LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
B.F. ***** (in qualità di coniuge superstite del Dott. R.F.), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. NICOTERA 29, presso lo studio degli avvocati SALERNO GASPARE e ALLOCCA GIORGIO, che la rappresentano e difendono, giusta mandato speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE ***** in persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO ALESSANDRO, GIANNICO GIUSEPPINA, VALENTE NICOLA, giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1844/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del 3.3.08, depositata il 21/01/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.
B.F. nella qualità di erede di R.F. c.
Inps;
Corte Suprema di Cassazione;
Ufficio della struttura centralizzata – Sezione Lavoro.
OSSERVA Con la sentenza ora denunciata, la Corte d’appello di Roma rigettava la domanda proposta da B.F. nella qualità di erede di R.F., diretta ad ottenere la riliquidazione del trattamento pensionistico integrativo – di cui questi era titolare, quale dirigente superiore dell’ENPI transitato ad unità sanitarie locali, a seguito della soppressione dello stesso ente, ed optante per il mantenimento della posizione assicurativa nel fondo integrativo di previdenza esistente presso l’ente di provenienza (ai sensi del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 75) – a carico della gestione speciale ad esaurimento costituita presso l’INPS (ai sensi del citato D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 75) – includendo, nella base di calcolo del trattamento, la indennità di funzione istituita, con provvedimento di carattere generale (L. n. 88 del 1989, art. 13), per i dirigenti dell’INPS, spettante a tutti i dirigenti in servizio – a norma della disposizione del regolamento del Fondo (art. 30), che prevede l’aggancio del trattamento pensionistico alle variazioni delle retribuzioni pensionabili del personale in servizio di pari grado e qualifica (Cd. clausola oro);
La soccombente propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi.
L’Inps resiste con controricorso;
Con il primo motivo si eccepisce la illegittimità della equiparazione tra pensionati ex Enpi con i dipendenti in servizio dell’ente presso il quale il dipendente è stato trasferito prima della soppressione dell’Enpi, con il secondo violazione di norme di diritto;
Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di inammissibilità o manifesta infondatezza del ricorso;
Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili, perchè mancano in entrambi i motivi i quesiti di diritto, pur essendo eccepita la violazione di legge; in relazione al quesito di diritto, l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (applicabile, ai sensi dell’art. 27, comma 2, di detto decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze rese pubbliche in data successiva all’entrata in vigore del decreto stesso, come nella specie) stabilisce che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso proposto ai sensi del precedente art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3, e 4, debba concludersi, a pena d’inammissibilità del motivo, con la formulazione di un quesito di diritto. Attraverso questa specifica norma, in particolare, il legislatore si propone l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere. La formulazione del quesito funge da prova necessaria della corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati. Ne consegue non solo che la formulazione del quesito di diritto previsto da detta norma deve necessariamente essere esplicita, in riferimento a ciascun motivo di ricorso (cfr., in tal senso, Sez. un, n. 7258 del 2007, e Cass. n. 27130 del 2006), ma anche che essa non deve essere generica ed avulsa dalla fattispecie di cui si discute (cfr. Sez. un. n. 36 del 2007), risolvendosi altrimenti in un’astratta petizione di principio, perciò inidonea tanto ad evidenziare il nesso occorrente tra la singola fattispecie ed il principio di diritto che il ricorrente auspica sia enunciato, quanto ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio, ad opera della Corte, in funzione nomofilattica.
Inoltre la Corte, con la sentenza 26 marzo 2007 n. 7258 delle sezioni unite, ha affermato che la disposizione non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto si possa desumere implicitamente dalla formulazione del motivi di ricorso, perchè una tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma;
Ritenuto che in ogni caso il ricorso è manifestamente infondato, essendosi già affermato (Cass. n. 15177 del 19/07/2005) che “hi relazione al regolamento dei Fondo di previdenza per il personale dell’ENPI, il quale reca la previsione dell’aggancio della pensione integrativa, a carico del Fondo, alle variazioni delle retribuzioni pensionabili del personale in servizio di pari grado e qualifica (cosiddetta “clausola oro”), il parametro di riferimento a seguito della soppressione dell’Ente non può che essere la retribuzione pensionabile del personale in servizio alle dipendenze dell’ente, al quale sia stato trasferito – per legge – il personale dell’ente soppresso. Pertanto, nella base da considerare per il computo della riliquidazione della pensione integrativa non può essere inclusa l’indennità di funzione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 13, prevista per i dirigenti dell’INPS e dell’INAIL e non estesa al personale dell’ENPI, assorbito a seguito della soppressione dalle unità sanitarie locali, senza che, per legge, risulti trasferito, almeno in parte, all’INPS oppure all’INAIL (ovvero ad altri enti ai quali sia stata estesa l’indennità di funzione in questione, come l’INPDAP).” Ritenuto che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile e che le spese, liquidate come da dispositivo, devono seguire la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro trenta, oltre tremila Euro per onorari, con accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2011