Nel caso in cui il contribuente intenda eccepire la prescrizione di un tributo, a quale giudice deve rivolgersi?
Quali sono i criteri per stabilire se la giurisdizione spetta al giudice tributario o al giudice ordinario ?
Lo abbiamo chiesto agli avvocati Achille Benigni e Rosario Maglio, autori della monografia “Decadenza e prescrizione nel diritto e nel processo tributario”, edita da Giappichelli, che hanno approfondito il tema, di grande attualità e rilevanza pratica.
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1. - Inquadramento generale
Come è noto, dal momento in cui si consolida la pretesa tributaria (impositiva o sanzionatoria) comincia a decorrere il termine di prescrizione del credito erariale. La prescrizione riguarda essenzialmente la fase di riscossione della pretesa fiscale, una volta che questa è stata definitivamente esercitata, attraverso l’emanazione di un atto impositivo (a sua volta soggetto a termini di decadenza). Ciò dipende dal fatto che l’A.F., come tutti i soggetti, ha l’onere di riscuotere i propri crediti entro i termini di prescrizione previsti dalle singole leggi di imposta o, in mancanza, entro il termine decennale, per i tributi erariali, e quinquennale, per i tributi locali. E’ anche importante ricordare che, non essendo la prescrizione rilevabile d’ufficio, il contribuente, destinatario della notifica di un atto contenente una pretesa tributaria prescritta, ha sempre l’onere di impugnarlo nel termine perentorio (di regola 60 giorni), previsto dalla legge processuale. Può peraltro accadere che il provvedimento della riscossione richiami altri provvedimenti, di cui il contribuente potrebbe non avere conoscenza, per irritualità o, addirittura, inesistenza della relativa notifica. Ad esempio, nei casi di deviazione dal normale iter procedimentale, il contribuente potrebbe trovarsi ad essere destinatario di un atto esecutivo (pignoramento), senza avere mai ricevuto alcuna notifica di provvedimenti impositivi. In tutte queste ipotesi, non è sempre agevole stabilire quale sia il giudice munito del potere di decidere la controversia, introdotta dal contribuente per eccepire la prescrizione di una pretesa tributaria.
2. -Le norme di riferimento
Il sistema normativo di riferimento è alquanto articolato. Le disposizioni rilevanti in materia di giurisdizione sono:
a) l’art. 2, del d.lgs. n. 546/1992, che esclude dalla giurisdizione tributaria le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria, successivi alla notificazione della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’art. 50, d.p.r. n. 602/1973;
b) l’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, che elenca gli atti impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie, fra cui è ricompresa anche la cartella di pagamento. Tale norma è interpretata dalla giurisprudenza “estensivamente”, in modo cioè da ricomprendere tutti gli atti autoritativi, che recano una pretesa impositiva nei confronti del contribuente;
c) l’art. 49, comma 2, del d.p.r. n. 602/1973, in forza del quale il procedimento di espropriazione è regolato dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione;
d) l’art. 57 del d.p.r. n. 602/1973, che fissa dei limiti alla proponibilità delle opposizioni esecutive (in parte rimossi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 114/2018).
3. - La posizione della giurisprudenza
In tale articolato contesto, la S. Corte a SS. UU., con ord. 14 aprile 2020, n. 7822, ha messo ordine, richiamando l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale e di legittimità affermatasi in materia. Secondo i giudici di legittimità, in tema di controversie concernenti atti e provvedimenti di riscossione coattiva di entrate di natura tributaria, «il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria va così individuato:
– alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione sui fatti incidenti sulla pretesa tributaria (inclusi i fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa in senso sostanziale), che si assumano verificati fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, in caso di notificazione omessa, inesistente o nulla degli atti prodromici;
- alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione sulle questioni di legittimità formale dell’atto esecutivo come tale (a prescindere dalla esistenza o dalla validità della notifica degli atti ad esso prodromici), nonché sui fatti incidenti in senso sostanziale sulla pretesa tributaria, successivi all’epoca della valida notifica della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento o successivi (in ipotesi di omissione, inesistenza o nullità di detta notifica) all’atto esecutivo che abbia assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione».
La giurisdizione va determinata, dunque, tenendo conto del momento in cui sorge la contestazione, in relazione allo stato del procedimento esecutivo in corso, oltre che, ovviamente, del petitum.
4. – La giurisdizione nei casi di “sviluppo anomalo” della fase esecutiva esattoriale
Particolari problemi si pongono nei casi di sviluppo “anomalo” della fase esecutiva esattoriale, in presenza di vizi nella sequenza procedimentale della riscossione; ad esempio qualora il contribuente riceva la notifica di un pignoramento, con cui viene a conoscenza, per la prima volta, dell’esistenza del credito tributario, non avendo mai ricevuto la notifica di atti impositivi precedenti.
