LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
B.F., elettivamente domiciliato in Roma, via Asiago n. 8/2, presso lo studio dell’avv. Ludovico Villani, rappresentato e difeso dall’avv. Damonte Roberto;
– ricorrente –
contro
AMMINISTRAZIONE AUTONOMA DEI MONOPOLI, in persona del direttore pro tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del ministro pro tempore, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI in persona del presidente del consiglio dei ministri, MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI, in persona del ministro pro tempore, MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI, in persona del ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende; COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Tre Orologi n. 14/A, presso lo studio dell’avv. Massimo Ranieri, che lo rappresenta e difende;
– controricorrenti –
e GEST LINE S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore;
EQUITALIA POLIS S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore;
U.N.I.R.E. – UNIONE NAZIONALE PER L’INCREMENTO DELLE RAZZE EQUINE –
in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimati –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, sez. 8^, n. 36, depositata il 24.3.2008;
Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott. Aurelio Cappabianca;
constatata la regolarita’ delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 3.
FATTO E DIRITTO
Premesso:
che il contribuente propose ricorso avverso cartelle di pagamento che gli intimava il pagamento della c.d. imposta unica all’Amministrazione dei Monopoli e delle quote di prelievo U.n.i.r.e.
per gli anni dal 2000 al 2004, chiedendone l’annullamento per gravi irregolarita’ nella tenuta dei dati relativi alle scommesse con impossibilita’ di determinazione della base imponibile;
che, costituitisi il C.o.n.i. e l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, l’adita commissione tributaria respinse il ricorso, con decisione confermata, in esito all’appello del contribuente, dalla commissione regionale;
rilevato:
che, avverso la decisione di appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, in tre motivi, illustrando le proprie ragioni anche con memoria;
che gli intimati hanno resistito con controricorso;
osservato:
che, con il primo motivo di ricorso, il contribuente ha dedotto “Erroneita’ e illogicita’ della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7. Grave difetto di istruttoria e di motivazione” e formulato il seguente quesito:
“Dica la Suprema Corte se al fine di accertare la congruita’/coerenza delle somme richieste dalla P.A. la Commissione Tributaria Regionale puo’ esercitare i poteri istruttori che le competono ai sensi e per l’effetto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 in ordine all’acquisizione di elementi conoscitivi di particolare complessita’, in particolare con il licenziamento di una consulenza tecnica d’ufficio. Dica, pertanto, se la sentenza della commissione sia afflitta da grave difetto istruttorie e motivatorio”;
che, con il secondo motivo di ricorso, il contribuente ha dedotto “Erroneita’ e coutraddittorieta’ della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 in relazione al D.Lgs. n. 504/1998, al D.P.R. n. 169 del 1998 e al D.M. delle Finanze 15 febbraio 1999. Grave difetto di istruttoria e di motivazione” e formulato il seguente quesito: “Dica la Suprema Corte se alla luce degli elementi di prova forniti dalla ricorrente davanti al Giudice Tributario, la determinazione delle somme richieste dalla P.A. sia da ascivere alla disapplicazione del procedimento normativamente previsto ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1998, del D.P.R. n. 169 del 1998 e del D.M. Finanze 15 febbraio 1999”;
che, con il terzo motivo di ricorso, il contribuente ha dedotto “Erroneita’ della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 del cod. proc. civ.” e formulato il seguente quesito: “Dica la Suprema Corte se, alla luce delle considerazioni di diritto che sono state sopra esplicate, la sentenza impugnata sia stata emessa in violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulle domande tutte ed eccezioni di parte ricorrente formulate nei due gradi di giudizio”;
osservato:
che, prioritariamente rispetto ogni altra valutazione, deve considerarsi che i motivi di ricorso proposti dal contribuente sono inammissibili per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c.;
che, ai sensi della disposizione indicata, invero, il quesito inerente ad una censura in diritto dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non puo’ essere meramente generico e teorico ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. s.u. 3519/08); mentre, in ipotesi di deduzione di vizio motivazionale, la disposizione indicata, e’ violata quando il fatto controverso coinvolto dal motivo, in relazione al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, e le ragioni, per cui la motivazione medesima sia reputata inidonea a sorreggere la decisione, s’identifichino solo in esito alla completa lettura del motivo e non in base alla specifica sintesi offertane dal ricorrente, al fine dell’osservanza del requisito sancito dall’art. 366 bis., (v. Cass. 4311/08, 4309/08, 20603/07, 16002/07);
ritenuto:
che il ricorso si rivela, pertanto, manifestamente infondato, sicche’ va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;
che, per la soccombenza, il contribuente va condannato al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE respinge il ricorso; condanna la societa’ contribuente al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessive Euro 1.900,00, oltre spese prenotate a debito, in favore delle Amministrazioni controricorrenti, nonche’ in complessive Euro 2.000,00, (di cui Euro 1.900,00 per onorario), oltre spese generali ed accessori di legge, in favore del C.O.N.I..
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011