LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 13352/05) proposto da:
B.E. e S.C., rappresentati e difesi, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv. Cannizzaro Franco e Antonio Ordini ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo, in Roma, v. Novenio Bucchi, n. 7;
– ricorrenti –
contro
CONFEZIONI TRE TORRI di Banelli, Fulceri e Potini s.n.c., ora CONFEZIONI 3 TORRI s.r.l., in persona del legale rappresentante Ba.Ma.; BA.Ma., in proprio, e P.S., tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Pippi Paola, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Stronati Claudio, in Roma, alla v. Pomponio Leto, n. 2;
– controricorrenti –
COMUNE DI ROCCASTRADA, in persona del Sindaco – legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Liuzzi Guido, in virtù
di procura speciale in calce al controricorso basata sulla Delib.
Comunale 21 giugno 2005, n. 107 ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, v. Ofanto, n. 18;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 346/2005, depositata il 9 febbraio 2005;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 2 dicembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
uditi gli Avv. Fabio Pontesilli, per delega dell’Avv. Antonio Ordini, nell’interesse dei ricorrenti, e Marco Flecchia, per delega dell’Avv. Guido Liuzzi, nell’interesse del controricorrente Comune di Roccastrada;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Scardaccione Eduardo Vittorio, che ha concluso per la declaratoria di estinzione del giudizio, in via principale, e per il rigetto del ricorso, in via subordinata.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Grosseto, con sentenza n. 351 del 2003 (depositata il 24 maggio 2003), respingeva la domanda proposta da B.E. e S.C. nei confronti della s.n.c. Confezioni 3 Torri di Banelli, Fulceri e Potini, di Ba.Ma., F.N. e P.S. (quest’ultimo anche quale titolare della ditta Confezioni 3 Torri), con la quale avevano chiesto accertarsi l’inesistenza del diritto di servitù di transito, pedonale e carrabile, attraverso il fondo di proprietà di essi attori ed a favore degli immobili in proprietà superficiaria dei convenuti, non pronunciandosi sulla domanda riconvenzionale avanzata dalla società convenuta – subordinata a quella degli attori – di costituzione, a carico del fondo dei medesimi attori, di servitù coattiva di passaggio, mentre condannava la stessa società a rifondere le spese di lite al Comune di Roccastrada, da essa chiamato in causa per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni (per l’ipotesi di accoglimento della domanda attorea) ed alla corresponsione dell’indennità di asservimento (nell’eventualità di accoglimento della formulata domanda riconvenzionale).
Interposto appello da parte degli originari attori, nella resistenza degli appellati, la Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 346 del 2004 (del 18 giugno 2004, depositata il 9 febbraio 2005), in parziale riforma dell’impugnata sentenza, affermava la carenza di legittimazione passiva di Ba.Ma. e di P.S., dichiarava interamente compensate tra la s.r.l. Confezioni 3 Torri ed il Comune di Roccastrada le spese del primo grado e condannava gli appellanti, in solido, a rifondere le spese del grado ai suddetti Ba.Ma. e P.S., oltre a compensarle totalmente tra gli appellanti e la s.r.l. Confezioni 3 Torri nonchè tra quest’ultima ed il Comune di Roccastrada.
A sostegno dell’adottata sentenza, l’indicata Corte territoriale rilevava, innanzitutto, che, nella controversia in questione, non si era in presenza di causa propriamente inscindibile, per cui non ricorreva la necessità di integrare il contraddittorio anche nei confronti del F.N. (anch’egli parte in giudizio in primo grado e non evocato in appello), attività che, se disposta, sarebbe, peraltro, risultata inutile poichè, sulla scorta degli atti prodotti, era emerso che il diritto di superficie sulle aree acquisite di imperio dal Comune di Roccastrada era stato costituito non già in favore delle persone fisiche socie della s.n.c. Confezioni 3 Torri, ma unicamente in favore di quest’ultima, da cui, pertanto, derivava la declaratoria di carenza di legittimazione passiva del Ba. e del P.; con riguardo propriamente al merito, la Corte fiorentina osservava che gli appellanti non avevano fornito la prova sufficiente della loro proprietà sul fondo in ordine al quale stata esercitata l’azione negatoria dell’altrui servitù, che si attestava tra la via pubblica ed uno dei due accessi al fabbricato di proprietà della s.r.l. Confezioni 3 Torri, oltre ad aver avuto un comportamento equivoco quanto alla manifestazione del loro intento di possedere “uti domini” la fascia di suolo controversa.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (notificato il 25 maggio 2005) B.E. e S.C., basato su tre motivi, avverso il quale hanno resistito, con appositi controricorsi, il Comune di Roccastrada e la Confezioni 3 Torri (ora Confezioni 3 Torri s.r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore Ba.Ma. (il quale si è costituito anche in proprio), unitamente a P.S..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. in relazione all’art. 952 c.c. nonchè l’omessa o quanto meno insufficiente motivazione della sentenza impugnata su un punto decisivo della controversia (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).
Con il secondo motivo gli indicati ricorrenti hanno prospettato la violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 949 e 2697 c.c. congiuntamente all’omessa o quanto meno insufficiente, erronea e contraddittoria motivazione della sentenza oggetto di ricorso in ordine ad un punto decisivo della causa (con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).
Con il terzo motivo gli stessi ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 922, 1031, 1350 e 2697 c.c., nonchè per omessa o quanto meno insufficiente, erronea e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della causa (in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).
