È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 D.L. 48/2025, conv. in L. 80/2025, nella parte in cui introduce un divieto generalizzato di importazione, detenzione, lavorazione, distribuzione, commercio, spedizione, consegna e consumo dei prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.), anche in forma semilavorata o essiccata, prevedendone la riconduzione al regime sanzionatorio del D.P.R. 309/1990, fatta salva l’ipotesi di cui all’art. 2, co. 2, lett. g-bis), L. 242/2016.
Il Giudice rimettente rileva:
a) il difetto dei presupposti di necessità e urgenza richiesti dall’art. 77, co. 2, Cost., desumibile anche dalla eterogeneità del decreto-legge e dalla mancata dimostrazione di una situazione straordinaria;
b) il possibile contrasto con il principio di offensività (artt. 13, 25, co. 2, 27 Cost.), atteso che la disciplina vieta condotte relative a prodotti privi di comprovata capacità drogante, fondandosi su una presunzione assoluta di pericolo in assenza di evidenze scientifiche;
c) il possibile vulnus all’art. 117 Cost., in relazione agli artt. 34 e 36 TFUE, poiché il divieto assoluto incide sulla libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione e non appare proporzionato rispetto agli obiettivi di tutela della salute e della sicurezza pubblica, in mancanza di dati scientifici idonei a dimostrarne la pericolosità.
N. 5057/2024 R.G.N.R.
N. 1445/2025 R.G.GIP.
TRIBUNALE DI BRINDISI
Sezione GIP-GUP
ORDINANZA 2/12/2025
art. 23 Legge 11 marzo 1953 n. 87
La Giudice,
Letti gli atti del procedimento in epigrafe indicato e sciogliendo la riserva assunta all’odierna udienza del 26.06.2025;
O S S E R V A
1. Premessa. Ricostruzione in fatto.
In data 06.12.2024, funzionari e personale in servizio presso la Guardia di Finanza di Brindisi – 2° Nucleo Operativo sottoponevano a controllo mezzi e passeggeri in arrivo a Brindisi – località Costa Morena Ovest – dalla Grecia dalla M/N E. e, in specie, gli autoarticolati d’immatricolazione bulgara rispettivamente TG ………. e TG ……… e condotti da D. e Y.
Il primo dei due, in sede di controllo, esibiva la seguente documentazione commerciale:
- C s.n. del 04.12.2024 indicante 1.120 pcs per un peso di 440 kg di “Cartoni” spediti da K. e destinati alla “M. Società Semplice Agricola”;
- C. s.n. del 04.12.2024 indicante 242 pcs per un peso di 1510 Kg di "Industrial Hamp (Cannabis Sativa L.)" spediti da K. e destinati alla M. Società Semplice Agricola
- Fotocopia dei documenti n. 0001448 (varietà Fenom1) - 0001449 (varietà Fenom1)
- 0001451 (varietà Fenom1) tutte della specie vegetale Cannabis sativa L.;
- Test Report del 15.10.2024 n. xxxxx a firma di D., redatto in lingua bulgara e inglese, del Testing Center GLOBALTEST per conto di "Executive 1Agency for Variety testing, Field Inspection and Seed Control" di Sofia (BG) relativo alla determinazione del parametro "THC - Tetraidrocannabinolo";
- Certificato di "Pre-Export” n. EU/BG 2600014 del 04.12.2024 rilasciato dalla Agenzia per la Sicurezza Alimentare Bulgara a favore dello speditore s.m.1;
- Protocollo di campionamento per piante del genere canapa n. 24-2001383 del 04.09.2024 redatto in lingua bulgara e relativo al prodotto Cannabis sativa L. FENOM1;
- Autorizzazione alla coltivazione di piante del genere canapa (cannabis) con contenuto inferiore allo 0.3% in THC redatto in lingua bulgara n. P009-918 del Ministero dell'Agricoltura e dell'Alimentazione per la coltivazione n. EIK207292609 del 23.08.2023;
- Ricevute di conferma nei confronti della ditta ricevente in bianco.
Ancora, lo Y. metteva a disposizione degli operanti la documentazione di seguito enumerata:
- C. s.n. del 04.12.2024 indicante 81 pcs per un peso di 1.903 Kg di "Industrial Hamp (Cannabis Sativa L.), spediti da “KANNABIS 33 EOOD” e destinati alla M. Società Semplice Agricola”;
- C. s.n. del 04.12.2024 indicante 1.120 pcs per un peso di 440 Kg di "Cartoni" spediti da “KANNABIS 33 EOOD” e destinati alla M. Società Semplice Agricola;
- Fotocopia dei documenti n. 0000468 (varietà Fenoswiss) - 0000518 (varietà Fenomoon) - 0000519 (varietà Fenomoon) 0000520 (varietà Fenomoon) - 0000521 (varietà Fenomoon) tutte della specie vegetale Cannabis sativa L.;
- Test Report del 15.10.2024 n. RA89497 a firma di Dimitar Tanev, redatto in lingua bulgara e inglese, del Testing Center GLOBALTEST per conto di "Executive Agency for Variety testing, Field Inspection and Seed Control" di Sofia (BG) relativo alla determinazione del parametro "THC - Tetraidrocannabinolo";
- Certificato di "Pre-Export n. EU/BG 2600013 del 04.12.2024 rilasciato dalla Agenzia per la Sicurezza Alimentare Bulgara a favore dello speditore s.m.1;
- Autorizzazione alla coltivazione di piante del genere canapa (cannabis) con contenuto inferiore allo 0.3% in THC redatto in lingua bulgara n. P009-918 del Ministero dell'Agricoltura e dell'Alimentazione per la coltivazione n. EIK207292609 del 23.08.2023.
Al fine di procedere alla determinazione del contenuto di THC presente nella merce 2trasportata dai suddetti autoarticolati, nonché all’esatta classificazione doganale della stessa, in data 09.12.2024 personale in servizio presso il reparto antifrode della Dogana di Brindisi e della Guardia di Finanza effettuava il campionamento della merce in commento e trasmetteva, in totale, n. 24 campioni al Laboratorio ADM di Bari. L’esito delle analisi confermava trattarsi di Cannabis sativa L., classificata al codice NC12119086 (piante, parti di piante, semi e frutti, delle specie utilizzate principalmente in profumeria, in medicina o nella preparazione di insetticidi, antiparassitari o simili, freschi, refrigerati, congelati o secchi, anche tagliati, frantumati o polverizzati), ovvero al codice NC 53021000 (canapa greggia o macerata), con un contenuto di THC superiore allo 0,2%.
Atteso che tanto nei documenti relativi all’attività di test richiesta all'Agenzia Esecutiva per l'analisi delle varietà, l'approvazione e il controllo delle sementi del Ministero dell'Agricoltura e dell'Alimentazione bulgaro, quanto nei protocolli di campionamento per piante del genere canapa n. 24-2001383 del 04.09.2024, redatto in lingua bulgara e relativo al prodotto Cannabis sativa L. (documentazione esibita dal D. in sede di controllo) si faceva riferimento alle varietà di Cannabis “FENOM1” “FENOMOON” e
, “FENOSWISS” , il suddetto personale procedeva alla consultazione del Portale europeo "EUPVP" (nel quale sono elencate tutte le specie vegetali e agricole che possono essere commercializzate in UE ai sensi dell'art. 17 della Direttiva 2002/53/CE del Consiglio del 13 giugno 2002) e del sito istituzionale dell'Agenzia Esecutiva per l'analisi delle varietà, approvazione e il controllo delle sementi del Ministero dell'Agricoltura e dell'Alimentazione bulgaro. Dal richiamato controllo emergeva che, le varietà di Cannabis “FENOM1” ,
“FENOMOON” e “FENOSWISS” non sono presenti tra le varietà registrate sul Portale europeo "EUPVP", né, tantomeno, sono comprese nella "lista ufficiale delle varietà di piante agricole e vegetali accettate per la certificazione e il commercio nel territorio della Repubblica Bulgara".
Di conseguenza, la merce oggetto di trasporto e accertamento veniva sequestrata ai sensi dell’art. 354 c.p.p. e la notizia di reato veniva comunicata con CNR prot. nn. 18685 e 18686 del 16.12.2024 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi. Il giorno seguente (precipuamente, in data 17.12.2024), la notizia di reato veniva iscritta a carico di A. e C., in qualità di soci, legali rappresentati della M. Società Semplice Agricola, destinataria della merce sequestrata.
