LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 18653/2009 proposto da:
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI MILANO;
– ricorrente –
contro
F.E.M. (C.F. *****), Z.L. (C.F. *****), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DELLE MILIZIE 38, presso lo STUDIO LEGALE ANNICCHIARICO CASIMIRO SORRENTINO, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERRARI FRANCESCO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
contro
C.F., COMUNE DI MILANO, B.G.U., FR.LU., ASILO *****;
– intimati –
Nonchè da:
COMUNE DI MILANO, nella qualità di tutore dei minori C.C.
e F.F.G., in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso l’avvocato IZZO RAFFAELE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati AMMENDOLA SALVATORE, SURANO MARIA RITA, PEZZULO SALVATORE, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI MILANO, C.F., F.E., Z.L., B.G.U., FR.LU., ASILO *****;
– intimati –
avverso la sentenza n. 28/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 08/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/05/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;
udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato PEZZULO che ha chiesto l’accoglimento del proprio ricorso e quello principale;
udito, per le controricorrenti, l’Avvocato CICCHIELLO FRANCO (delega Avv. FERRARI) che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – Con decreto del 6 dicembre 2007, il Tribunale per i minorenni di Milano, in accoglimento del ricorso del Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale del 3 dicembre 2007, dichiarò aperto il procedimento relativo allo stato di abbandono dei minori C.C. – figlia di F.E.M. e di C.F., nata a ***** – e F.F.G. – figlio di F.E.M., nato a ***** -, e, senza procedere alla nomina di un curatore speciale dei minori come invece richiesto dal Pubblico Ministero, tra l’altro, sospese la potestà dei genitori sui figli, e nominò tutore provvisorio dei minori il Comune di Milano, con incarico a quest’ultimo di procedere alla nomina di un difensore degli stessi minori e di provvedere al loro mantenimento unitamente alla madre in idonea comunità.
Successivamente, con distinte comparse del 23 gennaio 2008 e del 15 febbraio 2008, si costituirono in giudizio la madre dei minori, F.E.M., e la norma materna, Z.L., ambedue assistite dai medesimi difensori.
Con successiva comparsa del 20 marzo 2008, si costituirono in giudizio entrambi i minori, rappresentati e difesi dagli Avv. Fr.Lu. e B.G.M.U., per procura ad litem alle stesse conferita dal tutore Comune di Milano, tutore che invece non si costituì.
Poichè il padre della minore C.C., C.F., non aveva provveduto a costituirsi in giudizio, il Tribunale, con decreto del 14 aprile 2008, nominò allo stesso un avvocato d’ufficio nella persona dell’Avv. Giorgio Conti, a mezzo del quale il C. si costituì in giudizio con memoria del 23 maggio 2008.
Dopo le audizioni dei genitori e della nonna materna, di cui alla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 12, (Diritto del minore ad una famiglia), nel testo modificato dalla L. 28 marzo 2001, n. 149, art. 12, (Modifiche alla L. 4 maggio 1983, n. 184, recante 'Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori', nonchè al titolo 8^ del libro primo del codice civile), e l’acquisizione dei pareri di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 15, nel testo sostituito dalla L. n. 149 del 2001, art. 14, il Tribunale adito, con la sentenza n. 309/08 del 26 settembre – 14 ottobre 2008, dichiarò lo stato di adottabilità dei predetti minori, confermò tutti i provvedimenti urgenti precedentemente emessi nel loro interesse e dispose il collocamento degli stessi, con efficacia immediata, presso un’idonea famiglia contestualmente scelta.
2. – Avverso tale sentenza proposero appello, dinanzi alla Corte d’Appello di Milano – sezione delle persone, dei minori e della famiglia, F.E.M. e Z.L..
Nel corso del procedimento, le appellanti eccepirono il vizio di nomina del difensore dei minori e chiesero, nel merito, la revoca della dichiarazione dello stato di adottabilità; il difensore dei minori ed il tutore chiesero la conferma del provvedimento impugnato; il Procuratore generale presso la Corte chiese, in via preliminare, il rigetto della eccezione sollevata dalle appellanti e, nel merito, la reiezione dell’appello.
La Corte adita, con la sentenza n. 28/09 del 26 marzo 2009, dichiarò la nullità, per difetto di integrità del contraddittorio, del procedimento per la dichiarazione di adottabilità dei minori C.C. e F.F.G. e della sentenza impugnata, e rimise la causa al primo giudice.
