblici a favore dei propri amministratori per i rischi derivanti dall’espletamento dei compiti istituzionali, con conseguente responsabilità erariale sanzionatoria.
Il rafforzamento del controllo preventivo di legittimità
Il DDL modifica significativamente la disciplina del controllo preventivo di legittimità, estendendolo ai contratti di appalto di lavori, servizi e forniture di importo superiore alle soglie previste dall’articolo 14 del Codice dei contratti pubblici. Inoltre, tutti i soggetti attuatori del PNRR e del PNC possono sottoporre al controllo preventivo i provvedimenti di aggiudicazione e i provvedimenti conclusivi delle procedure di affidamento.
Il DDL elimina il limite dei “profili presi in considerazione nell’esercizio del controllo” e aggiunge che si è esentati da colpa grave anche quando il danno tragga origine “da uno degli atti o documenti a tal fine sottoposti a controllo”. Questa modifica mira a conseguire un “effetto tombale” in ordine alle possibili ipotesi di responsabilità.
L’esimente è inoltre estesa ai danni derivanti da atti adottati in esito a pareri in materie di contabilità pubblica, anche su fattispecie concrete connesse all’attuazione del PNRR e del PNC, di valore complessivo non inferiore a un milione di euro.
La mancata tipizzazione della colpa grave
Una delle principali lacune del DDL Foti riguarda l’assenza di disposizioni volte a tipizzare la colpa grave, nonostante questo rappresenti uno dei suggerimenti più importanti della Corte costituzionale. Come evidenziato nell’analisi, la “vaghezza” del concetto di colpa grave “crea, inevitabilmente, incertezza sulla sua effettiva sussistenza nell’analisi dei casi concreti e finisce con l’enfatizzare eccessivamente il potere discrezionale del giudice”.
La mancata tipizzazione è particolarmente problematica considerando la coesistenza di diverse declinazioni dell’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa:
- Responsabilità per omissioni dannose commesse almeno con colpa grave;
- Responsabilità per fatti commissivi commessi con dolo (scudo erariale);
- Fatti disciplinati dal Codice dei contratti pubblici rientranti nell’ambito delle ipotesi tipizzate di colpa grave.
L’accentuazione del profilo sanzionatorio
L’introduzione di limiti edittali al risarcimento e della sospensione dalla gestione delle risorse pubbliche rischia di accentuare il profilo sanzionatorio della responsabilità amministrativa, con possibili contrasti con le indicazioni dell’ordinamento comunitario riguardo alla necessità del mantenimento della natura risarcitoria della responsabilità amministrativa.
Come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 203 del 2022, la responsabilità amministrativa è “connotata dalla combinazione di elementi restitutori e di deterrenza”, ma mantiene una natura fondamentalmente risarcitoria.
La complessità del sistema
Il quadro normativo che emergerebbe dall’approvazione del DDL Foti presenta ancora elementi di complessità che non sembrano adeguati alle esigenze di semplificazione legislativa. La coesistenza di diverse discipline per il controllo preventivo, la moltiplicazione delle procedure e la mancanza di coordinamento tra le varie disposizioni rischiano di non risolvere le problematiche che hanno reso necessario lo scudo erariale.
Il coordinamento con la normativa vigente
Il DDL presenta problematiche di coordinamento con la normativa vigente, in particolare:
Con il Codice di giustizia contabile
Con la disciplina delle società partecipate di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016
Con le normative speciali in materia di assicurazioni
Prospettive di evoluzione
Il Disegno di Legge Foti, come qui esposto, mira a riformare la disciplina della responsabilità amministrativa per danno erariale. Questo intervento si rende necessario per rispondere alle criticità emerse dall’applicazione della normativa vigente e per assicurare una maggiore coerenza con i principi costituzionali. La Corte costituzionale ha più volte evidenziato questa urgenza, rimarcando come la cosiddetta “fatica dell’amministrare”[14] non sia una condizione transitoria, bensì una caratteristica strutturale del sistema amministrativo odierno, aggravata dalla complessità istituzionale, normativa e sociale che grava sull’azione pubblica.
