LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12877/2015 proposto da:
C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PINTURICCHIO 214, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA AMORESANO, rappresentato e difeso dall’avvocato RINALDO MARTINO;
– ricorrente –
contro
FC IMMOBILIARE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato GIAN PIERO GEMINIANI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7112/2014 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 28/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/09/2018 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.
FATTI DI CAUSA
C.V. ebbe ad evocare in giudizio avanti il Tribunale di Milano la srl FC Immobiliare chiedendo la restituzione della residua parte – Lire 100 milioni – dell’originaria somma da lui data a mutuo alla società convenuta nel febbraio 1999.
Si costituì la srl FC Im.re contestando la domanda e, comunque, rilevando la prescrizione estintiva del diritto fatto valere in giudizio.
Il Tribunale ambrosiano rigettò la domanda poichè concorrente l’eccepita prescrizione in difetto di valido atto interruttivo e la Corte d’Appello di Milano, adita dal C., dichiarò il gravame inammissibile ex art. 348 bis c.p.c.. Avverso la sentenza resa dal Tribunale ambrosiano ha proposto ricorso per cassazione C.V. articolando tre motivi di censura.
La srl FC Immobiliare ha resistito con controricorso,mentre l’impugnante, in prossimità dell’adunanza, ha depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da C.V. s’appalesa infondato sicchè va rigettato.
Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione dell’art. 1988 c.c., poichè il riconoscimento del debito può esser operato dal legale rappresentante a società anche se detto ente non è parte della lite, siccome insegna arresto di questo Supremo Collegio.
L’impugnante mette in rilievo la circostanza fattuale che il legale rappresentante della società, oggi resistente, evocato in precedente causa, quale persona fisica, per la restituzione della medesima somma dell’importo avuto a mutuo ebbe ad affermare che ricevette bensì il denaro ma quale legale rappresentante della società, così riconoscendo il debito in capo all’ente rappresentato.
Con la seconda doglianza il C. deduce violazione della norma ex art. 2944 c.c., in quanto il riconoscimento del debito effettuato dall’ A., nella causa contro di lui incoata, era valido anche nei confronti della società da lui rappresentata.
I due motivi di censura sonno intimamente correlati sicchè possono essere esaminati congiuntamente.
La tesi sostenuta dall’impugnante non trova effettivo supporto nell’arresto evocato a suo sostegno.
Difatti in detta sentenza la Corte Suprema insegna come il riconoscimento del debito, comunque effettuato, ha valenza giuridica ma sempre se ad effettuare un tanto è il soggetto debitore evocato in causa.
La Corte ambrosiana ha applicato detto principio richiamando anche all’uopo specifico insegnamento di questa Suprema Corte – Cass. sez. 3 n. 21248/12, al quale non può che darsi conferma poichè conforme al dettato dell’art. 2730 c.c., circa la natura della confessione.
Nella specie è pacifico che l’arch. A. ebbe ad esporre la difesa individuata dal ricorrente quale affermazione difensiva nell’ambito della causa che il C. ebbe a proporre contro di lui in persona, e non anche quale legale rappresentante la FC immobiliare.
Dunque non concorre alcuna violazione della norma di cui all’art. 1988 c.c., poichè da parte della società non vi fu mai alcun riconoscimento del debito verso il C..
Con la terza ragione di doglianza il ricorrente deduce violazione delle norme ex artt. 2934,2935 e 2946 c.c., poichè il Tribunale ambrosiano non ebbe a rilevare che solo con la confessione dell’ A. d’avere ricevuto la somma data a mutuo, non già, in proprio bensì quale legale rappresentante la società resistente, esso impugnante venne posto in condizione di tutelare il suo diritto in stretta dipendenza della condotta dolosa tenuta in causa dall’ A..
La cesura non coglie nel segno posto che la situazione di causa non può esser assimilata alla causazione di un danno extra contrattuale – questione specifica affrontata nell’arresto di legittimità richiamato in ricorso – poichè nella specie è chiesta la restituzione di denaro dato a mutuo, quindi si controverte di questione di natura propriamente contrattuale, sicchè deve essere conosciuta la controparte con la quale s’è concluso il patto.
Altra situazione risulta essere l’evidenziarsi dell’effetto pregiudizievole a seguito di condotta illecita extra contrattuale – questione affrontata nell’arresto di legittimità dianzi citato – alla cui relativa giurisprudenza l’impugnàte opera richiamo per sostenere la sua tesi della scoperta postuma del suo effettivo debitore.
Inoltre, come insegna questo Supremo Collegio – Cass. sez. 3 n. 19193/18, Cass. sez. 3 n. 21026/14 – l’impedimento ad agire a difesa del proprio diritto deve dipendere da causa giuridica e non meramente fattuale, come viceversa nella specie appare essere la circostanza che il C. in effetti ignorava a quale soggetto ebbe a prestare somma rilevante di denaro.
Quanto poi alla norma ex art. 2946 c.c., n. 8, richiamata dall’impugnante, va notato come l’azione callida, posta in esser per ritardare la possibilità di difesa del proprio diritto da parte del creditore,a tenore dell’invocata norma, deve essere messa in essere dal debitore.
Viceversa nella specie si richiama la condotta difensiva tenuta dall’ A. – anche legale rappresentante la srl FC Imm.re – nella lite che lo coinvolgeva però quale persona fisica e non anche quale legale rappresentante della società odierna parte.
Le argomentazioni critiche,sviluppate contro la motivazione sul punto svolta nella sentenza resa dal Tribunale, dunque, configurano mera contrapposizione di tesi elaborata dalla parte con richiesta a questa Corte di legittimità di inammissibile valutazione circa il merito della vicenda.
Al rigetto dell’impugnazione consegue la condanna del C. alla rifusione delle spese di questa lite di legittimità in favore della società resistente tassate in Euro 3.200,00,oltre accessori di legge e rimborso forfetario siccome precisato in dispositivo.
Concorrono in capo al C. le condizioni per il pagamento ulteriore del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il C. alla rifusione verso la società resistente delle spese di questo giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 27 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018
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