LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 24992/2009 proposto da:
L.G. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIAMBATTISTA VICO 22, presso lo studio dell’avvocato ALOISIA BONSIGNORE, rappresentato e difeso dall’avvocato BONSIGNORE Tommaso Gaspare Maria, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
T.C.I. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, rappresentata e difesa dall’avvocato LA ROCCA Gaetano, giusta mandato a margine; del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1108/2009 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del 23/01/09, depositata il 24/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l’Avvocato Aloisia Bonsignore, (delega avvocato Tommaso Bonsignore), difensore del ricorrente che si riporta agli scritti;
udito l’Avvocato Francesco Ioppoli, (delega avvocato Gaetano La Rocca), difensore della controricorrente che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. NICOLA LETTIERI che aderisce alla relazione.
RITENUTO IN FATTO
quanto segue:
p. 1. L.G. ha proposto ricorso per cassazione contro T.C.I. avverso la sentenza del 24 giugno 2009, con la quale la Corte d’Appello di Palermo, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla T. ha parzialmente riformato la sentenza resa in primo grado inter partes dal Tribunale di Sciacca.
L’intimata ha resistito con controricorso.
p. 2. Essendo il ricorso soggetto alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e prestandosi ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, è stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
quanto segue:
p. 1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si sono svolte le seguenti considerazioni:
“(…) 3. – Il ricorso appare inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., norma che, pure abrogata dalla L. n. 69 del 2009, art. 47 è rimasta ultrattiva, in forza dell’art. 58, comma 5 della citata legge, in riferimento ai ricorsi per cassazione proposti successivamente alla sua entrata in vigore contro i provvedimenti pronunciati anteriormente ad essa.
Invero l’illustrazione dei due motivi di ricorso non si conclude con la formulazione del prescritto quesito di diritto, siccome eccepito, del resto, anche dalla resistente”.
p. 2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali la memoria muove osservazioni del tutto inidonee a superare il rilievo della causa di inammissibilità.
Riguardo al primo di essi – con il quale si postula che dall’illustrazione dei motivi si evincerebbero i due quesiti relativi ai due motivi – è sufficiente rimandare parte ricorrente alla lettura dell’ord. n. 16002 del 2007 di questa Corte, successivamente seguita dalla giurisprudenza successiva, in ordine alla impossibilità di desumere il quesito per implicazione dalla illustrazione del motivo.
Riguardo al secondo rilievo della memoria – con cui si sostiene che i due motivi, pur denuncianti violazione di norme di diritto, denuncerebbero in realtà la motivazione della sentenza per non avere tratto dalle risultanze istruttorie “i significati ritenuti evidenti o comunque desumibili” – si osserva che, quando pure al ricorrente in cassazione che articoli il ricorso indicando come dedotto un certo vizio nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., fosse consentito di postularne l’apprezzamento ai sensi del n. 5 della stessa norma, il rispetto dell’art. 366 bis c.p.c. lo onererebbe di indicare il momento di sintesi espressivo della c.d. “chiara indicazione” di cui a detta norma (si veda, ex multis, Cass. sez. un. n. 20603 del 2007).
Il ricorso è, dunque, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro duemila, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 3 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2011