Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1426 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.T.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 13/18/07, depositata il 20 marzo 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 dicembre 2009 dal Relatore Cons. Dr. Biagio Virgilio.

La Corte:

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 13/18/07, depositata il 20 marzo 2007, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stato riconosciuto a R.T., medico di base convenzionato con il S.s.n., il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998/2000: in particolare, il giudice a quo ha accertato che non sussiste nella specie una autonoma organizzazione, stante l’assenza di dipendenti o collaboratori coordinati o continuativi.

La contribuente non si è costituita.

2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo, formulando il quesito di diritto se – contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T.R. – debba ritenersi sussistente il presupposto dell’autonoma organizzazione, ai fini dell’assoggettabilità ad IRAP, nel caso di un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale il quale deve avere la disponibilità di uno studio, come prescrive il D.P.R. n. 270 del 2000, art. 22 costituendo indice di autonoma organizzazione del medico convenzionato con il SSN l’esistenza di una struttura, corredata di beni e servizi idonei ad agevolare e consentire la produzione di un valore aggiunto nell’esercizio della professione medica, di cui il professionista sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile, nonchè l’esistenza di beni ammortizzabili di valore desumibile dal quadro RE del modello Unico.

Il motivo appare inammissibile, in quanto prospetta una questione giuridica nuova (obbligatorietà della disponibilità di uno studio da parte del medico convenzionato), peraltro implicante accertamenti di fatto riservati al giudice di merito (il quale, come risulta dalla motivazione sopra riportata, non ha fatto alcun riferimento all’esistenza di uno studio professionale).

3. Con il secondo motivo, si censura la sentenza impugnata per insufficiente motivazione sul fatto decisivo della sussistenza di autonoma organizzazione.

Il motivo appare manifestamente fondato, in quanto, a fronte delle specifiche deduzioni contenute nell’appello dell’Ufficio (e riportate nel ricorso), relative alla sussistenza, negli anni in contestazione, di beni strumentali di valore non certo esiguo (circa L. 47.000.000) (mentre si rivela irrilevante l’entità dei compensi percepiti dal professionista), la motivazione della sentenza, sopra riportata nel suo contenuto essenziale, si rivela del tutto inadeguata, mancando ogni valutazione in merito alla eccedenza, o meno, di detti beni rispetto al minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale (secondo il consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte in materia).

3. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio, per inammissibilità del primo motivo e manifesta fondatezza del secondo”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata all’Avvocatura Generale dello Stato;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, va accolto il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, la quale provvederà in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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