In particolare, la Corte – dopo avere affermato che al procedimento, iniziato successivamente al 1 luglio 2007, è interamente applicabile la nuova disciplina processuale di cui alla legge n. 149 del 2001 – ha motivato come segue.
A) I Giudici a quibus hanno innanzitutto affermato che, in forza del combinato disposto della L. n. 184 del 1983, art. 8, comma 4, e art. 10, comma 2, – nel testo sostituito, rispettivamente, dalla L. n. 149 del 2001, artt. 8 e 10, -, 'La difesa è dunque divenuta obbligatoria fin dall’inizio, con la conseguenza che le parti, ivi compreso il minore, devono stare in giudizio con il ministero del difensore e che è stata così per la prima volta inserita nel sistema processuale civile la figura del difensore d’ufficio, il quale per evidenti criteri di opportunità deve essere nominato dall’autorità giudiziaria, anche in considerazione del fatto che tale incarico va affidato, al fine di garantire l’effettività del diritto di difesa del minore, a professionisti che – come la Corte costituzionale ha significativamente sottolineato nella sentenza n. 178/2004 – devono essere in possesso di competenze adeguate alla particolarità ed alla delicatezza della funzione da assolvere. Ad una professionalità di siffatto tipo devono infatti accompagnarsi qualità personali e deontologiche parimenti particolari che pongano il difensore in grado di espletare quei compiti che, secondo l’art. 10 della Convenzione di Strasburgo, gli sono propri e per lo svolgimento dei quali occorre impadronirsi degli strumenti elementari di comunicazione con il minore per poter poi, fedelmente e consapevolmente, farsi interprete dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni'.
B) I Giudici a quibus hanno poi escluso che, contestualmente alla dichiarazione di apertura del procedimento, sia necessaria la nomina di un curatore speciale del minore. Ciò: B1) sia perchè 'oggi il minore acquista a tutti gli effetti la qualità di parte fin dall’apertura del procedimento in cui viene posto in discussione il suo status parentale, nel quale può essere legittimamente rappresentato dal difensore nominato ai sensi del richiamato art. 8 legge cit. in applicazione del principio di cui all’art. 9, comma 2, della Convenzione sui diritti del fanciullo (…) all’art. 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (…) e agli artt. 2, 3, 5 e 9 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 (…) r nonchè a mente del disposto di cui all’art. 86 c.p.c.'; B2) sia perchè, a seguito dell’entrata in vigore della compiuta disciplina processuale, dettata dalla L. n. 149 del 2001 in ossequio ai principi del “giusto processo” e del diritto di difesa che ha previsto la figura del difensore del minore, non vi è più la 'necessità di ricorrere a strumenti interpretativi atti a garantire allo stesso la partecipazione al giudizio con la nomina di un curatore speciale ai sensi dell’art. 78 c.p.c., in presenza della nuova specifica figura del rappresentate del minore', figura che, dunque, 'non deve limitarsi a svolgere un ruolo esclusivamente tecnico ma che deve ricoprire quei più ampi compiti di rappresentanza che, secondo la definizione data dall’art. 2, lett. c), della Convenzione di Strasburgo, sono quelli propri di una persona, come un avvocato, o un organo designato ad agire presso un’autorità giudiziaria a nome di un fanciullo'; B3) sia perchè, in coerenza con le predette fonti nazionali ed internazionali, 'tra le varie interpretazioni possibili (deve) essere seguita quella che (…) consenta, nel rispetto dei criteri di ragionevolezza ed economicità, il perseguimento degli obiettivi ispirati alla necessità di una rapida definizione del giudizio sulla prospettata situazione di abbandono, considerata la peculiare natura della situazione giuridica dedotta costituita dal diritto fondamentale del minore a crescere in maniera sana ed equilibrata'; B4) sia perchè 'l’affollamento di più soggetti che siano nel processo contestualmente interpreti degli interessi del minore' potrebbe rivelarsi strumento non idoneo a migliorare la qualità della garanzia della realizzazione di tali interessi, 'apparendo piuttosto di primaria importanza che venga resa certa l’effettività del diritto di difesa del minore (…) con la predisposizione delle necessarie cautele atte ad assicurare che colui che deve assolvere questo delicato compito di rappresentante – esperto (cumulando quindi in sè il ruolo di curatore e di difensore tecnico) lo adempia in completa autonomia ed indipendenza al fine di far valere i diritti del minore o per difenderli contro un’ingiusta pretesa altrui'.
