LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. est. Consigliere –
Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –
Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
INPDAP, in persona del Presidente e legale rappresentante Ing.
S.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via S. Croce di Gerusalemme n. 55, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dall’Avv. MASSAFRA Paola come da procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
T.M., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Bruno Buozzi n. 47, presso lo studio dell’Avv. IZZO Carlo Guglielmo, che lo rappresenta e difende come da procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 1694/06 della Corte di Appello di Napoli del 9.03,20068.06.2006 nella causa R.G. n. 1335/2003.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’11 febbraio 2011 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;
Udito l’Avv. Paola Massafra per il ricorrente e l’Avv. Leonardo Maiorano, per delega dell’Avv. Carlo Guglielmo Izzo, per il controricorrente;
sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 1002 del 2003 il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda proposta da T.M., già dipendente delle Poste Italiane e passato all’INPDAP, e conseguentemente dichiarava il diritto del ricorrente ad essere inquadrato nel 5^ livello contrattuale Area B dal 1.04.2000. Tale decisione, appellata dall’INPDAP, è stata confermata dalla Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 1694 del 2006.
La Corte territoriale ha osservato che il giudice di primo grado correttamente aveva rilevato che il passaggio del ricorrente dalle Poste Italiane doveva avvenire mantenendo inalterata la posizione giuridico – normativa del lavoratore e che l’INPDAP si era impegnato ad attenersi all’esito della vertenza intercorsa tra il T. e le Poste.
La stessa Corte ha aggiunto che in ogni caso l’INPDAP non avrebbe potuto non adeguarsi a quanto attestato dall’Amministrazione di provenienza del dipendente circa la conciliazione giudiziale, con la quale si riconosceva al T. l’inquadramento nella ex 5^ categoria, conciliazione comunicata all’INPDAP. L’INPDAP ricorre per cassazione sulla base di due motivi, cui resiste il T. con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto e accordi collettivi nazionali di lavoro ovvero, in particolare, dell’art. 420 c.p.c., dell’art. 1321 c.c., e segg., anche in riferimento al D.P.C.M. 18 ottobre 1999 e al D.P.C.M. 28 marzo 2000, del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 1, 6 e 8 e della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 10, nonchè vizio di motivazione in relazione a fatto decisivo per il giudizio.
L’INPDAP censura in particolare l’impugnata sentenza, sostenendo che nell’ipotesi di comando della L. n. 449 del 1997, ex art. 53, comma 10, e successivo trasferimento ed inquadramento, in applicazione dei richiamati decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri di trasferimento del dipendente, all’Amministrazione di destinazione non è precluso il potere di verificare la corrispondenza dei due inquadramenti, non potendo il verbale di conciliazione giudiziale vincolare anche l’Istituto estraneo all’intervenuta convenzione. Il motivo è infondato.
Il giudice di appello ha ritenuto che l’inquadramento del T. nel 5^ livello contrattuale fosse pienamente legittimo, attesa l’equiparazione tra categoria di appartenenza del dipendente e la qualifica funzionale nel nuovo ente, ossia nei ruoli dell’INPDAP. Nel rigettare l’appello dell’INPDAP la Corte territoriale ha quindi deciso in conformità alle norme e ai decreti legislativi che disciplinano la materia, fornendo adeguata e coerente motivazione.
La stessa Corte poi, con diffuse e convincenti argomentazioni, ha esaminato e respinto l’altro rilievo, mosso dall’INPDAP, circa l’insussistenza dell’obbligo di adeguarsi all’esito del contenzioso tra le Poste Italiane e il T. in relazione all’intervenuta conciliazione, evidenziando come l’Istituto confermò (come risulta tra l’altro da nota del 4.07.2000 n. 4688) il proprio impegno all’aggiornamento della posizione giuridica ed economica di T., in caso di esito favorevole della vertenza insorta con le Poste.
In definitiva le valutazioni del ricorrente non sono ammissibili in sede di legittimità, perchè contengono un diverso apprezzamento con prospettazione di una diversa ratio decidendi rispetto a quella risultante dall’impugnata sentenza.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e accordi collettivi nazionali di lavoro ovvero, in particolare, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, nonchè vizio di motivazione in relazione a fatto decisivo per il giudizio.
Con tale censura viene eccepito il difetto di giurisdizione a del giudice ordinario nella presente controversia, assumendosi che un provvedimento amministrativo di comando e successivo trasferimento ed inquadramento, non possa essere disapplicato dal giudice ordinario, ove la valutazione di illegittimità avvenga in via principale e non meramente incidentale.
Il motivo è privo di pregio e va disatteso, atteso che nel caso di specie non si pone un problema di giurisdizione, giacchè al momento della presentazione del ricorso introduttivo (17.05.2002) erano già intervenute le modifiche legislative, contenute nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, con l’attribuzione al giudice ordinario delle controversie in materia di pubblico impiego relative al periodo successivo al 30 giugno 1998.
3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 21,00, oltre Euro 2000,00 per onorari ed oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2011