Straniero radicato in Italia: i confini della protezione complementare dopo il Decreto Cutro

Articolo del 19/11/2025

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Il Decreto Cutro (D.L. 20/2023) ha eliminato la tutela della vita privata e familiare all’interno della protezione complementare?

Oppure tale tutela continua a operare tramite gli obblighi internazionali ed europei richiamati dal T.U. immigrazione?

La Prima Sezione della Cassazione, con la sentenza n. 29593 del 10 novembre 2025, ha precisato che la protezione complementare resta riconoscibile quando l’allontanamento comporta una lesione sproporzionata dei diritti garantiti dall’art. 8 CEDU, alla luce degli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato.

Il caso nasce dal rinvio pregiudiziale del Tribunale di Venezia, che deve decidere sulla posizione di un cittadino senegalese: rigettata la protezione internazionale, il giudice rileva però un concreto radicamento sociale e lavorativo in Italia, chiedendosi se ciò possa ancora giustificare il riconoscimento della protezione complementare.

Le normativa e la giurisprudenza rilevante

Le fonti giuridiche richiamate dalla Corte sono numerose e formano un quadro coerente:

  • Art. 5, comma 6, T.U. immigrazione → divieto di allontanamento in violazione degli obblighi costituzionali o internazionali.

  • Art. 19, comma 1.1, T.U. immigrazione (come modificato dal Dl 20/2023) → permane il rinvio agli stessi obblighi sovraordinati.

  • Art. 8 CEDU → diritto al rispetto della vita privata e familiare.

  • Articoli 2, 3, 10 e 117 Cost. → tutela dei diritti inviolabili e conformazione agli obblighi internazionali.

La Corte inoltre richiama alcuni precedenti giurisprudenziali, tra cui:

  • Cass., Sez. Un., 24413/2021 sulla protezione umanitaria come clausola generale.

  • Cass., Sez. Un., 935/2025 sul rapporto tra diritto d’asilo e protezione complementare.

  • Giurisprudenza CEDU (Boultif, Uner, Jeunesse) sui criteri di proporzionalità nell’allontanamento degli stranieri.

La decisione della Corte

La Cassazione ricostruisce il sistema dopo il Decreto Cutro e afferma che:

  • la protezione complementare continua a esistere come strumento per evitare che l’allontanamento produca una lesione dei diritti fondamentali;

  • la soppressione del riferimento esplicito alla vita privata e familiare nell’art. 19 non elimina la tutela, perché essa è comunque garantita dagli obblighi internazionali vincolanti;

  • il giudice deve valutare caso per caso:

    • radicamento sociale, lavorativo e relazionale;

    • durata della permanenza in Italia;

    • legami familiari e integrazione effettiva;

    • eventuali legami con il Paese di origine;

    • assenza di motivi ostativi legati a sicurezza nazionale o ordine pubblico.

Il criterio decisivo è la proporzionalità: se l’espulsione comporterebbe una rottura sproporzionata della vita privata o familiare, allora la protezione complementare va riconosciuta.

La Corte sottolinea inoltre che la tutela opera anche quando il radicamento si è formato durante la pendenza della procedura di protezione internazionale.

Cosa cambia nella prassi

La sentenza fornisce indicazioni operative molto chiare:

  • i giudici di merito devono condurre un’istruttoria completa e individualizzata sulla situazione privata e familiare dello straniero;

  • la Pubblica Amministrazione non può disporre l’espulsione senza una verifica della proporzionalità alla luce dell’art. 8 CEDU;

  • il Dl Cutro va interpretato in modo conforme agli obblighi sovranazionali, evitando letture restrittive incompatibili con la CEDU;

  • il radicamento effettivo – anche recente – può essere sufficiente per riconoscere la protezione complementare.

Conclusione 

La protezione complementare quindi non è stata eliminata dal Dl Cutro e continua a tutelare lo straniero radicato in Italia quando l’allontanamento comprometterebbe la sua vita privata o familiare, salvo esigenze di sicurezza nazionale.


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