In data 29 gennaio 2025, il P.M. assegnatario del presente procedimento penale conferiva incarico alla Dott.ssa Giacoma Mongelli, in qualità di consulente tecnico, al fine di eseguire una perizia chimica - tossicologica sulla sostanza contenuta nel reperto 3relativo, per rispondere ai seguenti quesiti: ‹‹proceda il consulente, ad un campionamento rappresentativo della sostanza vegetale in sequestro prelevando soltanto le infiorescenze contenute in un minimo di almeno 20 dei 240 colli di cartone trasportati nel primo carico ed un numero minimo di almeno 8 degli 81 colli di cartone trasportati nel secondo carico; esegua il campionamento secondo le modalità scientifiche corrette; accerti se la varietà vegetale che risulta documentalmente dagli atti rientri in una di quelle previste nel catalogo comune delle varietà di specie di piante agricola ai sensi dell'art. 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio del 13.06.2002; accerti, per ogni campione formato, se le infiorescenze comprese nel singolo campione, contengano sostanze stupefacenti o psicotrope (in ipotesi il THC) secondo la vigente legislazione, indicando la tabella di appartenenza e la composizione qualitativa e se contengano altre sostanze non stupefacenti (in ipotesi il CBD); determini quantitativamente, con tecnica cromatografica, il contenuto percentuale ed assoluto dei principi attivi stupefacenti contenuti nelle infiorescenze del singolo campione (% di principio attivo e mg totali di principio attivo presente in ogni campione); nel caso in cui i risultati delle analisi dei campioni presentino discordanze significativa con i risultati e i valori ricavati dai tecnici del laboratorio dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli come riportato nei rapporti di Prova in atti, spieghi le ragioni di tale discordanze, dopo essersi confrontata con i tecnici refertanti e verificando la correttezza del metodo da essi usato; riferisca in merito alla capacità drogante prendendo in considerazione le modalità di possibile assunzione del principio attivo THC e l'interferenza con l'assunzione contestuale del principio CBD e gli effetti di cumulo di possibili assunzioni plurime (più spinelli) in un arco temporale ristretto; anche con riferimento ad eventuali associazioni del THC con altre sostanze; riferisca ogni altra indicazione utile alle indagini. Riferisca, il consulente, attingendo ai dati di tossicologia forense e di letteratura scientifica, quale sia il quantitativo in mg. Di principio attivo Delta 9 THC la cui assunzione (per inalazione da combustione della sostanza vegetale e/o dai suoi derivati come olio o resina) sia il grado di produrre effetti psicotropi.››.
Il consulente tecnico incaricato depositava l’elaborato conclusivo in data 28 marzo 2025 e la relativa integrazione il successivo 16 maggio, le cui conclusioni di seguito si riportano integralmente: ‹‹In Italia la canapa (Cannabis sativa L.) è sottoposta a un duplice regime normativo:
- per un verso è considerata pianta agricola e industriale e il suo utilizzo è regolato dalla Legge 242 del 2 dicembre 2016, ("Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa"). È il testo di riferimento che 4disciplina in Italia la produzione di canapa industriale. La legge si applica unicamente alle varietà ammesse nel Catalogo comune delle Varietà di specie delle piante agricole ottenute tramite sementi certificate. Le varietà ammesse nel Catalogo comune quindi "non rientrano" nell'ambito di applicazione del Testo Unico Stupefacenti (art.1, comma 2). Se ne deduce che tali varietà si possono coltivare, trasformare e commercializzare qualsiasi parte della pianta in tutta sicurezza, senza incorrere nei reati penali previsti dal Testo Unico Stupefacenti, rispettando ovviamente le normative specifiche dei settori di utilizzo (tipo alimentare, cosmetico e così via); come peraltro ritenuto dalla giurisprudenza, infatti, sono le destinazioni di utilizzo, tassativamente elencate dall'art. 2 della legge 242 a rendere lecita la filiera.
- per l'altro verso, qualsiasi varietà di canapa, indipendentemente dal suo tenore di THC, quanto a fiori, foglie, oli e resine, è classificata come pianta da droga dal Testo Unico Stupefacenti (DPR 309/1990, a eccezione " della canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali consentiti dalla normativa dell'Unione europea" (art. 14). Il Testo Unico Stupefacenti, quindi, riconosce l'eccezione solo "per la produzione di fibre o per altri usi industriali consentiti dalla normativa dell'Unione europea".
Dall'esame della documentazione in atti e dall'analisi strumentale delle infiorescenze prelevate dai rami in sequestro giudiziale è emerso che:
1) La sostanza vegetale in sequestro giudiziale è costituita da rami con foglie e infiorescenze derivanti da piante di Canapa, così suddivisa:
a) relativamente al camion con targa …………. condotto da D.: rami con foglie ed infiorescenze in quantità pari a 1.510,0 Kg, contenuti in un numero di scatole di cartone pari a 240 contro 242 dichiarate nel documento di trasporto;
b) relativamente al camion con targa …….. condotto da Y.: rami, con foglie ed infiorescenze in quantità pari a 1.903,0 Kg, contenuti in un numero di scatole di cartone pari a 81 su 81 dichiarate nel documento di trasporto;
2) Le trecentoventuno (321) scatole contenenti la biomassa a diverso stato di essiccazione, sono indistinguibili tra loro e prive di qualsiasi indicazione che ne certifichi il contenuto. Si osserva che tale modalità di confezionamento, non garantisce in alcun modo e/o misura che il contenuto di dette scatole sia effettivamente quanto riportato nei 5documenti di trasporto esibiti dai due camionisti al momento del fermo operato in data 06.12.2024 in Brindisi località Costa Morena dagli agenti della Guardia di Finanza in servizio durante normali controlli (ex art. 12 del D. Lgs. 141/2024).
3) Nei documenti di trasporto esibiti dai due camionisti al momento del fermo operato dalla G. di F., è riportato che il carico trasportato è costituito ramoscelli di piante di Canapa con percentuale di A-9-THC < 0.3% appartenenti alla specie vegetale Cannabis sativa varietà Fenom1 per il carico relativo al camion con targa ……….., e Cannabis sativa varietà Fenomoon e Fenoswiss per il carico relativa al camion con targa ……... Come sottolineato tali varietà non sono comprese sia tra le varietà ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, che nella Lista ufficiate delle varietà di piante agricole e vegetali accettate per la certificazione e il commercio nel territorio della Repubblica Bulgara" per il 2024. Ne deriva che la coltivazione e di conseguenza la commercializzazione di dette varietà di Cannabis non è consentita sia in UE che in Bulgaria, rientrando così nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
4) Dalle analisi eseguite in "Gascromatografia-FID (GC-FID)"' e in "Gascromatografia- Spettrometria di massa (GC-MS)", si è accertato che trattasi sicuramente di derivati di piante di canapa, data la presenza dei cannabinoidi in particolare del "Cannabidiolo (CBD)", del "Cannabigerolo (CBG)"' e del "Delta-9-Tetraidrocannabinoilo (4-9-THC). 5) Dall'analisi quantitativa finalizzata alla determinazione della percentuale media di 4- 9-THC e di CBD, eseguita su un totale di ventotto (28) aliquote campionate da ventotto cartoni (venti dal carico relativo al camion con targa X405 1EM e otto dal carico relativo al camion con targa X5042EM) selezionati a caso da un totale di 321 cartoni in sequestro, così come disposto dal P.M. al momento del conferimento dell'incarico, si è accertato che: a. ad eccezione del campione con codice "20A" il cui valore di 4-9-THC è pari allo 0,294%, i restanti campioni analizzati hanno un contenuto di 4-9-THC superiore allo 0,3% in peso e non inferiore a tale valore come riportato nella documentazione in atti esibita al momento del fermo, in particolare nel "Test report n. RA89498 del 15/10/2024" e nel "Test report n. RA89497 del 15/10/2024" a firma del TC GLOBALTEST Manager Dipl. eng. D., redatto in lingua bulgara e inglese. dal Testing Center GLOBALTEST per conto di "Executive Agency for Variety testing, Field Inspection and Seed Control" di Sofia 6(BG) relativo alla determinazione del parametro "THC- Tetraidrocannabinolo"; b. ad eccezione del campione con codice "5B" il cui valore di 4-9-THC è pari allo 0,522%, i restanti campioni analizzati hanno un contenuto di 4-9-THC inferiore allo 0,5% in peso. Poiché il limite di 0,5% discrimina piante della varietà sativa da quella indica, tale evidenza consente di affermare che detti campioni di infiorescenze ben essiccate sottoposti ad analisi derivano da piante di "Cannabis sativa varietà sativa";
6) Per quanto ampiamente rappresentato in perizia in particolare considerando:
- la specie vegetale dichiarata (Cannabis varietà Fenom1, Fenomoon e Fenoswiss); - la modalità di confezionamento di tale biomassa durante il trasporto (in scatole anonime);
- percentuali in peso di A-9-THC analiticamente determinate;
tutte le evidenze finora elencate rendono la coltivazione di tale varietà di Cannabis sativa L. (e soprattutto la commercializzazione della sostanza vegetale che ne deriva) "illegale" poiché non rientra nei requisiti richiesti per l'applicazione della legge 242/2016. Tale legge infatti autorizza esclusivamente la semina di semi certificati e quindi la coltivazione di varietà ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, e l'utilizzo della canapa che ne deriva, esclusivamente per fini alimentari, cosmetici, tessili ed edili purché non abbiano effetto drogante, cioè un contenuto percentuale in peso di A- 9-THC inferiore allo 0,2%, escludendo le foglie e le infiorescenze e i suoi derivati quali marijuana, hashish e olio di hashish dall'elenco dei prodotti legali. La produzione e commercializzazione di foglie e infiorescenze di Cannabis L. per uso ricreativo, pur essendo praticata nei cosiddetti "Cannabis shop", non è mai stata riconosciuta dalla normativa vigente rientrando così nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 - Testo unico sugli stupefacenti (DPR 309/90). Per poter valutare l'effetto drogante dei ventotto campioni di Cannabis prelevati da altrettante rispettive ventotto scatole scelte a caso tra le trecentoventuno (321) in sequestro giudiziale, occorre considerare il rapporto percentuale tra A-9-THC e CBD in esse contenuto. Dai valori calcolati è emerso che tutti i campioni analizzati presentano un rapporto percentuale di THC/CBD compreso tra 1 : 16 e 1: 27 trattasi quindi di Cannabis sativa L. con caratteristiche che contribuiranno ad attivare l'effetto entourage ad effetto non drogante; rientra in tale varietà di Cannabis anche il campione con codice "5B" pur 7presentando una percentuale di delta 9 THC pari a 0,522%, quindi superiore allo 0,5% percentuale che discrimina la Cannabis ad effetto drogante (indica) da quella non drogante (sativa), poiché il rapporto percentuali tra il THC e il CBD calcolato è pari a 1 : 21.
