LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato TRALICCI GINA, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
ALLIANZ S.P.A., in virtu’ del trasferimento del complesso aziendale organizzato per l’esercizio dell’attivita’ assicurativa delle societa’ Lloyd Adriatico S.p.A. ed Allianz Subalpina S.p.A., alla Riunione Adriatica di Sicurta’ S.p.A., modifica della denominazione sociale, in Allianz Societa’ per Azioni S.p.A., in forma abbreviata Allianz S.p.A., in persona dei suoi rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORATILO DI ATENE 31, presso lo studio dell’avvocato VIZZONE DOMENICO, rappresentata e difesa dall’avvocato TROPIANO FABRIZIO MARIA, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4783/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, del 23/10/07, depositata il 15/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. FRASCA Raffaele;
e’ presente il P.G. in persona del Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio.
RITENUTO IN FATTO
quanto segue:
1. C.C. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza del 15 novembre 2007, con la quale la Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’appello da lei proposto avverso la sentenza del Tribunale di Roma, che aveva rigettato la domanda con cui essa ricorrente aveva chiesto la condanna della R.A.S. Assicurazioni s.p.a. al pagamento di un indennizzo per il furto di un’autovettura in forza di una polizza assicurativa.
Al ricorso ha resistito la Allianz s.p.a. con controricorso, nel quale si e’ qualificata come nuova denominazione sociale risultante per effetto del conferimento delle societa’ Lloyd Adriatico s.p.a. ed Allianz Subalpina s.p.a. nella Riunione Adriatica di Sicurta’ (R.A.S.) s.p.a. e del successivo cambiamento di denominazione.
2. Essendo il ricorso soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 (che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioe’ dalla data di entrata in vigore del D.Lgs.: D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) ed essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., e’ stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che e’ stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.
La resistente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
quanto segue:
1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si e’ osservato quanto segue:
“… 3. – Il ricorso appare inammissibile per inosservanza del requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c., ad esso applicabile, tenuto conto dell’ultrattivita’ di tale disposizione – ora abrogata della L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d) – risultante per effetto dell’art. 58, comma 5 della stessa legge.
Il primo motivo denuncia “violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 4? – con riguardo agli artt. 343, 346, 324, 112 c.p.c.. Error in procedendo. – Vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 “.
A chiusura dell’illustrazione viene enunciato il seguente quesito di diritto, che dovrebbe essere funzionale alla denunciata violazione delle indicate norme sul procedimento: “Dica la Suprema Corte se nell’ipotesi in cui la parte appellata chieda una conferma della sentenza impugnata per diversa causa pretendi rispetto a quella accolta dal primo Giudice, a suffragio della suddetta pronuncia di rigetto, la richiesta debba essere proposta in via incidentale, se nell’ipotesi di rigetto di una domanda o eccezione proposta dalla parte comunque vittoriosa in primo grado tale situazione determini una soccombenza virtuale dell’appellato deducibile tramite appello incidentale”.
I due quesiti – ammesso che si correlino a due diverse censure, che ipoteticamente dovrebbero essere illustrate nel motivo – sono prospettati con la formulazione di interrogativi completamente astratti e privi di riferimento pur riassuntivo alla concreta vicenda di cui e’ causa ed alla decisione impugnata. Per tale ragione difettano del requisito della conclusivita’ ed appaiono, pertanto, inidonei ad integrare il requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c..
L’art. 366 bis c.p.c., infatti, quando esige (o meglio esigeva, atteso che ora e’ stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, con effetto che, pero’, non si estende al ricorso in oggetto) che il quesito di diritto debba concludere il motivo impone che la sua formulazione non si presenti come la prospettazione di un interrogativo giuridico del tutto sganciato dalla vicenda oggetto del procedimento e dal modo in cui e’ stata decisa, bensi’ evidenzi la sua pertinenza all’uno ed all’altra. Invero, se il quesito deve concludere l’illustrazione del motivo ed il motivo si risolve in una critica alla decisione impugnata e, quindi, al modo in cui la vicenda dedotta in giudizio e’ stata decisa sul punto oggetto dell’impugnazione, appare evidente che il quesito, per concludere l’illustrazione del motivo, deve necessariamente contenere un riferimento riassuntivo ad esso e, quindi, al suo oggetto, cioe’ al punto della decisione impugnata da cui il motivo dissente. Un quesito che non presenti questa contenuto e’ un non – quesito e non vale ad integrare il requisito di ammissibilita’ previsto dalla norma in discorso (si veda, in termini, Cass. sez. un. n. 26020 del 2008; da ultimo, Cass. n. 4044 e 8463 del 2009, fra le tante).
Per quanto attiene, poi, al denunciato vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 mentre per l’ipotesi in cui si correli ad apprezzamento erroneo di circostanze di fatto inerenti i vizi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 si dovrebbe rilevare che non ha consistenza autonoma, inerendo sempre a questi ultimi, ove sottintendesse effettivamente vizio relativo alla quaestio facti, in relazione ad esso mancherebbe il momento di sintesi espressivo della c.d. “chiara indicazione” di cui all’art. 366 bis c.p.c. (per tutte Cass. sez. un. n. 20603 del 2007).
Con un secondo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 con riguardo all’art. 83 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” e l’illustrazione del motivo si chiude con il seguente quesito di diritto: Dica la Suprema Corte se in caso di procura rilasciata in calce alla copia notificata dell’atto di appello, il mandato deve ritenersi limitato a contrastare le doglianze dell’appellante e non puo’, quindi, estendersi alla proposizione dell’appello incidentale”.
Anche tale motivo e’ inidoneo ad integrare il requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c. sempre per l’assoluta mancanza di conclusivita’ nei sensi sopra precisati, mancando di qualsiasi riferimento alla vicenda processuale ed alla decisione impugnata.
Con un terzo motivo rectius: quesito si denuncia “violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 con riguardo agli artt. 324 e 83 c.p.c. e la relativa illustrazione e’ chiusa dai seguenti quesiti: Dica la Suprema se nelle societa’ per azioni il potere di rappresentanza spetti solo agli amministratori;
se per la proponibilita’ del ricorso giurisdizionale sia necessario che la procura alle liti venga rilasciata da persona della quale sia indicata la qualita’ di amministratore.
In disparte il rilievo che alla formulazione di due quesiti dovrebbero corrispondere due diverse censura, si tratta parimenti di quesiti privi di conclusivita’.
Il ricorso, dunque, sembra doversi dichiarare inammissibile.
4. – E’ appena il caso di rilevare che, ove dei motivi fosse stato possibile l’esame, le considerazioni svolte dalla parte resistente avrebbero giustificato una valutazione di manifesta infondatezza per il primo motivo (giusta il principio che la proposizione dell’appello incidentale non richiede formule sacramentali: Cass. n. 6935 del 2007 e n. 21615 del 2004, da ultimo) e di inammissibilita’ per acquiescenza alla questione quanto agli altri due motivi.”.
2. Il Collegio condivide le argomentazioni e conclusioni della relazione alle quali non e’ necessario aggiungere alcunche’, tenuto conto che parte ricorrente non ha svolto riguardo ad esse rilievi.
Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro mille/00, di cui duecento/00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 16 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010