LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
A.C., elettivamente domiciliata in Roma, Viale dell’Umanesimo n. 33, presso il Dott. Corrado Lombardi, rappresentata e difesa dall’avv. DI CASOLA Giuseppe giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECOMOMIA E DELLE FINANZE ed AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimati –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 113/24/07, depositata il 20 giugno 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 9 novembre 2010 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;
udito l’avv. Giuseppe Di Casola per la ricorrente;
udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, il quale ha dichiarato di non avere nulla da osservare in ordine alla relazione ex art. 380 bis c.p.c..
La Corte:
RITENUTO IN FATTO
che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. A.C. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 113/24/07, depositata il 20 giugno 2007, con la quale, in parziale accoglimento dell’appello della contribuente, è stato ridotto del 50 per cento il maggior importo accertato a suo carico, a titolo di IVA, IRPEF ed IRAP per il 1999, in applicazione dei parametri di cui al D.P.C.M. 29 gennaio 1996.
Gli intimati Ministero dell’economia e finanze ed Agenzia delle entrate non si sono costituiti.
2. Il primo motivo di ricorso, il quale si conclude con il quesito se vi è la violazione della L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 181, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto il parametro di cui al citato articolo rappresenta una presunzione semplice e non una presunzione legale, appare, in primo luogo, inammissibile per genericità, e, comunque, manifestamente infondato, in quanto il giudice a quo ha qualificato la presunzione in esame come semplice, riconoscendo poi alla ricorrente la facoltà della prova contraria, peraltro ritenuta idonea a dimezzare l’importo oggetto di accertamento.
3. Il secondo motivo, con il quale si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., appare inammissibile per assoluta genericità del relativo quesito.
4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’avvocato della ricorrente;
che non sono state presentate conclusioni scritte da parte del p.m., mentre ha depositato memoria la ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione (senza che a diversa conclusione siano idonee ad indurre le argomentazioni svolte nell’anzidetta memoria) e, pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso deve essere rigettato;
che non v’è luogo a provvedere in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2011