LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. GIACOLANE Giovanni – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
N.G.;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 12/11/06, depositata il 3 marzo 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 dicembre 2010 dal Relatore Cons. Dr. Biagio Virgilio.
La Corte:
RITENUTO IN FATTO
Che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 12/11/06, depositata il 3 marzo 2006, con la quale, accogliendo l’appello di N.G., è stata affermata l’illegittimità dell’avviso di accertamento con cui era stato accertato d’ufficio, in assenza di presentazione della dichiarazione, il reddito del contribuente per l’anno 1996: in particolare, il giudice a quo ha ritenuto che l’avviso era fondato su circostanze equivoche e non sintomatiche, a fronte della dichiarazione del contribuente di non aver percepito alcun reddito nel predetto anno.
Il N. non si è costituito.
2. Appaiono manifestamente fondati il secondo e il terzo motivo di ricorso (assorbito il primo), con i quali si denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 41 ed il vizio di motivazione, sulla base del consolidato principio secondo il quale, nelle ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, la legge abilita l’Ufficio a servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell’accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo anche con metodo induttivo ed anche utilizzando, in deroga alla regola generale, presunzioni semplici prive dei requisiti di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 3, sul presupposto dell’inferenza probatoria dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti, di tal che, a fronte della legittima prova presuntiva offerta dall’Ufficio, incombe sul contribuente l’onere di dedurre e provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della predetta pretesa (con il relativo potere del giudice tributario di ridurla eventualmente nella misura ritenuta legittima); nè la prova contraria del contribuente può essere rappresentata soltanto dalla comprovata presentazione, nell’anno precedente a quello oggetto di accertamento, di dichiarazione di cessazione dell’attività commerciale, in presenza di indici attestanti in capo al contribuente capacità reddituale e contributiva (da ult., Cass. n. 20708 del 2007).
3. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza del secondo e del terzo motivo, assorbito il primo”;
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata all’Avvocatura Generale dello Stato;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, vanno accolti il secondo e il terzo motivo, assorbito il primo, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;
che mentre sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca in cui la citata giurisprudenza si è consolidata, per disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito, l’intimato va condannato alle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa le spese dei gradi di merito e condanna l’intimato alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2600,00, di cui Euro 2500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2011