C) I Giudici a quibus – dopo aver rilevato che, nel caso di specie: la madre dei minori e la nonna materna si erano costituite in giudizio con un difensore in momenti comunque successivi alla apertura del procedimento; il padre della minore C.C. si era addirittura costituito ben cinque mesi dopo l’emissione del relativo decreto, 'quando già molte rilevanti attività erano state compiute senza la sua partecipazione e quindi in aperta violazione del disposto di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 8, comma 4'; i difensori dei minori si erano costituiti in forza di procura ad litem conferita dal Sindaco del comune di Milano, nella qualità di tutore provvisorio – hanno affermato: 'A prescindere dunque dalla considerazione che tutti gli atti compiuti nell’ambito del procedimento di adottabilità sono inficiati da nullità almeno fin quando agli stessi non ha in alcun modo potuto partecipare il padre di C.C., appare assorbente il rilievo che l’importante riconoscimento legislativo già sopra evidenziato e concretizzatosi nell’attribuzione ai minori della qualità di parti necessarie del processo verrebbe del tutto vanificata nel presente caso in cui il loro difensore è stato nominato dal tutore provvisorio'. Al riguardo, hanno osservato che: C1) la nuova disciplina processuale prevista dalla L. n. 149 del 2001, interpretata alla luce della Convenzione di Strasburgo del 1996, impone che sia l’autorità giudiziaria a procedere alla nomina del rappresentante del minore, 'distinto cioè diverso dal soggetto cui compete la rappresentanza legale del minore'; C2) in ogni caso, le precedenti considerazioni evidenziano 'come gli interessi del tutore e del minore possano essere in astratto suscettibili di contrapposizione, dovendo tra l’altro siffatta valutazione essere portata avanti con estremo rigore per l’esigenza di maggior protezione che deve essere assicurata al soggetto minore… e per la particolare valenza che finisce con l’assumere il complesso compito del difensore, tenuto a rappresentare e sostenere, in una condizione di piena libertà di coscienza, il reale interesse del minore, senza essere influenzato dagli interventi finora attuati e dalle ragioni ad esse sottese'; C3) l’attribuzione al tutore, quale parte del procedimento, dell’autonomo diritto di impugnare la sentenza che dichiara lo stato di adottabilità, di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 15, comma 3, (nel testo sostituito dalla L. n. 149 del 2001, art. 14), rende evidente che il tutore può essere portatore di interessi potenzialmente confliggenti con quelli del minore; C4) la circostanza che, nel caso di specie, il ruolo di tutore dei minori è ricoperto dall’ente pubblico, 'che deve contestualmente assolvere i compiti di assistenza, cura e mantenimento degli stessi, e che, in relazione ai predetti compiti, non solo è portatore di propri interessi patrimoniali, ma ha inoltre dovuto assumersi la responsabilità di importanti scelte (…) che possono condizionarne ogni successivo intervento e valutazione', rende particolarmente evidente ed attuale il conflitto.
D) I Giudici a quibus hanno così concluso: 'Dai rilievi svolti necessariamente discende il vizio della nomina dei difensori dei minori in quanto effettuata dal tutore e, di conseguenza, l’invalidità della costituzione dei minori medesimi nel giudizio di primo grado. L’insanabilità di siffatto vizio nella costituzione del rapporto processuale deriva dalla loro mancata partecipazione all’intero giudizio quali litisconsorti necessari, che integrando anche la violazione del principio del contraddittorio, rientra tra quelle tassativamente previste dall’art. 354 c.p.c. (…)'.
3. – Avverso tale sentenza il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico complesso motivo di censura.
Resìstono, con controricorso, F.E.M. e Z.L..
Il Comune di Milano, nella qualità di tutore dei minori C.C. e F.F.G., ha proposto ricorso incidentale fondato su un motivo.
C.F., benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – In via preliminare, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., deve essere disposta la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, in quanto proposti contro la stessa sentenza.
2. – Con l’unico motivo (con cui deduce: 'Violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 8, comma 4, e dell’art. 10, comma 2, come novellato dalla L. n. 149 del 2001, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e contraddittoria e comunque illogica motivazione in punto di affermazione della sussistenza del conflitto di interessi tra tutore e minore ex art. 360 c.p.c., n. 5'), il ricorrente principale critica la sentenza impugnata, sostenendo che: a) avuto riguardo alla natura squisitamente pubblicistica dell’ufficio di tutore, i Giudici a quibus avrebbero dovuto motivare adeguatamente sul punto che, nel caso di specie, sussisteva un reale conflitto di interessi tra tutore e minore; b) il vigente L. n. 184 del 1983, art. 10, prevede la nomina del difensore d’ufficio solo per i genitori e non anche per il minore, con la conseguenza che, nel sistema attuale, l’unica parte in grado di nominare il difensore del minore è il tutore il quale peraltro, nel dimostrato caso di conflitto di interessi con il minore, può anche sollecitare la nomina del curatore speciale ai sensi degli artt. 78 e 79 c.p.c..