Rileva, in via assolutamente preliminare, il collegio che i difensori dei ricorrenti B.E. e S.C. hanno depositato agli atti del processo apposito atto (formato in Grosseto in data 22 ottobre 2010) nel quale, sulla premessa che nelle more del procedimento le parti non avevano più interesse alla prosecuzione del giudizio, dichiaravano di rinunciare al ricorso iscritto al n. 13352/2005 R.G., per il quale era stata fissata la pubblica udienza per il giorno 2 dicembre 2010. In calce alla riportata dichiarazione di rinuncia risulta la sottoscrizione degli stessi ricorrenti B.E. e S.C., senza, tuttavia, che emerga l’apposizione della sottoscrizione del loro difensore Ordini Antonio;
si evince, inoltre, che hanno provveduto a sottoscrivere la stessa dichiarazione il legale rappresentante della Confezioni Tre Torri s.n.c. (ora Confezioni Tre Torri s.r.l.) con il relativo visto del difensore, nonchè gli altri ricorrenti P.S. e B. M., rispetto alla cui sottoscrizione pure risulta apposta la controfirma per autentica del loro difensore. Non si desume, invece, che nella depositata dichiarazione sia stata inserita anche la sottoscrizione del Sindaco del controricorrente Comune di Roccastrada, con il relativo visto del suo difensore costituito.
Sulla scorta di tali emergenze si deve, pertanto, ritenere che la suddetta rinuncia al ricorso, ancorchè esprima inequivocabilmente la sopravvenuta carenza di interesse dei ricorrenti a coltivare ulteriore il proposto ricorso per cassazione e, quindi, ad ottenere una pronuncia sui relativi motivi da parte di questa Corte, non risulta formalmente completa (ovvero pienamente rispondente alle formalità prescritte dall’art. 390 c.p.c., commi 2 e 3) e, quindi, non è idonea a comportare la declaratoria di estinzione del presente giudizio, difettando della sottoscrizione del difensore costituito dei medesimi ricorrenti, nonchè di quella del Sindaco del menzionato Comune controricorrente e del suo difensore. Tuttavia, tenendosi conto anche della manifestazione di volontà proveniente dal difensore delegato dei ricorrenti intervenuto alla pubblica udienza del 2 dicembre 2010, che ha inteso riportarsi alla dichiarazione di rinuncia in atti, facendola propria, può pervenirsi alla declaratoria di inammissibilità del formulato ricorso per il sopravvenuto difetto di interesse riconducibile alla evidenziata intenzione dei ricorrenti medesimi. In proposito, il collegio aderisce alla più recente giurisprudenza di questa Corte che ha trovato, da ultimo, riscontro nella sentenza delle Sezioni unite n. 3876 del 18 febbraio 2010, secondo la quale, qualora per difetto di uno o più requisiti che devono caratterizzare necessariamente la rinuncia al ricorso ai sensi del citato art. 390 c.p.c., l’atto di rinuncia non sia idoneo a determinare l’estinzione del processo, esso deve reputarsi comunque indicativo dell’intervenuta caducazione dell’interesse alla decisione sul ricorso, comportandone, conseguentemente, l’inammissibilità. Con la richiamata decisione le Sezioni unite hanno, invero, sottolineato che, pur non dovendo la rinunzia al ricorso per cassazione essere indispensabilmente accettata dalle controparti, non è impedito, tuttavia, di ravvisare nell’atto di rinunzia delle parti ricorrenti la concreta manifestazione del (comunque sopravvenuto) “disinteresse” delle stesse parti rinuncianti alla decisione del proprio ricorso ed impone, quindi, di constatare il venir meno, in tal caso, della fondamentale “condizione dell’azione” (cfr., ad es., Cass. 23 novembre 2007 n. 24434; Cass. 21 marzo 2007 n. 6808; Cass. 10 giugno 2005, n. 12326) costituita dall'”interesse” che, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., deve essere (v. Cass. 6 ottobre 2005 n. 19510) concreto ed attuale, cioè sempre sussistente, sia per “proporre una domanda” che per “contraddire alla stessa”. L’esposta situazione processuale – in aderenza al principio per il quale la rinunzia al ricorso per cassazione effettuata (come nell’ipotesi di specie) senza il completo rispetto delle formalità previste dall’art. 390 c.p.c. (ivi compresa l’omessa sottoscrizione del difensore dei ricorrenti, che ha, comunque, condiviso in udienza la volontà documentata dei suoi assistiti: v., sul punto, specificamente, Cass. 7 marzo 2008, n. 6189) non è sufficiente per dichiarare la estinzione del processo ma è pur sempre significativa del venir meno dell’interesse al ricorso – va, quindi, rappresentata dichiarando l’inammissibilità del ricorso stesso e non già l’estinzione del processo, perchè una pronuncia siffatta non rispecchia l’esatta situazione (processuale e sostanziale) determinata dalla rinunzia al ricorso non ritualmente formulata (siccome incompleta) ed accettata da tutte le altre “parti costituite” innanzi a questa Corte.
In definitiva, alla stregua delle esposte argomentazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse dei ricorrenti. Non risultando alcuna accettazione da parte del controricorrente Comune di Roccastrada dell’intervenuta irrituale rinuncia (il cui procuratore si è rimesso alla sue difese svolte nel giudizio di legittimità), le spese sostenute da detto ente devono essere poste a carico degli stessi ricorrenti, in via fra loro solidale. Avendo, invece, gli altri controricorrenti comunque inteso accedere alla sopravvenuta (ancorchè non formalmente perfetta) rinuncia, dimostrando di non insistere nelle loro precedenti difese e, quindi, manifestando di non aver alcun interesse ad una pronuncia sui motivi del ricorso, occorre dichiarare il non luogo a provvedere sulle spese attinenti agli altri rapporti giuridici processuali instauratisi nel presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore del controricorrente Comune di Roccastrada, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 2 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2011