Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.23675 del 01/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29827-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SIVET DI M.V. SAS;

– intimato –

avverso la sentenza n. 76/2011 della COMM.TRIB.REG. di TORINO, depositata il 29/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/07/2018 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

RITENUTO

che la SIVET di M.V. s.a.s. impugnava due atti di contestazione della violazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 56, comma 1 e art. 60, relativi al mancato pagamento delle addizionali comunale, regionale ed erariale per l’energia elettrica per l’anno 1996, e la Commissione tributaria provinciale di Torino accoglieva il ricorso, in considerazione del fatto che la Commissione tributaria regionale del Piemonte aveva, nelle more, annullato gli avvisi di pagamento dei tributi cui si riferivano le sanzioni;

che la decisione, in appello, veniva riformata dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte, con la sentenza n. 76/22/11, depositata il 29/9/2011, solo in punto di spese processuali, in quanto, per il resto, il gravame dell’Agenzia delle Dogane era ritenuto infondato, in quanto gli avvisi di pagamento delle addizionali richieste per gli anni 1996 e 1997 erano stati annullati, con la sentenza della medesima CTR n. 37/25/05, divenuta definitiva, e non poter applicarsi una sanzione pecuniaria per un tributo non dovuto;

che l’Agenzia delle Dogane propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, mentre la società intimata non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO

che con il primo motivo di impugnazione la ricorrente, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, art. 2909 c.c. perchè la sentenza impugnata si basa sulle affermazioni erronee, erronei, che l’annullamento degli avvisi di pagamento abbia per effetto automatico la cancellazione delle sanzioni, e che la richiamata decisione della CTR del Piemonte, divenuta definitiva, avesse escluso la fondatezza della pretesa erariale, sulla scorta di una valutazione di merito della stessa non più modificabile;

che con il secondo motivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 16,17 e 18, perchè in mancanza di giudicati esterni vincolanti, idonei ad escludere la sussistenza dei fatti contestati alla contribuente, relativamente alla debenza delle addizionali, la legittimità degli atti sanzionatori avrebbe dovuto essere valutata dal giudice tributario in modo autonomo, indipendentemente dall’esito dei ricorsi proposti avverso gli avvisi di pagamento, in quanto, ove questi ultimi fossero stati definitivamente annullati per ragioni di merito, l’Amministrazione finanziaria avrebbe di conseguenza ritirato, in autotutela, gli impugnati provvedimenti sanzionatori;

che con il terzo motivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta contraddittoria ed insufficiente motivazione su punti controversi e decisi della controversia, perchè la sentenza impugnata non spiega le ragioni che hanno indotto i giudici di merito a non disporre la sospensione, ex art. 295 c.p.c., del giudizio, nonostante la rilevata strettissima correlazione tra gli avvisi di pagamento e i relativi atti di contestazione, e risulta esprimere in forma perplessa l’intervenuto passaggio in giudicato della pronuncia del 2005 sui tributi per cui è causa;

che le censure, scrutinabili congiuntamente in quanto logicamente connesse, sono fondate e meritano accoglimento nei termini di seguito precisati;

che la ratio decidendi della impugnata decisione di secondo grado si incentra su un duplice, ed alternativo, ordine di ragioni: “la pretesa erariale originale, ovvero le addizionali sul consumo di energia elettrica di cui agli avvisi di pagamento relativi agli anni 1996 e 1997, è stata definitivamente annullata e la corrispondente sentenza (n. 37/25/05 della Commissione tributaria regionale di Torino) è passata in giudicato”, per cui non ricorrono i presupposti per applicare l’art. 295 c.p.c., e che, ove anche così non fosse, in attesa delle successive vicende processuali, è “corretto rimandare ai conseguenti provvedimenti di recupero anche l’applicazione delle sanzioni oggetto dell’attuale causa (…) non riguardando la vertenza il merito della pretesa” tributaria; che, dunque, l’illegittimità degli atti di contestazione delle sanzioni irrogate per mancato pagamento delle addizionali, da parte della società SIVET, si basa sull’affermazione che la contribuente aveva già contestato, nel giudizio conclusosi con la richiamata sentenza (n. 37/25/05) della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, la sussistenza della pretesa tributaria, circostanza non solo indimostrata, ma in effetti smentita dalla sentenza n. 27668/2013 di questa Corte, la quale ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Dogane nella controversia avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di pagamento, riproposizione di altri avvisi oggetto di precedente contenzioso, con un esplicito riferimento proprio alla suindicata pronuncia (n. 37/25/05);

che, nell’occasione, la Corte ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale – che trova qui applicazione – in forza del quale, “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la pronuncia di una sentenza che dichiari la nullità dell’avviso di accertamento per motivi di forma, sia o meno passata in giudicato, non solo non preclude la possibilità ma impone all’Amministrazione finanziaria di emettere un nuovo avviso, il quale autoannullerà, se necessario, il precedente, purchè siano rispettati i termini di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, primi due commi e ciò in quanto, se ancora in tempo, non è in potere dell’Amministrazione rinunciare con l’inerzia all’azione di recupero del credito fiscale.” (Cass. n. 10376/2011);

che, nella fattispecie in esame, non rileva, dunque, il profilo della definitività, o meno, della pronuncia sugli avvisi di pagamento, bensì quello del suo contenuto sostanziale, considerato che la domanda della contribuente non investiva il merito della pretesa tributaria, ma “solo carenze formali e probatorie degli atti impugnati” (cfr. Cass. n. 27668/2013), nè tra i due procedimenti giudiziari sopra considerati ricorre un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tale da giustificare la sospensione dell’opposizione suddetta, costituente presupposto comune alle ipotesi di sospensione sia necessaria ex art. 295 c.p.c., che facoltativa, ex art. 337 c.p.c., comma 2, in quest’ultima occorrendo, peraltro, anche una valutazione del giudice della causa dipendente sulla controvertibilità effettiva della decisione impugnata (Cass. n. 12773/2017);

che, in difetto di un giudicato esterno, non è affatto precluso all’adito giudice tributario l’esame dei profili di merito (i fatti attribuiti al trasgressore, la colpevolezza e sussistenza di eventuali cause di non punibilità, gli elementi probatori a suo carico, le norme applicate, i criteri che l’ufficio ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni, dell’entità delle sanzioni avuto riguardo ai minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni), ovviamente, entro i limiti della proposta impugnazione;

che la sentenza impugnata si è discostata dai principi di cui sopra, e va cassata con rinvio al Giudice a quo, il quale, in diversa composizione, provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018

©2022 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472