LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –
Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –
Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
R.R. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’Avvocato MAGLIARISI ANGELO, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
P.R. *****, G.G.
*****, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio dell’avvocato ANNA RITA PERITORE, rappresentati e difesi dall’avvocato FERITORE GIUSEPPE giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e contro
D.C.A. *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1359/2008 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, 2^
Sezione Civile, emessa il 19/09/2008, depositata il 21/10/2008;
R.G.N. 571/2004.
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/02/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;
udito l’Avvocato ANGELO MAGLIARISI;
udite l’Avvocato GIUSEPPE FERITORE;
udite il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta che ha concluso per la inammissibilità e in subordine il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
R.R. citava in giudizio davanti il Tribunale di Agrigento G.G., P.R. e D.C.A. esponendo di avere stipulato in data 22.10.1992 un preliminare di vendita con il quale il D.C. si era obbligato a trasferirgli la proprietà di un vano terranno.
Successivamente le parti avevano concordato di convertire il contratto preliminare già concluso in scrittura privata di vendita, per cui egli aveva corrisposto al D.C. il salde del prezzo e in cambio ne aveva ricevuto una procura speciale irrevocabile a vendere l’immobile in questione. In seguito, nell’effettuate le visure relative, aveva riscontrato che in data 23.11.1995 il D.C. aveva venduto lo stesso immobile a G.G. ed a P. R.. Chiedeva pertanto che venisse accertato che la vendita dell’immobile era avvenuta in suo favore e che fosse dichiarata l’inefficacia dell’atto di vendita dello stesso immobile al G. ed alla P., oltre al risarcimento del danno.
D.C.A. rimaneva contumace, mentre si costituivano chiedendo il rigetto della domanda il G. e la P..
Il Tribunale di Agrigento rigettava la domanda di accertamento della vendita in favore del R. e della correlativa domanda di inefficacia della vendita dello stesso immobile al G. ed alla P. accogliendo solo la domanda di risarcimento del danno proposta nei confronti del D.C..
Avverso detta sentenza proponeva appello il R. ed appello incidentale il G. e la P..
Con sentenza depositata il 21-10-2008, la Corte di Appello di Palermo dichiarava inammissibile l’appello principale e quello incidentale.
Avverso detta sentenza R.R. proponeva ricorso per cassazione fondato su due motivi.
Resistevano con controricorso G.G. e P.R..
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di Appello, rilevato che l’atto di appello non era stato validamente notificato a D.C.A. residente all’estero e che si era in presenza di cause inscindibili, ordinava al R. ex art. 331 c.p.c la rinnovazione dell’atto di citazione in appello entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza con cui si disponeva tale incombente.
Non essendo andata a buon fine anche questa volta la notifica, effettuata a mezzo posta, dichiarava ai sensi degli artt. 331 e 153 c.p.c., l’inammissibilità dell’appello.
Con il primo motivo di ricorso il R. denunzia l’erronea applicazione art. 331 c.p.c., in relazione art. 360 c.p.c., n. 3 in quanto erroneamente la Corte aveva ritenuto di non concedere un nuovo termine per la notifica in quanto, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 331 c.p.c., il ricorrente aveva dato ritualmente corso al procedimento di notifica per l’integrazione, ma questo non era andato a buon fine per circostanze non dipendenti dalla sua volontà ed imprevedibili.
Come secondo motivo deduceva violazione dell’art. 291 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè erroneamente la Corte di Appello aveva applicato l’art. 331 c.p.c., mentre doveva applicarsi l’art. 291 c.p.c. ed, in caso di ordine di rinnovazione delle citazione non eseguito, ordinare la cancellazione della causa dal ruolo con estinzione del processo ex art. 307 c.p.c., comma 3.
I due motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico giuridica degli stessi.
Si osserva che in relazione all’applicabilità dell’art. 331 c.p.c., si sono pronunciate recentemente le Sezioni Unite con sentenza n. 14124 dell’11-6-2010 affermando che ” nel caso di cause inscindibili, qualora l’impugnazione risulti proposta nei confronti di tutti i legittimati passivi, nel senso che l’appellante (o il ricorrente) li abbia correttamente individuati e indicati come destinatari dell’impugnazione medesima, ma poi, in relazione ad uno ad alcuni di essi, la notificazione sìa rimasta comunque inefficace (omessa o inesistente), o non ne venga dimostrato il perfezionamento – come nella fattispecie di notifica a mezzo posta, in caso di mancata produzione dell’avviso di ricevimento – deve trovare applicazione l’art. 331 cod. proc. civ., in ossequio al principio del giusto processo in ordine alla regolare costituzione del contraddittorio ex art. 111 cod. proc. civ., da ritenersi prevalente, di regola, rispetto al principio della ragionevole durata del processo, e pertanto il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio.
Di conseguenza la Corte di Appello non è incorsa nella dedotta violazione di legge in quanto, avendo l’appellante proposto l’impugnazione nei confronti di tutti i legittimati e non essendo andata a buon fine la notifica all’estero effettuata a mezzo posta, ha ordinato la rinnovazione dell’atto di appello nei confronti del D.C. ex art. 331 c.p.c..
Si osserva inoltre che le norme di cui il ricorrente chiede alternativamente l’applicazione sono relative al procedimento davanti al Tribunale e non riguardano il procedimento di impugnazione.
Come affermato dalla Corte di Appello,la mancata notifica dell’atto di impugnazione non poteva ritenersi dipendente da causa non imputabile all’appellante,il quale aveva ripetuto nuovamente la notifica all’estero a mezzo posta, modalità non andata a buon fine in precedenza, non fornendo alcun elemento di prova in ordine alla non colpevole ignoranza dell’esatto recapito del D.C. e pur potendo effettuare nuove ricerche eseguibili secondo l’ordinaria diligenza presso l’Ufficio Consolare.
Il ricorso deve essere rigettato. Le spese del grado seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado liquidate in Euro 1.800,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011