LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 22556-2009 proposto da:
D.T.F., elettivamente domiciliato in Roma, via Paolo Emilio n. 24/d, presso lo studio dell’avv. Puliatti Placido, che lo rappresenta e difende assieme all’avv. De Luigi Angela per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, elettivamente domiciliato in Roma, via della Frezza n. 17, presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati Riccio Alessandro, Valente Nicola e Giannico Giuseppina per procura rilasciata in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonchè
MINISTERO DELL’EOONOMIA E DELLE FINANZE e MINISTERO DELL’INTERNO, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
per la revocazione della sentenza n. 5717/2009 della Corte di Cassazione, depositata in data 10/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28.10.2010 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;
udita l’avv. Deluigi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Fedeli Massimo.
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO D.T.F. con ricorso al giudice del lavoro di Latina chiedeva l’indennità di accompagnamento, con condanna dell’INPS al pagamento dei ratei maturati ed accessori.
Accolta la domanda e proposto appello dal D.T. in punto di decorrenza della prestazione, la Corte d’appello di Roma con sentenza depositata il 24.3.06 riteneva parzialmente fondata l’impugnazione e condannava l’INPS a corrispondere l’indennità dall’1.3.84, oltre interessi e spese del grado.
Proposto ricorso per cassazione dal D.T. per l’omessa pronunzia in punto di rivalutazione dei ratei arretrati, la Corte di cassazione con sentenza 10.3.09 n. 5717 dichiarava inammissibile il ricorso, non risultando formulato il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c..
Avverso questa sentenza proponeva ricorso per revocazione D. T. deducendo l’esistenza di un errore revocatorio ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, in quanto il Collegio di legittimità non si sarebbe avveduto che, a conclusione dell’unica censura di legittimità, era ritualmente formulato a pag. 6 del ricorso il prescritto quesito.
Gli intimati INPS e Ministero dell’Economia e Finanze e Ministero dell’Interno si difendevano con controricorso.
Il consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., depositava relazione che era comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti. Hanno depositato memoria D. T. ed i predetti Ministeri.
Il ricorso è inammissibile.
L’errore di fatto, come noto, consiste nell’erronea percezione degli atti di causa e si sostanzia nella supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa oppure nella supposizione della inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non costituisca un punto controverso sul quale la sentenza impugnata per revocazione abbia pronunciato. Tale genere di errore presuppone, in sostanza, il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, “purchè, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di valutazione o di giudizio e, dall’altro, quella risultante dagli atti e documenti non sia stata contestata dalle parti” (Cass., S.u., 12.6.97 n. 5303).
Secondo parte ricorrente il quesito di diritto ignorato dal Collegio sarebbe costituito dal seguente passo dell’originario ricorso per cassazione: si chiede pertanto alla Corte che, sulla base di una puntuale identificazione dell’oggetto del giudizio, sia adottata la conseguente pronunzia in merito alla domanda di rivalutazione monetaria che riconduca la sentenza impugnata nel solco di legittimità e completezza decisionale.
Deve, tuttavia, rilevarsi che detta parte del ricorso, lungi dall’enucleare una questione di diritto da sottoporre alla Corte di cassazione, si limita ad una mera evidenziazione del petitum, senza sollevare alcun quesito e che la censura di parte ricorrente è diretta – come ulteriormente confermato dalla trattazione effettuata nell’odierna memoria – a contestare l’affermazione in diritto del Collegio di legittimità in punto di valutazione dei requisiti del quesito.
Il ricorso, dunque, è inammissibile.
Nulla deve statuirsi per le spese avendo la controversia ad oggetto una prestazione previdenziale ed essendo introdotta prima dell’ottobre 2003.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2011