LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. SALVATO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
T.A. – domiciliato ex lege in ROMA, presso la Cancelleria civile della Corte Suprema di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. MARRA Alfonso Luigi, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore – domiciliata ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale
è rappresentata e difesa;
– controricorrente –
avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli depositato il 3 ottobre 2006;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dell’8 ottobre 2009 dal Consigliere Dott. Luigi Salvato e letta la relazione dallo stesso redatta in data 9 marzo/23 aprile 2009.
RITENUTO IN FATTO
T.A. adiva la Corte d’appello di Napoli, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001, in riferimento al giudizio promosso innanzi al Tar Campania con ricorso del 15.9.2000, avente ad oggetto compensi retributivi, non ancora definito.
La Corte d’appello, con decreto del 3 ottobre 2006, fissata la durata ragionevole del giudizio in anni tre, ritenuto violato il relativo termine per circa anni tre, liquidava per il danno non patrimoniale Euro 2.093,00, dichiarando irripetibili le spese del giudizio.
Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso T. A., affidato a quattordici motivi; ha resistito con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ritenute sussistenti le condizioni per la decisione in Camera di consiglio è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata al ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- La relazione ex art. 380 bis c.p.c., ha il seguente contenuto:
“1.- Con i primi sette motivi è denunciata erronea e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 1 e art. 6, par. 1 CEDU), in relazione al rapporto tra norme nazionali e la CEDU, nonchè della giurisprudenza della Corte di Strasburgo e di questa Corte ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, omessa decisione di domande (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; art. 112 c.p.c.).
I motivi dall’ottavo al quattrodicesimo denunciano violazione dell’art. 6, par. 1 CEDU e dell’art. 1 del protocollo addizionale, della L. n. 89 del 2001, art. 2, degli artt. 91 e 92, 112 e 132 c.p.c., della L. n. 794 del 1942, art. 24, delle tariffe professionali, nonchè difetto di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, artt. 112 e 132 c.p.c.), nella parte concernente la liquidazione delle spese del giudizio.
2.- I motivi di censura possono essere riassunti in via estremamente sintetica, poichè il ricorrente ha prodotto copia autentica del decreto della Corte d’appello di Napoli che ha deciso la domanda di equa riparazione proposto appunto da esso istante, pronunciando decreto depositato il 3 ottobre 2006.
Pertanto, in riferimento a detto decreto risulta palese la manifesta inammissibilità del ricorso, siccome notificato il 23 gennaio 2008, e cioè oltre il termine di un anno e 46 giorni (art. 327 c.p.c., comma 1, tenendo altresì conto della sospensione dei termini in periodo feriale).
Sotto un diverso profilo, stante le discordanze tra le indicazioni contenute nel decreto e nel ricorso in ordine al giudizio presupposto, qualora l’istante abbia inteso impugnare un diverso decreto, il ricorso sarebbe comunque manifestamente improcedibile, per difetto di produzione della copia autentica del provvedimento effettivamente impugnato (art. 369 c.p.c.).
Pertanto, il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, ricorrendone i presupposti di legge”.
2.- La relazione va condivisa, in difetto della prospettazione di argomentazioni in grado di indurre alla rimeditazione della conclusione nella stessa affermata, che comporta la dichiarazione di manifesta inammissibilità del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese della presente fase, che liquida in Euro 900,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010