Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.1680 del 25/01/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.F., elettivamente domiciliata in Roma, via Giulia di Colloredo 46, presso l’avv. De Paola Gabriele, rappresentata e difesa dall’avv. Bulgaro Nino, del Foro di Palermo, per procura in atti;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Palermo in data 9 giugno 2008, nella causa iscritta al n. 1093/06 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 luglio 2010 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schiro’;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale, dott. DESTRO Carlo, che nulla ha osservato.

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. C.F. ha proposto ricorso per cassazione nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso il decreto della Corte di appello di Potenza in data 9 giugno 2008 in materia di equa riparazione L. n. 89 del 2001, ex art. 2;

1.1. la Presidenza intimata ha resistito con controricorso;

OSSERVA:

2. il ricorso appare manifestamente fondato, in quanto, in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti e dalla consistenza economica ed importanza del giudizio, a meno che l’esito del processo presupposto non abbia un indiretto riflesso sull’identificazione, o sulla misura, del pregiudizio morale sofferto dalla parte in conseguenza dell’eccessiva durata della causa, come quando il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2, restando irrilevante l’asserita consapevolezza da parte dell’istante della scarsa probabilita’ di successo dell’iniziativa giudiziaria (Cass. 2006/7139; 2008/24269);

3. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni esposte nella relazione;

ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso merita accoglimento e che il decreto impugnato deve essere annullato;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che, in particolare, va determinata in ventitre’ anni circa la durata complessiva del giudizio presupposto, protrattosi davanti alla Corte dei Conti dal 3 giugno 1983 al 23 agosto 2006, notevolmente superiore al termine ragionevole di durata del giudizio di primo grado fissato in tre anni alla stregua dei parametri -fissati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e di questa Corte;

che, in ordine al parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto, va considerato che la CEDU, in due recentissime decisioni (Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010; Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010) ha ritenuto che potessero essere liquidate, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione ai singoli casi e alle loro peculiarita’, somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di mille/00 Euro annue normalmente liquidata, con valutazioni del danno non patrimoniale che consentono al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarita’ della fattispecie, a valutazioni piu’ riduttive rispetto a quelle in precedenza ritenute congrue (v. Cass. 2010/14753; 2010/15130);

che nel caso di specie, considerati i margini di valutazione equitativa adottabili in conformita’ dei criteri ricavabili dalla sopra menzionata giurisprudenza della CEDU e valutate le specificita’ del caso in relazione al protrarsi della procedura dinanzi alla Corte dei Conti oltre i limiti ragionevoli di durata, e in particolare la natura assolutamente aleatoria della pretesa azionata, al ricorrente va liquidata in via equitativa, per danno non patrimoniale, la somma di Euro 11.500,00 con gli interessi legali dalla domanda, al cui pagamento deve essere condannata la Presidenza del Consiglio dei Ministri soccombente;

B1) considerato che le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352).

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 11.500,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda.

Condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.140,00, di cui Euro 600,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonche’ di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 965,00 di cui Euro 865,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2011

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