LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
B.V., rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati Gallina Gianluigi e Marco Merlini, elettivamente domiciliato in Roma, via Pasubio n. 2, presso lo studio dell’Avvocato Merlini;
– ricorrenti –
contro
B.I. rappresentata e difesa dagli Avvocati di Francia Claudio e Andrea Parlatore per procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 13, presso lo studio dell’Avvocato Parlatore;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1478 del 2006, depositata in data 2 ottobre 2006;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti.
RITENUTO IN FATTO
che B.I. ha chiesto al Tribunale di Treviso, con ricorso depositato il 7 luglio 1999, di ordinare a B. V. di consegnarle immediatamente la nuova chiave di un cancelletto che dava accesso ad un terreno ubicato nello stabile ove si trovava un appartamento di sua proprieta’;
che, sentiti gli informatori, l’adito giudice rigettava l’istanza di reintegra immediata, che, con sentenza depositata il 18 giugno 2003, il Tribunale di Treviso ha poi rigettato la domanda, sul rilievo che le prove assunte non avevano dimostrato che l’attrice avesse mai avuto il possesso continuativo delle chiavi del cancello;
che B.I. ha proposto appello e la Corte d’appello di Venezia, nella resistenza dell’appellato, con sentenza n. 1478 depositata il 2 ottobre 2006, ha accolto il gravame;
che la Corte d’appello ha rilevato che l’attrice – avendo proposto azione di reintegra nel possesso dell’accesso al terreno retrostante al fabbricato, ove erano collocati i contatori del gas, assumendo che di tale possesso sarebbe stata spogliata a seguito della sostituzione, da parte del resistente, della chiave del cancello che consentiva l’accesso a quel terreno – non era tenuta a provare la continuita’ del possesso della chiave, essendo invece sufficiente la prova che al momento della sostituzione da parte del resistente della chiave di apertura del cancello (febbraio 1999) essa aveva il possesso di tale chiave;
che questa prova, ad avviso della Corte d’appello, era stata fornita dall’attrice attraverso le deposizioni dei testi C. e Ce., dalle quali poteva desumersi che la disponibilita’ della chiave nel 1988-1989, immediatamente dopo che la stessa aveva ottenuto la disponibilita’ dell’appartamento, costituiva indizio evidente della sua precedente consegna da parte del resistente;
che la cassazione di questa sentenza e’ chiesta da B. V. sulla base di cinque motivi, cui ha resistito, con controricorso, B.I.;
che, con il primo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione sul fatto controverso della consegna della chiave di apertura del cancello da esso ricorrente alla resistente, sostenendo che la Corte d’appello non avrebbe rilevato le contraddizioni tra le varie deposizioni esaminate;
che, con il secondo motivo, il ricorrente denuncia vizio di motivazione sul fatto che la detenzione della chiave da parte della resistente all’epoca cui si erano riferiti i testi indicati dalla Corte d’appello era avvenuta per ragioni di servizio e non la legittimava quindi ad esperire la tutela possessoria;
che il ricorrente deduce altresi’ violazione di norme di diritto, formulando il seguente quesito di diritto: poiche’ ai fini dell’art. 1168 c.c., comma 2, la detenzione della cosa per ragioni di servizio esclude la legittimazione all’azione di reintegrazione, dichiararsi che B.I. nei periodi ai quali si riferiscono i testi C.O. e C.L. deteneva la chiave del cancelletto senza l’animus detinendi ma ai soli fini strumentali di eseguire alcuni lavori di manutenzione sull’immobile;
che, con il terzo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione per avere la Corte d’appello omesso di illustrare e valutare, ai fini della decisione, le testimonianze dei testi Bo.Ro., D. A. e P.N., V.G., C. G., i quali avevano concordemente riferito che l’uso esclusivo dell’area retrostante al fabbricato e il possesso della relativa chiave spettavano solo all’inquilino di esso ricorrente;
che, a conclusione del motivo, il ricorrente indica quindi come fatto controverso il possesso della chiave da parte della resistente;
che, con il quarto motivo, il ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine al preteso spoglio del possesso della chiave e, con il quinto, violazione di norme di diritto (art. 1168 cod. civ.), in quanto la resistente non avrebbe dimostrato di essere proprietaria del terreno in relazione al quale ha dedotto l’avvenuto spoglio;