Un aspetto cruciale di questo allineamento è l’elemento soggettivo della responsabilità, in particolare la colpa grave. La Corte costituzionale ha costantemente ribadito l’esigenza di una sua tipizzazione, considerandola fondamentale per garantire certezza giuridica, prevedibilità delle conseguenze normative delle condotte e rispetto del principio di legalità. La mancata definizione legislativa di cosa costituisca colpa grave lascia ampio spazio a un’eccessiva discrezionalità interpretativa, in palese contrasto con gli articoli 3, 97 e 111 della Costituzione. Nonostante ciò, il DDL Foti, pur introducendo alcune soglie quantitative e meccanismi riduttivi, non affronta in modo esaustivo questo nodo cruciale, lasciando irrisolta una delle principali fonti di incertezza applicativa.
Altro punto critico concerne la natura della responsabilità amministrativa. La Corte costituzionale ha chiarito che essa deve mantenere un carattere essenzialmente risarcitorio, pur potendo assolvere a una funzione di deterrenza. L’introduzione nel DDL di sanzioni accessorie — come la sospensione dalla gestione delle risorse pubbliche o l’apertura automatica del procedimento di responsabilità dirigenziale — rischia di trasformare tale responsabilità in una forma sanzionatoria atipica, con potenziali profili di incostituzionalità. Tali criticità emergono sia sotto il profilo del principio di proporzionalità, sia rispetto alla natura personale e patrimoniale della responsabilità stessa. Misure di questo tipo, inoltre, potrebbero rivelarsi non coerenti con i principi dell’ordinamento comunitario, che esige strumenti di tutela efficaci ma non eccessivamente repressivi.
A questi aspetti si aggiunge il tema, anch’esso rilevante in chiave costituzionale, della complessità sistemica. Il DDL, nel tentativo di razionalizzare la disciplina vigente, finisce per moltiplicare regimi differenziati e ipotesi eccezionali (si pensi alle norme speciali per PNRR, sanità, società partecipate), generando un quadro normativo disarticolato e di difficile accesso. Una tale organizzazione normativa incide negativamente sul principio del buon andamento dell’amministrazione e rischia di incentivare fenomeni di inerzia decisionale, auto-protezione burocratica e deresponsabilizzazione. In altre parole, l’impianto normativo delineato, anziché promuovere un’amministrazione efficiente e orientata al risultato, rischia di esacerbare la paralisi operativa che si intendeva superare.
L’equilibrio tra responsabilità e tutela dell’azione amministrativa, richiesto dalla Costituzione, impone invece un ordinamento capace di responsabilizzare senza scoraggiare. Le misure contenute nel DDL — tra cui il potere riduttivo obbligatorio, l’ampliamento dei controlli preventivi, le coperture assicurative — si muovono nella direzione di una maggiore protezione del funzionario pubblico. Tuttavia, esse rimangono inefficaci se non accompagnate da una profonda revisione del sistema di responsabilità, fondata su chiarezza normativa, semplificazione procedurale e rafforzamento delle garanzie sostanziali.
Per realizzare un effettivo allineamento con i principi costituzionali, si rende dunque necessaria una revisione più ambiziosa e sistematica. In particolare, sarà indispensabile intervenire con decisione sulla tipizzazione della colpa grave, razionalizzare le varie discipline speciali oggi sovrapposte, chiarire i rapporti tra responsabilità civile, penale e contabile, ed eliminare tutte quelle ambiguità che alimentano l’incertezza giuridica e paralizzano la discrezionalità amministrativa. Solo un intervento organico, coerente e semplificato potrà garantire la costruzione di un sistema della responsabilità amministrativa effettivamente rispettoso dei principi costituzionali e adeguato alle esigenze di un’amministrazione moderna, efficiente e responsabile. Come evidenziato nell’analisi, sarà necessario un ulteriore lavoro di coordinamento e semplificazione per rendere il sistema effettivamente funzionale. In particolare, occorrerà:
Il Disegno di Legge Foti mira a riformare la disciplina della responsabilità amministrativa per danno erariale. Questo intervento si rende necessario per rispondere alle criticità emerse dall’applicazione della normativa vigente e per assicurare una maggiore coerenza con i principi costituzionali. La Corte costituzionale ha più volte evidenziato questa urgenza, rimarcando come la cosiddetta “fatica dell’amministrare” non sia una condizione transitoria, bensì una caratteristica strutturale del sistema amministrativo odierno, aggravata dalla complessità istituzionale, normativa e sociale che grava sull’azione pubblica.
