LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Z.R. *****, in proprio e quale esercente la potesta’ sui minori A.F. e A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VAL FIORITA 90, presso lo studio dell’avvocato LILLI FRANCESCO, rappresentata e difesa dall’avvocato CANDIANO NICOLA, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
R.A., SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP A RL;
– intimati –
avverso la sentenza n. 84 9/2 008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO del 20/10/08, depositata il 15/11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA LANZILLO;
e’ presente il P.G. in persona del Dott. AURELIO GOLIA.
La Corte:
PREMESSO IN FATTO
1.- Il giorno 25 ottobre 2010 e’ stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:
“1.- Con sentenza n. 849/2008 la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Rossano, ha ridotto le somme liquidate a Z.R., in proprio e quale rappresentante legale dei figli minori, F. e A.C., in risarcimento dei danni conseguenti al sinistro stradale occorso il *****, nel quale ha perso la vita il marito della Z. e padre dei minori, A.S.. La responsabilita’ del sinistro e’ stata attribuita per il 90% ad R.A., assicurato per la responsabilita’ civile automobilistica con la coop. a r.l. Societa’ Cattolica di Assicurazioni e per il 10% alla vittima.
La Z., in proprio e nella qualita’ suindicata, propone tre motivi di ricorso per cassazione.
Gli intimati non hanno depositato difese.
2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, nel capo in cui la Corte di appello ha rigettato la domanda della Z. di risarcimento del danno patrimoniale da essa subito per il fatto che, dovendo dedicare tutte le sue energie alla gestione della cartoleria gia’ gestita dal marito, ha perso ogni possibilita’ di svolgere attivita’ lavorativa in proprio e di percepire gli introiti che le sarebbero derivati utilizzando il suo diploma professionale di ragioniera: danno che il Tribunale aveva quantificato in Euro 200.000,00.
2.1.- Il motivo e’ inammissibile poiche’ investe l’accertamento dei fatti e la valutazione delle prove ad opera della Corte di appello, la quale ha congruamente e logicamente motivato la sua decisione.
Rileva la sentenza impugnata che il suddetto danno patrimoniale e’ del tutto eventuale ed incerto e che l’interessata non ha fornito alcun elemento concreto da quale si possa inferire con alto grado di probabilita’ che la Z. avrebbe svolto in futuro attivita’ lavorativa, non essendo a tal fine sufficiente il mero possesso di un diploma di ragioneria, fin a quel momento inutilizzato.
Trattasi di valutazioni di merito, sorrette da sufficiente motivazione, che non sono suscettibili di riesame in questa sede.
La giurisprudenza citata dalla ricorrente a dimostrazione della risarcibilita’ dei danni futuri non e’ in termini, poiche’ concerne situazioni in cui l’attivita’ lavorativa era in atto al momento del sinistro, ed era quindi largamente probabile che sarebbe continuata in futuro. Nella specie, per contro, la ricorrente non fa valere la perdita di futuri introiti gia’ in essere, propri o del marito defunto, ma progetti meramente ipotetici, la probabilita’ del cui verificarsi la Corte di appello ha ritenuto non sorretta da alcun indice significativo.
Ne’ sono stati altrimenti invocati e dimostrati dalla ricorrente i presupposti in presenza dei quali viene normalmente concesso il risarcimento dei danni conseguenti alla perdita di una chance.
3.- Il secondo motivo denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione nel capo in cui la sentenza impugnata ha ritenuto non provato il danno biologico subito iure proprio dalla Z. e dal figlio F. a causa della morte del marito e padre.
Lamenta la ricorrente che la Corte di appello abbia disatteso la documentazione medica relativa allo stato di salute dei due danneggiati, che il Tribunale aveva ritenuto idonea a dimostrare l’esistenza del danno biologico, con la sola motivazione che i certificati medici non provengono da uno psicologo e senza disporre apposita indagine tecnica allo scopo di confutarne i risultati. La Corte poi da un lato ha affermato che la sofferenza emotiva conseguente alla morte e’ risarcibile solo come danno esistenziale;
dall’altro lato non ha tenuto conto di tale sofferenza nella quantificazione dei danni non patrimoniali, si’ che essa e’ rimasta irrisarcita.