Proprio con specifico riguardo alla fattispecie della prescrizione, la S. Corte (SS. UU. n. 7288/2020 cit.) ha precisato che «se [la prescrizione] si assume verificata perché la notifica della cartella o dell’intimazione mancò, fu nulla o fu eseguita in modo inesistente e, quindi, non si poté verificare un effetto interruttivo del corso della prescrizione, il preteso fatto estintivo “prescrizione” suppone, per essere apprezzato, l’accertamento di detti vizi della notifica e, dunque, si risolve in una censura, il cui esame risulta riservato alla giurisdizione tributaria, tramite l’impugnazione della cartella o dell’intimazione, in quanto conosciute per il tramite ed in forza dell’atto esecutivo, che ne rivela l’esistenza».
Tale principio è stato ribadito, recentemente, da Cass., Sez. Un., 25 maggio 2022, n. 16986, che – nel ricostruire in modo dettagliato gli arresti più importanti degli ultimi anni – ha sancito la giurisdizione del giudice tributario, qualora il contribuente demandi all’esame del giudice «la definitività o meno delle cartelle di pagamento, pure contestualmente prospettando la prescrizione del debito, anche nel caso di ritenuta validità delle notifiche delle cartelle». In tale ipotesi, secondo la S.C., la giurisdizione sulla vicenda spetta al giudice tributario «in quanto l'insussistenza di una situazione di "definitività" delle cartelle di pagamento osta alla qualificazione delle questioni controverse come meramente esecutive, radicando pertanto la giurisdizione del giudice tributario».
Del resto, secondo le Sezioni Unite, in questa direzione militano anche esigenze di «concentrazione e di non frazionamento della giurisdizione tributaria, alla quale spetta indiscutibilmente il compito di vagliare la legittimità e validità della pretesa fiscale (Cass. S.U., n. 28709/2020, Cass. S.U., n. 20693/2021 e, da ultimo, Cass. S.U., n. 21642/2021 e Cass. S.U., n. 1394/2022) e di sindacare la correttezza formale e sostanziale dei provvedimenti di natura tributaria» messi in discussione (anche solo in via incidentale) dal contribuente.
In conclusione, la giurisdizione dipende dal contenuto della domanda del debitore:
a) se il contribuente chiede di accertare – anche incidentalmente – la ritualità della notifica dell’atto tributario, la giurisdizione spetterà al giudice tributario;
b) se non lo fa, la cognizione della controversia sarà riservata al giudice ordinario.
5. - La prescrizione eccepita in sede di ammissione al passivo fallimentare.
Infine, si segnala un importante cambiamento di rotta della giurisprudenza, che – dopo un periodo di decisioni contrastanti – si è finalmente orientata ad attribuire al giudice delegato la giurisdizione sull’eccezione di prescrizione del debito tributario, maturata dopo la notifica della cartella di pagamento, sollevata dal curatore in sede di esame della domanda di insinuazione al passivo, proposta dall’agente della riscossione.
«Ove, in sede di ammissione al passivo fallimentare, sia eccepita dal curatore la prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento, che segna il consolidamento della pretesa fiscale e l’esaurimento del potere impositivo, viene in considerazione un fatto estintivo dell’obbligazione tributaria di cui deve conoscere il giudice delegato in sede di verifica dei crediti e il tribunale in sede di opposizione allo stato passivo e di insinua-zione tardiva, e non il giudice tributario» (Cass., Sez. Un., 24 dicembre 2019, n. 34447; conf. Cass., sez. 6, ord. 20 maggio 2021, n. 13767).
La giurisdizione del G.D. sussiste dunque se:
- la prescrizione sia maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento;
- la relativa eccezione sia stata sollevata dal curatore in sede di ammissione al passivo fallimentare.
Questo nuovo orientamento è stato accolto con favore dagli operatori pratici, avendo scongiurato il rischio di lasciare gli organi fallimentari sguarniti di tutela giurisdizionale, ogni qual volta la proposizione dell’eccezione di prescrizione dovesse ritenersi preclusa, in conseguenza del decorso del termine per contestare utilmente la pretesa impositiva dinanzi al giudice tributario.
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Per un approfondimento di tali tematiche, si rinvia a: A. BENIGNI, R. MAGLIO, “Decadenza a prescrizione nel diritto e nel processo tributario”, Giappichelli, 2022.