LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
D.S.G., elettivamente domiciliato in Roma, via Claudio Monteverdi n. 16, presso l’avv. Natola Giuseppe, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 114/10/08, depositata il 22 ottobre 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 gennaio 2011 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;
udito l’avv. Giuseppe Natola per il ricorrente;
udito il P.G., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. SORRENTINO Federico, il quale ha dichiarato di aderire alla relazione ex art. 380 bis c.p.c.
La Corte:
RITENUTO IN FATTO
che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. D.S.G., in proprio e quale erede di C.M. A., propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 114/10/08, depositata il 22 ottobre 2008, con la quale, accogliendo l’appello principale dell’Ufficio e rigettando quello incidentale del contribuente, e’ stata affermata la legittimita’ dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro ed accessori emesso nei confronti di quest’ultimo in relazione alla vendita di un terreno sito nel comune di *****, avvenuta nel 2001. In particolare, il giudice d’appello ha ritenuto, da un lato, che la natura agricola del terreno non fosse stata dimostrata in modo chiaro e convincente dal contribuente, e, dall’altro, che, invece, piena efficacia probatoria dovesse attribuirsi al certificato di destinazione urbanistica allegato all’atto di vendita e richiamato dalla stima dell’UTE. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
2. Il primo motivo, con il quale si denuncia vizio di motivazione della sentenza in relazione alla natura del terreno de quo, appare inammissibile, poiche’ si risolve in una generica e non autosufficiente contestazione della valutazione delle risultanze probatorie compiuta dal giudice di merito.
3. Il secondo motivo, con il quale si denuncia la violazione dell’art. 2697 cod. civ., sempre con riferimento alla natura del terreno compravenduto, appare manifestamente infondato, sia per le ragioni gia’ indicate in ordine al motivo precedente, sia perche’ la violazione di detta norma si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne e’ gravata secondo le regole dettate dalla norma stessa, non anche quando, a seguito di una (asserita) incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere (poiche’ in questo caso vi e’ soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimita’ solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5).
4. Infine, il terzo motivo, con il quale si invoca l’efficacia di giudicato esterno della sentenza emessa dalla CTR del Lazio nei confronti della dante causa del ricorrente, con la quale e’ stata accertata la natura agricola del terreno, appare manifestamente infondato, se non altro perche’ tale sentenza si riferisce alla situazione dell’immobile nel 1983.
5. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio.”;
che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, ne’ memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 1300,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.
Cosi’ deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011