8) Dal confronto delle risultanze analitiche relative alla percentuale in peso del 4-9-THC ottenute dalla scrivente professionista presso il laboratorio Biochemical lab Service s.r.l., con quelle ottenute presso ADM DT-Puglia, Molise e Basilicata Ufficio Laboratorio di Bari, non si sono riscontrate significative differenze. Le minime differenze possono sicuramente imputarsi alla non omogenea composizione della sostanza vegetale sottoposta ad analisi prelevata in momenti diversi e dal prelievo di campioni eseguito da scatole diverse.
9) La giurisprudenza italiana considera come sostanza stupefacente la Cannabis con una quantità di THC pari allo 0,5% (5 mg di 4-9-THC puro contenuto in una dose da 1 gr di marijuana grezza, sono sufficienti ad indurre l'effetto stupefacente), quindi la forbice di tolleranza tra lo 0,2 % e lo 0,6% è valido solamente per i soggetti menzionati nella legge 242, cioè gli agricoltori (come sottolineato anche dalla recente "Circolare Salvini").
Tuttavia, la quantità minima di 4-9-THC (4-9-tetraidrocannabinolo) che può avere un effetto drogante, varia a seconda di diversi fattori come la via di somministrazione, la tolleranza individuale, la concentrazione di THC e altri composti presenti nella sostanza. In generale:
- assunzione attraverso il fumo: 2-5 mg di THC possono essere sufficienti per produrre effetti droganti, come anche una sensazione di rilassamento o euforia. - assunzione orale: 5-10 mg di THC possono essere necessari per produrre effetti simili a quelli del fumo.
È importante notare che queste sono solo stime e che la risposta individuale al THC può variare notevolmente.
Esistono inoltre molte ricerche scientifiche che hanno studiato gli effetti del THC e la sua quantità minima efficace, come ad esempio:
- Un altro studio pubblicato sulla rivista "Journal of Psychopharmacology" nel 2015 ha trovato che una dose di 2,5 mg di THC era sufficiente a produrre effetti lievi sulla percezione e sull'umore.
- Uno studio pubblicato sulla rivista "Psychopharmacology" nel 2018 ha trovato che una dose di 5 mg di THC è sufficiente a produrre effetti significativi sulla percezione e sull'umore.
- La National Institute on Drug Abuse (NIDA) degli Stati Uniti ha pubblicato una 8review sugli effetti del THC, nella quale si afferma che le dosi di 5-10 mg di THC sono sufficienti a produrre effetti significativi sulla percezione e sull'umore. - Uno studio pubblicato sulla rivista "Neuropsychopharmacology" nel 2012 ha trovato che una dose di 10 mg di THC era sufficiente a produrre effetti significativi sulla memoria e sulla concentrazione.
È importante sottolineare che queste ricerche sono state condotte in condizioni controllate e con partecipanti sani quindi i risultati potrebbero non essere generalizzabili a tutti i consumatori. Il THC è un composto psicoattivo e che il suo uso può avere effetti negativi sulla salute, specialmente se utilizzato in quantità elevate o per periodi prolungati››.
Con nota integrativa del 4 aprile 2025, l’Ufficio delle Dogane di Brindisi rappresentava che, in data 11 dicembre 2024, l'avv. E. inviava all'indirizzo mail istituzionale degli Uffici di Costa Morena, per conto della Società speditrice "Cannabis 33" EOOD, una e-mail avente ad oggetto "collaborazione e chiarimento sulla spedizione di canapa SATIVA", con la quale chiariva che la società in commento è titolare di due autorizzazioni (n. RD 09-918 del 23/08/2023 e n. RD 09-161 del 22/04/2024), rilasciate dal Ministero dell'Agricoltura e dell'Alimentazione bulgaro, per la coltivazione di piante del genere canapa (cannabis) con un contenuto di tetraidrocannabinolo inferiore allo 0,3% in peso, calcolato nella massa fogliate, nelle cime fiorite (infiorescenze) e nei frutti. Si chiariva, inoltre, che la varietà di canapa industriale oggetto della spedizione era stata coltivata e prodotta in conformità alla legislazione bulgara ed europea.
Ancora, il successivo 17 dicembre 2024 giungeva all'indirizzo e-mail istituzionale degli Uffici di Costa Morena, per conto della medesima Società "Cannabis 33" EOOD, una e- mail di rettifica della documentazione di trasporto. Con la ridetta comunicazione si precisava che agli autisti dei camion erano state fornite etichette errate, mentre si confermava la correttezza dei certificati di analisi del THC. Alla e-mail venivano allegate le fotocopie dei cartellini di confezioni di semi relative a due varietà di Cannabis sativa L. riportanti i seguenti dati:
- Eletta Campana, con paese di produzione Italia, confezioni chiuse il 03/2021; - Tiborszallasi, con paese di produzione Germania, confezioni chiuse il 03/2021. Secondo quanto riportato sulle confezioni, entrambe le tipologie di sementi erano indicate per "uso florovivaistico e orticoltura".
Con la nota in esame, l’Ufficio Dogane di Brindisi rappresentava agli inquirenti che (di seguito testualmente dalla richiamata nota dell’ADM):
9- ‹‹la documentazione che accompagnava i carichi e quella fornita successivamente dall'avvocato M., risultano non coerenti e, di fatto, non consentono di tracciare la filiera agro-industriale disciplinata dalla 242/2016. Ma vi è di più, la tracciabilità viene meno, non solo per quanto appena illustrato, ma anche perché, sebbene le varietà Eletta Campana e Tiborszallasi risultino inserite nel Catalogo comune Europeo, il "numero di sementi" e il "numero di lotto" riportati sul cartellino delle confezioni, non sono riconducibili in alcun modo alla merce oggetto del trasporto.››; - ‹‹l'altra autorizzazione indicata dall'avvocato, ossia la n. RD 09-161 del 22/02/2024, non è stata rinvenuta tra la documentazione allegata al carico di merce ma veniva richiamata solo nel contratto di vendita commerciale tra la Cannabis 33 s.r.l. e la M. Società Semplice Agricola.››;
- ‹‹è stata condotta una più approfondita analisi della documentazione commerciale a corredo della merce oggetto di sequestro e, in particolare, delle informazioni contenute nelle etichette relative alle varietà di Cannabis sativa L. esibite durante il controllo in Dogana (Fenom1, Fenoswiss e Fenomoon) (Allegato 7). Su tutte le etichette in questione erano, infatti, riportate le indicazioni "variety not yet officially listed (varietà ancora non ufficialmente inserita nella lista) e "for test and trials on" (solo per test e prove); pertanto, sono stati condotti ulteriori approfondimenti volti a definire il quadro relativo alla regolamentazione nazionale ed Europea attinente alla specie vegetale Cannabis sativa L. e, in particolare, alle modalità di inserimento delle sue varietà nel Catalogo comune Europeo. […] Atteso che, in Italia, l'autorità competente in materia di commercializzazione delle varietà vegetali, tra cui Cannabis sativa L., è rappresentata dal Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF) si è proceduto a contattare, a mezzo mail istituzionale, il funzionario di riferimento per la normativa sulla commercializzazione delle varietà vegetali, il dott. Federico Sorgoni (Direzione Generale dello Sviluppo rurale - Ufficio DIRS V). In particolare, sono state sottoposte all'attenzione del dott. Sorgoni le fotocopie delle etichette contenenti la denominazione delle varietà di Cannabis sativa L. (Fenom 1, Fenoswiss e Fenomoon) presenti tra la documentazione che accompagnava la merce trasportata. A seguito dell'analisi della suddetta documentazione il dott. Sorgoni ha rappresentato che, "per le varietà in questione, nel 2023 la Bulgaria ha inviato una notifica di concessione di autorizzazione alla commercializzazione di varietà per cui è stata presentata una domanda di iscrizione in un registro nazionale" chiarendo che "tale richiesta ha lo 10scopo di immettere sul mercato piccoli quantitativi di semente per valutarne le caratteristiche di coltivazione e far conoscere la varietà' (sensu Decisione 2004/842/EC) e che "il materiale (derivante dalla coltivazione di quelle sementi) seppur sperimentale, non è commercializzabile. Il soggetto che ha richiesto l'autorizzazione risulta essere la "Balkan Cannabis Seed & Consulting Ltd". Secondo quanto stabilito dalla Decisione 2004/842/EC le sementi, oggetto dell'autorizzazione, devono essere dotate di cartellini, di colore arancione, riportanti una serie di indicazioni tra cui: 1) l'autorità di certificazione; 2) il numero di lotto; 3) il mese e l'anno di sigillatura; 4) la specie; 5) la denominazione della varietà con la quale le sementi saranno immessi sul mercato; 6) l'indicazione "variety not yet officially listed"; 7) l'indicazione "for test and trials only". Inoltre, il dott. Sorgoni ha dichiarato che "non risultano notifiche dalla Bulgaria negli anni precedenti al 2023 per le varietà in questione e i cartellini arancioni sono rilasciati nel 2024". Con una mail successiva, il dott. Sorgoni ha inoltrato una risposta del Ministero della Sanità ad un quesito posto nell'anno 2022 e avente ad oggetto la commercializzazione della canapa dalla quale si evince, nel dettaglio, il quadro degli usi ritenuti leciti ai sensi della L. 242/2016.››.