Un aspetto cruciale di questo allineamento è l’elemento soggettivo della responsabilità, in particolare la colpa grave. La Corte costituzionale ha costantemente ribadito l’esigenza di una sua tipizzazione, considerandola fondamentale per garantire certezza giuridica, prevedibilità delle conseguenze normative delle condotte e rispetto del principio di legalità. La mancata definizione legislativa di cosa costituisca colpa grave lascia ampio spazio a un’eccessiva discrezionalità interpretativa, in palese contrasto con gli articoli 3, 97 e 111 della Costituzione. Nonostante ciò, il DDL Foti, pur introducendo alcune soglie quantitative e meccanismi riduttivi, non affronta in modo esaustivo questo nodo cruciale, lasciando irrisolta una delle principali fonti di incertezza applicativa.
Altro punto critico concerne la natura della responsabilità amministrativa. La Corte costituzionale ha chiarito che essa deve mantenere un carattere essenzialmente risarcitorio, pur potendo assolvere a una funzione di deterrenza. L’introduzione nel DDL di sanzioni accessorie — come la sospensione dalla gestione delle risorse pubbliche o l’apertura automatica del procedimento di responsabilità dirigenziale — rischia di trasformare tale responsabilità in una forma sanzionatoria atipica, con potenziali profili di incostituzionalità. Tali criticità emergono sia sotto il profilo del principio di proporzionalità, sia rispetto alla natura personale e patrimoniale della responsabilità stessa. Misure di questo tipo, inoltre, potrebbero rivelarsi non coerenti con i principi dell’ordinamento comunitario[15], che esige strumenti di tutela efficaci ma non eccessivamente repressivi.
A questi aspetti si aggiunge il tema, anch’esso rilevante in chiave costituzionale, della complessità sistemica. Il DDL, nel tentativo di razionalizzare la disciplina vigente, finisce per moltiplicare regimi differenziati e ipotesi eccezionali generando un quadro normativo disarticolato e di difficile accesso. Una tale frammentazione incide negativamente sul principio del buon andamento dell’amministrazione e rischia di incentivare fenomeni di inerzia decisionale, auto-protezione burocratica e deresponsabilizzazione. In altre parole, l’impianto normativo delineato, anziché promuovere un’amministrazione efficiente e orientata al risultato, rischia di esacerbare la paralisi operativa che si intendeva superare.
L’equilibrio tra responsabilità e tutela dell’azione amministrativa, richiesto dalla Costituzione, impone invece un ordinamento capace di responsabilizzare senza scoraggiare. Le misure contenute nel DDL — tra cui il potere riduttivo obbligatorio, l’ampliamento dei controlli preventivi, le coperture assicurative — si muovono nella direzione di una maggiore protezione del funzionario pubblico. Tuttavia, esse rimangono inefficaci se non accompagnate da una profonda revisione del sistema di responsabilità, fondata su chiarezza normativa, semplificazione procedurale e rafforzamento delle garanzie sostanziali.
