Separazione consensuale e divorzio, sì alla domanda congiunta. La decisione del Tribunale di Milano

Articolo di Giuseppina Vassallo del 22/05/2023

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Il Tribunale di MIlano, con la sentenza n. 3542 del 5 maggio 2023, si è pronunciato sulla possibilità di chiedere contemporaneamente la separazione e il divorzio.

Annota per noi il provvedimento l'avv. Giuseppina Vassallo.

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All’indomani dell’entrata in vigore della riforma Cartabia che ha ridisegnato profondamente l’assetto esistente dei procedimenti del diritto di famiglia, una delle questioni che si sono poste subito all’interprete del diritto è quella che riguarda la nuova previsione di simultanea proposizione della domanda di separazione e divorzio.

Anche con questa riforma non siamo arrivati al cosiddetto divorzio diretto, ma l’art. 473 bis 49 c.p.c., dando attuazione ai principi contenuti nella legge delega 206/2021, contempla la possibilità di cumulare le due domande di separazione e divorzio, nel corso del processo.

Lo scopo dichiarato è quello di arrivare in tempi rapidi ad una pronuncia sullo status ed evitare sovrapposizioni o duplicazioni di provvedimenti e di giudizi, considerata la prefetta sovrapponibilità di molte delle domande connesse alle due pronunce (affidamento e mantenimento dei figli, assegnazione della casa familiare) e alla possibilità di stabilire entità e decorrenze diverse per i diversi assegni, quello separativo e quello divorzile, in favore del coniuge.

La domanda di divorzio diventa procedibile decorso il termine previsto dalla legge sul divorzio, ossia 12 mesi dalla comparizione personale dei coniugi in udienza e dopo il passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale.

Nonostante sia chiaro l’intento “acceleratore” della disposizione nell’ambito di un giudizio contenzioso, il legislatore non ha esteso la previsione ai procedimenti consensuali, dove massima è la concentrazione della procedura per arrivare alla sentenza che recepisce gli accordi. Basti pensare alla facoltà concessa alle parti di sostituire l'udienza di comparizione innanzi al giudice con il deposito di note scritte contenenti la dichiarazione di non volersi riconciliare, cui segue la sentenza di omologa delle condizioni concordate.

La nuova norma di legge che disciplina i procedimenti consensuali è l’art. 473 bis 51 c.p.c. che non prevede la possibilità di cumulare le domande, ne contiene alcun richiamo alla normativa dei giudizi contenziosi. Il diverso trattamento è quindi frutto di una precisa volontà del legislatore?

L’applicazione estensiva della legge adottata dai giudici milanesi.

Dal Tribunale di Milano arriva il primo provvedimento emesso con una interpretazione estensiva della nuova norma.

Dopo il deposito del ricorso congiunto con richiesta di sostituire l'udienza di comparizione con il deposito di note scritte, esaminate le condizioni, confermate dalle parti con lo scambio delle note, il tribunale ha accolto le domande dei coniugi, compresa quella di cessazione degli effetti civili del matrimonio, enunciando le condizioni connesse a tale pronuncia.

La richiesta di divorzio diventerà procedibile solo dopo il decorso del termine di cui all’art.  3, n. 2 lett. b) della legge 898/70, ossia sei mesi che, in caso in cui non ci sia stata comparizione, decorrono dalla data di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note scritte.

A quel punto le parti, sempre con la modalità dello scambio di note scritte, dovranno ribadire di non volersi riconciliare e confermare le condizioni già concordate anche con riferimento allo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Le divergenti interpretazioni dei tribunali.

Spesso i giudici milanesi si sono segnalati per l’interpretazione innovativa e al passo col sentire sociale delle norme, ma la sentenza non contiene, nel caso di specie, alcuna motivazione che avvalori la tesi estensiva della nuova previsione sul cumulo delle due domande di separazione e divorzio.

Si segnalano, infatti, interpretazioni di segno opposto che fanno leva sul tenore letterale della legge e richiamano l’orientamento consolidato della giurisprudenza che considera nulli gli accordi stipulati dai coniugi in occasione della separazione e in vista di un futuro divorzio (Tribunale di Vercelli e Tribunale di Firenze).

La Corte di Cassazione, con la recente pronuncia n. 20745/2022, ha ancora ribadito l’invalidità per illiceità della causa degli accordi con cui i coniugi fissano già in sede di separazione il regime giuridico-patrimoniale in vista di un futuro divorzio, ritenendoli stipulati in violazione del principio di indisponibilità di alcuni diritti in materia familiare, ritenuti inderogabili ai sensi dell’art. 160 c.c.


Il provvedimento:

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