Con decreto del 19 maggio 2025 (funditus nel prosieguo), il P.M. revocava il sequestro probatorio sulla sostanza sequestrata e ordinava, ex art. 87, D.P.R. 309/90, la distruzione della stessa, trattandosi di sostanza avente effetto stupefacente o comunque cosa illecita non commercializzabile (ai sensi della L. n. 80/2025).
2. La ricostruzione del quadro normativo: le modifiche apportate dall’art. 18, L. 80/2025 agli artt. 1, 2 e 4, L. 242/2016.
In data 9 giugno 2025, veniva pubblicata in G.U.– serie generale – n. 131, la Legge n. 80/2025 recante “Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario” , c.d. “decreto sicurezza” , entrato in vigore il 12 aprile 2025.
L’articolato – composto da 39 articoli – è suddiviso in sei Capi:
- il Capo I, recante «Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del terrorismo e della criminalità organizzata nonché in materia di beni sequestrati e confiscati e di controlli di polizia» (composto da nove articoli: artt. 1-9);
- il Capo II, recante «Disposizioni in materia di sicurezza urbana» (composto da nove articoli: artt. 10-18);
- il Capo III, recante «Misure in materia di tutela del personale delle forze di polizia, delle forze armate e del corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché degli organismi di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 124» (composto da quattordici articoli: artt. 19-32);
- il Capo IV, recante «Disposizioni in materia di vittime dell’usura» (composto da un solo articolo: art. 33);
- il Capo V, recante «Norme sull’ordinamento penitenziario» (composto da quattro articoli: artt. 34-37);
- il Capo VI, recante «Disposizioni finali» (composto da due articoli: artt. 38-39). Per quanto qui d’interesse, nel decreto in esame, al capo II, è inserito, l’art. 18, rubricato “modifiche alla legge 2 dicembre 2016, n. 242, recante disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa” , il quale modifica e integra gli artt. 1, 2 e 4, della legge 2 dicembre 2016, n. 242.
L’incipit della disposizione in commento, nel rivelare a mezzo dello stesso testo di legge l’intentio legis, chiarisce che le modifiche legislative introdotte dalla decretazione d’urgenza si sono rese necessarie «al fine di evitare che l’assunzione di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.) o contenenti tali infiorescenze possa favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che espongano a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale […]».
L’art. 18, alla lett. a), modifica l’art. 1 della legge n. 242 del 2016 attraverso le seguenti quattro novelle, l’ultima delle quali (nuovo comma 3-bis) di rilievo penalistico:
1) interviene sul comma 1, specificando che la promozione della coltivazione della canapa è ammessa soltanto a livello di filiera industriale;
2) modifica il comma 3, prevedendo che le suddette misure di sostegno e promozione si rivolgono «in via esclusiva» alla coltura della canapa «comprovatamente» finalizzata alle attività ivi previste;
3) modifica il comma 3, lett. b), eliminando, tra le finalità dell’incentivazione della canapa, l’«impiego» e il «consumo finale» di semilavorati e finalizzando la realizzazione degli stessi ai soli «usi consentiti dalla legge»;
4) aggiunge un nuovo comma 3-bis, espressamente escludendo, «salvo quanto disposto dal successivo articolo 2, comma 2, lettera g-bis)», l’applicazione della legge n. 242 del 2016 «all’importazione, alla lavorazione, alla detenzione, alla cessione, alla 12distribuzione, al commercio, al trasporto, all’invio, alla spedizione, alla consegna, alla vendita al pubblico e al consumo di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, o contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati» e mantiene «ferme le disposizioni del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309».
La lett. b) dell’art. 18 modifica, invece, l’art. 2 della legge n. 242/2016, precisando che le colture di canapa consentite destinate al florovivaismo devono presentare carattere professionale e introducendo la lett. g-bis) al comma 2 - riguardante la «produzione agricola di semi destinati agli usi consentiti dalla legge entro i limiti di contaminazione stabiliti dal decreto del Ministro della salute ai sensi dell’articolo 5 della presente legge» - e il comma 3-bis recante il seguente divieto:
«Sono vietati l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa coltivata ai sensi del comma 1 del presente articolo, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti o costituiti da tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati. Si applicano le disposizioni sanzionatorie previste dal titolo VIII del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. È consentita solo la lavorazione delle infiorescenze per la produzione agricola dei semi di cui alla lettera g-bis) del comma 2». Di talché, il divieto neo-introdotto, fatta salva l’eccezione di cui all’art. 2, comma 3, lett. g-bis), ricade sulle infiorescenze, ossia i fiori femminili della “Cannabis sativa L.” disposti in glomeruli, considerate, a decorrere dal 12 aprile 2025, oggetto di condotte sanzionabili ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990. In altri termini – quelli, efficacemente utilizzati nella relazione dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte Suprema di Cassazione n. 33 del 23 giugno 2025 – ‹‹per effetto del combinato disposto della clausola di non applicazione enunciata all’art. 1, nuovo comma 3-bis, e del corrispondente divieto stabilito all’art. 2, nuovo comma 3-bis, legge n. 242 cit., penalmente presidiato, a far data dal 12 aprile 2025, è divenuta (alternativamente) vietata, sotto comminatoria di applicazione degli artt. 73 ss. d.P.R. n. 309 del 1990, l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa, in qualsiasi forma (semilavorata, essiccata o triturata) nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze (compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati). È però consentita, in via d’eccezione rispetto al divieto generalizzato – e sempre a livello industriale (giammai “domestico”) – la produzione agricola di semi di canapa […]›› (Cfr. pag. 77 della citata relazione).
