Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.3004 del 07/02/2011

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.V., rappresentata e difesa dall’Avvocato SEGOLONI Annalisa per procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Barberini n. 52, presso lo studio dell’Avvocato Vincenzo Golino;

– ricorrente –

contro

S.M., rappresentato e difeso dall’Avvocato Cavicchioli Andrea per procura speciale a margine del controricorso, elettivamente domiciliato in Roma, via Girolamo da Carpi n. 6, presso lo studio dell’Avvocato Furio Tartaglia;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 219/08, depositata in data 18 novembre 2009;

Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti.

RITENUTO IN FATTO

che S.V. impugna per cassazione, sulla base di un unico motivo, la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 219 – 2008, depositata il 3 giugno 2008, con la quale e’ stato rigettato il gravame dalla stessa S. proposto avverso la sentenza del Tribunale di Terni depositata il 27 gennaio 2005, che aveva accolto la domanda di S.M., volta a sentir dichiarare che il confine di diritto tra le proprieta’ delle parti era quello catastale e disporre l’apposizione dei termini sui due estremi, e aveva rigettato la domanda riconvenzionale proposta dalla S. per sentir dichiarare l’intervenuto acquisto per usucapione della rata di terreno delimitata dal cancello, dal nuovo muro e dalla rete in prosecuzione dello stesso;

che la Corte d’appello ha rilevato che l’accertamento compiuto sul campo dal c.t.u., che aveva operato nel giudizio di primo grado, in ordine all’individuazione del confine catastale non e’ stato posto in discussione, non avendo l’appellante obiettato alcunche’ in ordine alla posizione di tale confine;

che, quanto alla domanda riconvenzionale, la Corte d’appello, dopo aver disposto una nuova c.t.u., ha rigettato il gravame, ritenendo carente, sulla base delle stesse deduzioni istruttorie addotte dall’appellante, la prova del possesso ultraventennale alla data di proposizione della domanda;

che, con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio;

che resiste, con controricorso, l’intimato; che essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., ai sensi di tale norma e’ stata redatta relazione, che e’ stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato, nella relazione depositata il 26 luglio 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:

“… Si osserva che, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilita’ (art. 375 c.p.c., n. 5), dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1), 2), 3) e 4), e, qualora – come nella specie – il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. In proposito, le Sezioni Unite hanno avuto modo di affermare che in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiche’ secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass., S.U., n. 20603 del 2007). In particolare, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non e’ possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attivita’ di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366-bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione e’ conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass., n. 16002 del 2007).

Si deve in ogni caso rilevare che le doglianze della ricorrente si risolvono in una richiesta di rivalutazione delle risultanze processuali in ordine agli accertamenti di fatto riservati al giudice di merito, con la prospettazione di una difforme ricostruzione dei fatti, e sollecitando una valutazione preclusa in sede di legittimita’, per di piu’ alla luce di una non completa riproduzione delle risultanze valutate dal giudice di merito.

Sussistono, quindi, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, apparendo lo stesso inammissibile e comunque manifestamente infondato;

che il Collegio condivide la proposta di decisione ora richiamata, alla quale non sono state formulate critiche di sorta;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che la ricorrente va condannata alla rifusione delle spese del procedimento di legittimita’, nella misura liquidata in dispositivo, in favore del controricorrente.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2011

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472