che, in relazione all’ultimo motivo, il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: in tema di reintegrazione del possesso, il detentore qualificato o autonomo che proponga azione di spoglio non invoca a suo favore un semplice rapporto di fatto con il bene, bensi’ un titolo che lo legittima alla detenzione nel proprio interesse; ne consegue che egli deve provare l’esistenza del titolo posto a base dell’allegata detenzione e che il giudice deve verificare la sussistenza, la validita’ ed efficacia del rapporto;
pertanto dagli atti di causa risulta inequivocabilmente che B.I. non ha fornito prova sul punto;
che essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., ai sensi di tale norma e’ stata redatta relazione, che e’ stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il relatore designato, nella relazione depositata il 2 agosto 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:
“… I motivi con i quali il ricorrente denuncia vizio di motivazione sono inammissibili, risolvendosi essi nella richiesta di un diverso apprezzamento delle circostanze di fatto, adeguatamente valutate dal giudice del merito con motivazione immune dai denunciati vizi logici e giuridici. In particolare, il primo motivo si sostanzia in una inammissibile richiesta di una diversa valutazione delle deposizioni dei testi C. e Ca.; il secondo motivo, del pari, impinge in un accertamento di fatto, introducendosi, peraltro, una connotazione – la detenzione della chiave per mere ragioni di servizio – che, da un lato, risulta contraddittoria con l’assunto principale del medesimo ricorrente, secondo cui la resistente non avrebbe mai avuto la detenzione della chiave; dall’altro postula l’accertamento di una circostanza che non emerge dalla sentenza impugnata, e cioe’ che la detenzione sia avvenuta per ragioni di servizio. Analogamente, il terzo motivo si risolve in un diverso apprezzamento delle prove testimoniali, dovendosi peraltro rilevare che non risponde a vero il fatto che la Corte d’appello avrebbe completamente omesso di considerare le indicate deposizioni, giacche’ quelle della teste P. e del teste D. sono espressamente analizzate nella sentenza impugnata, mentre le deposizioni degli altri tre testi si riferiscono ad epoche ampiamente antecedenti al momento in cui la Corte d’appello ha ritenuto essere stato realizzato lo spoglio ed appaiono quindi del tutto prive del carattere di decisivita’. Quanto alla mancanza di motivazione in ordine alla stessa esistenza dello spoglio, la censura appare inammissibile, avendo la Corte d’appello accertato che nel febbraio 1999 la chiave fu sostituita.
Il secondo motivo, nella parte in cui denuncia violazione di legge, e’ inammissibile, stante la inidoneita’ del quesito con il quale esso si conclude, essendo formulato sulla base di una circostanza di fatto – essere provata la detenzione per ragioni di servizio – che non risulta in alcun modo acquisita sulla base delle risultanze istruttorie apprezzate dalla Corte d’appello. Il quinto motivo, infine, e’ infondato, in quanto non tiene conto della ratio decidendi affermata dalla Corte d’appello, e cioe’ l’esistenza della prova del possesso della chiave al febbraio 1999, e cioe’ di una relazione di fatto tra la resistente e la chiave, sia pure per il tramite del suo inquilino, rispetto alla quale le deduzioni del ricorrente appaiono del tutto incongrue. In conclusione, sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, dovendo lo stesso essere rigettato;
che il Collegio condivide la richiamata proposta di decisione;
che non possono, invero, indurre a diverse conclusioni le argomentazioni svolte dal ricorrente nella memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2;
che, infatti, il ricorrente ribadisce questioni di fatto, il cui esame e’ precluso in sede di legittimita’;
che appare comunque opportuno rilevare che le deduzioni del ricorrente in ordine alla mancata esplicitazione, da parte della resistente (attrice in possessoria) , del titolo sulla base del quale il possesso veniva esercitato, non possono essere condivise;
che, in proposito, opera il principio secondo cui in tema di reintegrazione del possesso il giudice deve da un lato accertare l’esistenza di un possesso tutelabile e di una azione integrante gli estremi di uno spoglio, mentre ogni questione riguardante la legittimita’ del possesso e la sua rispondenza ad un valido titolo e’ estranea al giudizio possessorio, nel quale i titoli di proprieta’ possono venire in rilievo solo ad colorandam possessionem, cosi’ come sono irrilevanti la frequenza e le modalita’ di esercizio del potere sulla cosa (Cass., n. 4908 del 1998; Cass., n. 4088 del 2000); che il ricorso va quindi rigettato;
che, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 25 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2011