3. In punto di rilevanza della questione.
A scioglimento della riserva, ritiene questa Giudice doversi sollevare questione di legittimità costituzionale in relazione agli artt. 13, 25, comma 2, 27, comma 3, 77, comma 2, e 117, Cost., con riferimento all’art. 18, D.L. n. 48/2025, convertito senza modificazioni dalla Legge n. 80/2025, nella parte in cui vieta l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione, la consegna, la vendita al pubblico e al consumo di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati, fatta salva la lavorazione delle infiorescenze per la produzione agricola dei semi di cui alla lett. g-bis), comma 2, art. 2, L. n. 80/2025. Va, preliminarmente, osservato che la proposizione della questione di legittimità costituzionale veniva sollecitata in data 26 giugno 2025 nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto l’opposizione, ai sensi dell’art. 263, comma 5, c.p.p., avverso il decreto, del 19 maggio 2025, con il quale il P.M. revocava il sequestro probatorio dei beni sequestrati (cfr. par. 1 dell’ordinanza) e ordinava, ex art. 87, D.P.R. 309/90, la distruzione degli stessi. In specie, il Pubblico Ministero, nel summenzionato decreto, rilevava: ‹‹che la sostanza vegetale (fiori e infiorescenze) derivante dalla coltivazione e dallo sviluppo delle piante di Cannabis è compresa in quanto tale (a prescindere dalle varietà) tra le sostanze vietate previste dalla Tabella II allegata al D.P.R. 309/1990 (tabella formata sulla base delle indicazioni contenute nell'art. 14 comma 1 lett. b) n. 1);
- che la sostanza vegetale derivante dalla coltivazione della Cannabis può essere esclusa dal campo di applicazione del D.P.R. 3029/1990 e può rientrare nel campo di applicazione della normativa europea di cui alla direttiva 2002/56/CE del Consiglio del 3 giugno 2002 e nel campo di applicazione della legge nazionale n. 242/2016 che rendono lecita la coltivazione (in funzione di specifici usi industriali e quindi anche la conseguente commercializzazione della sostanza vegetale derivata dalla coltivazione) soltanto nel caso in cui essa derivi dalla coltivazione di varietà di piante comprese nel "Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole ai sensi della direttiva 2002/56/CE del Consiglio del 3 giugno 2002" (nel quale non sono comunque comprese le varietà Fenom 1, Fenoswiss e Fenomoon oggetto del sequestro) e purché (altra condizione stabilita dalla legge nazionale n. 242/2016) la percentuale di principio attivo del Delta 9 14THC non superi la soglia dello 0,2 %;
- che, in ragione della presenza in essa di percentuali di principio attivo Delta 9 THC superiori allo 0,2 %, è da considerare a tutti gli effetti sostanza illegale per la quale è vietata la commercializzazione (essendo lecita ma solo per l'agricoltore la coltivazione di piante delle varietà ammesse ed essendo lo stesso esentato da responsabilità penale nel caso in cui la percentuale di principio attivo Delta 9 THC sia superiore allo 0,2% ma inferiore allo 0,6%);
- che solo con riferimento alla condotta di coltivazione della Cannabis della specie Sativa è stabilito dalla legge n. 242/2016 un range di tolleranza per la quantità di principio attivo Delta 9 THC contenuto nella sostanza vegetale che, se compreso tra lo 0,2 % e lo 0,6 %, fa andare esente il coltivatore da responsabilità penale;
- che, con riferimento a tutte le altre condotte diverse dalla coltivazione e quindi anche per le condotte di importazione così come per quelle di detenzione e cessione e vendita, allorquando non ricorrono le condizioni per l'applicazione della legge n. 242/2016 (nel caso di specie queste condizioni non ricorrono perché il prodotto discende da coltivazione di specie vegetali non ricomprese nel Catalogo europeo, manca la tracciabilità del prodotto che risultava confezionato in scatole anonime con conseguente impossibilità di controllare la provenienza da coltivazione effettuata con sementi certificate, il prodotto presenta concentrazioni di principio psicoattivo Delta 9 THC superiori allo 0,2% sebbene inferiori allo 0,6%) si applicano le disposizioni del T.U. Stupefacenti di cui al D.P.R. 309/1990;
- che gli accertamenti tecnici sulla sostanza vegetale in sequestro (prelievo dei campioni ed analisi qualitativa e quantitativa) sono stati svolti nel contraddittorio delle parti, ai sensi dell'art. 360 c.p.p., e si sono conclusi con il deposito della relazione di consulenza tecnica sopra richiamata;
- che risulta ormai accertata la mancanza dei presupposti per l'applicazione della legge n. 242/2016 e la riconducibilità della condotta di importazione in contestazione nella fattispecie prevista e punita dall'art. 73 comma 4 D.P.R. 309/1990 (che è fattispecie di pericolo concreto);
- che non si può affatto escludere una sia pur minima capacità drogante per effetto dell'assunzione della sostanza così come sequestrata (avente percentuale di principio attivo delta 9 THC superiori allo 0,2% sebbene inferiori allo 0,6% e nonostante l'effetto di parziale inibizione del funzionamento del Delta 9 THC conseguente alla interazione con il CBD) specialmente in relazione alle condizioni pregresse di salute e all'età di un 15potenziale consumatore, con conseguente pericolosità della sostanza per la salute delle persone e per la salvaguardia delle giovani generazioni (beni giuridici oggetto della protezione realizzata dalla norma incriminatrice come individuati dalla Corte Costituzionale);
- che in condizioni di utilizzo della sostanza vegetale non tal quale come sequestrata ma per come eventualmente trasformata e raffinata mediante processi di separazione del principio attivo Delta 9 THC dal principio CBD, risulta certamente presente la capacità drogante della sostanza e la sua pericolosità per la salute dell'assuntore; - che ai sensi dell'art. 87 D.P.R. 309/1990, una volta che sia compiuta l'attività di prelievo di campioni rappresentativi della sostanza stupefacente (nel caso di specie non solo il prelievo dei campioni ma anche l'analisi qualitativa e quantitiva della sostanza è stata effettuata in contraddittorio con le parti) "l'autorità giudiziaria ordina la distruzione delle sostanze stupefacenti e psicotrope";
- che, con riferimento ai derivati della coltivazione della Cannabis Sativa, proprio di recente, Il legislatore, con Decreto-Legge 11.04.2025 n. 48 (non ancora convertito in legge ma già in vigore a partire dal 12.04.2025, giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 85 dell'11.04.2025) ha introdotto nell'art. 18 (la cui rubrica recita: "Modifiche alla legge 2 dicembre 2016 n. 242 recante disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa") una serie di disposizioni di rilievo, precedute da una significativa manifestazione di intento: "Al fine di evitare che l'assunzione di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.) contenenti tali infiorescenze possa favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che espongano a rischio la sicurezza o l'incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale, alla legge 2 dicembre 2016, n. 242, sono apportate le seguenti modificazioni"; di rilevo è il testo del comma 3 bis aggiunto all'articolo 1 della legge n. 242/2016 nel quale si legge: "Salvo quanto disposto dal successivo articolo 2, comma 2, lettera g-bis), le disposizioni della presente legge non si applicano all'importazione, alla lavorazione, alla detenzione, alla cessione, alla distribuzione, al commercio, al trasporto, all'invio, alla spedizione, alla consegna, alla vendita al pubblico e al consumo di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, o contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati. Restano ferme le disposizioni del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;" ancora più rilevante appare il testo del comma 3 bis aggiunto all'articolo 2 della legge n. 242/2016 16nel quale è statuito che "Sono vietati l'importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l'invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa coltivata ai sensi del comma 1 del presente articolo, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti o costituiti da tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati. Si applicano le disposizioni sanzionatorie previste dal titolo VIII del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. E' consentita solo la lavorazione delle infiorescenze per la produzione agricola dei semi di cui alla lettera g-bis) del comma 2"; trattasi di disposizioni dalle quali si ricava una inequivoca criminalizzazione di tutte le condotte diverse dalla coltivazione che siano realizzate da soggetto diverso da quello autorizzato alla coltivazione aventi ad oggetto i derivati della coltivazione della Cannabis Sativa e si ricava altresì una qualificazione dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze come cose intrinsecamente illecite in relazione alle quali opera la regola prevista dall'art. 240 comma 2 n. 2) c.p. della confisca obbligatoria "delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna";
- che, in forza del novum normativo sopra illustrato, anche a prescindere dalla ritenuta qualificazione della biomassa vegetale in sequestro come sostanza ad effetto stupefacente e a prescindere dalla ritenuta o meno illiceità penale e responsabilità penale per le condotte di importazione in contestazione, giammai la sostanza in sequestro potrebbe essere commercializzata e sarebbe comunque destinata alla confisca, anche in assenza di condanna […]››.
In data 29 maggio 2025, il difensore degli indagati – A. e C.
Igor – , munito di procura speciale, proponeva opposizione avverso il decreto di distruzione del 19 maggio 2025.
Con decreto del 12 giugno 2025, questa Giudice fissava, ai sensi degli artt. 263, comma 5, e 127 c.p.p., l’udienza camerale del 26 giugno 2025 per la decisione sull’opposizione medesima: nel corso della ridetta udienza, il difensore degli indagati formulava istanza di sospensione del procedimento e di proposizione di questione di legittimità costituzionale con riferimento alla L. n. 80/2025, di conversione del D.L. 48/2025. Si ritiene sussistente la rilevanza della questione di legittimità costituzionale di cui in premessa in relazione al giudizio a quo, atteso che dalla decisione della stessa dipende la possibilità, per questa Giudice, di definire il segmento procedimentale di cui trattasi mediante l’accoglimento, ovvero il rigetto, dell’opposizione formulata dagli indagati avverso 17l’ordine di distruzione emesso dal P.M. ai sensi dell’art. 87 T.U. Stupefacenti. Invero, le modifiche introdotte agli artt. 1 e 2, L. n. 242/2016 dall’art. 18, D.L. n. 48/2025, convertito dalla L. n. 80/2025, vietano, a decorrere dal 12 aprile 2025, le condotte, diverse dalla coltivazione, poste in essere da soggetto diverso dal coltivatore e aventi ad oggetto (ivi riposa il vero nucleo del novum) le infiorescenze di canapa e i prodotti contenenti tali infiorescenze, fatta salva la lavorazione delle infiorescenze per la produzione agricola dei semi di cui alla lett. g-bis) del comma 2 dell’art. 2, L. n. 242/2016: le disposizioni neo- introdotte, come rilevato dal P.M., estendono, pertanto, l’ambito di applicazione dell’art. 240, comma 2, n. 2), c.p. ai derivati della coltivazione della Cannabis della specie sativa, anche a prescindere da un comprovato effetto stupefacente della sostanza. Di conseguenza, la tenuta costituzionale dell’art. 18, L. n. 80/2025 imporrebbe il rigetto dell’opposizione formulata dagli odierni indagati avverso l’ordine di distruzione emesso ai sensi dell’art. 87, D.P.R. 309/90.