Per realizzare un effettivo allineamento con i principi costituzionali e superare le attuali criticità, si rende dunque necessaria una revisione più ambiziosa e sistematica della disciplina della responsabilità amministrativa. Questo non si limita a interventi puntuali, ma richiede una visione olistica e lungimirante del sistema. Innanzitutto, è imprescindibile intervenire con decisione sulla tipizzazione della colpa grave. Una definizione chiara e circostanziata di tale elemento soggettivo non solo garantirebbe maggiore certezza giuridica per i funzionari pubblici, riducendo il rischio di procedimenti arbitrari e discrezionali, ma contribuirebbe anche a una maggiore prevedibilità delle conseguenze delle loro azioni. Questo passaggio è fondamentale per consentire all’amministrazione di operare con la dovuta serenità, senza che il timore di conseguenze legali incerte paralizzi l’iniziativa e l’efficienza. In secondo luogo, la razionalizzazione delle varie discipline speciali oggi sovrapposte rappresenta un obiettivo prioritario. La frammentazione normativa attuale, con regimi differenziati per settori specifici (PNRR, sanità, società partecipate), genera un quadro giuridico complesso e inefficace. L’armonizzazione di tali discipline, attraverso la creazione di un sistema più coerente e unitario, semplificherebbe l’applicazione delle norme e ridurrebbe i margini di incertezza interpretativa, promuovendo il buon andamento dell’amministrazione e un uso più efficace delle risorse pubbliche. È altrettanto cruciale chiarire i rapporti tra responsabilità civile, penale e contabile. La sovrapposizione e talvolta l’intersezione di questi diversi ambiti di responsabilità possono generare confusione e duplicazioni procedurali. Una delimitazione chiara delle rispettive competenze e delle modalità di coordinamento tra i diversi procedimenti è essenziale per evitare un eccessivo onere sui funzionari e per garantire che la giustizia sia amministrata in modo efficiente ed equo. Infine, è imperativo eliminare tutte quelle ambiguità che alimentano l’incertezza giuridica e paralizzano la discrezionalità amministrativa. L’incertezza normativa, infatti, è una delle principali cause di inerzia decisionale e di auto-protezione burocratica, fenomeni che ostacolano l’efficienza e la capacità di risposta dell’amministrazione alle esigenze dei cittadini e del paese. Solo un intervento organico, coerente e semplificato, che affronti queste sfide in maniera integrata, potrà garantire la costruzione di un sistema della responsabilità amministrativa effettivamente rispettoso dei principi costituzionali e adeguato alle esigenze di un’amministrazione moderna, efficiente e, soprattutto, responsabile. Tale riforma non rappresenterebbe solo un adeguamento formale, ma un vero e proprio volano per sbloccare il potenziale dell’azione pubblica, favorendo l’innovazione e la capacità di raggiungere gli obiettivi in un contesto sempre più complesso.
Bibliografia essenziale
Giurisprudenza citata:
[1] Art. 51 Codice di giustizia contabile
[2] Obbligo di denuncia di danno e onere di segnalazione.
1. Ferme restando le disposizioni delle singole leggi di settore in materia di denuncia di danno erariale, i responsabili delle strutture burocratiche di vertice delle amministrazioni, comunque denominate, ovvero i dirigenti o responsabili di servizi, in relazione al settore cui sono preposti, che nell’esercizio delle loro funzioni vengono a conoscenza, direttamente o a seguito di segnalazione di soggetti dipendenti, di fatti che possono dare luogo a responsabilità erariali, devono presentarne tempestiva denuncia alla procura della Corte dei conti territorialmente competente. Le generalità del pubblico dipendente denunziante sono tenute riservate; sono comunque riservate le generalità dei soggetti pubblici o privati che segnalano al procuratore regionale eventi di danno, anche se non sottoposti all’obbligo di cui al presente comma.
2. Gli organi di controllo e di revisione delle pubbliche amministrazioni, i dipendenti incaricati di funzioni ispettive, ciascuno secondo la normativa di settore, nonché gli incaricati della liquidazione di società a partecipazione pubblica, sono tenuti a fare immediata denuncia di danno direttamente al procuratore regionale competente, informandone i responsabili delle strutture di vertice delle amministrazioni interessate.
3. L’obbligo di denuncia riguarda anche i fatti dai quali, a norma di legge, può derivare l’applicazione, da parte delle sezioni giurisdizionali territoriali, di sanzioni pecuniarie.
4. I magistrati della Corte dei conti assegnati alle sezioni e agli uffici di controllo segnalano alle competenti procure regionali i fatti dai quali possano derivare responsabilità erariali che emergano nell’esercizio delle loro funzioni.
5. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 129, comma 3, delle norme di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.