3.1.- Il motivo e’ fondato.
Il giudice di appello – venendo investito (entro i limiti dei motivi di impugnazione) dell’intero riesame in fatto e in diritto della controversia – ben puo’ dare diversa valutazione degli stessi elementi di prova gia’ considerati in senso opposto dal giudice di primo grado. Qualora pero’ la sentenza di primo grado sia fondata su accertamenti di carattere tecnico, quali perizie e documentazione medica, ancorche’ di parte, il giudice di appello non puo’ limitarsi a disattenderne i risultati senza motivare il suo convincimento con riferimento alle eventuali contraddittorieta’ o lacune dei documenti stessi, e senza disporre ulteriori indagini tecniche, ove ritenga inaffidabile la fonte dei documenti medesimi.
La Corte di appello ha ritenuto che la documentazione agli atti non valga a dimostrare, in relazione ai due danneggiati, una lesione dell’integrita’ psicofisica della persona medicalmente accertabile e di carattere permanente, ma che dimostri soltanto una grave sofferenza emotiva. Trattasi di valutazioni che appaiono strettamente personali e che non sono confermate da alcun supporto medico-tecnico idoneo a contrastare quanto risulta dai pareri medici acquisiti al giudizio, che per di piu’ sembrano ritenere decisivo il fatto che non sia configurabile danno biologico di carattere permanente, dando per ammesso, senza motivazione, che sia irrilevante l’eventuale danno alla salute di carattere temporaneo.
La motivazione appare sul punto insufficiente e contraddittoria.
La cassazione della sentenza impugnata consente di ritenere assorbita l’ulteriore censura relativa alla mancata considerazione delle sofferenze conseguenti al danno per morte, ritenute irrilevanti come danno biologico, nella liquidazione dei danni non patrimoniali.
3. – Propongo che si proceda in Camera di consiglio all’accoglimento del secondo motivo di ricorso e al rigetto del primo”. – La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti.
Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.
– La ricorrente ha depositato memoria.
RITENUTO IN DIRITTO
1.- Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso rileva che entrambi i motivi di ricorso sono inammissibili, a causa dell’inidonea formulazione delle censure di vizio di motivazione, che non sono rispondenti ai requisiti di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. La sintesi delle censure – prescritta a pena di inammissibilita’ (cfr.
fra le tante, Cass. civ. Sez. Un. 1 ottobre 2007 n. 20603; Cass. civ. Sez. 3^ n. 4646/2008 e n. 4719/2008) – non contiene la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione e’ da ritenere insufficiente o contraddittoria e comunque inadeguata a giustificare la decisione.
Sul primo motivo la sintesi delle censure risulta inoltre generica ed astratta, limitandosi ad affermare che la Corte di appello “avrebbe dovuto ritenere raggiunta la prova del danno patrimoniale futuro risarcibile sofferto dai congiunti….sulla base dell’accertata esistenza di circostanze concrete, suscettibili di farne prevedere l’incidenza sulla sfera economica patrimoniale della famiglia…”, senza specificare perche’ ed in base a quali elementi la Corte di appello avrebbe dovuto ritenere raggiunta la prova, e quali siano le circostanze concrete che avrebbero dimostrato l’incidenza del danno sulla sfera patrimoniale, in contrasto con quanto deciso dalla sentenza impugnata.
Il secondo motivo in parte presenta la medesima astrattezza e genericita’, in parte enuncia circostanze non congruenti con la motivazione, in quanto la Corte di appello ha negato ai congiunti il risarcimento del danno biologico per morte non per il fatto che la documentazione proveniva dal medico di famiglia – circostanza richiamata solo incidentalmente – ma perche’ ha ritenuto non dimostrato il fatto che dall’evento sia derivata una vera e propria patologia.
2.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
3. – Non essendosi costituita l’intimata non vi e’ luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara il ricorso inammissibile.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2011