4. In punto di non manifesta infondatezza della questione.
4.1. Rispetto all’art. 77, comma 2, Cost.
Il D.L. n. 48/2025 è stato emesso al di fuori dei casi straordinari di necessità e urgenza che, a mente dell’art. 77, comma 2, Cost., rappresentano il presupposto affinché il potere esecutivo possa esercitare la funzione legislativa, ferma restando la conversione del decreto medesimo in sede parlamentare . Non appare ultroneo, in questa sede, rammentare la centralità rivestita dall’art. 77 Cost. nel sistema delle fonti primarie. Invero, laddove il primo comma della disposizione medesima vieta al Governo, in mancanza di delegazione delle Camere, l’emanazione di decreti aventi valore di legge ordinaria, in virtù del comma 2 dell’art. 77 Cost. eccettuano rispetto alla regola i casi straordinari di necessità e urgenza, in presenza dei quali il Governo è abilitato, sotto la sua responsabilità, ad assumere provvedimenti provvisori con forza di legge, fatta salva la loro presentazione alle Camere per la conversione in legge. Così delineati i tratti essenziali del nostro assetto costituzionale – che poggia su di una “tendenzialmente” netta separazione tra i poteri dello stato ai fini della migliore attuazione dei principi connotanti la nostra forma di governo – , s’impone di chiarire che, dalla disciplina dell’art. 77 Cost. discende, quale logico corollario, che la decretazione d’urgenza rinviene la propria ineludibile giustificazione nel rispetto dei presupposti tratteggiati dalla 18norma, vale a dire (così come ribadito a più riprese dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale – Cfr. ex multis Corte Cost. n. 8/2022; Corte Cost. n. 146/2024), la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l’urgenza di provvedere tramite l’utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge. Di talché, il mancato rispetto del requisito di validità dell’adozione di tale atto, configura un vizio di legittimità costituzionale del medesimo, che non è sanato dalla legge di conversione, la quale, ove intervenga, risulta a sua volta inficiata da un vizio in procedendo.
D’altro canto, per vero, non può farsi a meno di rilevare che l’espressione prescelta in sede Costituente per indicare i presupposti della decretazione d’urgenza risulta connotata da un tale margine di elasticità da legittimare il Governo ad apprezzare la loro esistenza con riguardo a una pluralità di situazioni per le quali non sono configurabili rigidi parametri (Cfr. Corte Cost. n.137/2018 e n. 171/2007). Per tale ragione il sindacato del Giudice delle leggi resta circoscritto alle ipotesi di “mancanza evidente” dei presupposti in discorso o di manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della loro valutazione (ex plurimis, Corte Cost. sent. n. 186/2020; n. 288/2019; n. 97/2019, n. 137/2018; n. 99/2018; n. 5/2018; n. 236/2017; n. 170/2017).
Tutto messo in evidenza in via di necessaria premessa, occorre in questa sede verificare, alla stregua di indici intrinseci ed estrinseci alla disposizione impugnata, se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità e d’urgenza di provvedere (già citata Corte Cost., sent. n. 171/2007).
Ebbene, vale anzitutto la pena di ricordare che il D.L. n. 48/2025, convertito senza modificazioni dal Parlamento, riproduce pressoché integralmente il contenuto del corrispondente disegno di legge “sicurezza” , di iniziativa governativa, che la Camera dei deputati aveva approvato in prima lettura il 18 settembre 2024 e trasmesso al Senato il giorno successivo. Le Commissioni riunite I e II del Senato della Repubblica, in sede referente, lo avevano esaminato e approvato in un testo in minima parte modificato in data 26 marzo 2025, sicché alla data di emanazione del decreto-legge - deliberato dal Consiglio dei ministri il 4 aprile scorso – il provvedimento era pronto per l’esame del Senato: pertanto, il testo di quel disegno di legge stava per essere approvato con modificazioni dal Senato e, di conseguenza, sarebbe dovuto tornare alla Camera. In realtà, l’Assemblea del Senato, nella seduta del 16 aprile 2025, non ha proceduto all’esame del d.d.l. “sicurezza” , proprio in ragione dell’avvenuta presentazione, nel contempo, del disegno di legge di conversione del D.L. n. 48/2025 alla Camera dei deputati. La circostanza appena richiamata, fra le altre, ha suscitato perplessità fra gli 19intellettuali e gli operatori del diritto sulla sussistenza dei presupposti giustificativi per il ricorso alla decretazione d’urgenza, soprattutto ove si consideri che il Governo proponente non si era avvalso della facoltà, prevista dall’art. 72 Cost. e dai regolamenti parlamentari, di chiedere l’esame con procedura d’urgenza del disegno di legge “sicurezza” .
Anzitutto, per costante insegnamento della Consulta, l’utilizzazione del decreto-legge – e l’assunzione di responsabilità che ne consegue per il Governo secondo l’art. 77 Cost. – non può essere sostenuta dall’apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta (Cfr. ancora Corte Cost. n. 171/2007 e n. 128/2008). Di contro, nel preambolo del D.L. n. 48/2025, le motivazioni appaiono generiche e tautologiche, apodittiche, “inusitatamente articolate tra casi in cui vi è la «straordinaria necessità e urgenza» di provvedere e casi in cui, invece, ricorre solo la «necessità e urgenza».
A tanto si aggiunga che, la relazione che accompagna il d.d.l. di conversione alla Camera dà conto della ratio delle norme, ma non si sofferma sulle ragioni che giustificano la necessità e l’urgenza di ricorrere al decreto-legge per anticiparne l’approvazione. Solo nel documento (redatto successivamente) di Analisi Tecnica normativa si giustifica il ricorso alla decretazione d’urgenza «alla luce della necessità di approntare una immediata e più incisiva risposta sanzionatoria e dissuasiva nei confronti di gravi fenomeni delinquenziali che rappresentano una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica, determinano una crescente percezione di insicurezza tra cittadini e espongono, inevitabilmente, a grave pericolo l’incolumità fisica delle Forze di Polizia».
Ancora. Dal punto di vista delle finalità perseguite e, quindi, del contenuto, il provvedimento d’urgenza nasce eterogeneo - così come lo era l’originario d.d.l. sicurezza - : orbene, come noto, la disomogeneità è stata a più riprese considerata “figura sintomatica” dell’insussistenza dei presupposti giustificativi del provvedimento d’urgenza ex art. 77 Cost. (ex multis Corte cost., sent. n. 146/2024; Corte cost., sent. n. 22/2022; Corte cost., sent. n. 138/ 2018; Corte cost., sent. n. 244/ 2016). Sul tema, se la Corte costituzionale da un lato non ha escluso la possibilità di decreti a “contenuto plurimo” , ha ritenuto, purtuttavia, che le disposizioni di provvedimenti governativi di tal fatta debbano essere “accomunate dall’obiettivo e tendere tutte a una finalità unitaria, pur se connotata da notevole latitudine” (da ultimo Corte cost., sent. n. 146/2024).
Nel caso in esame, il decreto “sicurezza” difetta, ictu oculi, di una presentazione generale, idonea a consentire l’individuazione del nucleo centrale dell’intera operazione di produzione normativa, considerato che le finalità del provvedimento – che necessitano di essere estrapolate dal titolo, dal preambolo e dai principali capi che lo compongono, mancando una indicazione precisa e inequivoca a monte – sono plurime e, dunque, almeno sei:
1) potenziare le attività di prevenzione e il contrasto del terrorismo e della criminalità (Capo I);
2) migliorare l’efficienza e la funzionalità dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Capo I);
3) adottare misure in materia di sicurezza urbana e controlli di polizia (Capo II)
4) introdurre misure in materia di tutela del personale delle forze di polizia, delle forze armate e del corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché degli organismi dei servizi (Capo III);
5) introdurre disposizioni in materia di vittime dell’usura» (Capo IV);
6) introdurre misure in materia di ordinamento penitenziario (Capo V).
A tali distinte finalità corrisponde una inevitabile e consequenziale eterogeneità di contenuto.
Questa Giudice, pertanto, ritiene non possa dubitarsi che la eterogeneità delle finalità perseguite dal D.L. “sicurezza” , in uno con la disomogeneità che caratterizza le singole disposizioni recate dal decreto in esame, infici, irreversibilmente, la positività della valutazione circa la legittimità dello stesso, atteso che vanno valutate alla strega di indici intrinseci che palesano la sussistenza della c.d. “disomogeneità per tabulas” del decreto- legge n. 48/2025, il quale, di conseguenza, rientra a pieno titolo fra i decreti aventi forza di legge privi di requisiti di validità costituzionale, suscettibili di alterare, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, “gli equilibri fondamentali della forma di governo” .
4.2. Rispetto agli artt. 13, 25, comma 2, e 27, comma 3, Cost., quali referenti costituzionali del principio di offensività
Come noto, in forza del principio di offensività, un elemento costitutivo fondamentale del fatto penalmente rilevante è l'offesa di un bene giuridico, che può assumere la forma della lesione, ossia del nocumento effettivo, ovvero quella dell'esposizione a pericolo, ossia del nocumento potenziale.