6. Resta fermo l’obbligo per la pubblica amministrazione denunciante di porre in essere tutte le iniziative necessarie a evitare l’aggravamento del danno, intervenendo ove possibile in via di autotutela o comunque adottando gli atti amministrativi necessari a evitare la continuazione dell’illecito e a determinarne la cessazione.
[3] Si vedano ex multis:
Cassazione civile, Sezioni Unite, ordinanza n. 23452 del 2 settembre 2024
Cassazione civile, Sezioni Unite, ordinanza n. 4264 del 10 febbraio 2023
Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza n. 20632 del 28 giugno 2022
Cassazione civile, Sezioni Unite, ordinanza n. 7645 del 1° aprile 2020
Cassazione civile, Sezioni Unite, ordinanza n. 32608 del 12 dicembre 2019
[4] La giurisdizione della Corte dei conti sussiste in caso di danno erariale diretto al patrimonio di una società pubblica, anche non in house, quando vi sia una relazione funzionale tra l’autore dell’illecito e l’amministrazione pubblica, non necessariamente costituita da un rapporto di impiego in senso proprio ma anche da un rapporto di servizio inteso quale relazione che rende l’autore del danno compartecipe dell’operato dell’amministrazione. Tale rapporto di servizio si configura quando un soggetto esterno viene incaricato di svolgere, nell’interesse e con le risorse dell’amministrazione, un’attività o servizio pubblico in sua vece, inserendosi così nel suo apparato organizzativo, a prescindere dal titolo giuridico del rapporto. In particolare, gli amministratori di una società controllata che, in forza di un mandato con rappresentanza, esercitano poteri di gestione sul patrimonio della società pubblica controllante, instaurano una relazione funzionale diretta con quest’ultima che li rende responsabili per danno erariale dinanzi alla Corte dei conti, sia per i pregiudizi arrecati direttamente al patrimonio della controllante che per quelli “obliqui” derivanti dalla perdita di valore della partecipazione. La giurisdizione contabile permane anche quando la società pubblica venga formalmente trasferita ad una società quotata, se ciò non ne modifica la sostanziale natura pubblicistica e l’appartenenza del suo patrimonio alla sfera pubblica. L’art. 12 del d.lgs. 175/2016, nel disciplinare la responsabilità degli amministratori di società partecipate, non ha inteso limitare la giurisdizione contabile alle sole società in house, ma ha recepito gli approdi giurisprudenziali che la riconoscono ogniqualvolta vi sia un danno diretto all’ente pubblico partecipante.
[5] Cfr: Cass. civ., Sez. Un., ord. 2 settembre 2024, n. 23452; Cass. civ., Sez. Un., ord. 10 febbraio 2023, n. 4264; Cass. civ., Sez. Un., sent. 28 giugno 2022, n. 20632; Cass. civ., Sez. Un., ord. 1 aprile 2020, n. 7645; Cass. civ., Sez. Un., ord. 12 dicembre 2019, n. 32608.
[6] In tema di azione di responsabilità promossa nei confronti degli organi di gestione e di controllo di società di capitali partecipate da enti pubblici, sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nel caso in cui tali società abbiano, al momento delle condotte ritenute illecite, tutti i requisiti per essere definite “in house providing”, che possono risultare dalle disposizioni statutarie in vigore all’epoca dei fatti, ma anche derivare dall’esterno ove la sussistenza di un controllo analogo, che diverso da quello gerarchico è posto in essere da un soggetto distinto da quello controllato, sia ricavabile da normative che consentono all’ente pubblico partecipante di dettare le linee strategiche e le scelte operative, con il presidio a monte di un adeguato flusso di informazioni tale da incidere sulla complessiva “governance” della società “in house”, preservando le finalità pubbliche che comunque la permeano e costituiscono la stella polare del controllo, quale elemento dinamico che connette concretamente la stessa società con il pubblico ente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del giudice contabile, che aveva ritenuto sussistente la propria giurisdizione qualificando società “in house providing” una società di gestione di un acquedotto il cui Statuto riservava alla preventiva approvazione dell’assemblea dei soci, il cui maggiore azionista era un ente locale, l’autorizzazione del programma annuale e triennale della gestione e degli investimenti, nonché la sottoscrizione di convenzioni pubbliche e la realizzazione di investimenti eccedenti un predeterminato limite di valore).
