LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25411-2017 proposto da:
F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERTO CARONCINI 58, presso lo studio dell’avvocato BARBARA MORABITO, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO PIRARI;
– ricorrente –
contro
C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA CRISTINA FAEDDA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 258/2017 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 23/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/10/2018 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.
RILEVATO
che:
1. F.G. ha proposto ricorso per cassazione notificato il 27 ottobre 2017 contro C.E. avverso la sentenza n. 258 del 2017, depositata dalla Corte di Appello di Cagliari il 29.6.20017, notificata il 31.7.2017.
2. La C. resiste con controricorso.
3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla e L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità per tardività dello stesso.
4. Il decreto di fissazione dell’adunanza camerale e la proposta sono stati comunicati alle parti costituite.
5. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Il Collegio, tenuto anche conto delle argomentazioni contenute nella memoria, condivide le conclusioni cui è pervenuto il relatore nel senso della inammissibilità del ricorso in quanto tardivo.
2. Nel caso di specie, è stata impugnata una sentenza in materia di opposizione a precetto, espressamente qualificata come tale sia nella intestazione che nel corpo del provvedimento impugnato, laddove si chiarisce che essa ha ad oggetto la contestazione del F. circa la decorrenza del suo obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore delle figlie, maggiorenni ma non autosufficienti economicamente, determinato nel quantum con sentenza passata in giudicato e posta in esecuzione nei suoi confronti.
Trattandosi di una opposizione esecutiva, ad essa non era applicabile la sospensione feriale dei termini per impugnare, neppure dinanzi alla Corte di cassazione. La sospensione dei termini processuali in periodo feriale indicata dalla L. n. 742 del 1969, art. 1, non si applica infatti ai procedimenti di opposizione all’esecuzione, come stabilito dal R.D. n. 12 del 1941, art. 92, a quelli di opposizione agli atti esecutivi e di opposizione di terzo all’esecuzione, di cui agli artt. 615,617 e 619 c.p.c., ed a quelli di accertamento dell’obbligo del terzo di cui al cod. cit., art. 548, ed anche alle impugnazioni avverso i provvedimenti decisori, aventi valore di sentenza, resi nel procedimento esecutivo di obblighi di fare e di non fare (da ultimo, Cass. n. 21568 del 2017).
Poichè la sentenza è stata notificata, per affermazione della stessa parte ricorrente, il 31.7.2017, e il ricorso è stato notificato il 27 ottobre, la notifica del ricorso è intervenuta oltre i sessanta giorni dalla notificazione del provvedimento impugnato, e quindi oltre la consumazione del termine c.d. breve per impugnare, previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, operante in caso di notifica del provvedimento impugnato e non assoggettabile a sospensione feriale per le ragioni sopra menzionate.
Deve aggiungersi che nella memoria il ricorrente osserva che in realtà le cause introdotte in primo grado erano due, perchè la moglie aveva introdotto a sua volta una domanda riconvenzionale con la quale intendeva far riconoscere l’esistenza della propria autonoma legittimazione ad agire per la riscossione di quanto dovuto dal F. a titolo di contributo al mantenimento delle figlie. Il ricorrente osserva in proposito che la seconda causa, ovvero la riconvenzionale introdotta dalla moglie, non sarebbe stata soggetta alla sospensione feriale; che quanto ai termini per impugnare, anche l’opposizione a precetto sarebbe attratta all’interno dell’ambito di applicazione della regola ordinaria, dovendo ipotizzarsi un unico termine per impugnare il provvedimento; che pertanto, a mezzo di questa ricostruzione, l’impugnazione proposta diverrebbe ammissibile.
Preliminarmente, le considerazioni del ricorrente mancano della necessaria specificità, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente non riproduce in ricorso la domanda riconvenzionale, nè rinvia con precisione agli atti in cui essa è contenuta e reperibile.
Deve comunque puntualizzarsi che la proposizione, all’interno di un giudizio di opposizione all’esecuzione, di una domanda riconvenzionale che non concerna l’esistenza del titolo nè la regolarità della procedura esecutiva non determina una attrazione dell’opposizione esecutiva nell’ambito di applicabilità della regola ordinaria di sospensione dei termini feriali. Non vengono meno infatti le ragioni di urgenza che presiedono alla previsione della deroga alla sospensione feriale dei termini per i giudizi di opposizione esecutiva, a meno che la controversia non prosegua, in fase di impugnazione, solo in relazione alla domanda riconvenzionale: v. in questo senso Cass. n. 17328 del 2018: “Nelle cause di opposizione all’esecuzione, la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, ai sensi della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3 e dell’ordinamento giudiziario, art. 92, non si applica, neppure con riguardo ai termini relativi ai giudizi di impugnazione, nell’ipotesi in cui il giudice si sia pronunciato esclusivamente sui motivi posti a fondamento dell’opposizione, a prescindere dal contenuto della sentenza e dai motivi di impugnazione; non si sottrae, invece, alla sospensione dei termini durante il periodo feriale la controversia nella quale il giudice di primo grado si sia pronunciato sulla domanda riconvenzionale avanzata dall’opposto e poi, in grado di appello, sia impugnata e si discuta soltanto di tale ultima pronuncia”.
Il ricorso pertanto è inammissibile in quanto tardivo. Ciò esime dal doverne esaminare, ed anche dal dover riportare, i motivi. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Liquida i compensi in Euro 6.000,00, oltre 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 18 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2018
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