Nell’ambito del nostro ordinamento penale il principio di offensività opera su due piani 21distinti: da un lato, come precetto rivolto al legislatore, diretto a limitare la repressione penale a fatti che, nella loro configurazione astratta, esprimano un contenuto offensivo di beni o interessi ritenuti meritevoli di protezione ("offensività in astratto"); dall'altro, come criterio interpretativo-applicativo affidato al giudice, il quale, nella verifica della riconducibilità della singola fattispecie concreta al paradigma punitivo astratto, dovrà evitare che ricadano in quest'ultimo comportamenti privi di qualsiasi attitudine lesiva ("offensività in concreto").
Nonostante l'assenza di una norma costituzionale che lo consacri espressamente, l'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale ha comunque ricavato, dal sistema costituzionale, il principio per cui il reato deve consistere nell'offesa del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice. La giurisprudenza costituzionale, inoltre, ha da tempo chiarito in che modo si atteggia la ripartizione di competenze tra giudice costituzionale e giudice ordinario: in particolare, per quanto qui d’interesse, ‹‹spetta, in specie, alla Corte - tramite lo strumento del sindacato di costituzionalità - procedere alla verifica dell'offensività “in astratto” , acclarando se la fattispecie delineata dal legislatore esprima un reale contenuto offensivo; esigenza che, nell'ipotesi del ricorso al modello del reato di pericolo, presuppone che la valutazione legislativa di pericolosità del fatto incriminato non risulti irrazionale e arbitraria, ma risponda all'id quod plerumque accidit.›› (Cfr. Corte Cost., sent. n. 225/2008; sent. n. 265/2005; sent. n. 263/2000; sent. n. 519/2000).
Il fondamento costituzionale del principio di offensività veniva, tradizionalmente, desunto:
- dall'art. 13 Cost., che tutela la libertà personale, sicché l'irrogazione di una sanzione penale (limitativa di quel bene) può essere ammessa solo come reazione ad una condotta che offenda un bene di pari rango;
- dall'art. 25, co. 2, Cost., che subordina la sanzione penale alla commissione di un "fatto", sicché è necessario che il legislatore punisca condotte materiali ed offensive e non la mera disobbedienza, atteso che in caso contrario la pena non potrebbe svolgere la sua funzione di orientamento culturale;
- dagli artt. 25 e 27 Cost., che distinguono tra pena e misura di sicurezza: sanzionare con una pena una condotta non offensiva, ma di semplice disobbedienza, seppur sintomatica di pericolosità sociale, significherebbe infatti assegnare alla stessa la funzione propria della misura di sicurezza;
- dall'art. 27, co. 3, Cost., in quanto la condanna per mere violazioni di doveri o per condotte non offensive di alcun bene frustrerebbe la funzione rieducativa della pena: l'applicazione di una sanzione penale per un fatto inoffensivo farebbe percepire la stessa come ingiusta ed il reo non sarebbe predisposto ad accettare l'offerta di recupero sociale di cui essa è portatrice.
(edit by Mister Lex)
Di recente, per vero, la Consulta ha chiarito che il rispetto del principio di offensività (nullum crimen sine iniuria) è ‹‹desumibile, in specie, dall'art. 25, co. 2, Cost., in una lettura sistematica cui fa da sfondo l'insieme dei valori connessi alla dignità umana›› e che il ridetto principio ‹‹comporta che il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, può reprimere sul piano penale, come fattispecie di reato, soltanto condotte che, nella loro descrizione tipica, comunque, rispettosa del principio di legalità, consistano, altresì, in comportamenti dal contenuto offensivo di beni meritevoli di protezione, anche sotto il profilo della loro mera esposizione a pericolo.›› (ex multis, Cfr. Corte Cost. sent. n. 211/2022)
Sul pianto "astratto", il principio di offensività si rivolge, pertanto, al legislatore e svolge la funzione di "limite" delle scelte di incriminazione dallo stesso compiute, tanto da poter fondare un giudizio di legittimità costituzionale delle stesse.
Pertanto, la Corte costituzionale ha riconosciuto da tempo al principio di offensività in astratto il valore di limite di rango costituzionale alla discrezionalità legislativa in materia penale, attribuendosi il compito di accertarne il rispetto.
Tanto premesso e venendo al caso in esame, nel settore economico sviluppatosi nel nostro Paese attorno alla coltivazione della canapa agroindustriale all’indomani della legge n. 242 del 2016, le infiorescenze rappresentano la gran parte del mercato di riferimento. Ebbene, in assenza della dimostrazione scientifica che l’uso dei prodotti derivanti da piante di canapa possa provocare effetti psicotropi o nocivi sulla base dei dati scientifici disponibili e condivisi, vietarne ex abrupto, sotto comminatoria di applicazione della legge penale, la coltivazione industriale finora consentita ai sensi dell’art. 2, comma 2, legge n. 242 del 2016, confligge, fuor di dubbio, con il principio di offensività. Secondo quanto consegnatoci dalla letteratura scientifica sul tema, nelle infiorescenze della canapa si concentrano i tricomi, ossia delle ghiandole resinose che contengono cannabinoidi, terpeni e flavonoidi. I principali e più abbondanti cannabinoidi presenti nella canapa estraibili dalle infiorescenze (femminili) sono il Δ9-tetraidrocannibolo (Δ9-THC o semplicemente “THC”) e il cannabidiolo (“CBD”).
Prima dell’entrata in vigore, il 12 aprile 2025, del D.L. 48/2025, la circolare MIPAAF n. 5059 del 22 maggio 2018 aveva chiarito che, le infiorescenze della canapa, pur non essendo citate espressamente dalla citata legge n. 242 né tra le finalità della coltura né tra i suoi possibili usi, rientravano nell’ambito dell’art. 2, comma 2, lett. g), ossia nell’ambito delle coltivazioni lecite destinate al florovivaismo, purché tali prodotti derivassero da una delle varietà ammesse, iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva (CE) 2002/53 del Consiglio 13 giugno 2002, con contenuto complessivo di THC non superiore ai livelli stabiliti dalla normativa: tali piante (nella loro interezza), non soggette ad alcuna restrizione di commercializzazione, non rientrano neppure nell’ambito di applicazione del d.P.R. n. 309 del 1990 se hanno un tenore di THC inferiore o uguale allo 0,2%. Inoltre, in forza di una valutazione di opportunità sul piano repressivo affidata alla corrispondenza dei caratteri botanici dei prodotti ottenuti in esito al ciclo biologico della coltivazione, l’art. 4, commi 5 e 7, legge n. 242 del 2016 ha individuato una tolleranza fino al limite dello 0,6 per cento di THC, in grado di escludere l’antigiuridicità della messa a coltura industriale.
In questo quadro d’insieme, la disciplina restrittiva di nuova introduzione, siccome penalmente presidiata, si pone in contrasto con il principio di offensività (in astratto), atteso che, come in precedenza rammentato, le evidenze scientifiche dimostrano l’assenza di effetti droganti quando il principio attivo della cannabis si collochi al di sotto delle percentuali di THC indicate dall’art. 4 legge 242 del 2016, rivelatesi idonee a vagliare, in via generale e astratta, la liceità della coltivazione industriale della canapa da parte dell’agricoltore che ‹‹pur impiegando qualità consentite, nell’ambito della filiera agroalimentare delineata dalla novella del 2016, coltivi canapa che, nel corso del ciclo produttivo, risulti contenere, nella struttura, una percentuale di THC compresa tra lo 0,2 per cento e lo 0,6 per cento, ovvero superiore a tale limite massimo›› (così SS. UU., n. 30475 del 30/05/2019). La questione, dunque, lungi dal riguardare la rilevanza penale della commercializzazione al pubblico di derivati della coltivazione lecita di canapa (questione approfondita esaurientemente dalle prima richiamate SS. UU. 30475/2019), ovvero l’esistenza di indici rivelatori della finalità di commercializzazione del prodotto per usi diversi da quelli consentiti (Cfr. Cass. Pen., Sez. IV, n. 16155 del 17/03/2021), attiene al neo-introdotto divieto – rientrante nella categoria dogmatica del reato di pericolo astratto o presunto – di coltivazione agroindustriale di infiorescenze della canapa condotta che il legislatore ha ritenuto (astrattamente) pericolosa, rientrante, dunque, nel perimetro applicativo del D.P.R. n. 309 del 1990, sulla base di una presunzione assoluta di dannosità per lo stato psico-fisico del soggetto assuntore e, in termini ancor più distanti, per “l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale” , qui assunti quali beni giuridici di particolare rilievo.