[7] Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza n. 20632 del 28 giugno 2022
[8] Art. 12 decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175
Responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate
1. I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. È devoluta alla Corte dei conti, nei limiti della quota di partecipazione pubblica, la giurisdizione sulle controversie in materia di danno erariale di cui al comma 2.
2. Costituisce danno erariale il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione.
[9] In tema di responsabilità degli amministratori e organi di controllo di società partecipate da enti pubblici, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario per le azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, anche quando sia configurabile la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale. Il concorso tra le due giurisdizioni è ammissibile poiché differenti sono gli interessi tutelati: l’azione civile è finalizzata al pieno ristoro del danno con funzione riparatoria e compensativa a protezione dell’interesse particolare dell’amministrazione, mentre l’azione contabile è volta alla tutela dell’interesse pubblico generale al buon andamento della P.A. e al corretto impiego delle risorse, con funzione prevalentemente sanzionatoria. La mera partecipazione pubblica non muta la natura di soggetto privato della società, che resta assoggettata al regime giuridico privatistico, salve specifiche disposizioni contrarie. Non sussiste violazione del principio del ne bis in idem tra il giudizio civile e quello contabile promossi per i medesimi fatti, stante la diversità di oggetto e funzione. L’art. 12 del d.lgs. n. 175/2016 codifica tale principio, prevedendo che gli organi sociali sono soggetti alle azioni civili di responsabilità, ferma restando la giurisdizione contabile per il danno erariale nelle società in house e per il danno diretto subito dagli enti partecipanti. La responsabilità erariale non è eccettuativa ma si affianca a quella civilistica, come evidenziato dall’espressione “salva” utilizzata dalla norma.
[10] Sul punto si veda la giurisprudenza costituzionale più rilevante: Corte costituzionale, sentenza n. 132 del 16 luglio 2024; Corte costituzionale, sentenza n. 203 del 28 luglio 2022; Corte costituzionale, sentenza n. 371 del 20 novembre 1998; Corte costituzionale, sentenza n. 453 del 1998; Corte costituzionale, sentenza n. 355 del 2010.
[11] In tema di danno all’immagine della pubblica amministrazione, è legittima la previsione normativa che subordina l’esercizio dell’azione di responsabilità erariale da parte del pubblico ministero contabile alla sola sentenza penale irrevocabile di condanna, escludendo le sentenze di estinzione del reato per prescrizione, anche se precedute da condanna in primo grado. Tale limitazione si giustifica per la peculiare natura della responsabilità amministrativa per danno erariale, che si differenzia dalla responsabilità civile per l’accentuazione dei profili sanzionatori rispetto a quelli risarcitori e per il suo carattere strettamente personale. La sentenza di estinzione del reato per prescrizione, infatti, a differenza della sentenza di condanna ex art. 533 c.p.p. che richiede un accertamento della responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio, presuppone solo la mancanza di cause evidenti per pronunciare una formula di merito ed è priva di un effettivo accertamento della colpevolezza dell’imputato, non superando la presunzione di innocenza. Non viola pertanto gli artt. 3, 24, 54, 97, 103 e 111 Cost. la disciplina che, nel circoscrivere l’azionabilità del danno all’immagine pubblica alle sole ipotesi di condanna penale definitiva, esclude le sentenze di estinzione del reato, trattandosi di una scelta legislativa non irragionevole che tiene conto della specificità della responsabilità erariale e della necessità di un pieno accertamento della responsabilità penale quale presupposto per l’azione contabile, in coerenza con la funzione non meramente risarcitoria ma anche sanzionatoria di tale forma di responsabilità.
[12] Corte costituzionale sentenza n. 132 del 16 luglio 2024
[13] Ibid.
[14] Corte costituzionale sentenza n. 132 del 2024
[15] Cfr: Art. 5 TUE e Art. 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE.