Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.2351 del 01/02/2011

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Z.P.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 64/02/07, depositata l’8 ottobre 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14 dicembre 2010 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio.

La Corte:

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 64/02/07, depositata l’8 ottobre 2007, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stato riconosciuto a Z.P., agente di commercio, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998/2001. In particolare, il giudice a quo ha accertato l’insussistenza di autonoma organizzazione, in quanto “i fattori produttivi impiegati, beni strumentali e lavoro altrui (….) sono trascurabili o nulli”, precisando che “la cifra indicata dall’Agenzia delle entrate come spese per lavoro dipendente in realtà sono provvigioni passive”.

Il contribuente non si è costituito.

2. Il primo motivo di ricorso, con il quale si denuncia la violazione degli artt. 1742, 2082 e 2195 c.c., e della disciplina istitutiva dell’IRAP (sostenendo che gli agenti di commercio, producendo reddito d’impresa, sono ope legis assoggettati all’imposta), è manifestamente infondato, in applicazione del principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1 è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata, e il requisito dell’autonoma organizzazione – il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato – ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass., Sez. un., n. 12108 del 2009).

3. Appare, invece, manifestamente fondato il secondo motivo, con il quale si denuncia l’insufficienza della motivazione sul punto della inesistenza dell’autonoma organizzazione, nella parte in cui il giudice d’appello ha escluso l’impiego di lavoro altrui, limitandosi a rilevare che le spese indicate dall’Ufficio erano “provvigioni passive”, senza, tuttavia, chiarire la natura, soprattutto sotto il profilo della occasionalità o meno, dei rapporti dai quali derivavano gli anzidetti esborsi.

4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, in parte qua, del secondo motivo, rigettato il primo”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata all’Avvocatura Generale dello Stato;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, va accolto il secondo motivo di ricorso e rigettato il primo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, la quale provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2011

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