LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 18603/2008 proposto da:
SECURITY SERVICE SISTEMI SRL in persona del Presidente del Consiglio d’Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO 2/A, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNELLI Paolo, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine de ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ROMA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso l’AVVOCATURA COMUNALE, rappresentato e difeso dell’avvocato RAIMONDO ANGELA (dell’Avvocatura Comunale), giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 64/2007 della Commissione Tributaria Regionale di ROMA del 20.4.07, depositata il 18/05/2007;
udita La relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/12/2010 dal Presidente Relatore Dott. FERNANDO LUPI;
udito per la ricorrente l’Avvocato Paolo Giovarmeli i che si riporta agli scritti, insistendo per l’accoglimento del ricorso; in subordine chiede la trattazione dello stesso in pubblica udienza.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO BASILE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
FATTO E DIRITTO
La Corte, ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “La CTR del Lazio ha accolto l’appello del Comune di Roma nei confronti di Security Service Sistemi s.r.l. confermando avvisi di accertamento TARSU per gli anni 2001 e 2002. Ha motivato la decisione premettendo che era avvenuto sgravio per gli anni 1999 e 2000, per gli anni successivi l’occupazione o detenzione dell’area ad uso parcheggio da parte della società costituiva il presupposto dell’imposta, riteneva che l’area di proprietà di un ospedale non poteva essere ritenuta pertinenza dello stesso non essendo destinata all’attività sanitaria.
Ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi la contribuente, si è costituito con controricorso il Comune.
Con il primo motivo la società censura la sentenza impugnata per non avere ritenuto 1"inammissibilità dell’appello per mancanza di motivi specifici.
Il motivo si conclude con il quesito: se la specificità dei motivi di impugnazione è verificabile in sede di legittimità direttamente riconducendo la censura nell’ambito dell’error in procedendo attraverso l’interpretazione autonoma dell’atto di appello.
Il motivo non è pertinente la censura in quanto la questione non è se la Corte possa verificare se i motivi siano specifici ma se nel caso concreto essi siano tali o meno. Va poi rilevato che la ricorrente in violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, non ha depositato unitamente al ricorso la sentenza di primo grado e l’atto d’appello atti sui quali si fonda il motivo.
Il secondo motivo, pur deducendo vizio di motivazione, si conclude con un quesito di diritto che presuppone un accertamento di fatto diverso da quello contenuto nella sentenza impugnata, che cioè il contratto tra ospedale e contribuente non comportasse il trasferimento ad essa del possesso o detenzione dell’area tassata. Va aggiunto che anche per questo motivo non è stato esibito l’atto, cioè il contratto, sul quale il motivo si fonda.
Il terzo motivo è di assoluta genericità chiedendo se il giudice di appello debba esaminare le domande proposte dalla parte vincitrice in primo grado e contumace in appello non esaminate perchè ritenute assorbite senza precisare nel quesito quali esse fossero.
Si deve concludere per l’inammissibilità del ricorso”.
Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite, che la contribuente ha depositato memoria;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 375 c.p.c., n. 5, della manifesta infondatezza del ricorso e che, pertanto, la sentenza impugnata vada confermata. I rilievi contenuti nella memoria non hanno pregio. In relazione ai primi due motivi la memoria conferma l’omesso deposito insieme al ricorso per cassazione degli atti che li fondano, adempimento diverso ed aggiuntivo rispetto alla richiesta di trasmissione del fascicolo di ufficio, cfr Cass. nn. 4373 e 11614 del 2010, in ordine alla genericità del terzo motivo la memoria conferma l’omissione dell’indicazione dei motivi ritenuti assorbiti nel quesito, affermando illogicamente che sarebbe stato impossibile farlo.
Le spese seguono la soccombenza.
PQM
per questo motivo cioè il contratto, sul quale il motivo si fonda.
Il terzo motivo è di assoluta genericità chiedendo se il giudice di appello debba esaminare le domande proposte dalla parte vincitrice in primo grado e contumace in appello non esaminate perchè ritenute assorbite senza precisare nel quesito quali esse fossero.
Si deve concludere per l’inammissibilità del ricorso”.
Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite, che la contribuente ha depositato memoria;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 375 c.p.c., n. 5, della manifesta infondatezza del ricorso e che, pertanto, la sentenza impugnata vada confermata. I rilievi contenuti nella memoria non hanno pregio. In relazione ai primi due motivi la memoria conferma l’omesso deposito insieme al ricorso per cassazione degli atti che li fondano, adempimento diverso ed aggiuntivo rispetto alla richiesta di trasmissione del fascicolo di ufficio, cfr Cass. nn. 4373 e 11614 del 2010, in ordine alla genericità del terzo motivo la memoria conferma l’omissione dell’indicazione dei motivi ritenuti assorbiti nel quesito, affermando illogicamente che sarebbe stato impossibile farlo.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in Euro 2.100,00 oltre Euro 100,00 di spese vive ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2011