LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –
Dott. PETTI Giovanni Battista – rel. Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 1783-2006 proposto da:
COMUNE DI SPADAFORA ***** in persona del Sindaco p.t. G.
G., elettivamente domiciliato in ROMA, VTA FASANA 16, presso lo studio dell’avvocato RAO ROSARIO, rappresentato e difeso dall’avvocato FORMICA FRANCESCO MARIA giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI ***** rappresentata dal Direttore del Servizio Affari Legali Avv. L.G.M., elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMBILO 48, presso lo studio dell’avvocato ROSSI SANDRA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PASSALACQUA PAOLO giusta delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 439/2004 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, emessa il 5/7/2004, depositata il 18/11/2004, R.G.N. 276/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/04/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI;
udito l’Avvocato FRANCESCO MARIA FORMICA;
udito l’Avvocato PAOLO PASSALACQUA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Presidente del Tribunale di Messina, su ricorso del Comune di Spadafora, emetteva in data 23 febbraio 1994 un decreto ingiuntivo dello importo di L. 19 milioni oltre accessori e spese, nei confronti della assicuratrice Reale Mutua, sulla base di polizza fideiussoria che obbligava la società al pagamento di una cauzione nel caso di inadempimento da un contratto di appalto stipulato da una ditta per la esecuzione di opere di urbanizzazione.
Avverso il decreto ingiuntivo proponeva opposizione la Reale Mutua e citava con atto del 22 marzo 1994 il Comune rilevando che la impresa appaltatrice, debitore principale era stata dichiarata fallita in data *****, che il contratto doveva ritenersi rescisso ai sensi dell’art. 81, L. Fall. con la conseguente impossibilità di pretendere la cauzione. Si costituiva il Comune convenuto e contestava il fondamento della opposizione e della applicazione della normativa di cui allo art. 1957 c.c..
2. Il Tribunale di Messina, con sentenza del 2 febbraio 2001 accoglieva la opposizione e revocava il decreto ingiuntivo opposto ponendo le spese di lite a carico del Comune. Il Tribunale accertava la intervenuta decadenza della fideiussione per la violazione dell’art. 1957 c.c..
3. La decisione era appellata dal Comune, che ne chiedeva la riforma;
resisteva la controparte e chiedeva il rigetto del gravame.
4. La Corte di appello di Messina, con sentenza del 8 novembre 2004 rigettava lo appello confermando la sentenza impugnata e compensava tra le parti le spese del grado.
5. Contro la decisione ricorre il Comune deducendo quattro motivi di gravame illustrati da memoria; resiste la Reale Mutua con controricorso e memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
6. Il ricorso del Comune appare fondato in relazione ai motivi dedotti e nei sensi di cui nella seguente motivazione, che tiene conto anche del recente arresto interpretativo di cui alle SS.UU. civili, nella sentenza n. 3947 del 19 febbraio 2010.
I motivi del ricorrente, per chiarezza vengono in sintesi espositiva, a seguire la esposizioni delle ragioni che rendono meritevole lo accoglimento.
6. A. SINTESI DEI MOTIVI DEL RICORSO. Nel PRIMO MOTIVO si deduce error in iudicando per violazione degli artt. 1957 e 1362 c.c. ed il vizio della motivazione della sentenza della Corte di appello nel punto in cui ritiene che il contratto intercorso tra le parti si inquadri in una figura negoziale tipica di fideiussione, con conseguente applicazione della norma di cui allo art. 1957 c.c., comma 1, e nel punto in cui ritiene che la clausola n. 5 sia equivalente a clausola di pagamento a prima richiesta. Si deduce in particolare che la interpretazione data dalla Corte di appello contrasti con gli arresti di questa Corte nn. 8324 del 2001 e n. 52 del 2004.
Nel SECONDO motivo si deduce ancora error in iudicando per la violazione delle norme in materia di fideiussione e delle regole della interpretazione del contratto ed il corrispondente contestuale vizio della motivazione, nel punto in cui il giudice di appello non ha considerato la distinzione tra le polizze fideiussorie tipiche ed atipiche, ritenendo la polizza sottoscritta dal Comune garantito, dal debitore principale – impresa Nicolosi – e dalla Reale Mutua quale garante del credito del debitore, non contenesse una garanzia autonoma, ma una garanzia accessoria alla obbligazione principale di esatta esecuzione della opera pubblica in questione.
Nel TERZO MOTIVO si deduce in vizio della motivazione, insufficiente e contraddittoria sui punti relativi alla interpretazione complessiva delle clausole del contratto in ordine alla configurazione del contratto autonomo di garanzia, come carente dello elemento della accessorietà, per cui il garante si impegna a pagare il beneficio, senza opporre eccezioni. Si assume in particolare che gli elementi oggettivi che comprovano la deroga allo art. 1945 c.c., si desumono dalla lettura delle clausole 5 e 6 del contratto.
NEL QUARTO MOTIVO si deduce ancora omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla mancata considerazione della funzione del contratto titolato “polizza fideiussoria cauzioni”, in relazione alla migliore garanzia che la clausola offre agli enti pubblici, proprio in relazione alla soddisfazione immediata dello interesse economico del creditore.
I motivi di ricorso risultano fondati in relazione ai dieta di filonomachia esposti nella recente sentenza delle SS.UU. civili n. 3947 del 2010 che pone in evidenza, con ampia ed esaustiva argomentazione le distinzioni funzionali, morfologiche e strutturali, che distinguono il negozio tipico della fideiussione, come codificato, dal negozio atipico della polizza fideiussoria.
In particolare questa Corte, dovendo conformare la propria decisione alle filonomachia delle Sezioni Unite, per le questioni dedotte nel ricorso del Comune, osserva che complessivamente le censure in punto di diritto e di logica motivazionale vertono sulla interpretazione della clausola 5 da intendersi come clausola a prima richiesta e senza eccezioni, che deve – punto 10 pag. 51 della decisione delle SS.UU. citate – di per se “orientare lo interprete verso l’approdo della autonoma fattispecie della garanzia autonoma, salva evidente, patente, irrimediabile discrasia per lo intero contenuto altro della convenzione negoziale”. Deve il far salvo si riferisce evidentemente alla lettura ed interpretazione logico sistematica delle clausole, superando eventualmente la ratio conventionis, la lettera della legge.
Corollario di questo principio orientativo e sistematico, appare il principio derivato dalla inapplicabilità dello art. 1957 c.c. sullo onere del creditore garantito di far valere le sue ragioni nei confronti del creditore principale, poichè tale disposizione, collegata al carattere accessorio della obbligazione fideiussoria, instaura un collegamento necessario e ineludibile tra la scadenza della obbligazione di garanzia e quella della obbligazione principale e come tale rientra tra quelle su cui si fonda la accessorietà del vincolo fideiussorio, per ciò solo inapplicabile ad una obbligazione di garanzia autonoma, della cui liceità non si discute.
Con tali puntualizzazioni il ricorso del Comune merita accoglimento, ed il giudice del rinvio, attenendosi ai principi di filonomachia richiamati, per i punti rilevanti ai fini del decidere, dovrà riesaminare il rapporto negoziale e qualificarlo con le relative implicazioni in tema di disciplina giuridica e convenzionale,, con una motivazione adeguata a dar conto delle obbligazioni e delle garanzie assunte tra le parti in lite.
La Corte di appello di Messina, attenendosi al principi di diritto come sopra enucleati, provvederà anche in ordine alle spese di questo giudizio di cassazione.
La Cassazione, con rinvio, richiede che la Corte decida in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa in relazione e rinvia alla Corte di appello di Messina in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 29 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2010