LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
A.P., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Mauriello Giuseppe per procura in atti;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;
– controricorrente –
avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli in data 23 settembre 2008, nella causa iscritta al n. 4067/2007 V.G.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 luglio 2010 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schiro’;
alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale, dott. DESTRO Carlo, che nulla ha osservato.
FATTO E DIRITTO
LA CORTE:
A) rilevato che e’ stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:
IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;
RITENUTO CHE:
1. A.P. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Napoli in data 23 settembre 2008 in materia di equa riparazione L. n. 89 del 2001, ex art. 2;
1.1. il Ministro della Giustizia intimato non ha svolto difese;
OSSERVA:
2. il primo motivo di ricorso appare manifestamente fondato, in quanto, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, il diritto all’equa riparazione prescinde dall’esito del giudizio irragionevolmente protrattosi nel tempo, e quindi compete anche quando la durata eccessiva abbia determinato l’estinzione del reato per prescrizione (dovendosi escludere che quest’ultima valga di per se’ ad elidere gli effetti negativi del protrarsi eccessivo del processo, in via di “compensatio lucri cum damno”), salvo che l’effetto estintivo del reato derivi dall’utilizzo, da parte dell’imputato sottoposto a procedimento penale, di tecniche dilatorie o di strategie sconfinanti nell’abuso del diritto di difesa (Cass. 2003/12935; 2006/17552); le ulteriori censure appaiono assorbite in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo;
3. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;
B) rilevato preliminarmente che il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso tardivamente spedito per la notifica il 25 giugno 2010, dopo che il ricorso per cassazione era stato notificato a detto Ministero presso l’Avvocatura Generale dello Stato il 13 maggio 2010, e che pertanto il controricorso deve essere dichiarato inammissibile;
osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni esposte nella relazione;
ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, meriti accoglimento il primo motivo, assorbiti gli altri, e che il decreto impugnato debba essere annullato in ordine alla censura accolta;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;
che in particolare, determinati in nove anni e sei mesi la durata complessiva del giudizio penale presupposto, a decorrere dal 12 novembre 1997, data del provvedimento restrittivo a carico dell’imputato, e fino all’8 maggio 2007, data della sentenza di primo grado che ha dichiarato la prescrizione dei reati contestati, e in tre anni il termine ragionevole di durata di detto processo, secondo i parametri fissati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e di questa Corte, il periodo di durata non ragionevole va stabilito in sei anni e sei mesi;
che il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009;
secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, a condizione che le decisioni pertinenti siano coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato, e purche’ detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversita’ di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CRDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata;
tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/16086;
2010/819); nel caso di specie si deve, di conseguenza, riconoscere al ricorrente, in relazione ad una durata non ragionevole di sei anni e sei mesi, l’indennizzo di Euro 5.750,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannata il Ministero soccombente;
B1) considerato che le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), compensate per la meta’ quelle del giudizio di cassazione in conseguenza dell’accoglimento parziale del ricorso.
P.Q.M.
LA CORTE accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 5.750,00,oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda. Condanna il Ministero soccombente al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.140,00, di cui Euro 600,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonche’ di quelle del giudizio di cassazione, compensate per la meta’, che si liquidano per l’intero in Euro 965,00 di cui Euro 865,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.
Cosi’ deciso in Roma, il 15 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2011