LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
P.M.C., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Dastoli Antonio, elettivamente domiciliata nel suo studio in Roma, via Padova n. 1, int. 1;
– ricorrente –
contro
Avv. G.L., curatore dell’eredità giacente di N. G., erede di No.Ge., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Ferrucci Donato, elettivamente domiciliato nello studio dell’Avv. Giuseppe Scapato in Roma, via Durazzo, n. 9;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 583 in data 8 giugno 2009;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 dicembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso: “nulla osserva”.
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 6 agosto 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “La Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 583 dell’8 giugno 2009, pronunciando sul gravame di G.L., nella qualità di curatore dell’eredità giacente di N.G., erede di No.Ge., ha accolto l’appello e, in riforma della decisione del Tribunale di Foggia, ha accolto la domanda del curatore e, per l’effetto, ha dichiarato non verificatasi in favore di D.M.G. e in danno di No.Ge. fu G. e dei suoi eredi l’usucapione dell’immobile situato in *****; ha dichiarato, pertanto, invalido ed inefficace, per mancanza di titolo, l’acquisto di detto immobile da parte di P.M.C., vendutole da D.M. G. con atto pubblico per notar Finizia del 9 novembre 1984, registrato in Manfredonia il 28 novembre 1984. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello P.M.C. ha proposto ricorso, sulla base di quattro motivi.
Ha resistito, con controricorso, G.L., nella indicata qualità.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 529 e 530 cod. civ., in riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.
Il secondo mezzo prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 102 cod. proc. civ., in riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.
Il terzo motivo è rubricato violazione e falsa degli artt. 75, 77 e 78 cod. proc. civ.; difetto di legittimazione ad processami, in riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.
Il quarto mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e 1159 cod. civ., in riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3.
Tutti i motivi sono inammissibili, perchè non contengono la formulazione conclusiva – prescritta, a pena di inammissibilità, dall’art. 366-bis cod. proc. civ. (ratione temporis applicabile) – del quesito di diritto.
Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ., alla quale non sono stati mossi rilievi critici;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara, il ricorso inammissibile e condanna, la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida, in complessivi Euro 1.700, di cui Euro 1.500 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2011