In conclusione, se è vero, com’è certamente vero, che in ossequio al dettato dell’art. 25 Cost., la discrezionalità del legislatore (ovvero, come nel caso di specie, del Governo che esercita la funzione legislativa) può essere esercitata, nel settore penale, con il limite della criminalizzazione di condotte che recano astrattamente un vulnus a beni meritevoli di tutela; che, poiché la sanzione penale incide direttamente (pena detentiva) o indirettamente (pena pecuniaria) sulla libertà personale, costituzionalmente garantita all’art. 13 Cost., il sacrificio di quest’ultima è giustificato solamente per tutelare beni dotati anch’essi di rilevanza costituzionale; che, avendo, a mente dell’art. 27, comma 3, Cost., la pena una finalità eminentemente rieducativa, occorre assoggettare a repressione solo fatti realmente offensivi, al fine di evitare che la sanzione irrogata al soggetto agente sia dallo stesso avvertita come ingiusta, sproporzionata, irragionevole, non può dubitarsi della collisione della disposizione qui censurata con il principio di offensività, in assenza di conforto scientifico in ordine alla pericolosità, anche solo in astratto, della circolazione delle infiorescenze di cannabis e i suoi derivati, pur in presenza dei limiti fissati per la circolazione della stessa dalla L. 242/2016.
4.3. Rispetto all’art. 117 Cost., in relazione agli artt. 34 e 36 TFUE
Occorre, in ultimo, segnalare, che il divieto introdotto dall’art. 18 del D.L. “sicurezza” sembra impedire la libera circolazione di una merce all’interno dell’Unione (artt. 34 e 36 TFUE) in maniera non proporzionale, in spregio al principio del mutuo riconoscimento e in rilevato difetto di esigenze imperative, non essendovi evidenze scientifiche che provino che le infiorescenze di canapa e i derivati di varietà di canapa con un contenuto di THC inferiore allo 0,3 per cento siano una minaccia per la sicurezza e la salute pubblica. Secondo quanto stabilito dall’art. 38 TFUE (a norma del quale l’Unione europea definisce e attua una politica comune dell’agricoltura e della pesca), salvo disposizioni contrarie, le norme previste per l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno sono applicabili ai prodotti agricoli enumerati nell’allegato 1 del TFUE, tra cui sono ricompresi i «semi, frutti oleosi, semi e sementi e frutti diversi; piante industriali e medicinali; paglie e foraggi».
Nella disciplina di dettaglio che ha fatto seguito nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune (PAC), costituita dapprima dai regolamenti UE nn. 2013/1307 e 2013/1308 e dal regolamento UE n. 2021/2115, si annoverano e incentivano, ai fini del diritto all’aiuto finanziario, una serie di coltivazioni, tra cui la pianta di Cannabis 25sativa, stabilendo che le superfici utilizzate per la produzione di canapa sono considerati ettari ammissibili al pagamento del contributo europeo solo se il tenore di tetraidrocannabinolo delle varietà coltivate non supera lo 0,3 per cento. Di conseguenza, la canapa è una coltura riconosciuta, anche agli effetti dei premi, dal legislatore europeo, il quale introduce delle disposizioni di controllo specifiche per quanto riguarda i metodi di determinazione del tetraidrocannabinolo dopo aver stabilito l’elenco delle varietà botaniche di specie di piante coltivate.
Le piante di canapa, poi, una volta oggetto di coltivazione nel limite di THC ammesso, circolano nello spazio europeo come prodotti ottenuti: tema che apre al principio della libera circolazione delle merci in ambito UE (artt. 34 e 36 TFUE). In proposito, viene in rilievo il regolamento UE n. 2013/915 della Commissione del 25 aprile 2023, «relativo ai tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari», con cui il legislatore europeo, per garantire un’efficiente tutela della salute pubblica, da un lato ha stabilito che determinati alimenti «non sono immessi sul mercato e non sono essere impiegati come materie prime negli alimenti o come ingredienti di alimenti qualora contengano un contaminante in una quantità superiore al tenore massimo stabilito nel medesimo allegato» (art. 2, comma 1), dall’altro ha ammesso quelli il cui tenore rientra nei limiti stabiliti, tra i quali vi sono anche i residui di canapa, rispetto ai quali il regolamento ha modificato il tenore massimo di THC totale introducendo anche un fattore di conversione di Δ9-THCA in THC.
In altri termini, il regolamento UE n. 2023/915 ha imposto un limite alla quantità massima dei due cannabinoidi contenuti nella canapa – ossia il tetraidrocannabinolo e il tetraidrocannibinolico – che, al di sotto di tali limiti, non ha efficacia drogante. Ancora, sempre nel settore alimentare, con il regolamento UE n. 2022/1393 della Commissione dell’11 agosto 2022, il legislatore europeo ha rivisto i limiti di THC negli alimenti, uniformando le regole all’interno degli Stati membri, fissandoli dal 1° gennaio 2023 in:
- 3,0 mg/kg per i semi di canapa macinati, i semi di canapa (parzialmente) disoleati e altri prodotti derivati/trasformati dai semi di canapa (farina, proteine, semi); - 7,5 mg/kg per l’olio di semi di canapa.
Nel settore cosmetico, secondo il regolamento UE n. 2009/1223, il CBD può essere impiegato nei prodotti cosmetici sia come composto puro, sia in forma di estratti ottenuti da piante o semi di Cannabis sativa.
In sintesi, a livello europeo, sul piano della regolamentazione di vari settori merceologici, la canapa è oggetto di normale attività di coltivazione e i prodotti ottenuti dalla stessa circolano liberamente all’interno dell’Unione, in base al superiore principio di libera produzione e commercializzazione di beni e servizi (artt. 36 e 36 TFUE) al quale si ricollega l’incompatibilità con il diritto unionale di divieti concernenti sostanze per le quali manchino comprovati rischi per la salute (sul punto Cfr. CGUE 4/10/2024, causa C- 793/22).
Inoltre, di recente, la Corte di giustizia, nel noto caso Kanavape (CGUE 19/11/2020, causa C-663/18, B.S., C.A), nell’ambito di domanda di pronuncia pregiudiziale relativa alla messa in commercio, in Francia, da parte della suddetta azienda, di una sigaretta elettronica il cui liquido conteneva il cannabidiolo (CDB) estraibile dalla canapa, ha statuito che gli ‹‹art. 34 e 36 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che vieta la commercializzazione del CBD legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi, a meno che tale normativa sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo della tutela della salute pubblica e non ecceda quanto necessario per il suo raggiungimento›› (punto 96). Di talché, eventuali provvedimenti restrittivi a tutela della salute pubblica devono basarsi su “dati scientifici disponibili” e non su “considerazioni puramente ipotetiche”: il rischio reale per la salute pubblica deve risultare sufficientemente dimostrato in base ai dati scientifici più recenti disponibili al momento dell’adozione della decisione.
Prosegue la Corte: ‹‹nell’esercizio del loro potere discrezionale in materia di tutela della salute pubblica, gli Stati membri devono rispettare il principio di proporzionalità. I mezzi che essi scelgono devono essere pertanto limitati a quanto effettivamente necessario per garantire la tutela della salute pubblica, e devono essere proporzionati all’obiettivo così perseguito, il quale non avrebbe potuto essere raggiunto con misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari›› (punto 89, ove si richiama CGUE 28/1/2010, Commissione c. Francia, C-333/08, punto 90).
Alla luce di quanto messo in evidenza, l’art. 18 D.L. “sicurezza” , vietando l’importazione, la lavorazione – salve le eccezioni di cui si è detto – la detenzione, la cessione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione, la consegna, la vendita al pubblico e al consumo di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, o contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati, costituisce misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative delle importazioni, ponendosi in diretto contrasto con l’art. 34 TFUE (Cfr. CGUE 18/6/2019, Austria c. Germania, C-591/17) così come interpretato dalla Corte di giustizia (CGUE 19/11/2020, causa C-663/18, cit.; CGUE 4/10/2024, causa C-793/22, cit.). Tanto si afferma, si reitera, considerando che la disciplina unionale consente la libera circolazione dei prodotti derivati dalla canapa industriale nella sua interezza all’interno degli Stati membri ai sensi degli artt. 34 e 36 TFUE.
P. Q. M.
Il Tribunale di Brindisi – Sezione GIP/GUP, nella persona della sottoscritta Giudice; visto l’art. 23 della legge n. 87/1953;
solleva questione di legittimità costituzionale, in relazione all’art. 77, comma 2, Cost., agli artt. 13, 25, comma 2, 27, comma 3, e 117, Cost., con riferimento all’art. 18, D.L. n. 48/2025, convertito senza modifiche dalla legge n. 80/2025, nella parte in cui vieta l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione, la consegna, la vendita al pubblico e il consumo di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli olii da esse derivati, fatta salva la lavorazione delle infiorescenze per la produzione agricola dei semi di cui alla lett. g-bis), comma 2, art. 2, L. n. 80/2025.
Dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione del presente giudizio.
Dispone che la presente ordinanza sia notificata al sig. Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata al sig. Presidente della Camera dei Deputati ed al sig. Presidente del Senato.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti.
Così deciso in Brindisi all’esito della camera di consiglio del 26.06.2025.
La Giudice per le Indagini Preliminari
Dott.ssa Barbara Nestore