3. – Con l’unico motivo (con cui deduce 'Motivo: ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 8, comma 4'), il ricorrente incidentale critica a sua volta la sentenza impugnata, sostenendo che: a) avuto riguardo sia alla natura squisitamente pubblicistica dell’ufficio di tutore, sia alla circostanza che un ente pubblico, allorchè viene chiamato a detto ufficio, garantisce maggiormente la protezione dei minori e la tutela dei loro interessi, i Giudici a quibus avrebbero dovuto motivare adeguatamente e specificamente sul punto che, nel caso di specie, sussisteva un reale conflitto di interessi tra tutore e minore; b) il vigente L. n. 184 del 1983, art. 10, prevede la nomina del difensore d’ufficio solo per i genitori e non anche per il minore, con la conseguenza che nel sistema attuale la parte in grado di nominare il difensore è soltanto il tutore il quale peraltro, nel dimostrato caso di conflitto di interessi con il minore, può sollecitare la nomina del curatore speciale ai sensi degli artt. 78 e 79 c.p.c..
4. – Entrambi i ricorsi – che deducono censure per molti versi sovrapponibili – sono meritevoli di accoglimento.
4.1. – La ratio decidendi (principale) della sentenza impugnata – che ha dichiarato la nullità, per difetto di integrità del contraddittorio, del procedimento per la dichiarazione di adottabilità dei minori C.C. e F.F.G. e, conseguentemente, della sentenza del Tribunale per i minorenni di Milano n. 309/08 del 26 settembre – 14 ottobre 2008, dichiarativa dello stato di adottabilità dei predetti minori, ed ha rimesso la causa ai Giudici di primo grado, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 1, – sta in ciò, che i Giudici a quibus hanno affermato il vizio della nomina dei difensori dei minori, perchè effettuata dal tutore provvisorio – Comune di Milano in potenziale conflitto di interessi con gli stessi minori – anzichè dal presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, ai sensi del combinato disposto della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 8, comma 4, e art. 10, comma 2, (Diritto del minore ad una famiglia), nei testi sostituiti, rispettivamente, dalla L. 28 marzo 2001, n. 149, artt. 8 e 10, (Modifiche alla L. 4 maggio 1983, n. 184, recante 'Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori', nonchè al titolo 8^ del libro primo del codice civile) -, con la conseguenza dell’invalidità della costituzione dei minori medesimi nel giudizio di primo grado (avvenuta con comparsa del 20 marzo 2008), e con l’ulteriore conseguenza della loro mancata partecipazione all’intero giudizio quali litisconsorti necessari.
Tale ratio decidendi collide con i principi affermati recentemente da questa Corte – in fattispecie analoghe – con le sentenze nn. 3804, 7281 e 7282 del 2010, principi che, condivisi dal Collegio, devono essere ribaditi anche nella presente fattispecie.
