Il datore di lavoro può geolocalizzare i dipendenti in smart working?
No. Lo ha chiarito il Garante per la protezione dei dati personali con il provvedimento n. 135 del 13 marzo 2025, infliggendo una sanzione di 50.000 euro a una pubblica amministrazione che tracciava sistematicamente la posizione geografica di circa 100 dipendenti attraverso l'applicativo Time Relax.
Nel dettaglio, i lavoratori venivano contattati a campione e obbligati ad attivare la geolocalizzazione del proprio dispositivo, effettuare la timbratura e dichiarare via mail il luogo in cui si trovavano. Il tutto senza un’adeguata informativa e senza una valida base giuridica.
Il quadro normativo è costituito da:
Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)
Codice della Privacy (d.lgs. 196/2003)
Statuto dei lavoratori (l. 300/1970, art. 4)
Legge sul lavoro agile (l. 81/2017)
Secondo il GDPR, ogni trattamento dei dati deve rispettare i principi di liceità, correttezza, trasparenza, e deve essere proporzionato rispetto alla finalità perseguita. La geolocalizzazione è lecita solo se strettamente necessaria per esigenze organizzative, produttive, di sicurezza o di tutela del patrimonio aziendale, mai per un controllo diretto sull’attività lavorativa.
Nel caso esaminato, l'Azienda sosteneva che il sistema servisse a garantire la correttezza delle timbrature e la coerenza tra il luogo dichiarato e quello effettivo di lavoro.
Ma il Garante ha accertato che:
i dipendenti erano sistematicamente tracciati al momento delle timbrature;
venivano effettuati controlli a campione con richiesta di invio email sulla posizione;
l’informativa resa ai dipendenti era incompleta;
non era stata effettuata alcuna valutazione d’impatto sul trattamento (DPIA);
il consenso prestato non era valido, essendo dato in un contesto di squilibrio tra le parti.
Il trattamento risultava quindi illecito e in violazione dei principi di liceità, minimizzazione dei dati, limitazione della finalità e protezione dei dati fin dalla progettazione.
In più, i dati raccolti sono stati utilizzati per avviare un procedimento disciplinare, aggravando ulteriormente la violazione.
La geolocalizzazione in smart working è vietata quando serve a controllare direttamente il lavoratore. Non bastano un accordo sindacale o il consenso del dipendente. Il controllo è ammesso solo se legato a esigenze specifiche e in modo indiretto e proporzionato.
Il Garante ha quindi dichiarato il trattamento illecito e ha imposto una sanzione da 50.000 euro, ordinandone anche la pubblicazione sul proprio sito.
Cosa ci portiamo a casa?
In smart working, non è il GPS a garantire la produttività, ma la fiducia. Il controllo diretto, anche se digitale, resta fuori legge.
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