Questi principi possono essere così sintetizzati: a) il nuovo procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità – configurato dalla L. n. 149 del 2001, che ha profondamente modificato quello disciplinato dalla L. n. 184 del 1983 – non prevede la nomina necessaria di un curatore speciale al minore, il quale è rappresentato nel giudizio o dai genitori ovvero dal tutore, perchè il procedimento è unico ed immediatamente contenzioso – essendo stata soppressa la fase dell’opposizione di cui alla L. n. 184 del 1983, previgente art. 17 -, con la conseguenza che il rappresentante legale è investito sia dall’apertura del procedimento della rappresentanza del minore; b) tale procedimento, ai sensi della L. n. 184 del 1983, su richiamati art. 8, comma 4, e art. 10, comma 2, come sostituiti dalla L. n. 149 del 2001, deve svolgersi fin dalla sua apertura con l’assistenza legale del minore, il quale è parte a tutti gli effetti del procedimento e, in mancanza di una disposizione specifica contraria, sta in giudizio a mezzo di un rappresentante secondo le regole generali, quindi a mezzo del rappresentante legale (genitore o tutore), ovvero, in caso di conflitto d’interessi del rappresentate legale con il minore, di un curatore speciale, soggetti questi (genitore, tutore, curatore speciale) ai quali compete la nomina del difensore tecnico; c) nel medesimo procedimento, il conflitto di interessi tra minore e genitore è in re ipsa, per incompatibilità anche solo potenziale delle rispettive posizioni – avuto riguardo allo stesso oggetto dei giudizio -, mentre il conflitto di interessi tra minore e tutore deve essere specificamente ed immediatamente denunciato dal pubblico ministero – ovvero da uno dei soggetti indicati dalla L. n. 184 del 1983, art. 10, comma 2, -, accertato in concreto dal giudice e ritenuto idoneo a determinare la possibilità che il potere rappresentativo del tutore sia da questi esercitato in contrasto con l’interesse del minore, con la conseguenza che, in tal caso, detta denuncia – tendendo alla rimozione preventiva del conflitto e, quindi, alla immediata sostituzione del rappresentante legale con un curatore speciale fin dal momento in cui la situazione d’incompatibilità si è determinata – non può più essere prospettata nelle fasi e nei gradi ulteriori del giudizio, al (solo) fine di conseguire la dichiarazione di nullità degli atti processuali compiuti sulla base di una situazione non tempestivamente denunciata; d) nel procedimento stesso, la L. n. 184 del 1983, art. 8, comma 4, e art. 10, comma 2, come sostituiti dalla L. n. 149 del 2001, devono essere interpretati nel senso che il dovere del presidente del tribunale per i minorenni di nominare un difensore d’ufficio ai genitori ed ai parenti entro il quarto grado, aventi rapporti significativi con il minore, nel caso in cui essi non vi provvedano, espressamente introdotto con riguardo a tali soggetti, a maggior ragione sussiste nei confronti del minore, rappresentato dal tutore o dal curatore speciale, che del procedimento di adozione è la parte principale e in senso formale; tuttavia, alla ritardata costituzione del difensore del minore o alla mancata assistenza da parte questi ad uno od a più atti processuali, non consegue l’automatica declaratoria della nullità dell’intero processo e/o dell’atto e di tutti quelli successivi, potendo tale sanzione essere invocata dal pubblico ministero o dalle altre parti solo previa allegazione e dimostrazione del reale pregiudizio che la tardiva costituzione o la mancata partecipazione all’atto ha comportato per la tutela effettiva del minore.
Ponendo a raffronto la ratio decidendi della sentenza impugnata con tali principi, risulta evidente che i Giudici a quibus, in violazione degli stessi principi, hanno affermato – a seguito di eccezione sollevata dalle odierne contro ricorrenti soltanto in grado d’appello, in linea di principio e non con specifico riferimento alla fattispecie – una sorta di “istituzionale” conflitto di interessi tra il tutore provvisorio – Comune di Milano, in quanto tale, ed i minori del cui stato di adottabilità si tratta e, conseguentemente, ne hanno inferito la carenza del potere del rappresentante legale di nominare il difensore degli stessi minori, attribuendo invece tale potere, sempre in linea di principio, all’autorità giurisdizionale.
4.2. – I Giudici a quibus hanno affermato la suddetta, erronea, ratio decidendi, 'A prescindere (…) dalla considerazione che tutti gli atti compiuti nell’ambito del procedimento di adottabilità sono inficiati da nullità almeno fin quando agli stessi non ha in alcun modo potuto partecipare il padre di C.C. (…)' (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2, lettera C), ritenendo 'assorbente' la stessa ratio.
Tuttavia, al fine di fugare ogni dubbio in ordine alla validità del processo con riferimento alla partecipazione di C.F., padre della minore C.C., costituitosi nel giudizio di primo grado con memoria del 23 maggio 2008, deve essere nuovamente richiamato il principio, secondo cui alla ritardata costituzione del difensore del genitore del minore o alla mancata assistenza da parte questi ad uno od a più atti processuali in tanto consegue la declaratoria della nullità dell’intero processo e/o dell’atto e di tutti quelli successivi, in quanto la parte interessata alleghi e dimostri il reale pregiudizio che la tardiva costituzione o la mancata partecipazione all’atto ha comportato per la propria effettiva tutela.
4.3. – Le considerazioni che precedono comportano l’annullamento della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla Corte d’Appello di Milano – sezione delle persone, dei minori e della famiglia, in diversa composizione, la quale si uniformerà ai su richiamati principi di diritto, anche con riferimento alla partecipazione al giudizio di C.F., padre della minore C.C., e provvederà anche a regolare le spese del presente grado del giudizio.
PQM
Riuniti i ricorsi, li accoglie, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Milano – sezione delle persone, dei minori e della famiglia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 26 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2010